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314. L’Economia del Bene e del Male di Tomas Sedlacek

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Di seguito, una interessantissima introduzione (alcuni stralci) del libro “L’Economia del Bene e del Male” di Tomas Sedlacek, Edizioni Garzanti.

*****

La realtà si imbastisce dalle storie, non dal materiale.
Zdenek Nenbauer

Non c’è idea, per quanto antica e assurda,
che non sia in grado di migliorare la nostra conoscenza …
Qualsiasi cosa può andar bene …
Paul Feyerabend

L’uomo si è sempre forzato di comprendere il mondo intorno a lui. A tal fine, gli sono venute in aiuto le storie che davano un senso alla sua realtà. Dal punto di vista odierno, simili storie sembrano spesso bizzarre, alla stessa stregua di come sembreranno bizzarre alle future generazioni le nostre storie. Tuttavia, il loro potere segreto è profondo.
Una di queste, quella dell’economia, ebbe inizio molto tempo fa. Intorno al 400 a.C., Senofonte scrisse che “anche se non si hanno averi, esiste tuttavia una scienza dell’amministrazione domestica” (Senofonte, Economico, BUR, Milano 2000, 2.12, p. 81).
Un tempo scienza della gestione della casa, l’economia è poi diventata un sottoinsieme di discipline religiose, teologiche, etiche e filosofiche. A poco a poco, però, sembra si sia trasformata in qualcosa di abbastanza diverso. Talvolta si ha l’impressione che l’economia abbia gradualmente perso le ombre e le sfumature in un mondo tecnocratico in cui regnano il bianco e il nero. Ma la sua storia è di gran lunga più colorata.
L’economia, come la conosciamo oggi, è un fenomeno culturale, un prodotto della nostra civiltà. Prodotto non vuol dire tuttavia che l’abbiamo intenzionalmente fabbricata o inventata, come un propulsore a reazione o un orologio. La differenza sta nel fatto che un propulsore a reazione o un orologio sappiamo da dove vengono. Possiamo (quasi) smontarli nelle loro singole parti e poi rimetterli insieme. Sappiamo come si avviano e come si arrestano. Questo non è caso dell’economia, nel cui ambito molto si è originato inconsciamente, spontaneamente, in maniera incontrollata, non pianificata né sotto il bastone di una guida. Prima di emanciparsi come campo a , l’economia viveva felicemente in sottoinsiemi della filosofia (per esempio l’etica) lontani anni luce dall’attuale concetto di economia come scienza matematico-allocativa che considera le “scienze molli” con un disprezzo figlio dell’arroganza positivistica. Ma la nostra “educazione” millenaria è costruita su una base più larga, più profonda e spesso più solida. Vale la pena di approfondire quest’aspetto.

Miti, storie e scienza superba

Sarebbe sciocco supporre che l’indagine economica sia cominciata con l’era scientifica. All’inizio, i miti e le religioni spiegavano il modo agli uomini, che fondamentalmente   si ponevano le stesse domande che ci poniamo noi; oggi, quel ruolo è ricoperto dalla scienza. Per cogliere questo legame bisogna perciò immergersi in miti e filosofie ancora più antichi. Che poi è la ragione di questo libro: andare in cerca del pensiero economico nei miti antichi e, da un altro verso, dei miti nell’economia di oggi.
L’economia moderna si ritiene abbia avuto inizio nel 1776 con la pubblicazione della Ricchezza delle nazioni di Adam Smith. La nostra età postmoderna (che sembra significativamente più modesta dell’età della scienza moderna che l’ha preceduta) è più disposta a guardare indietro ed è consapevole del potere della storia (dipendenza dal percorso), della mitologia, della religione e delle leggende. “La separazione fra la storia di una scienza, la sua filosofia e la scienza stessa non ha alcuna consistenza effettiva e lo stesso vale per la separazione fra scienza e non scienza; le differenze tra scientifico e non scientifico stanno sparendo”. Di conseguenza, partiremo da dove ce lo consente il retaggio scritto della nostra civiltà. Cercheremo le prime tracce di analisi economica nel poema epico del re sumero Gilgamesh e studieremo la maniera in cui ebrei, cristiani, autori classici e medievali si rapportavano alle questioni economiche. Inoltre, esamineremo con attenzione le teorie di quanti hanno gettato le fondamenta dell’economia contemporanea.
Lo studio della storia di un determinato campo non è, come in genere si ritiene, un’inutile esposizione dei suoi vicoli ciechi o una collezione di tentativi ed errori in materia (fino a che non si centra l’obiettivo); la storia è l’ambito più ampio possibile di studio nella gamma che quel determinato campo ha da offrire. Al di fuori della nostra storia, non abbiamo nient’altro. La storia del pensiero ci aiuta a ripulirci dal lavaggio del cervello dell’epoca per capire la moda intellettuale del momento e per fare un paio di passi indietro.
Studiare le storie antiche non va solo a beneficio degli storici, né serve solo a capire il pensiero dei nostri progenitori. Queste storie mantengono una loro forza, anche dopo la comparsa di nuove storie venute a rimpiazzarle o a contraddirle.
Un esempio potrebbe essere tratto da una diatriba molto famosa: quella tra racconto geocentrico e racconto eliocentrico. Come tutti sanno, nella battaglia tra queste due narrazioni, a vincere fu quella eliocentrica, sebbene ancora oggi affermiamo egocentricamente che il Sole sorge e tramonta. Ma il Sole non fa né l’una né l’altra cosa: se qualcosa si muove, è la Terra (intorno al Sole), e non il Sole (intorno alla Terra). Non è il Sole a ruotare intorno alla Terra, ma è la Terra a ruotare intorno al Sole: così ci è stato detto.
Inoltre, queste antiche storie e immagini, questi archetipi che esamineremo nella prima parte del libro ci accompagnano ancora oggi e hanno contribuito a determinare il nostro approccio al mondo, come pure il modo in cui percepiamo noi stessi. Insomma, per dirla con Carl Gustav Jung, “l’autentica storia dello spirito non è depositata in dotti volumi, bensì nel vivente organismo psichico di ogni singolo” (Carl G. Jung, Psicologia e religione, Edizionei di comunità, Milano 1966, p. 52).

