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796. Cibo Puro di Sri Sathya Sai Baba

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La luminosa luce dell’Ātma risplende di eterno fulgore.
Il non ha nascita né morte, né principio né fine,
e non può essere distrutto.
È il Testimone immortale, l’Osservatore dello spazio e del tempo.


Incarnazioni dell’Amore!

Krishna disse ad Arjuna:

«Na shreyo niyamam vinā»
«Non c’è progresso senza sforzo,
non c’è prosperità senza disciplina.»

Con una vita sregolata, indisciplinata e disordinata non si possono sperimentare la gioia, la bontà o la salute. Chi controlla e regola le azioni degli altri viene chiamato ‘Yama’ (colui che tiene a freno). Chi si autocontrolla e regola le proprie azioni possiede la qualità di Samyama. Yama non ha potere su una persona dotata di autocontrollo. La vita deve essere disciplinata e regolata da restrizioni autoimposte. Queste limitazioni scelte volontariamente rappresentano il Tapas (pratica di austerità) di un individuo. Una vita senza regole è una vita immorale. Il vento, il mare ed anche gli altri fenomeni ubbidiscono alle leggi universali della Natura. La Terra ruota sul proprio asse e gira regolarmente attorno al Sole. Queste regole dell’Universo sono le leggi stabilite da Dio e vengono rispettate sia dal macrocosmo sia dal microcosmo. Le leggi che Dio ha stabilito per la Natura sono necessarie per creare e sostenere l’Universo e per conservarne l’equilibrio dinamico.

La disciplina che ci s’impone volontariamente conduce alla vera pace mentale, alla padronanza di sé, all’imperturbabilità e ad uno stabile equilibrio della mente. La pace mentale è la cosa più desiderabile di questo mondo perché ci dona euforia fisica e psichica. Per poter conseguire Shānti, la pace, l’aspirante deve avere sete di saggezza spirituale; inoltre deve acquisire le qualità dell’amore, della solidarietà e della compassione e rendere servizio altruistico al prossimo. La pace non deve essere considerata una virtù a ‘orario ridotto’ da coltivarsi solo durante la meditazione, bensì uno stato costante di serenità interiore che deve diventare abituale e spontaneo.

Anche la meditazione è universale e diversificata, non è ristretta da limiti di spazio e di tempo, né è governata dai dogmi di un credo particolare; è un modo di vivere per la totale divinizzazione dell’uomo. Meditazione e pace sono inseparabili. La meditazione favorisce la pace e la pace intensifica la meditazione. La qualità della Divinità non è limitata all’immagine che adoriamo. Alcuni sperimentano una profonda pace mentale finché meditano, ma non appena escono dallo stato meditativo manifestano la loro natura demoniaca. Non dovrebbe essere così. Gli attributi divini acquisiti durante la meditazione devono essere coltivati ed alimentati nella vita di ogni giorno.

La sola terapia medica non guarirà un ammalato. Per ottenere una pronta guarigione, il paziente dovrà controllare anche la dieta. Non esiste una sola panacea per il grande dolore del mondo. Ogni individuo ha il suo particolare tipo di sofferenza. Tuttavia la meditazione su Dio è un rimedio infallibile per alleviare la sofferenza umana, purché sia sostenuta dalla pratica del Dharma e dalla stretta osservanza dei vincoli morali. Noi siamo tutti interdipendenti e dobbiamo imparare a condividere le gioie ed i dispiaceri degli altri. Chi pratica la meditazione deve pregare per il benessere del prossimo con la stessa sincerità con cui prega per la propria prosperità.

Non è necessario che l’aspirante spirituale viva in isolamento monastico. Egli deve praticare la compassione universale, che altro non è che un intenso desiderio per il bene dell’umanità intera. Nel coltivare la compassione universale, l’alimentazione ha un ruolo importante. Ieri vi ho parlato del genere di cibo adatto agli aspiranti spirituali. Oggi parlerò del cibo sattvico (puro, incontaminato, vegetariano), il tipo di cibo necessario per il progresso spirituale. Il cibo sattvico dà al ricercatore la capacità di comprendere l’onnipresente Realtà della Divinità. Egli progredisce attraverso i quattro stadi della vita divina. Queste quattro fasi del progresso spirituale sono: Sālokya, Sāmīpya, Sārūpya e Sāyujya.

