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878. Percezioni vere, false e fatue

Lunedì 24 Settembre 2018 00:00 Rosario Castello
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Cosa si intende per percezione?
La percezione è la funzione attraverso cui l’ente planetario ottiene informazioni dall’ambiente che lo circonda, tramite gli organi di senso predisposti (vista, udito, olfatto, tatto e gusto). Per percezione deve intendersi quella che avviene sia sul piano grossolano sia sul piano sottile. Tutto quello che viene percepito corrisponde sempre alla realtà o la percezione è anche condizionata da quello che la persona crede per convincimento o si aspetta di percepire, influenzandone la qualità? Quanto l’ente planetario percepisce è sempre la verità?
Una percezione può subire delle interferenze, delle alterazioni, sia occasionali sia patologiche: disturbi quantitativi e qualitativi di vario tipo.
Una semplice percezione di senso può subire, in presenza di un intenso stato emotivo, dei disturbi in senso qualitativo o quantitativo: alterazione, riduzione, amplificazione riguardante la visione (colori), il gusto (sapori), l’ascolto (suoni), l’olfatto (odori) e il tatto (forme, densità). Possono esistere alterazioni occasionali o alterazioni come vere e proprie patologie.
Ogni nuova circostanza può presentare percezioni alterate, non del tutto pure ma distorte da qualche forma di interferenza oggettiva o alterata, come da un qualche filtro che fa risultare, al percipiente, una specie di distaccamento dal reale mondo delle percezioni, un “estraniamento”.
Esperienze emozionali intense, disturbi affettivi e certi malesseri psicogeni possono provocare delle pseudo-allucinazioni, cioè una compromissione dell’esame della realtà con vivide rappresentazioni mentali nello spazio interiore del soggetto in questione. Fenomeno che si verifica anche in contesti collettivi, dietro una forte sollecitazione emotiva in ambito religioso o spirituale, nel quale i soggetti hanno perso il senso del discernimento-discriminazione.
Una allucinazione è quella percezione che avviene in assenza dell’oggetto. Esistono, come accennato, alterazioni percettive non allucinatorie come le illusioni o allucinosi.
L’illusione è il fenomeno in cui una percezione reale viene trasformata mediante la combinazione di uno o più elementi non reali, non esistenti, non presenti, mediante l’azionamento di uno o più sensi oppure della mente. Il senso più facilmente coinvolto nelle illusioni è quello della vista che sul piano mentale corrisponde alla fantasia, alla immaginazione (immagini). Le illusioni sono percezioni reali falsate: volutamente, ad esempio, dal pittore o dall’architetto che, con la prospettiva, creano la profondità; non voluta è l’illusione del remo piegato quando immerso nell’acqua, dei pesci ingranditi nell’acquario, i miraggi nel mare o nel deserto (anche l’illusione ottica della “Fata Morgana”), la corda scambiata per serpente, le lucciole prese per lanterne, un ammasso di stracci, che fanno ombra nella notte, presi dal bambino per un mostro, ecc..
Un dato percettivo incompleto (carente) può provocare un’illusione sul piano fisico o sul piano percettivo-concettuale (mentale): ad esempio l’immagine (senso della vista) di una nuvola (dalla forma indefinita) può essere percepita come un animale o un’altra forma significativa, come anche la macchia in un muro o sul pavimento può assumere, anch’essa, una forma significativa; un messaggio scritto, non chiaro o mancante di qualche parte può essere letto in modo del tutto falsato da come era originariamente. Anche un messaggio verbale non perfettamente udito può essere completato automaticamente dalla mente ma in modo falsato dall’originario e con grande convincimento.
La persuasione occulta esercitata da alcuni impostori è basata sulla capacità di saper manipolare un messaggio visivo o verbale, spesso entrambi, per ingannare i sensi e la mente degli astanti, evocando in loro mirati stati emozionali condizionanti (manipolazione dell’organizzazione e dell’interpretazione delle informazioni ricevute dal cervello), spesso di natura affettiva mescolati a possibilità di gratificazioni future (di benessere, di guarigione, di successo, di crescita spirituale). Il persuasore occulto opera più sulla mente subconscia che sulla mente empirica, giocando su particolari stati emotivi dei soggetti manipolati: il linguaggio utilizzato non è mai chiaro, completo, è pieno di allusioni, di allocuzioni misteriche (un dire molto per non dire nulla, lasciando un senso di incompletezza finale che l’allocutario, alla fine, completerà con il contenuto delle proprie aspettative, della propria fantasia e immaginazione. Il persuasore occulto tende ad utilizzare una comunicazione polisensoriale (tecniche di sollecitazione strategica di tutti i cinque sensi per soddisfare necessità psicologiche profonde).
Il persuasore occulto lavora sull’allocutore mediante un linguaggio-percorso per condurlo al proprio scopo e mantenervelo facendolo scegliere e convincerlo all’irrinunciabilità e all’insostituibilità della scelta fatta, dandogli l’illusione di consegnargli una identità forte, tanto da coinvolgerlo totalmente sia sul piano cognitivo sia sul piano passionale. Il persuasore occulto può, in determinate circostanze, riuscire a provocare in alcuni soggetti, in differita delle risposte di dispercezioni allucinatorie tattili e cenestesiche, utilizzandoli a prova della propria attendibilità, vista la reazione plateale normalmente manifestata da chi subisce l’esperienza, con grande convincimento (sia che si manifesti con un senso particolare di benessere o di malessere).
Per chi vive questi stati il fenomeno è assai rilevante.

