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590. A sei anni dalla crisi di Galileo Ferraresi

Mercoledì 20 Maggio 2015 00:00 Rosario Castello
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Presentiamo, di seguito, stralci di un articolo di Galileo Ferraresi pubblicato sulla rivista bimestrale Nexus new times (febbraio-marzo 2015 n° 114) di grande interesse per gli italiani.

il Centro Paradesha

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A sei anni dalla crisi

A Napoli si dice che il pesce inizia a marcire dalla testa; provo a riassumere alcune cose partendo proprio dai capi.
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è un ex fascista poi diventato uno sfegatato comunista che ha applaudito ed inneggiato a Stalin quando l’Ungheria fu invasa dai carri armati sovietici. Dopo il colpo di Stato in Cile è diventato “il comunista preferito di H. Kissinger”.
Nel 2008 da Presidente della Repubblica firma il Lodo Alfano col quale garantisce a stesso e a Silvio Berlusconi la totale immunità giudiziaria. Il Lodo verrà dichiarato anticostituzionale e allora Giorgio firma nel 2010 la nuova versione del precedente decreto anticostituzionale, il decreto sul legittimo impedimento, dichiarato anch’esso anticostituzionale nel 2011. Nel 2008 non scioglie le camere (atto incostituzionale). Nel 2011 fa partire l’esercito per la guerra in Libia senza neppure consultarsi col parlamento (atto incostituzionale) e violando un trattato di non aggressione con la Libia. Fa dimettere anticostituzionalmente Berlusconi per sostituirlo con Monti e Passera, che nessuno aveva mai eletto. Si fa rieleggere presidente (contrario art. 85 costituzione). Fa cadere il governo Monti e lo sostituisce con Letta e poi sostituisce il governo Letta con Renzi (tre colpi di mano in due anni: roba da repubblica delle banane).
Nella trattativa Stato-Mafia fa sparire documenti e si dichiara intoccabile.

[…] Il Parlamento anticostituzionale ha eletto un Presidente della Repubblica che non poteva essere rieletto.
Il Parlamento anticostituzionale ha eletto un presidente del consiglio che è appoggiato da un’alleanza non votata da nessuno.
Il nome del Presidente del Consiglio non è mai stato scritto in nessuna scheda elettorale dello Stato Italiano e non è mai stato votato dal popolo italiano (incostituzionale).
Il Presidente del Consiglio aveva giurato di non diventare Presidente del Consiglio senza passare per le urne.

[…] Un Parlamento illegale con un presidente della repubblica illegale e un presidente del consiglio illegale stanno riformando la base del diritto italiano, la Costituzione Italiana, in accordo con un condannato che ha fondato un partito con un colluso con la mafia e iscritto (tessera 1861) alla Loggia Massonica P2 (condannata per sovvertimento dello stato). La nuova costituzione è stranamente simile a quella che il pater della P2, Licio Gelli, voleva imporre all’Italia nel 1980. La nuova costituzione prevede un Senato di cento persone non elette ma immuni da ogni procedimento giudiziario, un capo dello stato o del governo che controllerà la magistratura e una diminuzione della partecipazione diretta degli elettori alla vita politica (aumento di due, o più volte delle firme per proporre una legge o un referendum). E non hanno ancora finito.
La nuova risorsa della politica italiana è Matteo Renzi che, assieme a Benito Mussolini, è il più giovane Primo Ministro della storia italiana, entrambi 39 anni. Come Mussolini anche lui è giunto al potere perché giovane, grande comunicatore e senza essere stato eletto da nessuno.
Fin dai tempi della scuola si è distinto per la sua capacità oratoria. In gioventù si candidò alle elezioni del suo liceo e perse ma fu ripescato dai vincitori perché nessuno riusciva a convincere i prof come lui. La sua dote principale era raccontare balle, le raccontava tanto grosse che alla fine tutti, pensando che nessuno potesse essere tanto bugiardo, gli credevano. Per la sua caratteristica di spararle grosse a scuola lo chiamavano “Il Bomba”. Un contaballe non smette certo di raccontar balle perché ha cambiato posto di lavoro.
La sua prima uscita fu: per ridurre le spese dello stato eliminiamo le auto blu, e perché tutto sia trasparente le mettiamo in vendita su Ebay. E così ha fatto. Dopo quattro mesi i conti sono questi. Auto in vendita: 100. Vendute: 8, rimaste allo stato: 92. Nel frattempo Renzi ha acquistato altre 250 auto blu.