Sālokya è il dimorare sempre alla presenza di Dio ed obbedire ai Suoi ordini. Sāmīpya è la vicinanza al Signore, l’essere sempre nella coscienza di Dio. Sārūpya è l’assimilazione della forma della Divinità. Sāyujya è la liberazione, l’assorbimento in Dio.

Il cibo sattvico conduce alla progressiva realizzazione dei quattro stadi spirituali suddetti. A questo punto si rende necessario esaminare le implicazioni del cibo sattvico.

Alcuni hanno l’errata impressione che il cibo sattvico consista solo di latte, yogurt, dolci e frutta e credono di diventare ‘sattvici’ consumando grandi quantità di queste leccornie. Sono totalmente in errore. Un consumo eccessivo e smodato di latte e dei suoi derivati risveglia ed aggrava le qualità rajasiche e tamasiche dell’uomo. Una dieta particolarmente ricca di latte, cagliata e burro chiarificato non può essere definita sattvica perché sviluppa la natura passionale dell’uomo.

A questo proposito devo dilungarmi sulla natura della conoscenza umana e sulle cinque vie della percezione. L’uomo è dotato di cinque organi di senso connessi con cinque facoltà che sono Shabda, Sparsha, Rūpa, Rasa e Gandha (udito, tatto, vista, gusto e odorato). La salvaguardia e lo sviluppo di queste facoltà sensoriali dipendono dal cibo sattvico consumato attraverso la bocca. Il genere di cibo sattvico che consumiamo è determinato dalle preferenze del gusto individuale. Ci sentiamo soddisfatti quando introduciamo in bocca il cibo giusto, ma dimentichiamo che attraverso gli altri organi di senso assorbiamo anche un cibo di tipo incorporeo. L’effetto salutare del cibo sattvico sarà annullato se ascoltiamo maldicenze, se ci dilunghiamo in conversazioni disdicevoli, guardiamo cose sconvenienti, veniamo a contatto con cose indecorose ed annusiamo cose sgradevoli. In questi casi la mente ed il corpo vengono macchiati, contaminati ed inquinati dal male. Pertanto, per la rigenerazione spirituale dell’uomo, il cibo sattvico da solo non è sufficiente. Non dobbiamo parlare del male. Dobbiamo evitare di criticare gli altri e di lodare noi stessi, poiché l’autoadulazione e l’autoglorificazione ritardano il progresso spirituale. Dobbiamo nutrire i nostri organi di senso con cibo salutare, suoni sani e visioni moralmente sane. La lingua è fatta per cantare la gloria di Dio e le orecchie sono fatte per gioire delle gloriose manifestazioni del Divino.

Ad ogni organo di percezione deve essere fornito l’appropriato sostentamento spirituale. Cibo sattvico non significa solo consumo moderato di latte, cagliata, burro chiarificato e frutta, ma anche la gioia che deriva da pensieri nobili, suoni sacri e visioni sante, come pure da conversazioni spirituali. Dobbiamo sviluppare una vista sattvica e la visione spirituale. Dobbiamo avere la visione della bellezza della Natura e della Divinità nelle immagini sacre del tempio. Dobbiamo evitare tutte le scene ed i suoni che ci distraggono, e non guardare nessuno di malocchio. I cattivi pensieri producono sguardo malevolo. Gli occhi sono le finestre del cuore, il quale deve traboccare di amore e compassione. La natura sattvica si sviluppa alimentando gli occhi con visioni pure e nobili.

Anche il senso dell’odorato è ugualmente importante ed andrebbe appagato con odori gradevoli, evitando invece tutti quelli sgradevoli. Per creare un’atmosfera di sacralità si usano dolci profumi e si bruciano fragranti bastoncini di incenso sugli altari dei templi. I cattivi odori distruggono la santità; l’idea di sacralità è sempre associata a dolci fragranze.

