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577. L’uomo ordinario e l’uomo risvegliato

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L’uomo ordinario, comune è l’individuo che intendiamo non-risvegliato spiritualmente; è, cioè, un dormiente, un soggetto la cui coscienza è addormentata e che usa il cervello in modo meccanico e automatico, allineato non solo ai clichè (gli stereotipi) della cultura dominante ma anche all’ordine della natura cieca e meccanica.
La maggioranza dell’umanità è costituita da questo tipo di essere umano, completamente identificato sui bisogni dell’ego-corpo-personaggio, disarmonico, incoerente, irrequieto, condizionato, dalla personalità frammentata (come se lo muovesse una legione di individui diversi), senza una visione superiore dell’esistenza, ma per interesse fa anche finta, furbescamente, di averne una.
L’uomo ordinario è soggetto all’”io” e disconosce il “”: egli vive meccanicamente e pensa secondo l’opinione di dominio pubblico.
L’uomo ordinario non sa cos’è il , non sa che egli è in realtà un Essere spirituale, eterno e immortale. Non sa che basta accendere, di questo , una scintilla divina per riconoscersi nuovamente Spirito-Anima. Non sa che basta porsi nella condizione giusta per riappropriarsi del , dell’Io Vero dell’Uomo, dell’Essere Reale, tramite degli sforzi da effettuare lungo un appropriato sentiero consapevole.

L’uomo ordinario toccato dalla prima scintilla di risveglio inizia un nuovo modo di essere, ma non si può dire ancora che sia del tutto risvegliato: egli, da quel momento in poi, dovrà compiere un lungo e faticoso cammino, da portare fino in fondo, per risvegliarsi completamente ed essere, quindi, libero, cioè un “liberato” (un mukta), un affrancato dai vincoli di maya e del samsara. Percorrendo questo sentiero fino in fondo è come se si riuscisse a fermare il mondo-trappola ingannevole dal quale, a quel punto, si può scendere, nessuno può più impedire di essere libero. Si tratta di una posizione coscienziale dalla quale si può esercitare qualsiasi scelta. Ma arrivare a tale posizione non è così facile: non è facile divenire un completo risvegliato (buddha), un realizzato (vimukta).
Naturalmente l’uomo toccato appena appena dalla scintilla del risveglio deve compiere gli sforzi necessari perché questa possibilità non retroceda, trasformando questa possibilità in una serie di sforzi per un pratico percorso di realizzazione e di liberazione. Egli dovrà edificare una struttura-sostegno spirituale, edificare quanto dalla potenza deve passare all’atto, dallo stato di impotenza dell’uomo ordinario passare allo stato di potenza dell’uomo potente spiritualmente.
L’uomo risvegliato non è meccanico ma coscienza in azione, quel tipo di azione che corrisponde all’osservazione dell’osservatore che crea osservando, una scoperta fatta dalla stessa fisica quantistica.
L’uomo che mostra i primi cenni di risveglio dovrebbe intraprendere un cammino consapevole in cui possa sviluppare, in modo equilibrato ed armonico, ogni aspetto del suo essere, uno sviluppo integrale per un’autocoscienza indivisa.

L’individuo che resta intrappolato nella posizione di “uomo ordinario” è senza speranza perché pensa, parla e agisce solo come una funzione automatica reattiva; reattiva ai movimenti della natura cieca e meccanica che non dona possibilità di crescita spontanea evolutiva. Quest’individuo, questo tipo di essere umano è come se fosse “senz’Anima”, solo una macchina psico-bio-fisica al servizio dei piani-bisogno della natura (un tipo di uomo, di carne e sangue, come cibo per il crudele ciclo della natura).

L’uomo ordinario non è in grado di decidere veramente qualcosa, è trascinato dagli eventi, non è cosciente nemmeno di sé stesso completamente.
Il risvegliato invece si accorge delle varie possibilità che ha di agire sul mondo circostante.

