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536. La Scelta: auctoritas-spirituale o potestas-temporale?

Martedì 07 Ottobre 2014 00:00 Rosario Castello
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Quanto di seguito esponiamo non è una approfondita dissertazione ma un insieme di spunti su cui dovrebbe riflettere colui che ha maturato un certo grado di comprensione di ciò che riguarda l’umanità, il mondo, la Tradizione Primordiale.

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L’ente planetario (ente-forma incarnato) del pianeta Terra per assolvere lo scopo per il quale è nato dovrebbe cercare di comprendere qual è la propria tendenza fondamentale per esprimersi nella vita: la tendenza alla riflessione, al comprendere o la tendenza all’azione, ad esprimere una forza che realizzi cambiamenti, mutamenti nel mondo del divenire.

L’ente planetario comune, ordinario, non risvegliato, che rappresenta la maggior parte dell’umanità, fa rientrare nell’ambito dello spirituale molte cose che invece non lo sono perché appartenenti ad un ordine solamente temporale e umano.

Lo Spirito è Unità.
La Materia (la manifestazione, la natura) è molteplicità, frammentazione, divisione.
Lontano dalla spiritualità gli antagonismi, le dualità, gli opposti si accentuano, si amplificano.

Il risveglio spirituale non è altro, in una prima fase, che la restaurazione dello “stato primordiale” nell’ordine fisico, quella fondamentale realizzazione (dei “piccoli misteri”) della perfezione dello stato umano e, in una seconda fase, la realizzazione degli “stati sovraumani” (i “grandi misteri”) nell’ordine metafisico.

Bisogna sapere che all’origine di tutto il disordine moderno c’è l’allontanamento dallo spirituale e il riferirsi, cioè l’affidarsi, soltanto al “potere temporale”, alla realtà esterna che ha coagulato la profanità: un potere esercitato da uomini decaduti nella materialità e corrotti nei valori fondamentali, motivi per i quali l’instabilità è inarrestabile.

Lo stato attuale del mondo, quindi, è uno stato di degrado e di decadimento: è molto lontano dal “principio supremo” al quale una volta l’umanità si riferiva e al quale, ai primordi, era connessa.
L’umanità ordinaria dell’oggi non possiede più le condizioni per avere un potere unico e supremo, come ai tempi primordiali.

I veli dell’ignoranza (avidya) hanno nascosto il vero stato delle cose.

Esiste un principio unico e supremo: immagine della vera unità a cui riferirsi.
Nella condizione di “discesa-caduta-separazione” si distinguono inizialmente le dualità che si trasformano in opposizione e rivalità.
Emergono due poteri: il potere spirituale (autorità, saggezza, conoscenza, stabilità) e il potere temporale (potere, forza, azione, cambiamento, divenire).
Il principio unico e supremo, allontanatosi dal mondo esterno a mano a mano che l’umanità si allontanava dal suo stato primordiale, passa da visibile a invisibile, cioè nascosto agli occhi profani.

Il mondo moderno, quindi, è un mondo decaduto che raggiunge, dal punto di vista sociale, un’incredibile instabilità: confusione e disordine sono ovunque. Il mondo si trova in tale situazione perché si è sviluppato, allontanandosi dalla spiritualità primordiale, procedendo nella direzione del mutamento e della molteplicità (chiamando tutto questo “progresso”).
L’errore moderno, quindi, è quello di considerare la società umana solo sotto l’aspetto temporale. Un governo della vita civile dovrebbe avere l’elevato compito di assicurare la pace necessaria a favorire una vita riflessiva e contemplativa per la realizzazione e liberazione delle Anime incarnate in questo mondo del divenire.

Nonostante le attuali evidenze, noi, confidiamo che le tenebre non si estenderanno completamente dall’Occidente all’Oriente e la luce della verità non verrà nascosta per sempre agli esseri umani.

Ogni potenza che agisce, sul mondo “esterno” e sensibile, senza un principio “interno”, spirituale, non è nulla, non incarna una vera autorità (spirituale).
Il potere temporale, la forza, è “esterno” e il potere spirituale, l’autorità, è “interno”: senza il giusto e corretto rapporto tra conoscenza e azione non può essere espresso il principio unico e supremo.

Colui che porta in la maturazione di una “qualificazione” coscienziale naturale è pronto a comprendere il giusto grado di rapporti tra il potere spirituale (contemplazione, meditazione, conoscenza-coscienza) e il potere temporale (azione, forza, governo) può rivolgersi a due fonti tradizionali quali sono la Bhagavad-Gita e la Uddhava-Gita, ambedue offerte dall’Avatara Krsna al mondo.