Il senso del tatto deve essere soddisfatto venendo fisicamente a contatto con i piedi di uomini santi. Si deve evitare il contatto con uomini malvagi perché ciò favorisce i cattivi pensieri.

Il Satsang, la compagnia dei virtuosi, è della massima importanza in quanto promuove il distacco; quest’ultimo conduce all’imperturbabilità che, a sua volta, porta alla liberazione durante l’attuale vita.
Si possono ottenere molte cose con l’aiuto del Satsang, si possono coltivare buone abitudini e partecipare ad attività pie. L’associazione con le persone buone e nobili santifica il corpo umano in modo che diventi un tempio di Dio.

Una dieta sattvica completa e bilanciata deve fornire una soddisfazione sattvica a tutti gli organi di senso del corpo umano. Ai sensi dell’udito, tatto, vista, gusto ed odorato si deve offrire un appagamento sattvico per mezzo di conversazioni rette e spirituali, compagnie buone e virtuose, visioni sante, cibo puro e vegetariano e profumi gradevoli; infatti una ‘dieta sattvica’ completa fornisce una gratificazione sattvica a tutti gli organi di senso. Oggi l’idea di cibo sattvico si limita alla frutta, al latte ed ai suoi derivati, mentre abbiamo già visto che un consumo esagerato di prodotti del latte ha un effetto deleterio sul corpo umano.

La tecnica spirituale della meditazione, menzionata nella Bhagavad Gītā, non può essere di giovamento se manca una dieta completamente sattvica che nutra l’intero corpo con visioni, suoni, odori e sensazioni tattili sattvici. In caso contrario, diventa una semplice posa. Oggi la meditazione si è degradata ad un passatempo alla moda, mentre il suo significato vero e la sua importanza andrebbero compresi con chiarezza per evitare i tranelli ed i pericoli che derivano da una pratica errata. Per il benessere degli esseri umani sono necessarie delle limitazioni. Un cibo sattvico in quantità moderata che soddisfi tutti gli organi di senso è essenziale per il progresso spirituale.

Tutti i fiumi confluiscono nell’oceano; così, l’obiettivo di tutte le discipline spirituali è la fusione dell’anima individuale nell’Anima Universale. La grazia di Dio è come l’oceano sconfinato. Il vapore simboleggia la disciplina spirituale (propiziazione), la nube è Satya (Verità) e le gocce di pioggia sono Prema (Amore); queste si raccolgono insieme a formare il fiume di Ānanda (Beatitudine) che confluisce nel vasto oceano della Grazia Divina.

La conoscenza ottenuta attraverso le Sacre Scritture è come l’acqua marina. Esercitando la facoltà di discriminazione ed assumendo uno stato mentale meditativo, dall’acqua salata della conoscenza delle scritture si può distillare la pura acqua della saggezza. Tale conoscenza teorica viene resa più umana dall’esperienza, ed è resa divina dall’amore altruistico.

La conoscenza teorica o libresca che non è accompagnata dall’esperienza porta al fanatismo ed all’arroganza intellettuale. La conoscenza appresa direttamente è sempre superiore a quella acquisita indirettamente. La pratica conta più del precetto. Dobbiamo vivere le ingiunzioni scritturali, piuttosto che parlarne soltanto. La disciplina intrapresa volontariamente è più efficace della disciplina imposta da qualche autorità esterna.

La qualità e la quantità del cibo che assumiamo determinano i nostri pensieri e sentimenti. C’è sicuramente un intimo legame fra cibo, mente e Dio. Il cibo sattvico conduce all’autorealizzazione ed alla liberazione dalla dualità e dalle relatività del mondo.

Il cibo rajasico genera pensieri ostili. Consumando cibo non vegetariano si sviluppa una mentalità brutale e violenta. Chi pratica la meditazione deve astenersi dal mangiare carne; dobbiamo anche ricordare costantemente che Ahimsa, la non-violenza, è il Dharma supremo. È peccato uccidere animali innocenti per riempirci lo stomaco. Dobbiamo ricordarci che Dio risiede in ogni creatura:

«Īshāvāsyam Idam Sarvam»
«Tutto questo Universo è permeato da Dio»

afferma la Īshā Upanishad e si può sperimentare la veridicità di tale aforisma per mezzo della meditazione.