Ogni individuo nasce con una struttura-veicolo composta da più corpi per essere utilizzati dal :

1 corpo fisico-grossolano – sthulasarira (composto dell’involucro annamaya) – Gli corrisponde lo “stato di veglia” (jagrat) dalla natura dualistica, sé e non-sé, soggetto e oggetto, io e non-io;

2 corpo sottile-astrale [corpo mentale-energetico-luminoso] – lingasarira (composto delle guaine pranamaya-energetico, manomaya-mentale e vijnanamaya-intellettivo) – Gli corrisponde lo stato coscienziale di taijasa e la condizione di “sonno con sogni” (svapna). Questo veicolo accompagna l’Anima nel processo di trasmigrazione dopo la morte, lungo il divenire samsarico anche quando l’ego-corpo-personaggio karmico non è risvegliato e, quindi, non sa ancora di essere in realtà un’Anima;

3 corpo causale – karanasarira (corrisponde, nell’individuale, alla guaina anandamaya [“puro senso di essere”], nell’universale all’identificazione con Isvara [forma principiale]). – In pratica corrisponde al piano esistenziale di “unità di coscienza”, allo stato di coscienza non differenziato (prajna) e alla condizione di “sonno profondo senza sogni” (susupti);

4 corpo spirituale-divino (corrisponde a turya, il “Quarto stato”), lo stato trascendentale, la consapevolezza di sé, la coscienza del Sé centrale, ovvero di Siva-Sé Sovrano, dell’essere disceso-incarnato. Qui l’essere risiede libero, senza alcuna influenza materiale né mentale. Turya è il fondamento metafisico, infatti dà “Essere” a tutto ciò che è in divenire.

Non tutti gli individui però sono svegli in tutti e quattro questi corpi. L’uomo ordinario, addirittura, vive il corpo fisico-grossolano in modo meccanico e in esso identificato ma senza conoscerlo veramente e senza saperlo utilizzare completamente.

Dalla condizione del primo cenno di risveglio fino allo stato di completo risvegliato rientrano, potremmo dire, un’infinità di categorie di individui. Un risveglio in atto crea una molteplicità di variabili di possibilità di cui, spesso, l’individuo interessato non riesce a coglierne nessuna.
Ecco perché è necessario un sentiero-officina-disciplina-Lavoro perché offra la possibilità di uno sviluppo integrale di tutti e quattro i corpi e delle facoltà ad essi legate.

Il passaggio improvviso, se questo viene a verificarsi, da uomo ordinario alla prima scintilla di risveglio non è tutto “rosa e fiori”, anzi dopo un breve momento d’indicibile gioia della scoperta di un nuovo mondo, si cade in uno stato di confusione-euforia dove si cerca il giusto posto di ogni cosa in funzione di quanto intravisto, senza riuscirci. Il ricordo di quanto vissuto spingerà comunque a ricercare una nuova occasione, ma saranno, agli inizi, tentativi senza una autentica profondità d’intento perché viene inseguita l’ebbrezza pari ad un elisir, rinomato per i riconosciuti stati di elevazione che dona. Un soffio di vento sul viso, sensazionale, che fa sognare più che spingere ad un cammino da intraprendere per una meta concreta, realizzatrice e liberatrice.
Salvo casi rarissimi e proprio eccezionali non è mai sufficiente una sola vita, occorrono molte vite, specie per chi non riesce, suo malgrado, a intraprendere un sentiero come sopra accennato.

Una vera via completa è quella, al di là di come venga chiamata, o a quale tradizione relativa appartenga, che prende in considerazione lo sviluppo integrale dell’intero individuo, non più ordinario, non più profano ma neanche risvegliato del tutto, praticamente è corretto dire un consapevole aspirante spirituale. L’aspirante su questa via svolge delle “pratiche” per esercitare il proprio potere sul corpo fisico-grossolano, ma al contempo si aziona anche su tutti gli altri corpi per trovare la propria unità interiore tramite le emozioni, i pensieri e i sentimenti elevati, trarre potere dalla conoscenza e dalla comprensione grazie allo sviluppo dell’empatia e della compassione, dare direzione all’intenzione-energia e sempre più ampiezza alla facoltà di astrazione, dimostrando più potere nello spirituale che nel divenire materiale, avvicinarsi il più possibile all’essere divino. Si tratta di porre i propri passi su di un sentiero dove il lavoro svolto faccia emergere le potenzialità nascoste dell’uomo caduto-disceso-incarnato, nel divenire illusorio.

