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436. ‘Ehjeh ‘Aser ‘Ehjeh di Raphael

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Presentiamo molto volentieri, di seguito, stralci tratti dallo splendido libro di Raphael ‘Ehjeh ‘Aser ‘Ehjeh, sulla Via del Fuoco secondo la Qabbàlah.

*****

Presentazione di Asram Vidya
La parola ebraica Qabbàlah significa “ricezione”, “trasmissione”, equivalente alla parola Masorah, e rappresenta la parte esoterica del Vecchio Testamento. Ciò significa che quest’ultimo oltre ad avere una funzione esteriore-essoterica ne ha una più profonda e significativa che è interiore-esoterica.
In Pirqé Abot I, 1 del Talmud si legge:
“Mosè ricevette la legge (Torah) sul monte Sinai e la trasmise a Joshua, Joshua agli Anziani, gli Anziani ai Profeti e i Profeti ai membri della Magna Congregazione”.

Così, Mosè è il primo della catena della tradizione qabbalistica che ha “ricevuto” la Masorah dalla Voce-suono divina.
Nella sua integrale composizione la Qabbàlah può essere divisa in due parti che rispondono a due precisi punti di vista: una comprende il dispiegamento della manifestazione universale, e sotto questa prospettiva può essere assimilata al darsana Samkhya (questo termine, come quello di Sephirah, significa “numerazione”); l’altra comprende il punto di vista metafisico di Ain soph da cui ogni cosa è vista come vacuità o semplice fenomeno evanescente.
L’Ain Soph può essere assimilato al Turiya vedantico, per cui la Qabbàlah può, nelle linee generali, sintetizzare il Samkhya e il Vedanta advaita, per quanto in essa la visione di quest’ultimo rimane velata.
Ehjeh ‘Aser ‘Ehjeh significa “Io sono colui che sono”, “L’Essere è l’Essere”, “Io sono Colui che sono”, ed è la risposta del Divino alla richiesta fatta da Mosè sul Monte Sinai per sapere il Suo nome.
Questa frase può essere ugualmente assimilata al mantra upanishadico: “Io sono Quello”, o “Io sono Brahman (Aham brahmasmi)”.
Gli aforismi di Raphael (già pubblicati sul periodico Vidya come introduzione alla Conoscenza della Qabbàlah), rivisti e fatte poche correzioni, sono stati raccolti in questo testo. Essi vogliono essere un semplice contributo che serva di stimolo alla realizzazione qabbalistica, e, soprattutto, sono destinati a coloro che vogliono uscire dalla concezione prettamente magica (nei suoi vari aspetti) in cui è stata generalmente relegata la Qabbàlah, e spingersi verso la realizzazione iniziatica, scopo ultimo della Tradizione qabbalistica.

L’Albero Sephirotico
L’Albero sephirotico rappresenta un mandala, un simbolo in cui sono compendiate le indefinite possibilità espressive del micro-macrocosmo.
L’esatta sua lettura svela, quindi, il significato del mondo dei nomi e delle forme, la comprensione delle energie grossolane e sottili e la possibilità di captarle. Può essere “meditato” a livello metafisico, ontologico, teurgico e psicologico. Essendo un mandala completo contiene la Realtà noumenica …

… 12. Una sephirah è un’Idea, una Potenza-Sostanza, un’Energia, una Forza, a seconda del punto di vista da cui la si vuole considerare.
Nel campo scientifico si parla di “forza gravitazionale”, di “energia elettronica”, di potenza luminosa, di legge inerziale, ecc. In altri termini, l’universo è governato da Forze, da Leggi e da principi; così il mandala sephirotico rappresenta le Forze-potenze o Intelligenze, le Leggi e i Principi.
Una Legge è il comportamento di una Forza-potenza, di un’Intelligenza. Con la comprensione delle sephiroth-potenze si comprendono altresì le Leggi sottili che operano dietro il mondo grossolano dei nomi e delle forme che, a sua volta, rappresenta il complesso degli elementi di natura.