Il desiderio di convincere

Gli economisti dovrebbero credere nella forza delle storie; Adam Smith lo faceva. Come sostiene nella Teoria dei sentimenti morali, “il desiderio di essere creduti, il desiderio di persuadere, di guidare e dirigere altre persone, sembra uno dei nostri più forti desideri naturali” (Adam Smith, Teoria dei sentimenti morali, BUR, Milano 1995, 7.4.25, p. 630). Da notare che questa frase viene dal presunto teorizzatore dell’interesse personale come il più forte dei nostri desideri naturali. Altri due grandi economisti, Robert J. Shiller e George A. Akerlof, di recente hanno scritto: “La mente umana è progettata per pensare in termini narrativi. […] Spesso agiamo in conformità a motivazioni che dipendono dal modo in cui narriamo la nostra vita a noi stessi; senza questa struttura narrativa, la nostra vita non sarebbe che una successione di momenti isolati, “una maledetta cosa dopo l’altra”, come recita il vecchio adagio. Lo stesso vale per la fiducia che riponiamo in una nazione, in un’azienda o in un istituto: i grandi leader sono anzitutto creatori di storie.” (Joseph Campbell, Miti per vivere, Mondadori 1995).
Il vecchio adagio si rifarebbe a un verso di una poesia di Edna St. Vincent Millay: “La vita non è un semplice elenco di cose una dietro l’altra. È sempre la stessa, unica cosa, ancora e ancora”. La cosa è ben spiegata, e i miti (le nostre grandi storie, le narrazioni) sono “rivelazioni, qui e subito, di ciò che è sempre e per sempre”. O, in altre parole, i miti sono “cose” che “non avvennero mai, ma sono sempre”. Tuttavia, le nostre moderne teorie economiche basate su modelli rigorosi non sono niente di più che queste meta narrazioni riproposte in un linguaggio differente (matematico?). È quindi necessario apprendere questa storia fin dall’inizio, in un senso più ampio, perché non sarà mai un buon economista colui che è soltanto un economista.
E siccome gli economisti vogliono comprendere assolutamente ogni cosa, dobbiamo avventurarci fuori dal nostro campo per cercare davvero di comprendere ogni cosa. Se è almeno in parte vero che “la salvezza sarebbe stata adesso questione di mettere fine alla penuria materiale e condurre l’umanità verso una nuova era di abbondanza economica, [dal che] seguiva logicamente che l’alto clero dovesse consistere di economisti”, allora dobbiamo essere consapevoli di questo ruolo cruciale e assumere una più ampia responsabilità sociale.

L’economia del bene e del male

Tutta l’economia è, a conti fatti, economia del bene e del male. È la storia di qualcuno raccontata da qualcun altro ad altri ancora. Anche il modello matematico più sofisticato è, di fatto, una storia, una parabola, il nostro sforzo di afferrare razionalmente il mondo che ci circonda. Cercherò di provare che a oggi quella storia, raccontata attraverso meccanismi economici, riguarda essenzialmente il “vivere bene”, una storia che abbiamo mutuato dalle tradizioni degli antichi greci e degli ebrei. Tenterò di dimostrare che la matematica, i modelli, le equazioni e la statistica sono solo la punta dell’iceberg dell’economia; che la parte più ampia del sapere economico consiste in tutto il resto; e che le dispute in campo economico sono più una battaglia fra storie e meta narrazioni diverse che altro. Oggi la gente, come sempre del resto, dagli economisti vuole sapere principalmente cosa è bene e cosa male.
Noi economisti siamo addestrati a evitare giudizi normativi e opinioni riguardo a ciò che è bene e ciò che è male. Eppure, contrariamente a quanto affermano i nostri manuali, l’economia è soprattutto un campo normativo …

Di cosa tratta questo libro: la meta economia

Questo libro si divide in due parti: nella prima andremo alla ricerca di elementi di economia nel mito, nella religione, nella teologia, nella filosofia e nella scienza. Nella seconda, inseguiremo il mito, la religione, la teologia, la filosofia e la scienza nell’economia …
In altre parole, cercheremo di tracciare lo sviluppo dell’ethos economico, ponendo domande che precedono ogni possibile pensiero economico, da un punto di vista sia filosofico sia, in una certa misura, storico: un’area che si estende ai margini estremi dell’economia (e, molto spesso, oltre) …
Proviamo dunque a esaminare gli inizi del pensiero economico, la genesi di queste idee e la loro influenza sull’economia.

