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196. Rapporti fra Maestro e Allievo del Maestro Morya

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La realizzazione dei vari rapporti fra Maestro e allievo ha un senso stabilito. È vero, le fasi d’approccio all’Insegnamento differiscono, tanta attrazione è nelle prime, tanta responsabilità nelle seguenti.
Nel mondo astrale si nota che chi ha media capacità di comprensione non si dà la pena di salire in vetta. La sua quota di comprensione lo assolve dalla sofferenza senza imporgli il dovere dell’auto-sacrificio. Lo stesso avviene allo spirito che cresce. Le prime chiamate suonano piacevoli e benevoli, e quello stato di tutela minorile non implica responsabilità. Ma la coscienza migliora e lo spirito si qualifica per una missione speciale.
Ciascuna di queste contrasta con la vecchia logica del mondo, e quindi incontra difficoltà e pericoli. In verità pochi sanno gioire quando si tratta di superare un ostacolo. E molti sono persino propensi a rimpiangere quella coscienza di medio livello, scomparsa per sempre. I comandi si fanno brevi e il lavoro si basa sull’azione indipendente. Gli amici diminuiscono e le ostruzioni si ammassano come montagne invalicabili, mentre le vittorie sembrano di nessun rilievo. Gli effetti delle energie sottili non sono discernibili. Quei dolori intermittenti, detti sacri, sono una tortura.
La divisibilità e la trasmissione dello spirito restano inesplicabili. Ma supremo si leva il compito dei desideri per il Bene Generale. La cooperazione spirituale cresce, e lo spazio non la limita. Mediante l’emulazione dei mondi lontani il rapporto con l’ambiente muta e il lavoro nello spazio cessa di essere un concetto vuoto di senso.
Le missioni assegnate sono causa di gioia, sono il proprio inalienabile lavoro. Non potrebbe essere altrimenti. Certo questa gioia non si esprime con salti e capriole. La giusta valutazione delle circostanze fa severo il volto, ma la vita si trasforma, e dalle alture si vedono le spire del Drago terrestre. L’assenza di paura, già inculcata nel primo appello, avvicina nuove onde di luce “.

dal Volume “Agni-Yoga”, verso 273, dei testi Agni Yoga


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