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553. Il Bene della Collettività … di Gianpaolo Marcucci

Domenica 14 Dicembre 2014 00:00 Rosario Castello
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Presentiamo di seguito un articolo-pensiero del giovane autore Gianpaolo Marcucci, poliedrico, dinamico, profondo. Egli abbraccia una “visione” che sta cercando, con il proprio lavoro, di rendere comunicabile e lo sta facendo egregiamente ma non perché in possesso degli acquisiti titoli o attestati meritevoli (che fanno curricula) ma per quel fuoco che si fa strada dentro di lui per operare un valido “solve”. Speriamo che egli perseveri, noi ci auguriamo, come ha fatto finora scalando le esperienze incontrate, esperienze che hanno avuto il compito di consegnargli una “qualificata” posizione coscienziale che si manifesta, sempre di più, nei tratti più sinceri del suo percorso. Lo distinguono i suoi passi nell’individuale ma anche quelli verso l’universale: un impegno di vita. Non lo conosciamo personalmente ma attraverso la lettura e l’informazione dei suoi lavori e non ne parliamo perché abbiamo scoperto che ci ha menzionati (www.centroparadesha.it) nel suo ultimo libro Il Dio nello specchio, ma perché riconosciamo l’autenticità degli sforzi fatti finora e il tentativo di costruire una strada concreta che possa portare alla “visione” che lo sostiene.
Noi ci auguriamo, in realtà, che molti possano essere i giovani motivati dal fuoco ardente della passione spirituale che desiderino, sempre di più, riportare il mondo alla sua primordiale visione spirituale dell’esistenza: rifondare un mondo le cui strade accolgano nuovamente esseri-artisti del vivere anziché grossolani uomini-animali, strade in cui gli esseri si riconoscano Anime, risvegliate all’ascolto della Verità che in ciascuno riposa.

in divina Amicizia il Centro Paradesha

 

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Il Bene della Collettività Non può Essere Imposto dall’Alto

 

Tutti i modelli politico-economici applicati sinora alla società hanno voluto fare il bene della collettività decidendo autonomamente cosa questo bene fosse e considerandolo successivamente come un assunto immutabile. Due gravi errori possiamo ritrovare in questo ragionamento: il primo è che la società, come qualsiasi altra cosa in natura, è tutt’altro che immutabile, ergo, nessuna “Bibbia” può guidarla in eterno; il secondo è che per fare il bene della collettivitànon si può imporre dall’alto un “bene” teorico intuito o ragionato, l’unico modo è chiedere ad essa cos’è bene per lei.
Fino a pochi anni fa era quasi impossibile consultare la collettività su questioni come la politica, l’economia, i media, i bisogni, etc. se non attraverso il sistema del voto e della democrazia rappresentativa (che sappiamo oggi essere fallimentare).
Oltre al dispendio enorme di risorse che si sarebbero dovute impiegare per un sistema più “diretto”, senza deleghe, mancavano due concetti fondamentali: l’estemporaneità e la trasparenza. Oggi attraverso la rete è realmente possibile chiedere alla collettività cosa vuole: la democrazia diretta è già realtà. Saremmo tuttavia a mio parere troppo ingenui se ci fermassimo alla conclusione che basta chiedere alla popolazione quali sono i suoi bisogni per risolvere tutti problemi del mondo. Cosa accadrebbe infatti se chiedessimo oggi alla collettività che cosa vuole? 
“Collettività, volete più tablet gratis o più scuole che educhino alla creatività?” Secondo voi quale sarebbe la risposta? Questo non è affatto un problema da sottovalutare. Fintanto che la massa è controllata sino nella formazione dei propri bisogni da parte dei media non possiamo interrogarla su cosa realmente vuole per se, perché non lo sa. L’uomo medio, inteso non come l’uomo stupido, ma come l’uomo tipo della società odierna, l’uomo che compone la massa, la maggioranza della popolazione, anche lo studente universitario o il politico, non sa cosa vuole. Dunque, se non si può imporre dall’alto la soluzione ma non ci si può nemmeno affidare alla “volontà popolare” cosa si può fare per cambiare le cose? Un antico proverbio cinese recita a proposito così: “Se vuoi progettare un anno, coltiva il riso; se vuoi progettare un decennio, pianta gli alberi; se vuoi progettare un secolo, educa le persone”. Dato per assunto che non si può imporre il bene, se la massa non è sufficientemente consapevole per comprendere cos’è bene per lei, l’unica azione intelligente da compiere è educarla, prenderla per mano ed aiutarla a fare luce affinché diventi in grado di scegliere da sola.
L’unica azione intelligente è diffondere consapevolezza, instillare l’amore per la domanda.
Non si sta però qui dicendo che dobbiamo stare fermi ad aspettare mentre qualcuno (un guru, un leader, un salvatore) arriva ed educa il mondo; a farlo devono essere coloro che comprendono questa urgenza. Dobbiamo essere noi ad informare, educare, far prendere coscienza alla popolazione dei problemi della società e durante tale fase di diffusione di consapevolezza, al fine di rendere sempre meno controllato e limitato lo spazio d’azione che abbiamo in ambito di proposta politica, a promuovere metodi che si avvicinino sempre di più alla democrazia diretta, metodi di transizione, come ad esempio la democrazia liquida dove il sistema della delega sopravvive ma viene limitato nel tempo e nello spazio (figurato), divenendo così d’aiuto anziché d’ostacolo alla partecipazione politica. Gli strumenti ci sono tutti, l’energia anche, uniamoci, cooperiamo senza uniformarci e lavoriamo ad una rivoluzione che sia senza bandiere ne stendardi, una rivoluzione che prima di tutto sia sinonimo di evoluzione.

L’educazione e la diffusione di consapevolezza sono le chiavi per un’evoluzione etica e democratica della nostra società

Gianpaolo Marcucci
tratto da http://www.marcocanestrari.com/2012/11/il-bene-della-collettivita-non-puo.html

 

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