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542. Quanto siamo liberi? di Navin Jani

Giovedì 30 Ottobre 2014 00:00 Rosario Castello
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Un giorno Sam Surya si reca all’orfanatrofio della sua città per fare una generosa donazione. In un’altra parte della città, Andy Andhakara rapina una banca. Che cosa ha portato queste due persone a due scelte così drasticamente diverse? È dipeso dalla loro volontà o dall’intervento di qualche altro fattore? In altre parole, le loro azioni erano già determinate oppure Sam e Andy agiscono per libero arbitrio?
Queste domande riguardano uno dei temi più dibattuti della filosofia occidentale. Gli esseri umani sono destinati a seguire un percorso determinato? Siamo come bambini su una macchinina in un parco di divertimenti che permette loro di curvare a destra o a sinistra, ma che inesorabilmente li porta lungo un percorso predeterminato? Oppure siamo liberi di desiderare e di fare quello che ci piace; la nostra vita è come una lavagna pulita su cui possiamo scrivere tutto e di tutto?

In questo articolo tratteremo brevemente come la filosofia occidentale abbia impostato il problema del rapporto tra determinismo e libero arbitrio e poi suggeriremo come la letteratura vedica possa offrire un’ulteriore visione di questo tema così sfuggente, ma tuttavia così importante.
Prima di iniziare chiariamo il significato della parola arbitrio. Da un punto di vista filosofico, si tratta di un concetto articolato che ha subito variazioni di significato durante gli anni. Tuttavia, per tutti gli scopi pratici può essere ritenuto sinonimo di “azione”. Pertanto il dibattito sul rapporto tra determinismo e libero arbitrio essenzialmente è una richiesta di identificare la causa dei comportamenti umani. Tenere in mente questo vi aiuterà a non perdervi in quella che altrimenti potrebbe diventare una giungla intricata di astratti linguaggi filosofici incomprensibili.

DETERMINISMO RIGIDO

In questo dibattito un punto di vista è quello di affermare che Sam Surya era destinato a fare una donazione e Andy Andhakara a rubare e nessuno in realtà aveva voce in capitolo su queste scelte. Questa teoria è conosciuta come determinismo rigido. Ciò comporta che tutte le azioni umane sono il risultato diretto di una sequenza di cause e di effetti tali da renderle predeterminate e tali da potersi svolgere in un solo ed unico modo. Quindi, in realtà noi non abbiamo alcun ruolo nel determinare le nostre azioni. Anzi esse sono causate da qualcosa al di sopra di noi. I filosofi occidentali in generale si sono dimostrati restii ad accettare questo punto di vista e con buone ragioni: un determinismo rigido contrasta sia con l’esperienza comune, sia con le regole di civiltà*.

(*La dottrina della predestinazione delle anime, esposta da Sant’Agostino nel V secolo e presa come punto di riferimento dai leader della Riforma protestante del XVI secolo, ne costituisce una delle maggiori eccezioni).

Lungi dal sentirsi obbligati a compiere le azioni che facciamo, istintivamente sentiamo che nella nostra vita possiamo fare delle scelte. Perciò, il pensiero di non poter in alcun modo controllare quello che facciamo ci ripugna. Inoltre le leggi che governano una società hanno significato solo se i cittadini possono decidere se seguirle o no. Per esempio, potremmo forse essere del parere di punire Andy Andhakara per mandare un messaggio alla comunità sul fatto che non si deve rubare in modo che altri non seguano il suo esempio. Se però i cittadini non hanno il potere di decidere se rubare o no, allora qual è l’utilità di mandare un messaggio di questo tipo? Quindi un determinismo rigido può essere respinto perché contrario all’intuizione e certamente in contrasto con la pratica.

LIBERO ARBITRIO ASSOLUTO

Dopo aver respinto questa posizione estrema, esaminiamo l’altra posizione estrema. Come il determinismo rigido ci dice che Sam ed Andy dovevano ciascuno agire in quel particolare modo, il punto di vista opposto ci dice che essi avrebbero potuto agire in qualsiasi altro modo. Questa è la teoria conosciuta come libero arbitrio assoluto. Essa sostiene che le azioni umane in teoria sono completamente libere e possono svolgersi in un numero infinito di modi. Il nostro comportamento non è il prodotto precostituito di un qualsiasi grande schema universale, ma è fluido e flessibile. Esso è essenzialmente senza causa, perché questo limiterebbe il suo svolgimento.

