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622. Karma, Sadhana e Culturalismo di Raphael

Sabato 17 Ottobre 2015 00:00 Rosario Castello
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D – Presumo di avere un karma non proprio favorevole alla realizzazione; debbo rassegnarmi a rimandare la mia Liberazione?

R – Il karma è inerente al fantasma egoico che “appare” e “scompare”; dunque non c’è motivo di rimandare la Realizzazione del perché tu sei già questo Sé. Quale difficoltà e chi potrebbe ostacolare la presa di coscienza che tu sei già il Sé?

D – È proprio questo karma che mi crea degli ostacoli.

R – Il karma è il prodotto della mente, se fai sparire la mente sparisce anche il karma.
Non c’è niente da rimandare per chi già è.

D – È inevitabile che il mondo che ci circonda rappresenti un grosso ostacolo alla nostra sadhana; a volte impedisce persino di farci adempiere il nostro dharma di discepoli.
Che cosa si può fare per risolvere questo stato di cose?

R – Tutti gli ostacoli che incontriamo non sono assoluti e determinati. Un ostacolo è tale se la mente lo considera ostacolo.

D – Stiamo vivendo il periodo più nero del kaliyuga e ciò ci costringe maggiormente a retrocedere e a essere assorbiti dalla materialità imperante.
Come possiamo uscire da questa condizione costringente?

R – Di fronte al Sé non ci sono né kaliyugasatyayuga; ogni formulazione di nome e forma è un prodotto della mente descrittiva; basta far tacere la mente e il mondo dei nomi e delle forme sparisce. Il kaliyuga e il satyayuga sono stati di coscienza.

D – Mi può dare un certo tapas e una sadhana che mi strappino dalla condizione negativa in cui vivo nella mia famiglia?

RSadhana e tapas rappresentano delle normative, delle austerità, degli atteggiamenti psicofisici in funzione di un effetto futuro. Ora, per prendere consapevolezza del sé non occorre altro che ricordarsi di essere il Sé. Noi stiamo a Roma e se qualcuno di voi mi chiede una strada per arrivare a Roma posso semplicemente rispondere che non gli occorre nessuna strada perché si trova già a Roma. Bisogna solo prendere consapevolezza del dato di fatto. Bisogna riconoscere una realtà che è sempre esistita e che non dipende da niente per essere realizzata e svelata.

D – Mi rimangono pochi anni di vita e penso che per me, invece, un’intensa sadhana può essere utile. Che cosa mi consiglia?

R – La Realtà, la Costante, il Sé non possono avere pochi anni di vita, sennò in che senso diciamo che un dato è reale?
Una costante dev’essere sempre costante, altrimenti non è più costante, non le sembra?

D – E allora che cosa posso fare?

R – Deve eliminare dalla sua coscienza la falsa nozione che muore, che perisce, che ha pochi anni di vita.

D – Questa prospettiva mi sorride, ma, per quanto con la mente mi consideri costante, mi ritrovo purtroppo con tanti acciacchi e con sempre minor forza.

R – La mente, essendo tempo-spazio, non può che interpretare la vita in termini di tempo e spazio. La presa di consapevolezza di cui parliamo non è di ordine manasico. Gli acciacchi a chi appartengono, a chi sono pertinenti? Chi è poi che soffre, perisce e nasce?

D – Fa una domanda a me?

R – Certo. Stiamo dialogando.

D – Gli acciacchi sono inerenti al mio fisico, al mio corpo.

R – nella sua frase ci sono da considerare due cose: mio e corpo. Abbiamo quindi un corpo che appartiene a un io. Gli acciacchi sono inerenti al corpo e non all’io, se lei è l’io, che cosa ha a che fare con il corpo che rappresenta una semplice sovrapposizione all’io?

D – Ma spesso vien detto che l’io stesso è un’illusione!

R – È vero, ma adesso stiamo prendendo in considerazione solo il suo io in relazione al corpo, non al Sé.

D – È sufficiente che mi consideri immortale per divenire tale?

R – Non è il fatto di “considerarsi” e di “divenire”. Lei è un esistente e quindi non c’è motivo di “considerasi” tale o di sforzarsi di “divenire” esistente. Chi è deve solo comprendere che, appunto, è. Non occorre altro.

D – La scienza ci dice che siamo evoluti dall’animale e quindi allo stato attuale non possiamo considerarci assoluti; ci occorrono milioni di altri anni per completarci.
In che modo posso essere in questo momento quello che sarò fra un milione di anni?

R – La Realtà in quanto tale non dipende dal tempo né dallo spazio, né dalla causa-effetto. Questa tematica è stata già sviluppata nella Mandukya Upanisad e in altri riferimenti.

D – Non comprendo bene, mi vuole dilucidare meglio?