‘Per soddisfare lo stomaco gli uomini assumono aspetti diversi’; come il camaleonte, essi cambiano colore a seconda della situazione, diventando opportunisti ed ipocriti. Alla fine tentano di giustificare il loro opportunismo e di razionalizzare la loro ipocrisia, ma rimangono ingannati dalla loro stessa politica di utilitarismo e di compromesso. Gente siffatta non potrà mai seguire il sentiero della meditazione.

Non si deve pensare che la via della meditazione sia semplice e concepibile ad arte. Se fosse così facile, per quale motivo i grandi saggi del nostro Paese si sarebbero sottoposti a rigorose austerità per conseguire la liberazione? Alcune moderne tecniche di meditazione assicurano di fare acquisire il Nirvikalpa Samādhi all’istante, ma in tal modo si confonde la meditazione con una momentanea assenza di preoccupazioni. Se uno ha proprio bisogno di questa sorta di anestesia, può inebriarsi bevendo superalcolici.

Meditare non è uno stato di ebbrezza o di amnesia, ma di completa identificazione con l’oggetto della meditazione. È uno stato di totale immedesimazione spirituale. Oggi vengono divulgati molti metodi di meditazione artificiali e distorti, di cui gli studenti devono diffidare, poiché sono inutili e potenzialmente pericolosi.

Ci sono tre qualità o guna: Sattva, Rajas e Tamas; tre occhi: i due occhi fisici e l’invisibile occhio spirituale; ci sono tre periodi di tempo: il passato, il presente ed il futuro, e tre mondi [inferiore, di mezzo e superiore]. L’unificazione di queste triadi viene concessa all’aspirante spirituale durante lo stato trascendentale della meditazione, in cui peccato e dolore sono annientati. Attraverso la meditazione e la completa resa di sé si può sperimentare Sat-Cit-Ānanda (Verita-Consapevolezza-Beatitudine). Tale è l’essenza della meditazione.

Oggi, si eseguono numerosi riti e cerimonie perché fanno parte della disciplina spirituale, ma questi rituali favoriscono solo la concentrazione, non sono di grande utilità alla vera meditazione. Una postura corretta, gli alimenti giusti ed il luogo adatto sono gli unici ausili validi per la concentrazione. Il cibo sattvico, il Satsang, ecc. aiutano in buona misura l’aspirante e promuovono l’abitudine alla concentrazione, ma il nostro sforzo non deve fermarsi qui. La concentrazione deve essere seguita dalla contemplazione e dalla meditazione.

In tutte le relazioni umane e personali deve essere presente un elemento di reciprocità. L’amore, la solidarietà, la compassione e l’affetto sono sempre reciproci, non possono prosperare nell’isolamento, ma si atrofizzano e svaniscono ovunque l’egoismo e la gelosia si rendano manifesti. Noi dobbiamo adempiere i nostri compiti in uno spirito di resa, senza aspettative di ricchezza o di riconoscimento.

Prema, l’Amore puro, è la disciplina spirituale più grande: non si tratta di semplice amore reciproco, ma di una forma sublimata ed estesa dell’amore di sé. È l’espansione dell’amore per l’umanità e per l’intera creazione. L’essenza di Prema, come disciplina spirituale, consiste nel coltivare fratellanza e solidarietà, compassione universale ed altruismo.

Nessuno può diventare un santo od un saggio da un giorno all’altro. Dobbiamo partire presto, viaggiare adagio e raggiungere la meta in modo sicuro. La fretta causa danni ed i danni creano inquietudine. Un vero aspirante spirituale deve sviluppare la qualità della pazienza e della perseveranza se vuole raggiungere la meta finale dell’illuminazione spirituale.

Sri Sathya Sai Baba (1926-2011)

 

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