A differenza della teoria del determinismo rigido che ha avuto pochi aderenti tra i filosofi occidentali, la teoria del libero arbitrio assoluto è stata fatta propria da molti, compreso il filosofo francese René Descartes all’inizio del diciassettesimo secolo e il filosofo tedesco Immanuel Kant alla fine del diciottesimo secolo. In realtà, essa dà un gradito sollievo dalla soffocante rigidità del determinismo ed è in accordo con i criteri occidentali di libertà e d’indipendenza. Come altri filosofi (compresi quelli nominati nel prossimo paragrafo) hanno però messo in evidenza, questa teoria non è accettabile. Essi affermano che un fenomeno o ha una causa (o più cause) oppure è completamente casuale; non esiste una terza via. Perciò affermare che le azioni umane non hanno causa è come dire che sono casuali. L’osservazione del mondo intorno a noi però mostra chiaramente che questo non è vero. Noi non vediamo madri che abbracciano la loro biancheria sporca gettando invece i loro bambini nella lavatrice. Invece, al posto di questo caos senza spiegazione (logica conseguenza di questa teoria) possiamo constatare ordine e significato nei comportamenti umani. Quindi, il libero arbitrio assoluto deve anch’esso essere respinto come privo di logica e non realistico.

DETERMINISMO NON RIGIDO

Perciò mentre il determinismo rigido non ci lascia spazio per respirare, risulta che il libero arbitrio assoluto apre una porta anche troppo grande. Nessuna delle due teorie ci consente di influire consapevolmente sulle nostre azioni. Che pensare di qualcosa d’intermedio, qualcosa tra questi due estremi? Questo punto di vista permetterebbe a Sam e ad Andy di essere la causa delle proprie azioni in un modo che riconcilia determinismo e libero arbitrio. Il comportamento umano potrebbe allora essere compreso non come capriccioso e neppure automaticamente irrispettoso delle volontà individuali.

Un numero infinito di persone ha appoggiato in qualche modo questo compromesso – compresi i filosofi inglesi Thomas Hobbes, John Locke e John Stuart Mill – su cui confluisce più o meno il consenso dei filosofi contemporanei occidentali. Tra essi il filosofo scozzese del diciottesimo secolo David Hume ne ha dato quella che senza dubbio è la principale presentazione. La sua teoria è definita determinismo non rigido perché si basa su un determinismo rigido, ma lo modifica in modo da acconsentire il manifestarsi di una libertà personale e di una responsabilità morale. Egli inizia con l’affermazione che ogni azione umana ha una causa che ne determina lo svolgimento. Se questa causa è qualcosa d’esterno all’individuo, egli classifica l’azione risultante come involontaria.

Se la causa è un desiderio interiore dell’individuo, l’azione risultante è qualificata come volontaria. Mentre nel determinismo rigido tutte le azioni sono causate da forze esterne e sono quindi quelle che Hume chiama involontarie, il suo determinismo non rigido prevede cause sia esterne sia interne. In realtà egli pone l’accento sulle ultime spiegando che gli esseri umani agiscono sempre in base ai loro fortissimi desideri interni senza essere forzatamente determinati da fattori esterni.

Hume conclude ritenendo tali azioni volontarie “libere” e pertanto assoggettabili ad un giudizio morale. In questo modo, secondo la teoria di Hume, la donazione di Sam è considerata come causalmente determinata dal suo desiderio di donare e tuttavia è anche ritenuta libera perché è fatta volontariamente. Il furto compiuto da Andy è causato dal suo desiderio di denaro, ma egli ne è moralmente colpevole perché non era obbligato ad agire contro il suo desiderio. Sebbene con il determinismo non rigido di Hume si abbia finalmente una teoria che collega gli individui con i loro comportamenti, appare discutibile se questo accada in un modo che dia loro una vera libertà. Questa ammissione che evita l’oppressivo impersonalismo del determinismo rigido e il caos dell’assoluto libero arbitrio, dà veramente agli uomini il potere di una scelta consapevole? La critica ha risposto di no.