13. Queste Potenze-Intelligenze sono designate: Ain Soph Aur (l’Infinito, l’Uno metafisico, il Non-Essere in quanto puro e in qualificato Essere, l’Assoluto, l’Uno-senza-secondo), Kether, Chokmah, Binah, Chesed o Gedulah; Geburah, Din (giustizia) o Pachad (paura); Tiphereth, Nezach, Hod, Yesod, Malkuth. C’è anche una sephirah velata chiamata Da’ath.
Le forme o immagini simboliche normalmente attribuite alle sephiroth sono:

Ain Soph = è al di là del nome e della forma. Ain = nulla. L’Assoluto può essere inteso in termini di “non questo, non questo”
Kether = un volto di Re visto di profilo
Chokmah = un volto barbuto di uomo
Binah = una bella donna corpulenta
Chesed = un Re con la corona seduto sul suo trono
Geburah = un Re guerriero sul carro di battaglia
Tiphereth = una bellissimafigura regale. Un innocente bambino oppure un glorioso uomo in croce
Nezach = una bellissima venere nuda
Hod = un ermafrodito
Yesod = un corpulento uomo nudo
Malkuth = una donna sul trono

Stati di vita
… 19. Secondo la Qabbàlah la manifestazione si divide in quattro stati o mondi esistenziali che confrontiamo con la dottrina vedanta:

Qabbàlah                   Vedanta
Azimuth                     Turya, Brahman nirguna
Briah                         Isvara
Yezirah                      Hiranyagarbha
Assiah                        Virat

 

L’anima secondo la Qabbàlah
Fra tutti i problemi di cui si occupa la filosofia, quello della nostra essenza, e della sua immortalità, non ha mai cessato di preoccupare l’umanità. dappertutto e in tutti i tempi, i sistemi e le dottrine su questo soggetto si sono avvicendati, con varietà e contraddittorietà, e la parola “Anima” è servita a designare i più svariati concetti di esistenza e le più svariate sfumature di essere. Di tutte queste dottrine, a volte antagoniste, incontestabilmente la più antica e la più vicina al vero è quella della Qabbàlah. Tramandata oralmente – come rivela il suo nome – essa risale all’origine della specie umana e, perciò, forse, in parte è anche il prodotto di quella intelligenza non ancora offuscata, di quello spirito penetrante verso la verità che, secondo l’antica Tradizione, l’uomo possedeva nel suo stato primordiale.
Per quanto la natura sia un tutto complesso, secondo la Qabbàlah, vi troviamo, comunque, tre aspetti apparentemente distinti: il corpo, l’anima e lo spirito [la massa, l’energia e il noumeno principiale]. Essi si differenziano tra loro come il concreto, il particolare e l’universale, in modo che l’uno è il riflesso dell’altro e ciascuno, anche in se stesso, offre questa triplice distinzione.
Il primo aspetto, il corpo, con la sua triplice modalità, nella Qabbàlah prende il nome di Nephesh; il secondo, l’anima, sede della volontà-intelletto, che costituisce propriamente la personalità umana, con la sua triplice espressione, si chiama Ruah; il terzo, lo spirito, con i suoi tre poteri, nella Qabbàlah prende il nome di Neshamah.
Come prima accennavamo, questi tre aspetti dell’uomo non sono completamente distinti e separati, ma sono l’uno dentro l’altro come i colori dello spettro, i quali, sebbene si susseguano, non possono essere distinti completamente, perché fusi l’uno nell’altro. A partire dal corpo, dal potere più basso di Nephesh e attraverso l’anima (Ruah) risalendo fino al più alto grado dello spirito (Neshamah) si trovano tutte le gradazioni, come quando si passa dall’ombra alla luce attraverso la penombra. Inversamente, dalle parti più elevate dello spirito fino a quelle fisiche grossolane, si percorrono tutte le sfumature di radiazione, come dalla luce si passa all’oscurità attraverso il crepuscolo. E soprattutto, grazie a questa unione interiore, a questa fusione degli aspetti, il numero Nove [la triplice modalità di ogni aspetto] si perde nell’Unità per produrre l’uomo, spirito vitale che unisce in i due mondi …

tratto da ‘Ehjeh ‘Aser ‘Ehjeh di Raphael, Edizioni Asram Vidya

 

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