[…] L’economia italiana è gravata da un enorme Debito Pubblico che solitamente si fa risalire ad enormi spese dello stato e ad errori di gestione dello stesso. guardando i bilanci dello stato si vede che dal 1992, ovvero 22 anni fa, il bilancio di gestione è in attivo. Si, in attivo: lo stato spende meno di quanto incassa. Diamo allo stato 100 e riceviamo in cambio 85. Il bilancio della spesa corrente è in attivo. Quello che abbatte il bilancio è il debito contratto con la Banca d’Italia prima e con la BCE dopo. Quello che deprime è il costo del denaro che lo stato ha preso da queste due banche e che deve ripagare con gli interessi.
Il termine tecnico è Diritto di Signoraggio, un debito che logicamente e materialmente non può essere ripagato. Un diritto bancario che lascia per l’eternità gli stati in situazione di debito e sudditanza nei confronti delle banche centrali che hanno assunto de facto la gestione e la politica degli stati. Un colpo di stato, una dittatura economica.
Anni fa ci fu una lunga discussione sulle origini giudaico cristiane dell’Europa. Sia la bibbia giudaica che il primo concilio cristiano di Nicea proibiscono il prestito con interessi e prevedono la remissione dei debiti ogni sei anni. In pratica ogni sei anni i prestiti non pagati devono essere automaticamente estinti. Stessa norma esisteva nel diritto romano che prevedeva un anno giubilare di remissioni dei debiti.
A questo punto i casi sono due: o in Europa non esistono e non sono mai esistite radici giudaiche e cristiane, e nemmeno il diritto romano, e allora vorrei sapere su cosa si basa la morale e il diritto, oppure queste radici sono state nascoste in favore della prepotenza e dell’arroganza dei banchieri, ed è ora che qualche giurista, storico, papa o rabbino intervenga per ripristinare l’antico stato di diritto.
Altra soluzione molto semplice ed applicabile già da oggi è Nazionalizzare la Banca d’Italia. In questo modo non cambierebbe nulla nei rapporti internazionali, nessun ritorno alla lira, nessuna crisi con le altre nazioni. Semplicemente lo stato si troverebbe da entrambe le parti della barricata. Quando lo stato ha bisogno di soldi li prende dalla tasca destra (BCE e Banca d’Italia) e li presta a sé stesso passandoli nella sua tasca sinistra.
I debiti da una parte diventano i crediti dall’altra. Il bilancio è pareggiato e finalmente lo stato può investire in tutti quei settori dove da un quarto di secolo è carente. Non pare un’operazione difficile.

[…] Dopo un secolo di incentivi e aiuti statali la grande industria italiana, la Fiat, è diventata FCA e ha trasferito la testa direzionale e la ricerca all’estero. Alcuni stabilimenti restano in Italia (evidentemente il costo di produzione è minore che nel terzo mondo) ma le tasse dell’azienda se li prende qualche altro stato.
La moltitudine di piccole e medie aziende che hanno sempre retto, con la loro elasticità, le situazioni di crisi e di boom di produzione, sono ormai ridotte al lumicino. La piccola industria e l’artigiano di qualità è alla canna del gas. Il 54% delle aziende italiane quotate in borsa è in mano straniera e così pure il 46% delle società di capitale non quotate in borsa è in mano straniera e così pure il 46% delle società di capitale non quotate in borsa. Dopo essere stata per decenni il numero uno mondiale del turismo nel 2013 l’Italia si è accontentata di un sesto posto.
Anche la moda e il made in Italy del lusso è per la maggior parte in mano straniera.

Una caratteristica italiana unica nel mercato mondiale sono state per mezzo secolo le industrie di stato. Queste società hanno permesso la ricostruzione di un’economia e di un territorio distrutto dalla guerra. Hanno dato lavoro, fatto ricerca, inventato sistemi di produzione e brevetti internazionali. Le aziende di Stato sono state il rimorchiatore della poca grande industria italiana ma soprattutto delle piccole e medie imprese che sono state supportate nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie, operazioni che non avrebbero potuto compiere per la pochezza dei mezzi a disposizione … Ora, grazie al lavoro di valenti uomini politici italiani, le imprese statali sono anch’esse ridotte al lumicino e si parla sempre più insistentemente di vendere (sarebbe più corretto dire “svendere”) quanto resta per far cassa.
Ecco alcuni uomini di stato che hanno fattivamente contribuito alla distruzione delle aziende di stato:
Romano Prodi: nel 1995 vende le Autostrade a Benetton; nel 1997 vende Telecom alla famiglia Agnelli (poi rivenduta a R. Colaninno, a Pirelli, a Benetton, a telefonica); nel 1995 vende GS a Benetton (poi Carrefour); nel 1993 vende Motta, Alemagna e Cirio alla Nestlè (poi Nestlè Bauli); nel 1995 vende il 70%di Eni (operazione gestita da Goldman Sachs).
Mario Draghi: tra il 1999 e il 2003 vende il 70% di Enel.
Carlo Azeglio Ciampi: nel 1993 vende a Unicredit il Credito Italiano; nel 1998vende BNL al gruppo BNP Parisbas; nel 1994 privatizza la Banca Commerciale Italiana (Banca Intesa po Intesa San Paolo); nel 1989 privatizza il Banco di Roma (formeranno poi Banca di Roma poi Unicredit poi Banco di santo Spirito); nel 1994 privatizza IMI (poi Imi San Paolo poi IntesaSan Paolo).
Massimo D’Alema: nel 1995 privatizza la Finsider (poi confluita in Ilva).
Giuliano Amato: nel 1993 privatizza il 70% di Finmeccanica; nel 1986 vende l’Alfa Romeo alla Fiat.
Tutte queste aziende, e altre ancora, facevano parte della galassia IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) ed erano nate e cresciute, o acquisite da privati, perché erano ritenute basilari per lo sviluppo industriale, economico e strategico dell’Italia. A queste, e agli uomini che le costruirono, dobbiamo il benessere che ci ha accompagnato fino ai giorni nostri.