I critici hanno fatto notare che sebbene con la teoria di Hume gli individui agiscano secondo la loro volontà non lo fanno però liberamente. Questo accade perché i desideri interni che causano le loro azioni non sono sotto il loro controllo cosciente. Per esempio, Sam agisce volontariamente in accordo al suo desiderio di fare la carità (e in questo modo si sente come se agisse liberamente), ma da dove viene questo desiderio? Ha scelto lui il tipo di personalità che ha tendenza a donare?
No. Potremmo percorrere il suo sviluppo attraverso le sue esperienze, la sua educazione e il suo ambiente familiare oppure rassegnarci ad un semplice: “È nato così”.
In entrambi i casi dobbiamo riconoscere che i veri fattori che hanno portato Sam a voler aiutare l’orfanatrofio non sono chiaramente soggetti al suo controllo cosciente. Anzi, il suo desiderio è il risultato deterministico del suo background che lo spinge ad agire in questo modo. Egli non è libero di agire diversamente. Perciò non è giusto chiamare libere le rispettive azioni di Sam e di Andy e conseguentemente lodarle o censurarle. In effetti il determinismo non rigido in definitiva ci porta allo stesso punto morto del determinismo rigido anche se con un po’ più di varietà lungo il percorso. Sebbene sia il determinismo rigido sia l’assoluto libero arbitrio possano essere facilmente respinti (sia in questo articolo che negli annali della filosofia occidentale), è facile concordare che un determinismo non rigido appare più promettente. Tuttavia esso non ci ha permesso di raggiungere quello che cerchiamo per una spiegazione convincente della causa delle azioni umane. Certamente la risposta si trova in una forma di sintesi tra determinismo e libero arbitrio, ma la filosofia occidentale non ci può fare avanzare ulteriormente in questa direzione. Ora quindi prenderemo in considerazione la filosofia dell’antica India. All’interno delle scritture vediche troviamo una prospettiva che concilia veramente determinismo e libero arbitrio in un modo che soddisfa i nostri intelletti ed è gradevole ai nostri cuori.

IL LIBERO ARBITRIO DELL’ANIMA

Cominciamo rivisitando il lato deterministico del tema. Krishna nella Bhagavad-gita spiega che tutti gli esseri viventi hanno una forma eterna spirituale di cui i corpi fisici che vediamo sono solo coperture temporanee. La causa prima di questo imprigionamento è conosciuta in sanscrito come ahamkara. Sebbene questa parola sia normalmente tradotta come falso ego, letteralmente significa: “Sono io che agisco”. Poiché siamo fatti di spirito e non di materia, non abbiamo nessuna capacità di manipolare indipendentemente la materia e pensare che lo possiamo fare è l’inganno che c’imprigiona in modo definitivo. Lungi dall’essere controllori, l’abitare in un corpo fisico ci porta sotto il controllo della natura perché il corpo che è materiale agisce in base alle leggi di natura. Il vero principio attivo che provoca i movimenti del mondo materiale è l’energia di Dio nella forma dei tre principi o influenze materiali: il mantenimento (virtù), la creazione (passione) e la distruzione (ignoranza). Krishna somma tutte queste dinamiche facendo osservare: “L’anima spirituale ingannata dall’influenza del falso ego pensa di essere lei a compiere le attività che in realtà sono svolte dai tre modi della natura materiale.” Quindi, la nostra libertà non si trova nel regno tangibile della materia fisica.

Per alcune persone le implicazioni derivanti da questa evidenza (vedasi l’inserto a fine articolo come altro esempio) fanno ritenere che il libero arbitrio sia semplicemente illusorio e che la reale comprensione comporti di accettare che noi siamo pedine impotenti di un mondo retto dal determinismo. Dal punto di vista storico, i filosofi occidentali hanno sempre finito per ammassare il punto di vista vedico insieme alle altre filosofie orientali togliendo di mezzo il tutto sotto la condiscendente etichetta di fatalismo asiatico. Questo però è solo metà dell’equazione vedica. Altrettanto convincente (e senza dubbio anche più importante) è l’evidenza vedica della libertà e del potere di una scelta consapevole.

