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252. La Nascita del Male di Pino Perriello

Giovedì 12 Luglio 2012 00:00 Rosario Castello
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Per cercare di capire cosa sia il male possiamo partire dal basso, da qualcosa di semplice, come il fatto che, nel mondo, non c’è nessun essere umano in grado di distinguere, in modo univoco e oggettivo, cosa sia il bene e cosa sia il male. Questa partenza ci aiuta a comprendere come l’uomo nasca incapace a distinguere il bene dal male. L’ipotesi più plausibile di questa innata inabilità umana, potrebbe risiedere nel fatto che ognuno di noi ha la sua propria visione individuale del mondo, di se stesso, dei suoi bisogni e dei suoi desideri. Una visione che ha precedenza su qualsiasi altra percezione del mondo, una visione assolutamente egoica e ingovernabile. Ognuno vede il mondo attraverso la lente deformante del proprio io personale, la propria individualità egoica.
Nella cultura occidentale domina la tradizione biblica, nella quale il male nasce con il Peccato originale che Adamo ed Eva commisero, infrangendo un esplicito ordine divino, nutrendosi dei frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male. Nella mitologia, invece, ritroviamo la prima traccia di male nel concetto di titanismo: ovvero nell’estremizzazione dell’individualismo, capace direndere un individuo dominato e schiavizzato da un feroce egotismo, spin gendolo ad imporre la sua superiorità sul mondo e sugli altri, a parlare solo di se stesso e a ritenere che niente sia più importante del proprio individuale benessere esistenziale.
Attraverso il mito del titanismo, dunque, la mitologia ci aiuta a comprendere che il male nasce e prende forma insieme all’idea di individuo, a difesa della quale esprime il titanismo egoico, la dissociazione dell’io individuale dall’io collettivo, la visione di me stesso separato dal mondo.
Definire il male come un effetto di una dissociazione è giusto, ma dissociazione è una di quelle parole delle quali si possono dare delle12 descrizioni diverse, perché non evocano un significato chiaro e univoco.
Oltre a dissociazione, possiamo però usare altri sinonimi e altre definizioni similari come distorsione, distorsione individuale di una realtà oggettiva.
Oppure potremmo usare il concetto di falsificazione della realtà, per definire meglio il lavoro di alterazione e personalizzazione di una visione che ognuno di noi compie attraverso la propria individualizzazione, o tendenza di separazione dal mondo. Di fatto l’individualizzazione è una separazione: causa primaria della dualità.
Per comprendere meglio come il male sia legato all’individualizzazione e alla dualità, possiamo tornare alla mitologia, e più esattamente al mito dove si racconta di Nemesi e Narciso.

Nemesi e Narciso
Quando Narciso raggiunse il sedicesimo anno di età, era un giovane di tale bellezza che ogni abitante della città, uomo o donna, giovane o vecchio, si innamorava di lui. Narciso, orgogliosamente, li respingeva tutti. Un giorno, mentre era a caccia nel bosco, la ninfa Eco seguì furtivamente il bel giovane tra i boschi desiderosa di rivolgergli la parola ma, a causa di una maledizione, poteva solo ripetere le ultime parole di ciò che le veniva detto. Narciso sentì dei passi e gridò:
“Chi è là?”
Eco rispose:
“Chi è là? Chi è là? Chi è là?” continuando finché non si rese visibile e corse ad abbracciare il bel giovane. Narciso allontanò in malo modo la ninfa dicendole di lasciarlo solo. Eco, con il cuore infranto, trascorse il resto della sua vita in valli solitarie, gemendo per il suo amore non corrisposto. Nemesi, dea della vendetta, ascoltando questi lamenti, decise di punire il crudele Narciso. Fu così che il ragazzo si imbatté in una pozza profonda e si accucciò su di essa per bere. Non appena vide per la prima volta nella sua vita la sua immagine riflessa, si innamorò perdutamente del bel ragazzo che stava fissando, senza rendersi conto che era lui stesso.
Solo dopo si accorse che l’immagine riflessa apparteneva a lui e, comprendendo che non avrebbe mai potuto realizzare quell’amore, si lasciò morire.
Se da una parte Narciso rappresenta il Titanismo egotico, dall’altra Nemesi, dea della giustizia e della vendetta, persecutrice di chiunque infranga le regole e di chi non faccia buon uso dei doni avuti dalla sorte (come la bellezza per Narciso), evoca fortemente l’assonanza con il concetto di karma. Nemesi è una parola che viene dal greco, di radice indoeuropea, e deriva dal verbo nèmo, “distribuire”. La parola ha assunto, nel tempo, il valore di “giustizia compensatrice” o “giustizia divina”. L’idea alla radice del termine è che in natura vige una legge di armonia, per cui il bene debba essere compensato dal male in egual misura.
In sintesi, mentre la tradizione biblica accusa l’essere umano, ricorrendo alla colpa e al peccato per giustificare la presenza del male sulla Terra, la tradizione mitologica ci mostra che il male è parte integrante della vita stessa, strumento indispensabile per regolare i movimenti evolutivi della natura e riequilibrare il destino degli uomini.

