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664. Yoga, Alchimia e Risveglio

Venerdì 25 Marzo 2016 00:00 Rosario Castello
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L’ente planetario è, in realtà, un’Anima spirituale (Jivatman), un corpo fisico grossolano e un complesso di corpi sottili:

1 corpo causale (karanasarira): nell’ordine individuale corrisponde all’anandamayakosa, allo stato di coscienza non differenziato prajna e alla condizione di “sonno profondo senza sognisusupti. Nell’ordine universale corrisponde alla forma principiale o causale, lo stato informale Isvara. (corrisponde all’inconscio della psicologia);

2 corpo sottile (lingasarira o suksmasarira): si tratta del corpo mentale-energetico-luminoso che corrisponde allo stato coscienziale di taijasa e alla condizione di “sonno con sognisvapna. Il corpo sottile si suddivide in tre veicoli: il veicolo intellettivo (buddhimayakosa o vijnanamayakosa) appartenente al piano causale; il veicolo mentale (manomayakosa); il veicolo pranico-energetico (pranamayakosa).
In dettaglio: è costituito dai cinque elementi sottili (suksmabhuta), comprende le cinque facoltà di percezione (jnanendriya), le cinque facoltà di azione (karmendriya), i cinque soffi vitali (prana) e la mente-organo interno (antahkarana nelle sue quattro funzioni: buddhi, ahamkara, manas e citta). Il corpo sottile non viene distrutto con la morte perché accompagna l’Anima nel processo di trasmigrazione, nel lungo viaggio samsarico, fino alla soluzione finale.
(corrisponde al subconscio della psicologia);

3 corpo fisico grossolano (sthulasarira): si tratta del corpo composto da annamayakosa (prodotto dalla trasformazione, elaborazione e assimilazione del cibo). Corrisponde allo “stato di vegliajagrat.
(corrisponde al conscio della psicologia).

Questi tre veicoli, karanasarira (corpo causale), lingasarira (corpo sottile) e sthulasarira (corpo fisico grossolano) si suddividono in ulteriori cinque veicoli chiamati kosa: costituiscono l’espressione totale della personalità dell’ente planetario, dalla più grossolana alla più sottile dimensione di esistenza: 1 annamayakosa (elaborato dall’alchimia del cibo); 2 pranamayakosa (complesso energetico formato dal prana-nadi); 3 manomayakosa (il livello di consapevolezza dei procedimenti mentali ed emozionali); 4 buddhimayakosa (corpo psichico, dimensione della personalità che opera nel piano sottile – veicolo con il quale si esperienza durante i sogni, nelle fuoriuscite dal corpo fisico e nei diversi tipi di fenomeni psichici –; livello della consapevolezza dei piani psichico e causale); 5 anandamayakosa (corpo di beatitudine, rivestimento più interno del Jiva – costituisce il corpo causale ed è la sede del Jiva nello stato di sonno profondo (susupti) – ; la dimensione trascendentale della personalità umana esistente nella totale assenza di piacere e dolore.

Quanto descritto finora è ciò su cui opera la pratica dello Yoga per provocare il risveglio spirituale della coscienza, in quanto lo Yoga è un sistema prettamente iniziatico.

L’ente planetario ordinario, comune vive senza connessione tra le diverse parti della mente, dell’antahkarana, mentre il risvegliato, anche ai primi gradini di tale processo di accensione, comincia ad intuirne l’importanza e la necessità. L’Iniziato è pienamente consapevole dell’unità di tutte le parti che fanno l’Intero: sa anche come utilizzare le varie funzioni sconosciute ai più, perché anche i corpi sottili possiedono, al loro livello di esistenza, un’anatomia, compreso il legame alchemico tra il sottile e il grossolano e le corrispondenti caratteristiche.
La conoscenza alchemica dà all’Iniziato la visione sulla realtà del “mistero del sangue e della carne”. L’Iniziato sa che ciascun ente planetario ha dentro di la “sostanza unica”, quella cercata da tutti gli alchimisti all’inizio dell’”Opera”.
Nella miniera alchemica (alchimia organica, sistema endocrino) devono incontrarsi quattro uomini (i minerali virili, l’oro, il ferro, lo stagno e il piombo) con due donne (i minerali femminei, l’argento e il rame) per derivarne la “sostanza unica”. I corpi umani (grossolani e sottili) vengono trasformati incessantemente da questi minerali secondo il grado di sviluppo della coscienza dell’individuo.
L’alchimia dei corpi-veicoli umani è voluta “dal Cielo e dalla Terra”: tutto il processo si svolge senza alcun errore; non ci può essere errore (anche quando sembra che ci sia).