L’impostore-persuasore occulto, sotto le sembianze di un bravo medium, di un maestro o del discepolo evoluto di un maestro, cavalcando un onda emotiva-devozionale, è in grado di giostrare le varie aspettative degli astanti, convincendo di una operante presenza invisibile che può dare risposte, e tutto attraverso tecniche di coping che prevedono l’oscillazione tra contenuti immaginifici e la distrazione sul piano oggettivo di qualcosa di pratico. Una manipolazione dai meccanismi adattivi per fronteggiare e veicolare le aspettative, allo scopo di gestire il potenziale psichico dei soggetti da mantenere sotto influenza, riducendone o eliminandone la presenza di eventuali dubbi.

L’impostore-persuasore occulto, essendo tale, suo scopo principale è trasmettere una percezione fatua spacciandola per vera, reale (come l’impressione che danno i fuochi fatui, scambiati nell’antichità per spiriti uscenti dalle tombe dei cimiteri, ma in realtà emanazioni naturali di gas che suggestionavano fortemente coloro che vi si imbattevano, che vi vedevano segni sovrannaturali), per provocare una passione inconsistente e far diventare fatui gli astanti, farli pervadere da un’infatuazione (cosa facilitata dall’atmosfera mistico-devozionale che si viene a creare nei casi di cui parliamo). Fatua viene dal latino fatuus, cioè vano, vuoto, leggero, stupido, frivolo, superficiale. Una percezione indotta data per vera ma in realtà un “fuoco fatuo”, una “percezione fatua” spiritualmente insignificante.

Noi trattiamo sempre ogni argomento dal punto di vista utile ad un vero “ricercatore della verità”, quindi sappiamo che si tratta di un lungo cammino irto, a fasi alterne, di grandi difficoltà, di luci e di ombre, di verità e di falsità, che costringono ad un confronto continuo e che per molti significa anche spiacevole “caduta”.
Un “ricercatore della verità” deve imparare, sin dai primi passi calpestati sul sentiero, a riconoscere la natura di ciò che sente: riconoscere le “sensazioni” provate è il primo passo fondamentale per ben proseguire. Le “sensazioni” non sono altro che risposte dovute al rapporto con il mondo esterno e alla traduzione degli stimoli-dati in “sensazioni”. E la sintesi di questi stimoli-dati organizzati (dal bio-computer-cervello-mente) viene chiamata “percezione”.
Sistema nervoso” (i neuroni formano il tessuto nervoso che costituisce i nervi, il cervello e il midollo spinale) e “sistema sottile” (costituito dalle nadi, canali di prana-energia) insieme ai “processi mentali” della mente (antahkarana), giocano un ruolo importante nella necessaria interpretazione degli stimoli-dati. La conoscenza esoterica insegna che è la mente (antahkarana), come fosse un sesto senso, a raccogliere tutte le sensazioni ricavate dai cinque sensi e a farne un’unica “percezione”, utilizzando le funzioni dell’ego-ahamkara, della memoria immaginazione del subconscio (citta) e della funzione della mente empirica (manas), facendo così scaturire le idee, i concetti utilizzati dal “Pensiero”. Ma non è tutto così semplice e lineare. A interagire nei processi percettivi subentrano diverse componenti non tutte sempre perfettamente controllabili e per questo si verificano, in presenza di stati emotivi più intensi, percezioni errate come sopra spiegate con le quali si fanno rappresentazione della realtà sbagliate: si costruiscono illusioni.
Memoria e immaginazione possono concorrere ad alterare la genuinità di una percezione, anche in modo piuttosto significativo. La percezione, in un individuo, diventa modalità cognitiva legata strettamente alla personalità (l’io-corpo-personaggio).