Per esempio, la letteratura vedica contiene una pletora di regole, principi e rituali. Molti eminenti filosofi Vaishnava hanno usato la stessa logica che noi abbiamo citato prima per sconfiggere il determinismo rigido dichiarando che tali prescrizioni delle scritture (e le ricompense e le punizioni ad esse associate) possano avere significato solo se l’essere vivente ha in qualche modo una reale indipendenza. In verità, “Dio, la Persona Suprema, ha formulato e applicato in modo così esperto le leggi della natura materiale che regolano la punizione e la ricompensa relative al comportamento umano che l’essere vivente è scoraggiato di fronte al peccato e incoraggiato verso la virtù, senza per questo dover soffrire di alcuna interferenza significativa con il suo libero arbitrio di anima eterna.” (Srimad-Bhagavatam 10.24.14 spiegazione dei discepoli di Prabhupada).

A questo punto comunque è importante notare che poiché la mente nella comprensione vedica è considerata materiale, essa è soggetta allo stesso rigido controllo che prima era stato prima attribuito al corpo. Perciò, come il libero arbitrio dell’essere vivente non può essere esteso alle azioni del corpo fisico e dei sensi, così pure non può essere esteso alle azioni della mente o dell’intelligenza. Quindi il libero arbitrio di cui Prabhupada parla deve essere limitato al dominio proprio dell’anima spirituale e devono essere le azioni di quest’anima che meritano le varie punizioni e le ricompense di cui parla. Ma come agisce l’anima? Prabhupada spiega che questo avviene attraverso il desiderio. Inoltre, egli fa un ulteriore passo in avanti rivelando che il desiderio di “arrenderci a Dio o no è l’espressione essenziale del nostro libero arbitrio”.

E qui finalmente c’è la risposta che cerchiamo e la risoluzione vedica del problema del contrasto tra determinismo e libero arbitrio. Come esseri umani, la nostra libertà comporta soltanto o di avvicinarsi a Dio o di allontanarci da Lui. La natura materiale “sotto la direzione di Dio” si prende cura del resto. In base ai nostri desideri passati, alla nascita ci viene dato un corpo adatto per mezzo del quale le influenze della natura materiale ci aiutano a compiere azioni corrispondenti a questi desideri. Nei limiti di questo corpo, che vanno dalla nostra disposizione mentale ai risultati karmici che ci spettano mentre siamo in esso, abbiamo l’opportunità di formulare nuovi desideri. Questi desideri possono avere molte forme, ma sono sempre riconducibili ad una delle due grandi categorie: desiderio di avvicinarsi a Dio o desiderio di allontanarsi da Lui. I nostri nuovi desideri creano allora quelle reazioni karmiche che determinano il nostro nuovo corpo.

NESSUN DETERMINISMO SENZA USCITA

Questa comprensione vedica del libero arbitrio ci salva dalla strada senza uscita in cui ci portava il determinismo non rigido. Possiamo percorrere all’indietro i molteplici desideri che determinano l’azione di una persona a partire dalla condizione realizzata nella vita attuale fino alla sua natura al momento della nascita, fino ai desideri delle sue vite precedenti e, a sottolineatura di tutto questo, fino al suo progressivo desiderio di arrendersi a Dio o di ribellarsi a Lui. A questo livello finale di primaria importanza regna la libertà, mentre il determinismo domina i successivi anelli della catena. Si può quindi definire il modello vedico come una sorta di libero arbitrio binario.

