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580. L’insidia nel “profano” e nello “spirituale”

Martedì 07 Aprile 2015 00:00 Rosario Castello
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Nella cosiddetta modernità tutto è stato rovesciato: tutti i simboli positivi del bene sono stati invertiti. Si cerca di far passare i simboli del male come “normalità” della modernità.
Le Forze Involutive si sono insediate nella società moderna diffondendo la mentalità corruttiva che sta degradando ogni cosa: sia negli ambiti del “profano” (del “temporale”, del “divenire”) sia negli ambiti dello “spirituale”.
La crisi all’interno delle istituzioni religiose di tutto il mondo è un’evidenza per tutti. Bisognerebbe avere il coraggio di prenderne atto e cercare di comprendere la posizione coscienziale planetaria del momento: quali battaglie del cielo si stanno riflettendo in terra e come e a che cosa bisogna sentirsi chiamati a rispondere, in nome del Sanatanadharma (dharma perenne, l’eterno ordine cosmico, la Tradizione Primordiale).
Il Karma planetario è piuttosto pesante: tutti i Paesi del mondo, nell’ultimo millennio, lo hanno aggravato, e ancor di più agli inizi del primo secolo del nuovo millennio.
L’umanità si è separata dalla primordiale “conoscenza perenne” (Sanatanavidya), in grado di guidare da un ciclo di manifestazione all’altro, e per questo ne ha perso il senso di riferimento, a cui un tempo i re-governanti facevano capo per comprendere quali fossero le giuste risposte comportamentali e comunicazionali dell’epoca in corso. Le conoscenze esoteriche del Sanatanavidya non vengono più utilizzate per governare, altrimenti i governanti saprebbero bene come riuscire a migliorare molte importanti situazioni, sia nel contingente del divenire sia sul fronte spirituale eterno (il “giusto agire” per la società in qualità di “ente-coscienza” e per le più svariate “posizioni coscienziali” degli enti planetari).

Un tempo i “centri spirituali” non avevano statuti scritti come nell’oggi, ma sapevano perfettamente, in ogni circostanza da affrontare, a quale norma riferirsi sul piano della regolamentazione interna e a quale principio rivolgersi per risolvere qualsiasi questione esterna alla cerchia, senza contare a quale stato di coscienza-conoscenza appellarsi per una necessaria scelta spirituale. Per un “centro spirituale” dovrebbe essere indubbia la supremazia dello spirituale nei confronti del divenire, del temporale.

