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1087. Saper riconoscere il “risveglio”

Venerdì 18 Marzo 2022 00:00 Rosario Castello
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In molti bloccano un “risveglio” in atto perché non sanno riconoscerlo. Per pochi attimi, o per alcuni giorni, la prima scintilla segna profondamente il risvegliando. Non si è più gli stessi. Il mondo lo si percepisce come un luogo dove si è entrati da un “al di fuori”, è una strana sensazione che si vorrebbe comprendere mediante risposte, ma queste devono essere cercate. Così comincia una “sadhana”.

In quei primi momenti si “vedono” cose che subito dopo sembrano non esserci state mai: una frustrazione indicibile.

L’iniziando passa attraverso la comprensione dei principi della morale individuale ma anche attraverso la comprensione del compito, o della missione, che la società umana è chiamata a compiere.
L’iniziando deve comprendere bene come il dharma debba tradursi nei vari doveri verso l’umanità e come egli debba trovare i modi adatti per una giusta applicazione nella propria personale condizione di vita.
L’iniziando giunge davanti la porta del Tempio, dopo aver maturato per molte vite il giusto stato interiore.

Lo spazio fuori la porta del Tempio pullula di selvaggi profani che non si rendono conto di fronte a cosa fanno tumulto e innalzano grida bestiali. Non sanno che oltre quella soglia risiedono la cultura e la civiltà, non quelle degli eruditi ma dei Saggi, in grado di innalzare alle vette dello spirito che trasformano, realizzano, illuminano, liberano e riconsegnano le creature cadute nella bestialità a Dio.

Oltre quella soglia irradia la fiaccola accesa che viene consegnata a chi, una volta liberato, può passarla ad altro uomo e così via. Oltre quella porta muore il profano, rumoroso e scomposto, e da essa esce l’Iniziato, silenzioso e composto.

Il profano fa il bene a convenienza, per ricompensa immediata o futura, nell’aldiquà o nell’aldilà. Bisogna fare il bene, la giusta cosa, senza pensare ad alcuna ricompensa; il bene si deve fare per amore del bene stesso e degli altri, non per desiderio di ricevere in cambio qualcosa o peggio per timore di castighi.

Un ricercatore della verità, nel suo peregrinare tra le esperienze della vita, se vuole maturare le condizioni per trasformarsi in un effettivo “iniziando” deve lavorare sodo sui molti aspetti impuri della natura umana: soprattutto l’errata concezione delle cose. Lo sterco non è impuro: è l’errata concezione che se ne ha che è impura.

L’iniziando può essere tale se ha perseguito una pura morale, se ha imparato e praticato il rispetto del corpo, se si è impegnato a bandire l’ignoranza, se ha trasformato l’animale in lui con le facoltà superiori dell’anima, se ha ricercato nel vivere quotidiano l’equilibrio, l’armonia, il bene, l’amicizia, la verità e se attraverso la coltivazione delle virtù è riuscito ad arrivare all’amore. L’amore e la ragione devono guidarlo per manifestare l’effettiva Saggezza.

Sono molti i ricercatori della verità che invece di percorrere il sentiero realizzativo, una qualsiasi via pratica, si trastullano in giochi di parole, numeri e simboli, in stravaganti elucubrazioni, ma niente che faccia avanzare di un sol passo nella verità se non nella fatuità.

Non si può rubare con la misera arte della parola la rivelazione ultima dei secreti dell’essere se non guadagnandosela dalle più alte e perfette posizioni coscienziali.