Tutti i colori dell’economia

Sono convinto che gli economisti mainstream abbiano rinunciato a troppi colori dell’economia e si siano lasciati eccessivamente ossessionare dal culto in bianco e nero dell’homo economicus, che ignora le questioni del bene e del male. Ci siamo provocati una cecità auto inflitta, una cecità che riguarda le più importanti forze motrici dell’agire umano …
In un certo senso, questo è uno studio sull’evoluzione sia dell’homo economicus sia, cosa più importante, della storia dei suoi “spiriti animali”. Questo libro cerca di analizzare l’evoluzione del lato razionale come pure di quello emozionale e irrazionale dell’essere umano.

I limiti della curiosità, con una clausola

Dal momento che l’economia ha osato applicare in maniera perentoria il proprio sistema di pensiero a province tradizionalmente appartenenti agli studi religiosi, alla sociologia e alle scienze politiche, perché non andare controcorrente e guardare l’economia dal punto di vista degli studi religiosi, della sociologia e delle scienze politiche? …

Sommario: sette epoche, sette argomenti

Il libro è diviso in due parti. La prima segue una linea attraverso la storia, che in sette tappe mette specificamente a fuoco sette argomenti che poi saranno sintetizzati nella seconda parte. La seconda parte è dunque tematica; raccoglie questi argomenti storici e li integra. In tal senso, il libro è un po’ come una matrice; potete seguirlo da un punto di vista storico o tematico, oppure da entrambi. Ecco i sette argomenti:

Il bisogno di avidità: la storia del consumo e del lavoro
Cominciamo con i miti più antichi, nei quali il lavoro viene rappresentato come la vocazione originale dell’uomo: lavoro come piacere prima, e (per via dell’insaziabilità) come maledizione poi. Dio o gli dei maledicono il lavoro (Genesi, miti greci) o il troppo lavoro (Gilgamesh). Analizzeremo la nascita del desiderio e della cupidigia, ovvero della domanda …

Progresso (naturalezza e civiltà)
Oggi siamo intossicati dall’idea del progresso, ma in principio quest’idea era inesistente. Il tempo era ciclico e all’umanità non veniva deputato alcun movimento storico. Poi gli ebrei, con la loro concezione lineare del tempo, e quindi i cristiani (che quella concezione hanno amplificato) ci fornirono l’ideale che tuttora abbracciamo. In seguito gli economisti classici secolarizzarono il progresso. Come siamo arrivati all’attuale progressione del progresso e al concetto di crescita fine a sé stessa?

L’economia del bene e del male
Esamineremo poi una questione chiave: il bene paga da un punto di vista economico? Cominceremo con la saga di Gilgamesh, in cui la moralità del bene e del male sembrerebbe non collegata; d’altro canto, successivamente, nel pensiero ebraico l’etica si affermò come fattore esplicativo nella storia …

La storia della mano invisibile del mercato e dellhomo economicus
Quant’è vecchia l’idea della mano invisibile del mercato? Da quanto tempo prima di Adam Smith questo concetto ci accompagnava? Cercherò di dimostrare come le premonizioni della mano invisibile del mercato fossero quasi ovunque …

La storia degli spiriti animali: i sogni non dormono mai
Prenderemo in esame l’altro lato degli esseri umani, quello imprevedibile, spesso arazionale e archetipico …

Metamatematica
Da dove gli economisti attingono l’idea che i numeri costituiscano il vero fondamento del mondo? …

Padroni della verità
In che cosa credono gli economisti? Qual è la loro religione? E quale il carattere della verità? Il tentativo di liberare la scienza dal mito ci accompagna fin dai tempi di Platone …

Questioni pratiche e definizioni

Quando in questo libro chiamiamo in causa l’economia la intendiamo secondo la percezione tradizionale che se ne ha, forse rappresentata al meglio da Paul Samuelson. Per homo economicus intendiamo il concetto primario dell’antropologia economica, il quale deriva dall’idea di un individuo razionale che, guidato da motivi strettamente egoistici, intende massimizzare i propri benefici. Eviteremo la questione se l’economia sia o meno, nella sua definizione corretta, una scienza. Dunque, anche se potremmo occasionalmente definirla una scienza sociale, è unicamente al campo dell’economia che spesso ci riferiamo. Intendiamo l’”economia” come un ambito più ampio che quello comprendente solo la mera produzione, distribuzione e consumazione di beni e servizi. Consideriamo l’economia come lo studio delle relazioni umane talvolta esprimibili in cifre, uno studio che ha a che fare con beni commerciabili ma anche con beni non commerciabili (amicizia, libertà, efficienza, crescita) …

“L’Economia del Bene e del Male” di Tomas Sedlacek – Edizioni Garzanti.


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