I “centri spirituali” hanno sempre avuto due tipi di funzioni, una funzione essoterica ed una funzione esoterica. Nell’antichità tutti i membri di un “centro” venivano preparati ad un tipo di conoscenza esoterica e ad una corrispondente formazione generale. Solo pochi “qualificati” e “pronti” venivano condotti ad un iter certo per l’iniziazione. Oggi di predisposti all’iniziazione se ne vedono raramente mentre pullula ovunque la pantomima dell’iniziato. Nei “centri spirituali”, dove nascono purtroppo dei problemi, si vedono circolare soggetti saccenti pronti a risolvere ogni situazione con il contributo della propria saggezza (ma soprattutto una nascosta inconfessata richiesta di devozione quale tributo, mascherata della solita palese umiltà inesistente).
I “centri spirituali”, sia di un tempo sia di oggi, al di là dell’ignoranza metafisica degli stessi membri costituenti, svolgono un importante compito planetario, al di là della consapevolezza degli stessi. Svolgono un’importantissima operazione alchemica sul piano sottile, purtroppo nell’oggi con scarsi risultati per il prevalere dell’ignoranza, sia sul piano esoterico sia metafisico dei membri associati, specie coloro che detengono le cariche nel complesso organizzativo: non sono in grado di guidare i membri associati, nel modo consono allo spirituale, neanche quando hanno a disposizione il bagaglio di insegnamenti del Maestro a cui fanno riferimento.
Un “centro spirituale” non è una associazione qualunque, non è un partito politico, non è un sindacato, ma la rappresentazione in miniatura, volente o nolente, del Sanatanadharma anche se nessuno dei membri vibra su tale consapevolezza. Un “centro spirituale” ha la sua egregora, la sua aura, i suoi nadi, i suoi cakra, la sua kundalini, il suo antahkarana (buddhi, ahamkara, citta, manas), produce le sue vrtti , quindi il suo corpo sottile (lingasarira): è connesso, con il suo hrdaya (cuore spirituale), al Maestro di riferimento, o ad una particolare divinità, o al principio degli insegnamenti di appartenenza.
Quello che accade oggi, purtroppo, è che i “centri spirituali” sembrano negare, senza farlo palesemente, lo spirituale reale e sembrano adottare, con i loro comportamenti, un deleterio materialismo pratico (un insieme di concezioni assemblate chiamate spiritualità).
La maggior parte di coloro che si avvicinano alla spiritualità e aderiscono ad un “centro spirituale” vivono una visione che altro non è che materialismo trasposto su di un altro piano, e ciò è a monte dei tanti problemi che nascono nei vari “centri”, perché i primi ad essere impreparati sono proprio i “responsabili” di questi “centri” che trasformano ciò che dovrebbe essere ordine in disordine (confusione); mancano delle conoscenze necessarie e risolvono con l’arbitrio che diventa autoritarismo ignorante.
Un “centro spirituale”, inteso come “unico” anche se distribuito in più sedi su tutto il territorio nazionale o mondiale, ha il suo karma anche se non dovrebbe accumularne, conoscendo e rispettando le leggi del dharma.
Ogni membro, con la propria sadhana, dovrebbe migliorare se stesso e il “centro spirituale” di appartenenza perché ogni riflesso che produce, nel bene come nel male, opera nell’ hrdayaksetra (il campo del cuore) proprio, del “centro spirituale”, della propria Nazione e dell’intero mondo.
Se il karmabhumi, cioè il campo dell’azione, del libero agire, del “centro spirituale” viene insidiato da un “agente” esterno ad esso (quindi un “non iscritto e un non avente cariche”), è dharma dei “responsabili” (cioè degli “aventi cariche dirigenziali – presidente di centro, di regione, nazionale, europeo, mondiale – “, se ne esistono) intervenire mediante il “retto agire” (l’azione giusta di necessità, secondo il caso in questione), a qualunque grado e livello, a tutela non solo di un singolo membro coinvolto (tirato in ballo impropriamente), ma di tutti i membri, del “centro” stesso e dell’intera organizzazione che gli corrisponde.
I “responsabili” non assumono cariche fittizie per lo sfoggio delle apparenze, né per poter instaurare rapporti privilegiati d’alcunché con persone o enti, tantomeno per interpretare arbitrariamente le regole statutarie regolate, senza possibilità di equivoci, dalle leggi vigenti in materia associativa, ma assumono cariche reali del più alto valore simbolico-spirituale. Un “centro spirituale” che scade in comportamenti e modi di fare come una qualunque associazione di stampo profano svilisce se stessa, offende e tradisce i membri associatisi per istanze spirituali.