La visione dell’Iniziato, riguardo al mondo materiale, è molto diversa da quella dell’ente planetario ordinario, comune, non risvegliato. Per l’Iniziato la materia solida non è così solida come appare alla maggior parte degli individui, e questo vale anche per il corpo fisico grossolano (sthulasarira). Egli osserva liberamente un unico “processo di vita” tra il fisico denso e il sottile, quel fluire di luce fissa e di luce volatile che fa scaturire una stupefacente alchimia di cui si è fatto dotto.
Le pratiche dello Yoga addestrano l’iniziando alla capacità di attrarre, proiettare, concentrare e dissolvere: lo Yogi utilizza la forza-prana-luce consapevolmente; questa è movimentata dalla continua variazione degli equilibri (quell’alternanza continua dei guna, finché lo Yogi conquista la stabilità).
La vera conquista della conoscenza del piano grossolano dell’Essere per il Jiva-visva (virat nella sfera universale e visva-vaisvanara nella sfera della coscienza individuata, come corpo denso sthulasarira) inizia nel piano causale dell’inconscio, di Isvara, il piano del Brahmaloka e nel piano universale sottile di Hiranyagarbha (subconscio).
L’Essere comunque risiede nel Quarto stato, il trascendentale, il Turya.

Il corpo sottile, cioè il lingasarira, è costituito anche dall’antahkarana, cioè l’”organo interno” (la mente nella sua intera estensione con le sue quattro funzioni), che riproduce le forme corrispondenti alle idee (produce le forme-pensiero): i pensieri-idee si strutturano in forme-pensiero la cui potenza è data da come e da quanta attenzione viene ad essi indirizzata.

Il corpo fisico grossolano (sthulasarira) è l’espressione delle forme-funzioni dei vari sistemi corporei (cerebrale, muscolo-scheletrico, circolatorio, nervoso, endocrino, immunitario, linfatico, urinario, sessuale).
Il prezioso organo del cervello nella sua struttura è diviso in tre sezioni (l’essere umano è tri-cerebrale): cervello rettile (cervelletto e parte inferiore del tronco encefalico); cervello medio (parte superiore del tronco encefalico); cervello anteriore (talamo, ipotalamo, ipofisi, pineale, corpo calloso, corteccia cerebrale).
Il cervello ha due emisferi uniti fra loro dal “corpo calloso”: ogni emisfero ha sue proprie caratteristiche, funzioni e competenze.
La metà destra del corpo è innervata dall’emisfero sinistro della corteccia cerebrale; la metà sinistra del corpo è innervata dall’emisfero destro.
L’emisfero sinistro è “razionale” (analizza, giudica, calcola, segue la sensazione del tempo); l’emisfero destro è “irrazionale, creativo-intuitivo” (sintesi, astrazione, associazione, pensiero analogico, simboli, fuori dal concetto di tempo).
Il sistema nervoso (centrale elettrica) e il sistema endocrino (miniera alchemica) sono coordinati dall’ipotalamo; il talamo oltre che selezionare trasmette alla corteccia cerebrale gli impulsi sensoriali (occhi, orecchie, naso, bocca, pelle). Il sistema nervoso è collegato alle 72.000 nadi che costituiscono la rete sottile energetica (nadi, aura, cakra, pranamayakosa, lingasarira).
Il cervello è colui che “vede” non l’occhio, perché questi è solo una lente sensoriale; gli occhi vedono soltanto ciò che il cervello ha appreso nei processi conoscitivi. In realtà è il jiva che usa il cervello non l’ahamkara, quindi è il jiva che vede-guarda attraverso il cervello. Il jiva è immortale; l’ahamkara nasce e muore, è aleatorio.
Così è per il sahasrara (pineale, melatonina, funzione di coscienza suprema di Siva-Sé Sovrano) che conosce la realtà, una volta risvegliatosi, e questa realtà viene confermata attraverso la “visione del terzo occhio” (di Siva), cioè attraverso ajnacakra (ipofisi, funzione di coscienza unitiva). L’ipofisi è situata tra l’emisfero destro e l’emisfero sinistro del cervello ed è responsabile anche dell’ormone della morte (processi d’invecchiamento) che lo Yoga, con le sue pratiche, contrasta con i progressivi risvegli e grazie al buon uso della melatonina, il nettare della pineale (insieme all’ormone della crescita (HGH) fa scattare una riprogrammazione del cervello ed un progressivo ringiovanimento. Il “risveglio” attivato dallo Yoga non è finalizzato, ovviamente, al processo di ringiovanimento del corpo fisico grossolano (“equilibrio ormonale”), ma a quella realizzazione chiamata jivanmukti (“liberazione da vivente”), il ritorno all’Assoluto inqualificato, il jivatman-Brahman, il jiva che perviene integralmente alla consapevolezza della Realtà non duale (advaita). E ciò dopo che in ajna (ipofisi) è avvenuta la morte dell’ego (ahamkara), cioè la morte iniziatica.

