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59. In principio era Vidya di Sri Sathya Sai Baba

Venerdì 05 Agosto 2011 00:01 Rosario Castello
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Il Principio supremo
Ciò che non ha origine non ha principio; era prima che fosse ogni e qualunque cosa; nulla lo precede. Per questa stessa ragione non ha principio. Si espande come vuole, progredisce con la diversità che crede e, con la Sua Pienezza, riempie anche l’Universo. La conoscenza di questo Principio Supremo ha nome Vidya, Conoscenza, Sapienza, Saggezza, Consapevolezza.

Bellezza del Cosmo
Con molte e svariate esperienze di quest’Unica Consapevolezza, molti veggenti hanno visualizzato nei loro cuori illuminati il segreto sovrano che soggiace all’affascinante Bellezza del Cosmo; la compassione per il genere umano li ha spinti a comunicare le loro visioni per mezzo del linguaggio umano, per far scaturire la sete di immergersi in quella Beatitudine, che è innata nell’anima umana. La Sapienza genera questa spinta nel cuore dei veggenti.

Il Suono
Il suono è il vero nucleo dei Veda. Suono vuol dire melodia e armonia, perciò, i Veda devono essere ascoltati e si deve provare la loro estasi. Non si deve analizzare, commentare e giudicare; ed è questa la ragione per cui il Veda è designato con l’appellativo di Shruti, ossia “ciò che viene udito”. Basta ascoltarne il canto per ottenere la consapevolezza dell’Atman e avere la Felicità che ne consegue. Tale Gioia si manifesta nella parola e nell’azione, e sparge beatitudine tutt’attorno.

I Veda
Generalmente il nome Vedanta viene usato ad indicare una certa scuola di pensiero filosofico. Ma il Vedanta è solo un certo settore della letteratura vedica, cui appartengono tutti i testi upanishadici. Il Vedanta è la conclusione del pensiero vedico. I Veda sono, di per soli, guide impareggiabili verso l’Altissimo. I Rik, gli Inni del Rik Veda sono effusioni estatiche dello spirito umano che esaltano la gioia proveniente dalla contemplazione dell’ordine e delle bellezze della Natura esteriore; il Sama Veda è il prezioso tesoro verbale che insegna all’uomo a lodare col canto il Creatore e il Suo Creato. Nei testi, che nel loro insieme sono chiamati l’Atharva Veda, sono diffusamente descritti i misteri di questo e degli altri mondi e nello Yajur Veda sono raccolte le formule per i riti e le cerimonie o benefiche e meritorie, oppure sacrificali.

Ramificazioni dei Veda
In queste quattro raccolte, ciascuna con un nome diverso, la letteratura vedica ha altri quattro rami: i Mantra, i Brahmana, gli Aranyaka e le Upanishad. I testi dei Mantra si chiamano anche Samhita o Raccolte, e in essi sono contenute tutte le formule sacre. I Brahmana sono i testi che descrivono mezzi e modi di utilizzare i Mantra e di trarne beneficio mediante la loro giusta recitazione. Il vocabolo Brahma ha parecchi significati: in questo caso significa Mantra. I Brahmana trattano soprattutto dei cerimoniali e delle consimili attività esteriori. Invece gli Aranyaka trattano dei loro significati occulti e delle discipline interiori come il ritiro dei sensi e l’eliminazione degli attaccamenti. Le Upanishad cercano di armonizzare quelle due vie per mezzo dello studio filosofico e formano la fase finale degli studi vedici, e perciò si chiamano Vedanta, “Il Finale dei Veda”, e possono esser ritenute addirittura la quintessenza degli insegnamenti vedici, la crema dei Veda. Quando con lo studio vengono assimilati i Veda, le Upanishad affiorano come affiora il burro dal latte sbattuto.

Ascoltare attentamente seduti vicino al Maestro
Tutte le forme della letteratura vedica fin qui menzionate formano il più antico corpo di conoscenza, Vidya. Il termine Upa-ni-shad presenta la radice shad preceduta dai due prefissi upa e ni. Shad significa “star seduto” ed anche “distruggere”, ni significa “costante, disciplinato”, e upa significa “vicino”. Il discepolo deve sedersi vicino al guru o acharya (precettore) e aver costante attenzione a quello che gli viene detto. Solo così può apprendere e acquistare il bene della Conoscenza e l’abilità della discriminazione. Le Upanishad, i Brahma-sutra e la Bhagavad Gita sono le radici primarie del pensiero filosofico indiano e son detti Prasthana Traya, la Vera Triade.