I “responsabili” di un “centro spirituale” hanno il dovere di utilizzare lo Statuto e le sue norme quale simbolo concreto del “Sanatanadharma”, quindi rispettarlo, farlo rispettare ed applicarlo anche in senso di strumento legislativo: uno Statuto esiste per il rispetto delle leggi vigenti nel Paese di appartenenza. Sottrarsi a tale dovere significa venir meno al dharma, violare le leggi vigenti e zavorrare di karma l’intera organizzazione, pesando sulla Nazione e sul mondo. Significa anche venire meno all’intrinseco compito esoterico di un “centro spirituale”: aiutare il mondo a sottrarsi dalle influenze delle Forze Involutive, aiutarlo a sgravarsi dal Karma (non aggravarlo di più) e offrire un ”esempio” di dharma, sul piano visibile o sul piano sottile-invisibile, per meglio affrontare le insidie del kaliyuga.
Non si aderisce mai superficialmente ad una “centro spirituale” senza la consapevolezza di cosa rappresenti farlo.
Nel kaliyuga gli arcani oscuri spingono gli enti planetari all’oscuramento intellettuale e spirituale: il “retto agire” all’interno della propria sadhana è una potente protezione.
Nessun “centro spirituale” deve essere soggetto all’arbitrio ma regolato oltre che dalle leggi vigenti in materia dagli insegnamenti spirituali a cui il “centro” stesso fa riferimento (predicare bene e razzolare male degrada tutti).
Nessun membro può essere da esempio se i “responsabili” si sottraggono dall’applicazione del dharma: errore dopo errore porta degrado, corruzione e fallimento.
È la “contro-iniziazione” ad utilizzare gli ego-ignoranza per insidiare i “centri spirituali”, creare problemi, dissidi, divisioni, corruzione spingendo i “responsabili”, offuscati dai propri vasana egoici (le impressioni provenienti da epoche indefinite del passato attraverso il karman accumulato – samcitakarman – ) latenti, a sottrarsi dal ricorrere alla salutare azione dharmica svolgendo così solo azioni espresse dall’ahamkara (dal senso dell’io, dall’ego) prive di vero amore, il solo in grado di far scaturire le autentiche forze unitive che fanno sperimentare, nel sincero e puro sadhaka, l’Unità, quell’Uno-senza-secondo a cui è impossibile mentire.
Un “responsabile” che non interviene dà spazio all’insidia, gli dà consenso, apre una pericolosa “fenditura” nell’Aura del “centro spirituale”, attraverso la quale il veleno rilasciato dall’agente inconscio della contro-iniziazione potrà diffondersi.
La contro-iniziazione attacca, insidia i “centri spirituali” per trasformare la loro spiritualità in una “Spiritualità a Rovescio”. È attraverso queste “fenditure” che si introducono certe forze distruttive, forze inferiori infestanti.
In questo fine ciclo del Kaliyuga queste forze inferiori possono trasformarsi in orde devastatrici.
Un ”centro spirituale” non dovrebbe permettere che tali condizioni si verifichino: un capitano-responsabile non dovrebbe sottrarsi al dovere di applicare e far applicare, in modo determinato e inesorabile, le leggi del dharma, in tutto il loro potere di difesa del trimundio sottoattacco dalle Forze Involutive.
In questa epoca di grande confusione il vero grande problema dei “centri spirituali” di tutto il mondo è l’assenza o la distorta conoscenza esoterica e la profonda ignoranza metafisica.
L’influenza nefasta della corrente anti-iniziatica della new age non si è ancora esaurita nei “centri spirituali” dove prevalgono gli ipocriti buonismi e le false icone dell’umiltà mentre si lanciano i dardi della maleducazione spirituale (errori e illusioni nella ricerca di ) e si distribuiscono gesti senza vero amore, sventolando la bandiera di una pretesa statura spirituale: un centro così guidato, come si può constatare ovunque, in gran parte, lascia spazio ai membri che si atteggiano ad eruditi pensando di risolvere le questioni concrete importanti con le belle parole vuote che non incarnano alcuna realizzazione.
Quasi nessuno pratica la propria sadhana con il dovuto riserbo e l’appropriato silenzio.
Necessiterebbe una specie di “pronto soccorso”, per tutti i “centri spirituali” che vivono una confusione di proposte che hanno poco a che fare con lo spirituale, in questo momento così rischioso che sta attraversando il mondo.

 

“Gli insegnamenti spirituali non è sufficiente leggerli o ascoltarli, ricordarli con belle citazioni nei momenti di interazione con altri interlocutori, conoscerli per davvero in buona fede, ma nel percorso che conduce alla porta dell’iniziazione vengono chiamati coloro che gli insegnamenti li mettono in pratica perché sono migliori, agli occhi dei Maestri, di quelli che li capiscono”.

dalle Strade Alte