L’individuo-jiva è uno sperimentatore nella sfera della coscienza individuata (visva-vaisvanara): tutti i giorni sperimenta “stati di coscienza”. Questi “stati di coscienza” vanno da uno stato ordinario di veglia ai diversi stadi del sonno, ma anche a stati “speciali” di coscienza riguardanti certi momenti “creativi”, alcuni momenti particolarmente “lucidi”, insoliti momenti “intuitivi” ed eccezionali momenti di profondo “rilassamento”.
Ogni attività cerebrale emette onde. Tutti gli stati di coscienza, ordinari o speciali, sono rappresentati dalle onde cerebrali (onde elettromagnetiche): onde beta (frequenza variabile da 14 a 30 Hz), onde alfa (variabile da 8 a 14 Hz), onde theta (tra i 4 e gli 8 Hz), onde delta (tra 0,5 e 4 Hz).

Lo Yogi, con le sue pratiche, utilizza le onde alfa che prevalgono sui momenti introspettivi (rilassamento, yoga, yoganidra, meditazione, momento tra il sonno e la veglia). Con esse la mente è calma e molto ricettiva. Utilizza invece le onde theta in un impegno creativo della mente (ispirazione creativa, visualizzazione, immaginazione). Si manifestano in una meditazione profonda, nella fase REM del sonno, nel balenio intuitivo-conoscitivo. Le onde delta si riscontrano nel sonno profondo senza sogni (susupti, onde proprie della mente inconscia), in un totale abbandono da parte dell’individuo, quelle condizioni in cui avvengono casi di auto-guarigione, processo naturale di autorigenerazione.

È nel cervello medio che certe percezioni (telepatia, visioni precognitive, percezione di pensieri-forma o di egregore, registrazioni akasiche) si dipartono.
La ghiandola pineale si trova nel cervello medio: essa è il direttore d’orchestra e l’ipofisi è l’orchestra. La pineale è collegata e controlla tutte le ghiandole endocrine ed esocrine che svolgono l’opera alchemica in tutto il corpo fisico grossolano (i flussi energo-alchemici generano le sensazioni ed emozioni che il jivasente”).
Possiamo, quindi, affermare tranquillamente che, lungo la sadhana, lo Yogi può concorrere, positivamente e attivamente, ai graduali risultati del “processo di risveglio” mediante la natura elevata dei propri pensieri (alte frequenze), infatti la pineale più viene stimolata da elevati pensieri-frequenze più attiva beneficamente la secrezione ormonale dell’ipofisi, che a sua volta attiva l’intero cervello rendendolo pronto per una elevata ricezione (di alte frequenze) supercosciente.
L’alchimia della pineale (produce serotonina, melatonina e pinealina) è un fondamentale contributo nel “processo di risveglio”: quando la Kundalinisakti giunge alla ghiandola pineale concorre alla trasformazione atomica delle “sostanze” che attraversa, una vera festa alchemica ad onorare la dea Kundalini che assume così la sua posizione regale.

La vera sadhana inizia quando lo Yogi chiede a se stesso seriamente “ko’ham (“chi [sono] io?”): quando, con tale profonda domanda a se stesso, egli avvia un processo esclusivamente coscienziale. Così insieme a pensieri-frequenze elevati e a “pratiche” mirate la Kundalinisakti riceve il primo potente impulso nel muladharacakra (dove risiede come condizione di virtualità potenziale) e diviene pronta ad ergersi (ecco il tradizionale riferimento al risveglio del potere del serpente). Ascende gradualmente lungo susumna, cakra dopo cakra (cioè i vari stati relativi di coscienza), dischiudendoli, fino a raggiungere il principio Siva (la realizzazione dello stato supremo o assoluto, detto anche paramasiva) alla sommità del capo, in sahasrara (pineale).

La realizzazione integrale, la “Liberazione” (mukti, moksa) con lo Yoga avviene una volta che  lo jiva-Yogi conosce ed attiva, consapevolmente e integralmente, l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male, fino a esperire totalmente l’”arbor vitae”, cioè l’Albero della Vita.

I sentieri che identificano l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male sono quelli rappresentati dalle nadi ida e pingala: entrambe partono dal muladharacakra, ma ida sfocia nella narice sinistra e pingala nella narice destra. 
Il sentiero centrale della nadi susumna, che passa lungo il midollo spinale dove ascende Kundalinisakti e lungo la quale sono disposti i cakra (i sette classici), è quello che identifica l’Albero della Vita.