Apollineo e Dionisiaco
In un’altra analisi dalla mitologia greca da parte del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, troviamo lo spirito Apollineo come un tentativo di spiegare la realtà tramite costruzioni mentali ordinate, negando qualsiasi altra legge naturale e non considerando l’essenziale dinamismo della vita. Lo spirito Apollineo è la componente razionale e razionalizzante dell’individuo e, per molti ragioni, rappresenta l’emisfero sinistro del cervello umano, quello razionale, logico e spaziale. Lo spirito Dionisiaco, invece, indica una modalità di relazione con la realtà, spingendo l’essere umano a squarciare il velo di Maya, spingendolo a superare il principio di individualizzazione, esaltazione tipica del titanismo egotico. Lo spirito Dionisiaco rappresenta l’emisfero destro, quello creativo, intuitivo, olistico.

L’innocenza perduta
I bambini si affidano quasi esclusivamente allo spirito Dionisiaco, all’emisfero creativo, per esplorare e conoscere il mondo. Come se lo spirito Apollineo, la razionalità dell’emisfero sinistro, non esistesse nemmeno. E forse, almeno finché si è bambini, è proprio così. Solo verso l’adolescenza, a forza di imitare gli adulti, cominciamo ad affidarci alla parte razionale. Verso i vent’anni cominciamo a cristallizzare le conoscenze acquisite, cominciamo a cercare stabilità, sicurezze, a farci delle convinzioni, smettiamo di crescere. Ci illudiamo così che resteremo per sempre ciò che siamo diventati, e che mai più avremo bisogno di rimettere in discussione quello che siamo, o quello che crediamo di essere diventati.
Cosa accadrebbe, invece, se smettessimo di dare le cose per scontate, imparassimo a rimettere sempre in discussione i parametri del nostro modo di pensare, della nostra personalità, del nostro carattere?
Saremmo costretti a ritornare allo spirito Dionisiaco, ad usare la creatività del nostro emisfero destro, e costretti a tornare bambini. Perché solo i bambini sono immunizzati contro il male, finché sono protetti dalla loro innocenza nessun male può penetrare in loro.
Se saremo in grado di recuperare il farmaco dionisiaco dell’innocenza perduta, potremo sviluppare una mente dinamica, sempre pronta alla trasformazione, alla trasmutazione e al cambiamento.
In una mente così nessun virus del male potrebbe sopravvivere.

tratto da “Il Talento del Nemico” di Pino Perriello – Edizioni Terre Sommerse Maggio 2012

Libri consigliati di Pino Perriello:
Il Genio Inconscio
Anche per te (Kindle Edition)

www.pinoperriello.it; www.psicomorfosi.it