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La Bhagavad-Gita (“il Canto del Beato”) si trova nel sesto libro del Mahabharata, la grande epopea attribuita a Vyasa: lo scenario in cui si svolgono gli episodi è il campo Kuruksetra, il campo di battaglia in cui si svolge l’epilogo della guerra dei Kaurava contro i cugini Pandava. L’ambito del campo di battaglia è solo un pretesto perché Krsna abbia l’opportunità di prospettare ad Arjuna (il discepolo alla realizzazione che è uno Ksatriya) un dialogo realizzativo e iniziatico (sull’insegnamento dei Veda). Un testo destinato, in special modo, all’uso degli Ksatriya: lo Ksatriya è colui che detiene lo ksatra (il “potere regale”), chi assume il ruolo del “potere terreno” (militare, legislatore, giudice, politico, manager) per l’esercizio dell’”azione” giusta, per proteggere la legge e la giustizia.
Il pensiero tradizionale contenuto nella Bhagavad-Gita abbraccia tutte le possibili condizioni coscienziali dell’ente planetario, i vari livelli di comprensione: ogni ente planetario può trovare la naturale tendenza psicologica come individuo per poter dedurre il proprio Dharma (Dovere-Giustizia; il proprio compito nell’esistenza).
Le varie tendenze psicologiche degli individui dell’umanità si possono raggruppare in quelli che vengono chiamati i quattro “varna”, cioè gli “ordini sociali” che costituiscono l’organizzazione sociale dell’antica India tradizionale:

La Uddhava-Gita (“il Canto di Uddhava”) si trova nell’undicesimo skandha del Bhagavata Purana che comprende l’insegnamento finale di Krsna a Uddhava.

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Scopo di ogni ente planetario del pianeta Terra, incarnato nel mondo del divenire, è quello di distaccarsi dal sentimento di avere un corpo fisico e di sviluppare la capacità di trascendere, per liberarsene, l’idea della forma fisica che porta all’identificazione con essa. L’ente planetario (l’Anima condizionata) vive, altrimenti, da misero organismo che utilizza come coscienza individuata la mente ma solo per commettere errori. Ecco l’importanza di un risveglio spirituale, di una costante elevazione in un percorso consapevole realizzativo. Un ente-forma incarnato deve andare oltre la propria mente e scoprire il “Centro Spirituale” in sé, oltre ogni linguaggio, oltre il pensiero stesso. La scoperta di questo “Centro superiore”, l’Atman, il è lo scopo vero, dell’ente planetario, in questa vita. È spogliandosi dell’idea del corpo e della mente che si può progressivamente abbandonare il Dualismo per giungere all’Uno-senza-secondo (realizzazione dell’Advaita).

Il potere temporale (azione, forza, dinamismo, desiderio, passione; il “passaggio dalla potenza all’atto” guna-rajas) ha il suo principio nel potere spirituale (conoscenza, saggezza, intelligenza, luce intellettuale, buddhi, guna-sattva). Ogni varna, che segue subito dopo l’altro, ha il suo principio in quello precedente.
Bisogna però prendere in considerazione, con i quattro varna, quanto si fa quando si ragiona sui tre guna: nel prevalere di una tendenza restano presenti, in un certo grado, gli altri varna (tendenze-capacità utili ad ogni stadio di vita).
Queste due fondamentali espressioni si congiungono sul piano del Punto principiale.

Ciascun ente planetario è importante che comprenda la propria direzione spirituale (Dharma) per non sbagliare “Cammino”.

Krsna non cade affatto in contraddizione quando nella Bhagavad-Gita dice ad Arjuna, uno Ksatriya (potere temporale):
“E poi, considerando il tuo proprio dharma (dovere), non dovresti esitare; per uno ksatriya non v’è niente di meglio che un legittimo combattimento” (II, 31).

Ma sempre Krsna, nella Uddhava-Gita, dice ad Uddhava, un samnyasin (potere spirituale: rinunciatario, dedito alla solitudine, alla meditazione e alla contemplazione samadhica):
“Tu sei un samnyasin e dovrai agire come tale; pratica l’ahimsa (la non-violenza, la non-resistenza), ritirati in un luogo solitario e innalzati alla contemplazione”.

Krsna dà l’insegnamento che compete a ciascuno di loro: ad Arjuna quello per conseguire l’iniziazione regale, degli Ksatriya; ad Uddhava quello per conseguire l’iniziazione sacerdotale (autorità spirituale).

Ognuno deve assecondare il proprio Dharma con una giusta scelta.

Dagli insegnamenti della Bhagavad-Gita si evince un senso profondo del “potere spirituale” (“autorità spirituale”) che necessariamente deve stare sempre dietro all’azione del “potere temporale”. L’”autorità spirituale” è come il perno intorno al quale ruotano tutte le cose contingenti, un centro immutabile che dirige e regola ogni movimento (nel divenire della manifestazione) senza parteciparvi.

La Bhagavad-Gita rivela come l’attività suprema sia il “non-agire” (“punto di vista interiore”) e si tratta di un’attività che non si mostra all’esterno, come avviene con le attività particolari e relative.

Ogni trasformazione comincia grazie all’attenzione verso un pensiero nuovo che diventa pensiero-guida: possano tutti gli enti planetari, di qualsiasi tendenza psicologica individuale (varna) trovare in sé stessi quel luminoso pensiero-guida per ri-trovare il “paradiso terrestre” attraverso il quale giungere al “paradiso celeste”.

Per realizzare tutto ciò serve un vero cambio di orientamento per condurre alla necessaria restaurazione dell’ordine normale.

La Tradizione Primordiale, a cui riferirsi, c’è.

 Rosario Castello
tratto dal Capitolo La Scelta: auctoritas-spirituale o potestas-temporale?
da Il Segreto della Conoscenza esoterica