Bisogna anche comprendere che l’ente planetario, uomo ordinario o meno, incarnato nel mondo del divenire, con una natura cieca e meccanica più che favorire una evoluzione della coscienza sembra ostacolarla, favorendo un’alchimia delle sostanze (psico-bio-fisica) anziché rivelare, dietro le apparenze, lo spirituale. Questa natura sembra offrire più volentieri manifestazioni selvagge e cruente disarmanti, dove certamente risulta difficile cogliere spiragli di una natura altra. Eppure gli sforzi di una volontà tesa a percorrere una via verticale difficile e realizzativa anziché una via orizzontale incerta, ostacolata, avversata, con poche possibilità e quasi senza speranza, possono condurre all’inverosimile; a delle Strade Alte insospettabili (popolate da esseri spirituali liberati messosi al servizio di chi, sul sentiero già avanzato, ha bisogno di aiuto).
L’uomo ordinario non sa di essere-avere un’Anima, è soggiogato dall’illusione delle dualità, non percepisce la visione unitaria di tutte le cose, “ignora di ignorare” che esiste solo l’Uno-senza-secondo. Egli ha una visione materialista meccanicistica dell’esistenza: è sopraffatto dalla forza delle dualità che esercitano su di lui un enorme potere di frammentazione.
L’uomo ordinario non si evolve in verticale, e quando sembra progredire lo fa in orizzontale, soddisfacendo i bisogni del proprio ego e di conseguenza della natura meccanica: una grande stranezza che può essere compresa solo da chi si è risvegliato in modo definitivo, da chi si è liberato, da chi è sceso, in un certo senso, dal mondo, dal sistema-mondo del divenire e può scegliere come muoversi, qualunque direzione voglia intraprendere (alto, basso, visibile, invisibile, ecc.).

L’uomo ordinario è soggetto ai limiti. L’uomo risvegliato può superare ogni limite perché può vincere ogni tipo di resistenza. Ogni evoluzione, cioè ogni risveglio della coscienza può avvenire solo in modo consapevole, non può esserci una evoluzione meccanica e automatica.
L’individuo toccato dal risveglio, se segue i giusti passi iniziali per dare una direzione al miracolo accesosi in lui, comincerà a costruire-sviluppare un centro cosciente interiore che emanerà sempre di più, man mano che gli sforzi aumenteranno, una conoscenza concreta che rivelerà, ad ogni stadio superiore successivo, una consapevolezza-conoscenza unica e indivisibile.

Un “praticante” autentico, sulla via del risveglio consapevole, non può che mettere, nel proprio lavoro, come esercizio fondamentale, l’auto-osservazione, applicata su tutto ciò che riguarda il mondo del pensiero, il mondo dei sentimenti ma anche quanto riguarda l’attività, il movimento del corpo fisico-grossolano quale essere incarnato nel tempo-spazio, il mondo del divenire.

Un individuo divenuto discepolo dello spirito non è sufficiente che sappia quali sono le caratteristiche e quali le qualificazioni che lo contraddistinguono dall’individuo ordinario profano, ma deve essere in grado di realizzarle e renderle operative nell’interazione con il mondo circostante, che scaglia sempre occasioni di attrito da affrontare con gli altri, potendo così evidenziare lo sviluppo dell’essenza interiore attuato veramente.

Non percorrere il sentiero spirituale in modo equilibrato e armonico significa, prima o poi, imbattersi in una critica esperienza bloccante che arresta del tutto lo sviluppo dell’essenza interiore e il consequenziale avanzamento dello stato di coscienza raggiunto fino a quel momento. Quanto riguarda gli aspetti della personalità (ego-corpo-personaggio), del discepolo dello spirito, bisogna sempre tenerne conto per evitare frizioni, tra l’interno e l’esterno, che durino troppo a lungo compromettendo il buon avanzamento e la protezione dalle influenze esterne.
Permettere ad una esperienza di bloccare l’avanzamento sul sentiero significa dover rimandare ad una propizia vita futura (reincarnazione). Antipatie, rancori, invidie, gelosie, odii vanno affrontati e trasformati in energie disponibili ad aiutare lo sviluppo dell’essenza interiore, altrimenti finiscono per corrompere l’animo umano provocando risposte comportamentali che spesso tradiscono amici, parenti, affetti, colleghi ma soprattutto i valori fondamentali che contano sul sentiero di risveglio, realizzazione e liberazione.