[…] Torneremo come prima del 2008? Questa è la domanda che si pongono tutti, questa è la speranza di molti, questa è la sicurezza di pochi, pochissimi: quelli per i quali non è cambiato nulla, anzi, quelli che oggi stanno meglio di sei anni fa. Come già accennato mentre l’economia è legata a cose materiali, dalla casa al panino, la finanza no, ma solo a numeri, a bit di un computer. La finanza è nata per aiutare l’economia ma nel tempo è diventata una cosa a sé stante, una cosa che succhia energia, soldi, materie, persone al mondo reale. Nel 2010 la finanza mondiale valeva tre volte il Prodotto Interno Lordo (PIL) di tutto il mondo, senza parlare dei derivati e dei prodotti trattati al di fuori dei mercati azionari che sono molto di più. Come dire che per pagare tutti i beni finanziari in circolazione si dovrebbe lavorare gratis per più di tre anni solo per pareggiare il debito che l’economia ha con la finanza. È chiaro che, come si è prodotta una bolla immobiliare, ora si sta producendo una bolla finanziaria. Cosa succederà quando scoppierà? Quando milioni, miliardi di persone si troveranno derubate di ogni bene? L’idea di un’Europa unita è nata per facilitare la circolazione delle merci, delle persone, per dare felicità e benessere ai popoli che ne facevano parte. Questa è stata la facciata che ci hanno presentato i politici e la propaganda (pardon, ora si chiamano “mezzi d’informazione”). In effetti dietro questa facciata alcuni banchieri seguaci delle idee di Von Hayek si sono mossi in maniera da esautorare sempre più i popoli e gli stati di ogni volontà e di ogni potere. il parlamento europeo non decide nulla, non può legiferare, può solo parlare e basta. Il vero potere politico è gestito dal Presidente della Commissione Europea che viene nominato dai capi di stato e di governo, ma non eletto dai cittadini. Il Presidente nomina i Commissari della Commissione Europea che gestiscono il potere politico in Europa. Il potere Militare è in mano alla NATO che decide quanto deve investire ogni stato in armamenti e come e dove devono andare i soldati. Gli USA spendono in armamenti il 50% della spesa mondiale, i restanti paesi della Nato spendono un altro 25%. I restanti 175 stati del mondo spendono solo il 25%. Il potere poliziesco è affidato alla nuova gendarmeria europea, Eurogendfor, che non è sottoposta a nessun potere giudiziario o politico. Gli uomini di Eurogendfor hanno libero accesso in ogni luogo della Comunità Europea senza mandato di perquisizione. Possono rompere, malmenare, incarcerare anche per anni, uccidere chiunque senza mandato di cattura e senza dover giustificare il loro operato. Non è un film sell’orrore ma una legge accolta e approvata dal parlamento italiano (quello fuorilegge) nel 2010.
L’emissione di moneta non è mai stata una prerogativa degli stati europei, che l’hanno sempre affidata a Banche Centrali controllate da privati, e anche nella CE non è cambiato nulla: la BCE assolve a questo compito alienando ai cittadini la proprietà della moneta.
Non dobbiamo stupirci se nascono i partiti degli euroscettici e se il sindaco di Londra ha chiesto al primo Ministro Inglese di dichiarare pubblicamente che il Regno Unito uscirà dalla comunità europea.

[…] Nel 2015, come ci chiede la BCE, dovremo rientrare non solo degli interessi ma anche del capitale. Un’operazione da 50 miliardi in più all’anno, un qualcosa che equivale alla spesa sanitaria di Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte messe assieme e da spedire alla BCE.
Nel 2015 arriverà una nuova mazzata, scadranno buoni del tesoro per 200 miliardi che lo stato dovrà restituire.
Dove prenderanno tutti questi soldi se non dalle nostre tasche? Il settimo cavalleria non arriverà a salvarci all’ultimo momento, dobbiamo farlo da soli. La popolazione italiana pare cristianamente rassegnata a soffrire oggi e domani in attesa di un altro mondo migliore. I più politicizzati si guardano attorno cercando di riconoscere in mancati galeotti un messia, un elemento nuovo, un lider maximo alternativo, una persona che voglia cambiare le cose.
Se gli italiani, i lavoratori, gli artigiani, gli imprenditori, i disoccupati, gli studenti, continueranno con questo assordante silenzio non si può più pensare a nulla di nuovo, a nulla di buono.
Esistono le possibilità di cambiamento, nonostante tutto esistono ancora grandi possibilità di cambiamento. Alcune sono state identificate anche in queste pagine, bisogna realizzarle.

Galileo Ferraresi
stralci tratti dall’articolo “A sei anni dalla crisi” sulla Rivista Nexus n° 114 feb-mar 2015
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