R – La Realtà, o il Sé, non evolve. L’Assoluto che dipende dal tempo-spazio non è Assoluto, ma semplice contingente. L’Assoluto non ha né nascita, né evoluzione, né morte.

D – L’individuo da quando è nato su questo pianeta non si è evoluto? Questo fatto mi sembra evidente.

R – Ha solo sviluppato certe facoltà inerenti all’individualità fenomenica. Ma l’individualità, per quanto possa dilatarsi, espandersi, arricchirsi, non potrà mai svelare il Sé, l’atman o l’Essere, perché questi è fuori di ogni sviluppo e movimento.
L’Essere appartiene a un ordine diverso dall’io empirico, per quanto ampiamente estensibile nelle sue modalità esplicative. Dalla prospettiva metafisica si può dire che l’individuo non si è evoluto, ma involuto.

D – Pensa dunque che la teoria scientifica dell’evoluzione sia falsa?

R – Non dico che sia falsa né che sia giusta; sostengo solo che l’Essere in quanto tale non evolve perché esso è ciò che è sempre stato e sempre sarà.
Dire che l’Essere nasce e muore (evoluzionismo) significa porre nell’Essere un’antinomia. L’uomo, nel tempo, ha sviluppato delle facoltà di ordine psichico, ha compreso certe leggi del mondo della maya.

D – Chi è intellettuale, chi ha una cultura scolastica o altro, è più vicino a comprendere questo sentiero? La sadhana-ascesi di costui è più veloce?

R – Ha poca importanza la cultura descrittiva del mondo dei nomi e delle forme. Ciò che conta è avere le giuste qualificazioni e l’intelligenza adeguata.
Un individuo non è più vicino a Dio o alla Verità perché è un intellettuale, anzi può capitare che egli ne sia più lontano di uno che definiamo ignorante. L’avvicinamento alla Verità non è determinato dalla quantità di nozioni immagazzinate dalla mente.
La cultura può essere di aiuto quando stimola l’intelligenza a mettersi in moto. Un individuo privo di cultura può avere una mente tamasica. Un grande teologo o pandit può non essere santo, anzi tutt’altro; e un santo può non essere affatto un teologo o pandit. C’è chi conosce i Veda o l’Evangelo cristiano a memoria e soltanto ne discetta, e chi vive i Veda o l’Evangelo senza neanche conoscerne l’esistenza. C’è chi mette in pratica e vive il Vivekacudamani di Sankara senza neanche conoscere il sanscrito e chi invece è un profondo conoscitore del sanscrito e persino traduttore del Vivekacudamani, senza minimamente viverlo o realizzarlo.
La Realizzazione deve difendersi sia dall’occultismo magico manasico, sia dall’intellettualismo verboso e sterile. Ciò che occorre è attingere all’intuizione metafisica e non abbandonarsi alla metafisica dei concetti e dei sofismi che, per quanto gratificante, non conduce al Supremo sovra concettuale. Quando la Tradizione la si fa scendere al sensorialismo emotivo-sentimentale e al concettualismo intellettuale, essa diviene non più vita di trasfigurazione ma semplice letteratura.
In ogni modo la cultura ha la sua validità, presa nella sua giusta funzione. La cultura, nella sua vera accezione, dovrebbe educare la mente e la coscienza. Ma, purtroppo, alcuni giocano con le parole, con i pensieri, con i concetti. Inoltre, poniamo una distinzione tra cultura ed erudizione.

D – La scienza e la tecnica hanno portato l’uomo a vivere di più e ad avere una maggiore quantità di cibo. Basterebbero queste due condizioni, abbastanza evidenti, per dimostrare come la scienza, o una società basata sulla scienza, abbia la sua estrema importanza e insostituibilità.

R – Non finiremo mai di dire che noi non siamo contro la scienza, ma contro la dittatura esclusivista dello scientismo. La scienza è una branca dello scibile umano e, in quanto scienza, ha la sua validità nello schema delle cose. Ma l’individuo non è solo scienziato, è anche filosofo; è anche poeta, scultore, artista; è anche un essere spirituale, religioso. L’essere vola sulle ali della conoscenza, dell’amore, della fede, della volontà, dello spirito. La sua azione è orizzontale ma anche verticale. Non possiamo pretendere di portare tutti gli uomini, con la forza o la suggestione, a fare i filosofi, gli scienziati, i mistici o i contadini.
D’altra parte, i due aspetti a cui lei ha accennato riguardano un tipo di azione rivolto esclusivamente al corpo fisico-grossolano dell’individuo. Però l’essere non è solo corpo, per quanto ovviamente debba anche saper rivolgere la sua attenzione a esso.

Raphael
tratto da Di là dal dubbio
Edizioni Asram Vidya