La distanza che c’è, tra uno stato di risveglio iniziale e uno stato di risveglio completo della coscienza spirituale, abbraccia una miriade di posizioni coscienziali: una posizione coscienziale di un individuo-sadhaka non è mai uguale alla posizione di un altro individuo-sadhaka; lo sviluppo, la crescita, il risveglio di ognuno assume particolarità uniche fuori da ogni prevedibilità e da un ipotetico modello attraverso cui far passare tutti gli individui-sadhaka, che cercano un risveglio completo.
Possono esistere gradi di sensibilità simili, sulla cui frequenza è possibile dialogare-sintonizzarsi meglio che con un altro (senza ricorrere a troppe parole e un tale segno indica che si sta svolgendo un buon lavoro, possibilità che però bisognerà allargare con più enti possibile, in vista della meta superiore perseguita). Più l’essenza interiore si risveglia più l’ego si ridimensiona, diminuisce. Risvegliarsi significa far aumentare la propria sensibilità, far crescere la propria capacità di comprendere gli altri e le tante situazioni di contrasto che si creano sempre fra ego che interagiscono. Risvegliarsi significa che il cuore si sensibilizza al dharma universale, l’intelletto-buddhi si illumina sempre di più per essere faro nei rapporti che si oscurano: in questo processo si scuote il cuore spirituale (non quello di carne) che amalgama a sé la luce della testa (spirituale, la buddhi) azionando la facoltà empatica e il sentimento della compassione.
Ma tutto questo è possibile solo come conseguenza di grandi e sinceri sforzi mantenuti fino all’ottenimento di riscontri concreti tramite l’auto-osservazione, ma anche attraverso la risposta che dà il mondo circostante. E far seguire, ad ogni risultato, un successivo sforzo: così facendo non verrà mai meno la forza necessaria per affrontare qualsiasi situazione. Sincerità, coraggio e onestà daranno sempre, all’individuo-sadhaka, l’aiuto di cui ha bisogno in certe circostanze.

Ogni posizione coscienziale, ai primi gradi di risveglio o ai gradi avanzati sul sentiero, ha sempre un proprio livello di benessere bio-psico-energo-spirituale, benessere in grado di dare la giusta soddisfazione, e la motivazione per continuare, all’individuo-sadhaka interessato.
Man mano che si avanza nel processo di risveglio la mente diventa sempre più quieta perché si vanno riducendo i pensieri irrequieti. L’individuo-sadhaka diviene sempre più consapevole di sé stesso, non si lascia scalfire dai giudizi altrui e dal tentativo di destabilizzazione da parte di qualche detrattore, si libera, ogni volta di più, di quei pretesti che lo facevano prima preoccupare, a volte spaventare, fino a conoscere occasionalmente la paura. Avanzare lungo questo processo di risveglio fa sentire l’individuo-sadhaka come sempre “pronto”, di trovarsi ovunque nel posto giusto, protetto, di avere una inesauribile risorsa di forza sempre pronta, proveniente da quel centro unitivo della sua coscienza. La tendenza naturale dell’individuo-sadhaka è l’essere sereno, imperturbabile ma capace di grandi ed elevati sentimenti spirituali.

La tipologia di uomo ordinario, impantanato nella meccanicità della natura, rappresenta la maggior parte dell’umanità, come già detto, e sta proprio in questo il pericolo maggiore che corre l’umanità stessa. È questa massa di ordinari che rappresenta il punto nevralgico che permette al sovvertimento mondiale di sferrare i terribili attacchi che si sono visti negli ultimi secoli, e in particolare negli ultimi cinquant’anni. Perché è bene chiarire che a questa categoria di ordinari appartengono molti della classe dirigente, politici, governanti, professori, ingegneri, architetti, prelati, certi filosofi, uomini potenti e ricchi, ma anche contadini, operai, impiegati, artigiani, commercianti, ecc.
L’uomo in giacca e cravatta, elegante, benestante e avvenente di solito lo si esclude dalle circostanze negative, scartando l’idea che possa appartenere invece alla tipologia dell’uomo ordinario: cosa del tutto errata, perché non sono le condizioni scolastiche, economiche o sociali a determinare l’appartenenza ad una categoria come quella dell’uomo ordinario, cioè non risvegliato spiritualmente. Un risvegliato completo, al di là delle apparenze, potrebbe essere il barbone sulla panchina sotto casa e non colui che legifera per un Paese intero.