La falsa percezione confonde ed ostacola la conoscenza dell’Anima. Un “ricercatore della verità” dovrebbe restare imperturbabile di fronte alle percezioni e non affidarsi ad esse o a coloro che dicono di averle, per non cadere in false identificazioni e in un falso ordine di valori. La relazione con il mondo viene alterata, falsata dalle percezioni distorte.
Le percezioni appartengono al mondo degli effetti, della fenomenologia e non delle cause da conoscere. Lavorare per giungere all’Anima significa cominciare ad imparare che solo l’Anima percepisce correttamente. Si tratta di una conquista ardua per la maggior parte delle persone, lo si comprende benissimo, ma esistono piccoli passi che tutti possono fare se lo vogliono.
Il “ricercatore della verità”, immerso nella confusione del mondo, spesso si ritrova in crisi senza rendersene conto: viene così a ritrovarsi ostaggio di qualche personaggio cantastorie (sedicente maestro, medium, discepolo avanzato auto-referenziato, fantomatico portavoce di un maestro trapassato oltre il velo della materia, ecc.) che sfrutta le situazioni e i momenti di fragilità in quanto funzionali ad una possibile corte devota con il quale spettacolarizzare la propria affermazione pubblica.

Un buon “ricercatore della verità” non dovrebbe inseguire pifferai magici ma essere dedito alle pratiche spirituali che gli garantiscono l’esecrazione immediata degli abbagli seduttori.

La pratica di trasferire la polarizzazione della coscienza dalla sfera dei sensi a quella del vero ”abitatore del corpo”, passando attraverso la consapevolezza della condizione limitata e imperfetta per realizzare l’identificazione con l’essere spirituale, aiuta a superare l’ostacolo della falsa percezione (il baso e l’alto si armonizzano). Nella pratica non è facile ma si possono ottenere buoni risultati con la costanza.

Nello Yoga, ad esempio, vi sono molte pratiche per purificare il sistema nervoso (e le nadi sottili). Se un “ricercatore della verità” (un sadhaka) avesse un sistema nervoso perfettamente pulito, non inquinato, quanto captato dai sensi verrebbe trasmesso al cervello-mente in maniera ideale; cioè il cervello-mente risponderebbe tramite lo stesso sistema nervoso-nadi pulito e il cosiddetto comando giungerebbe direttamente agli organi dell’azione, i quali si comporterebbero in modo specifico, esatto e adatto allo stimolo ricevuto. Con il sistema nervoso-nadi inquinato si produrrà una percezione e, quindi, una risposta comportamentale e comunicazionale falsata, alterata.
Purificazione e pratiche costanti acquietano le vrtti (i vortici) della mente (citta-subconscio) facendo in modo di non soccombere agli impulsi inferiori e sostituire a tutti i vecchi automatismi condizionanti ritmi nuovi.
La quiete mentale assicura limpidezza della percezione così quanto proveniente dall’Anima assumerà la forma di pura conoscenza, trasmettendola al cervello-mente.
La meditazione, se praticata in tale stato, porterà certamente al samadhi tutti i “qualificati” e la verità trovata nell’Uno-senza-secondo, facendo scomparire l’inesistente molteplicità.