Per esempio, Sam Surya, nella sua nascita precedente deve aver avuto desideri divini (per esempio, desideri disinteressati di rinunciare al piacere per scopi più elevati) come risultato egli probabilmente è nato dotato di una generosità spontanea ed ha ricevuto una buona educazione dai suoi genitori e dai suoi primi insegnanti, entrambi i quali gli hanno consentito di avvicinarsi a Dio. Andy Andhakara invece deve aver avuto desideri contro Dio (per esempio, desideri egoistici accentrati sul proprio benessere a scapito di altri), che lo hanno portato a nascere in una situazione degradata idonea ad esprimersi ed agire secondo questo tipo di desideri. La chiave per capire come tutto questo funziona sta nella comprensione che il karma agisce a livello sottile, ma anche grossolano. Le buone azioni non solo creano circostanze favorevoli, ma producono anche il desiderio di fare ulteriori buone azioni. E viceversa.

A differenza dal foglio bianco del libero arbitrio o del percorso rigido del determinismo, questa miscela dei due potrebbe essere paragonata ad un film interattivo che vi permette di fare scelte in momenti cruciali e poi funziona automaticamente fino alla prossima decisione. Se compiamo scelte favorevoli a ristabilire la nostra relazione con Dio, come Sam Surya, la prossima volta avremo un numero maggiore di possibilità di questo tipo. Se invece facciamo scelte che ostacolano la nostra relazione con Dio, come Andy Andhakara, le scelte verso il divino diminuiranno in opportunità e quantità. In entrambi i casi, quello che accade tra i punti di decisione è il risultato predisposto da innumerevoli scelte del passato.

Quando finalmente arriviamo al punto in cui incondizionatamente e ininterrottamente desideriamo soltanto di essere più vicini a Dio, allora rompiamo la catena dei successivi corpi fisici e possiamo tornare nella dimora di Dio. Là, avendo ripreso i nostri corpi originali spirituali saremo completamente indipendenti dalle leggi di natura che ci controllano così rigidamente in questo mondo. Allora arriviamo al definitivo paradosso del libero arbitrio. Quando saremo in grado di offrire in ogni momento il nostro libero arbitrio ai piedi di Dio per il Suo piacere anziché per il nostro, allora e soltanto allora avremo il massimo di libertà.

Prescienza e Letteratura Vedica

Un aspetto della letteratura vedica — la conoscenza del futuro — può, a prima vista, apparire in contrasto con il libero arbitrio, ma non è così. In effetti, la spiegazione di questo fenomeno dato da Sant’Agostino relativa all’onniscienza di Dio è simile alla conoscenza vedica. Altri hanno argomentato che se Dio sapesse già quello che faremo, questo ci impedirebbe di avere un libero arbitrio: non potremmo agire se non nel modo che Dio aveva previsto. In risposta, Agostino spiegava che la visione del futuro da parte di Dio non fa accadere niente. Essa è analoga alla visione umana del passato. Noi abbiamo la capacità di ricordare gli eventi del passato, ma questo non significa che ne siamo la causa. Allo stesso modo Dio ha la capacità di pre-cordare gli eventi futuri, senza che questo significhi che la sua azione limiti la libertà umana. Egli è semplicemente al di là del tempo, mentre noi non lo siamo, e può perciò osservare con uguale facilità passato, presente e futuro.
La letteratura vedica riconosce a Dio una capacità di questo tipo, ma va oltre ammettendo che gli esseri umani possono condividere questa capacità. Un metodo consiste nel praticare lo yoga opportuno per acquistare questa siddhi (perfezione mistica) del tri-kala-jna, letteralmente “conoscitore dei tre tipi di tempo” (cioè passato, presente e futuro). È interessante notare che questa capacità è considerata una delle meno importanti e delle più facili da ottenere tra i diversi poteri mistici vedici.
Un altro metodo di prescienza è fornito dall’astrologia. Osservando la posizione delle stelle e dei pianeti al momento preciso della nascita di una persona, un astrologo esperto può fare molte previsioni riguardo alla personalità e alla vita di questa persona. In effetti, si dice che il grande saggio Brighu Muni temendo che durante la miserabile era attuale di Kali non ci potessero essere astrologi qualificati, avesse formulato gli oroscopi di nascita per ogni persona sulla Terra per i prossimi 427.000 anni.

Navin Jani
tratto da www.bbtitalia.it (Bhaktivedanta Book Trust)