Ripetiamo che le nadi (72.000 per la tradizione) costituiscono la “struttura-rete” luminosa-energetica del corpo sottile luminoso (lingasarira) dell’essere individuato (jiva), di colui che è disceso-incarnato nella sfera visva-vaisvanara, prendendo un corpo fisico grossolano (sthulasarira). Il jiva nel sonno profondo si ritira nelle nadi, nella condizione di quiete.
Il graduale risveglio comporta lo schiudersi dei vari cakra e l’accesso a stati di coscienza via via superiori. Ecco il perché dell’importanza della purificazione delle nadi nello Yoga.

Muladharacakra: cakra al centro del perineo, tra l’ano e i genitali, viene considerato il cakra di base (della radice = mula) della colonna vertebrale (adhara) nella quale è raccolta Kundalini. La Kundalini può essere ridestata anche da meriti karmici di vite precedenti o dalle pratiche svolte dal sadhaka-yogi-praticante (pranayama, asana, mudra, mantra, yantra).

Svadhisthanacakra: cakra della propria sede”, situato alla radice del pene e della vagina: cakra relativo alla procreazione e al mantenimento della specie. L’organo di senso è la lingua (sede del gusto) mentre l’organo di azione sono le mani.

Manipuracakra: cakra della città dei gioielli” (mani = gioiello e pura = città) situato all’altezza del plesso solare. È un cakra relazionato al dinamismo, all’energia, alla volontà e alla conquista. Il jiva incarnato in questo cakra sperimenta l’azione e la tensione del desiderio-avversione, dell’attrazione-repulsione, ecc.. Coscienza sensitiva.

Anahatacakra: cakra che è sede del jivatman nel corpo sottile (lingasarira) da dove emana la consapevolezza di essere. In questo cakra l’organo d’azione è l’organo sessuale (lingam o yoni). In questo cakra si realizza lo stabile equilibrio delle dualità e l’armonia dell’individuale che si connette con l’universale, si manifesta l’Amore e, quindi, qui si conquista la Saggezza. Coscienza universale.

Visuddhacakra: cakra situato all’altezza del plesso oro-faringeo (altezza della tiroide). Il significato di visuddha è “perfettamente purificato”, infatti nel processo di risveglio spirituale della coscienza del sadhaka-yogi, Kundalini vi perviene con il raggiungimento di una così profonda purificazione da pervadere il corpo sottile (lingasarira) e l’intera Aura di una pura luminosità tale da attrarre l’attenzione dei Maestri delle Strade Alte.

Ajnacakra: “cakra del comando” (chiamato anche “Guru cakra”), è un cakra che esprime determinati stati di coscienza. Risiede al centro tra le sopracciglia. È il centro della percezione divina o visione spirituale. In questo cakra risponde la dimensione mentale sottile, l’ahamkara e la buddhi. In ajna confluiscono le tre più importanti nadiida, pingala e susumna – che si fondono in un unico flusso di consapevolezza fino a sahasrara. In questo cakra, quindi, sfocia la susumna dove Kundalini, quando risvegliata a quel livello, sopraggiunge per svelare, illuminare e, tramite una corrente luminosa, unire il muladhara a sahasrara, per la manifestazione di Paramasiva.
Il sadhaka-yogi-praticante finché resta nella consapevolezza della dualità non può accedere al samadhi. Praticare una sadhana di “risveglio”, cominciando da ajnacakra, permette di ottenere una mente purificata in modo tale da essere in grado di affrontare il risveglio degli altri cakra senza troppi problemi dal punto di vista karmico (i semi karmici che esplodono perché portati in superficie dalla purificazione).
Ajnacakra è chiamato anche “l’Occhio di Siva”, in quanto Siva è considerato la personificazione della meditazione (dhyana) associata al risveglio di ajna, per l’appunto. La ghiandola pineale andrebbe considerata come un tutt’uno con sahasrara così come la ghiandola pituitaria con ajnacakra.

Sahasrara: “cakra che non è cakra”, situato sulla corona del capo (brahmarandhra) come dimora di Siva dove si unisce con la sakti kundalini a compimento dell’ascesa lungo la susumna. Il potere di tutti i cakra risiede in sahasrara. In esso avviene, mediante il samadhi, l’unione di Siva e Sakti. Il simbolo dello sivalingam luminoso (detto jyotir lingam) in sahasrara è il simbolo del corpo sottile, cioè del lingasarira che esprime la coscienza illuminata.

Om Tat Sat