L’uomo ordinario-massa offre, con la propria devozione all’ignoranza, il pretesto per essere considerato, dall’elite che governa segretamente il mondo, una massa di uomini-animali da utilizzare a proprio piacimento secondo necessità.
Questa parte fragile dell’umanità, spiritualmente parlando, ha ceduto al richiamo oscuro focalizzandosi su una degenerazione preoccupante.
Gli uomini del “potere nascosto” che governano segretamente il mondo, cinici e feroci, nella loro illusione di dominio assoluto considerano la massa di ordinari una massa di bestie umane da controllare, assoggettare e incanalare in un tipo di esistenza adeguata allo specifico status ontologico. D’altronde, nella massa di ordinari, hanno una moltitudine di cortigiani servizievoli e ubbidienti.

L’uomo-massa ordinario, invece, a prescindere dall’intelligenza e dalla effettiva posizione coscienziale dovrebbe avere le stesse opportunità di tutti: infatti, per questo, coloro che sono già risvegliati, sui vari livelli e gradi possibili, dovrebbero creare un sistema-mondo che possa facilitare l’accensione della prima scintilla spirituale per tutti, al di là della natura cieca e meccanica che presenta non pochi ostacoli. Offrire possibilità di raffinamento spirituale e intellettuale è un dovere dei risvegliati nei confronti degli ordinari, cioè dei non-risvegliati. Bisognerebbe facilitare lo sviluppo della coscienza spirituale offrendo organizzazioni adatte a fornire concreti strumenti all’uomo-massa ordinario, perché sia stimolato alla comprensione non solo della natura umana ma anche del rapporto esistente fra spirito e materia.

Una “pratica” perfetta allo scopo dell’avanzamento sul sentiero del risveglio della coscienza spirituale è quella che unisce sapientemente lo Yogasana alla Meditazione insieme alla maieutica e al servizio. Ci riferiamo ad una “pratica” in linea con quanto è in grado di portare equilibrio nella parte introspettiva dell’individuo-sadhaka, ma anche con quella parte che si relaziona con gli altri (toccando il processo di consapevolezza e di espansione della coscienza), fino a quella parte che spinge verso quell’importante dimensione (nel cuore che apre all’empatia e alla compassione) del lavoro che si svolge a beneficio di tutti gli esseri, senza distinzione.

Il risveglio, ad un certo momento, rivela la natura della maya che impedisce all’uomo ordinario di vedere l’unità di tutte le cose. Al non-risvegliato l’Unità appare una Dualità.
L’uomo che attraversa gli stati di coscienza del risveglio solo arrivando fino in fondo di tale processo, da “liberato” è in grado di realizzare la natura della Sorgente da cui si proviene ed a cui si ritorna.

 

“Il termine sadhana significa qualsiasi processo di pratica spirituale che conduce l’aspirante individuale ad un’attiva realizzazione dell’Essere Divino. La sadhana costituisce l’unico mezzo per il raggiungimento del più alto valore della vita, vale a dire la Realizzazione del Sé. Il sentiero spirituale è indubbiamente irto di varie difficoltà; il cammino su questo sentiero è come camminare sulla lama di un affilato rasoio. L’aspirante cadrà parecchie volte, ma si dovrà rialzare rapidamente e camminare di nuovo con più zelo, determinazione ed allegria. Ogni ostacolo diventerà un gradino per il successo o l’ascesa sulla collina della Conoscenza Spirituale. Ogni caduta darà forza addizionale per risalire a più grandi altezze sulla scala dello Yoga”.

Swami Sivananda

 
Rosario Castello
da Il Segreto della Conoscenza esoterica

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