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601. Alla ricerca del Silenzio di Vico di Varo

Venerdì 10 Luglio 2015 00:00 Rosario Castello
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Perché seguire la Via del Silenzio?
L’Iniziazione aspetta il pellegrino sulla Via del Silenzio.
Nel Silenzio s’incontra la Voce della Saggezza che apre le porte dei regni Immateriali.
Salga il pellegrino tutti i gradini necessari, dal più basso al più alto, per raggiungere il Silenzio entro la quale i sussurri del Mondo dello Spirito indicano qual è l’ora di varcare la soglia che varcano le “Fiamme della Salvezza”.
Le scuole delle Strade Alte si trovano sugli altopiani della vastità del Silenzio perché in esso emerge la potenza del pensiero che si fa parola nel servizio al Mondo.

il Centro Paradesha

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Alla ricerca del silenzio

Silenzio era divinità antica rappresentata nelle sembianze di un bambino che tiene l’indice poggiato sulle labbra. Nel simbolo, stava forse a significare che la purezza ricettiva del bimbo è pari a quello dello stato in cui si osserva il silenzio.
Alle Tre Fontane, a Roma, anche S. Brunone, nel severo aspetto monacale , è raffigurato col dito poggiato sulle labbra e sembra invitare a tacere chi entri nell’antica abbazia. Nelle Certose come nelle Trappe, il precetto del silenzio è imposto dalle regole. Pure in altri ordini religiosi il silenzio è prescritto rigorosamente in molte ore della giornata.
Quando si entra in quei luoghi, un tempo costruiti in contrade solitarie, si è pervasi da una sensazione mistica: è la vibrazione di pace emanata dagli spiriti silenziosi, abitatori di quelle plaghe, che fanno sentire l’armonia delle loro sfere. Gli antichi Iniziatori esigevano un silenzio di anni dai propri discepoli; lo facevano per abituarli a sapersi dominare, senza lasciarsi trasportare dal primo impeto e per far gustare loro la gioia di vivere fuori dal vortice emotivo della terra.
Il tacere della lingua non è tutto il silenzio. Pur essendo di grande importanza e acquistarne la capacità una realizzazione necessaria al progredire, non esaurisce tutto il tacere. C’è pure il silenzio della natura e il silenzio interiore. Uno dei beni perduti dalla civiltà delle macchine è il silenzio fisico, la quiete che i rumori sempre crescenti ci hanno portato via. Questa perdita ci ha tolta la capacità di sentire il segreto linguaggio delle cose e di intenderlo. La poesia del filo d’erba, nelle passeggiate campestri, è ormai un ricordo. Eppure il silenzio della natura, nella pace solenne dei boschi, delle valli e dei campi, è quanto di più bello possa godere l’uomo. E niente potrà mai eguagliare il segreto e misterioso silenzio di un cielo pieno di stelle o quello di fronte all’immensità del mare. Quando tutto tace sembra che l’anima vibri più forte, nel risalto che l’è dato dal silenzio dintorno. Per questo nel silenzio l’anima si misura e quasi si vede riflessa come in uno specchio. La disarmonia del frastuono, invece, penetrando in noi introduce nuovi elementi di disturbo aggravando i mali già prodotti dalla fretta e dall’ansia. Sono queste, infatti, che distruggono l’altro silenzio, il silenzio interiore, la pace, la distensione, e accrescono la preoccupata angoscia che attanaglia gli uomini.
Anche in mezzo alla più grande calma esteriore può turbinare violenta la tempesta nel cuore dell’uomo. Il quietarsi di ogni disarmonia entro di noi, è il più importante di tutti i silenzi, perché consente di sentire la voce intima che parla: essa è la nota, la guida di ciascuno, quella che permette il contatto con mondi più alti. Gli ignavi dello spirito, coloro che pur s’agitano in una frenetica attività, ma nulla fanno per l’avanzamento spirituale, e gli uomini di malafede, non godranno mai la pace di questo silenzio che fu portato in terra solo agli uomini di buona volontà. Essi vivranno nell’inquietudine e nell’ansia senza conoscere riposo duraturo.
Chi avverte il bisogno deve obbedire al richiamo: è un momento importante della propria vita nel quale qualcosa di nuovo sta per maturare. Non si può vivere sempre agitati fra lo strepitio e la disarmonia: arriva pure il momento in cui si tocca il fondo, se ne prova la vacuità e se ne sente la nausea; allora l’insufficienza a soddisfare i veri bisogni si mostra nel suo aspetto di avvertimento.
L’uomo cerca il silenzio per un bisogno di vita più alta. La ricerca si impone da una spinta che viene dal proprio intimo e alla quale non può disobbedire. Allora comincia ad amare la pace delle cose, anela alla quiete interiore che mette fine alle ansie e ai timori; trova nel tacere della lingua la condizione necessaria per meditare ed ascoltare. Nel silenzio si scoprono cose nuove, si ascoltano voci dimenticate, che, pur essendo contenute nell’anima nostra, si erano spente col fragore umano. La solitudine attrae le anime ansiose di pace. Ma perché la solitudine sia sopportata e utilizzata positivamente bisogna essere degli spiriti forti ed elevati. Essa è una condizione innaturale per l’uomo che ha bisogno di vivere con i propri simili, di scambiare le proprie esperienze e di agire nella società degli uomini. Infatti la segregazione cellulare è il più inumano dei tormenti che venga inflitto, rappresentando una crudeltà che colpisce chi ha più bisogno di comunicare con gli altri, e di sfogare il tumulto interiore. Ma quando si sono maturate certe esperienze, si sente il bisogno, di tanto in tanto, di star soli come a riprendere forza.
La solitudine va riempita da un’intensa vita interiore, altrimenti opprime e ottunde. L’aspetto torpido di certuni che vivono lontani dal consorzio umano, è l’impronta della solitudine subìta, non dominata, che pietrifica e rende come cosa inerte. L’equilibrio si mantiene alternando il silenzio al parlare,la solitudine alla società degli uomini. La solitudine è resa più bella, quando è alternata alla vita attiva, perché allora si gusta di più la gioia della pace serena, nella quiete del proprio santuario interiore. La ricerca della pace diventa necessità come il riposo per chi è stanco. E si gusta la vita nella sua pienezza. Solitudine, pace, silenzio sono ristoro per l’anima e la vita dello spirito come l’attività esteriore è bisogno della materia.
Chi si isola e tace per troppo lungo tempo, toglie i contatti che lo uniscono alla società umana e, quindi, stenta poi a ritrovare il ritmo che necessariamente deve unirlo agli altri per il proprio lavoro. C’è, all’opposto, chi è immerso nell’agitazione del movimento esteriore, senza mai raccogliersi o isolarsi nel silenzio, e si svuota a tal punto che arriva ad essere incapace di pensiero profondo e di meditazione. Tanto chi ha bisogno di essere in compagnia come chi invece sente il bisogno di star solo, deve riflettere che alternare il riposo al lavoro, la contemplazione all’azione, è norma saggia per chi voglia mantenersi senza dannosi squilibri.

L’Arte del Silenzio e l’Uso della Parola
tratto dal Capitolo 9 Saper tacere o la vera arte del silenzio
Editore Amedeo Rotondi