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113. La “Voce della Tradizione”

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Dopo l’Età di Paradesha ineffabili “Verità” furono celate, nella notte dei tempi, in immagini e simboli costituendone il fondamento.

Emissari maggiori ed Emissari minori (non per importanza ma per “funzioni”) hanno svolto una ininterrotta e impareggiabile opera di traduzione, nel linguaggio umano, di quanto Essi furono in grado di leggere nel Regno di Dio.

Questi Iniziatori operarono all’interno dei “colori” di un’epoca e di un popolo e grazie a questi si è avuto l’Egitto quale “grande maestro”, creatore di quella che è la civiltà occidentale, che però della sua Dottrina Occulta non lasciò nella storia nessuna traccia palese (per la massima parte andò perduta) e gli Alessandrini furono in grado di salvarne solo dei frammenti.

Quelle” verità sottili dell’Egitto illuminarono però, perché vi attinsero, la civiltà ebraica e la civiltà greca.

Il linguaggio codificato attraverso immagini, simboli e allegorie formava quel corpus di conoscenze che per l’uomo profano (ordinario) non rappresentava nulla al di là del significato strettamente materiale.

Solamente gli anelanti alla Luce confidavano nelle possibilità delle verità sottili per uscire dalle tenebre.

In ogni tempo, il candidato alla Luce, attraverso le virtù necessarie e la forte determinazione di perseguire conoscenza dopo conoscenza, e di avviarsi di rivelazione in rivelazione, si metteva nella condizione di abbracciare tutti gli ordini delle cose per giungere ai piedi delle più sublimi verità.

In quei tempi, a differenza di oggi, il percorso di tutti gli effettivi gradi inferiori della coscienza veniva rispettato: grado dopo grado il candidato mostrava quanto fosse degno di giungere a quello più elevato.

Oggi, confusione e presunzione offuscano il mondo del ricercatore spirituale fino alla scorrettezza e all’inganno nei confronti di quanti ancora non sono in grado di “vedere”: si rubano idee, nomi e simboli con la pretesa di essere la “Voce della Tradizione”. La spiritualità non può essere lo spot per i propri interessi personali così come non può dar voce a ciò che è Sacro chi sostenendo di essere un umile emissario dimostra, con le proprie risposte comportamentali e comunicazionali, di essere soltanto un pessimo cantastorie. La spiritualità non può essere trattata come merce da propinare e vendere.

I gradini del risveglio della coscienza non si rubano ma si salgono senza fare il verso del pavone.

Utilizzare impropriamente, con l’inganno e sistemi deprecabili i simboli e i nomi del Centro Spirituale Supremo, conosciuto sotto il nome di “Paradesha” nell’Età d’Oro, è una offesa al Sacro.

Il Santuario della Verità Eterna non si lascia ingannare come i tanti sprovveduti presi sotto incantesimo: ai Suoi piedi non si può porre il Potere al posto dell’Amore.

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