Coscienza Cosmica in pienezza
Il mondo oggettivo e materiale è ciò che vedono i nostri occhi, che piace ai sensi, che affascina le nostre menti ed informa il nostro cervello. Ma in questo mondo, e attraverso di esso, c’è un mondo immateriale soggettivo raggiungibile. Una volta conosciuto questo, entrambi i mondi si rivelano come espressioni parziali della stessa indivisibile Coscienza (chaitanya). I due si integrano insieme nell’Unica Pienezza (Purnam). L’Individuale (Jiva), che è complementare, sorge dal Parabrahman, dalla Pienezza dell’Assoluto. Quando l’Individuale (jiva) lascia il corpo fisico in cui è racchiuso, l’eterna Coscienza Universale torna alla Sua Unica Pienezza originaria, il Principio dell’Assoluto (Parabrahman). Purnam adam: “Quello è Pieno”; Purnam idam: “Questo è Pieno”; Purnat purnam udachyate: “Dal Pieno sorse il Pieno”; Purnasya (Dal Pieno) purnam adaya (quando il pieno è tolto) purnam eva (il pieno solo) avashishyate (rimane): “Se si toglie il Pieno dal Pieno, non rimane altro che il Pieno”.

Rinuncia
La Vidya, ossia la formazione che viene data dal processo educativo, dice che il Cosmo è una manifestazione del gioco del Signore e null’altro. Le Upanishad affermano tale verità in questo modo: Ishavasyam idam jagat, “il mondo è degno di essere la dimora del Signore”. Perciò, nessuno può sentirsi proprietario, né avere la benché minima traccia di egoismo. Rinunciate ad avere un senso di attaccamento; sentite ovunque la presenza del Signore. Apritevi alla Beatitudine che vi dà il Signore quale Personificazione della Beatitudine stessa e, sperimentandola, siate grati e liberi da attaccamenti. Questo è il messaggio dei Rishi, i Saggi ed i Veggenti.

Il test delle azioni
Lasciate il senso dell’ ”io” e del “tu”; solo così capirete lo splendore di Ciò che non è né “io” né “mio”. Questo non comporta che dobbiate rinunciare a tutto. Il Vero Insegnamento, la Vidya, dice che occorre occuparsi del mondo, come esige il dovere, con un senso di distacco, evitando di farsi coinvolgere. La cartina di tornasole per verificare se un’azione sia santa e sacra è l’esame che accerti se essa genera attaccamento o se libera da dipendenze. Il test di acidità per giudicare un’attività profana o peccaminosa è l’esaminare  se essa insorge da bramosie o le promuove. Questo è l’insegnamento, la lezione impartita dalla Scienza Suprema, Vidya. Se il vostro proposito è quello di compiere il vostro dovere, potete pregare Dio di farvi campare fino a cent’anni: non sarebbe una cosa riprovevole. La più alta Scienza, dunque, Vidya, vi esorta a compiere delle azioni in piena comprensione  della loro natura e alle loro conseguenze.

Un temibile suicidio
Le bestie uccidono solo altre bestie, mentre chi non vede secondo lo Spirito, che è la sua reale dimensione, uccide sé stesso, e la Scienza Eterna (Vidya) ammonisce che chi compie tale delitto cade in regni orribili, immersi in una terribile e densa notte.

Inafferrabilità dell’Atma
Vidya
, o la Visione Suprema, cerca di fornire all’uomo una descrizione delle “caratteristiche” dell’Atma. L’Atma, lo Spirito, non ha moto, ma è presente ovunque. Neppure gli Dèi gli possono star dietro, per quanto veloci essi siano, poiché Egli rivela la propria Presenza molto prima che noi la anticipiamo: è immutabile ed onnipresente. La Scienza Divina (Vidya) dichiara che è un’impresa vana determinarLo.

Al di là degli opposti
Raggiunta la Suprema Sapienza, il più alto livello di Vidya, svanisce la distinzione tra gli “opposti” – fra spirito (atman) e materia (anatman), fra sapienza (vidya) ed ignoranza (avidya), fra sviluppo (vikasha) e decadimento (vinasha) -. I mistici e i saggi hanno raggiunto questo grado di Unità Suprema; la storia dei loro sforzi e delle loro vittorie è consacrata nella letteratura, per impulso della Sapienza. Al livello di tali saggi, è pericolosa tanto la conoscenza quanto la non-conoscenza, poiché essi sono consci dell’origine misteriosa e delle conseguenze di entrambe. Essi sono in grado di superare la morte per mezzo della non-conoscenza e di ottenere l’immortalità con la conoscenza.

da “La Scienza di Dio” di Sri Sathya Sai Baba