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64. Cambiare per guarire di Pino Perriello

Mercoledì 10 Agosto 2011 00:00 Rosario Castello
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Il potere del male è nella sua capacità di confondersi con il bene. Si camuffa, si traveste, si maschera e si mescola col bene. La mimesi è la sua più grande strategia di conquista. La sua capacità di mimesi è veicolata attraverso l’arte della separatività, del divide et impera; l’aratro della mimesi traccia un solco nel terreno dell’ignoranza e della cecità umana, divide la terra e depone il seme del male.
Se non avesse questo potere di mimesi, il male sarebbe riconoscibile da tutti, non riuscirebbe più a camuffarsi e verrebbe escluso immediatamente dalla faccia della terra. Ma se non supera certi limiti di tollerabilità, il male non viene percepito dalla mente umana. Per operare al di sotto di questa soglia di percezione, il male deve solo mascherarsi e mescolarsi col bene, ma la complicità della nostra ignoranza è molto alta, fondamentale.

Se ammettiamo l’incapacità di riconoscere il male, se ammettiamo che siamo i primi artefici del nostro male, se ammettiamo di avere un problema e ci riconosciamo affetti dalla malattia dell’irriconoscibilità del male, allora inizieremmo un processo di guarigione, di una sana cura di consapevolezza. Come un daltonico non distingue i colori, noi tutti non riconosciamo il bene dal male. Ma è giusto chiedersi se il male esiste grazie alla nostra ignoranza, o è l’ignoranza ad essere il male stesso?

Ritenere giusto quello che fanno tutti e sbagliato le idee di pochi, si pecca di negligenza e si spalancano le porte al male. Se qualcuno non si sentisse affetto da questa ignoranza, ma si sentisse capace di distinguere il male dal bene sempre e comunque, osservi il mondo nel quale vive insieme a tutti noi poveri ignoranti, e giudichi se può darci un aiuto a capire, a dissolvere questa nostra cecità, a strapparci le bende dagli occhi.

Il male non dà un dolore immediato, non è così ingenuo; quando si manifesta ha avuto già tutto il tempo per germogliare, è già un frutto maturo che cade spontaneamente dal ramo e ci colpisce con tutta la sua amara disillusione.

Quando tentiamo di porre rimedio ad un male o ad una malattia, stiamo agendo sugli effetti di una causa generatasi nel passato. La malattia è un effetto del male, non la sua causa.

La stessa cosa accade con un’idea guasta, ben mimetizzata tra le idee buone e giuste: quando fiorisce in tutta la sua recrudescenza è già troppo tardi, sarà difficile riconoscerne l’identità negativa, e a quel punto, distinguerla e separarla dal bene, sarà necessario un lungo e penoso processo di purificazione. Ed anche quando riconosceremo d’aver sbagliato, di aver nutrito un’idea sbagliata, non otterremo la guarigione definitiva, ma solo medicato una ferita e, se il cielo ci assiste, potremo dare inizio ad una cura di consapevolezza per guarire definitivamente. L’unica difesa è la consapevolezza. Ma c’è un altro alleato formidabile sul quale il male può contare, un’altra ignoranza umana, ed è l’incapacità di cambiare. Cambiare vuol dire ricominciare, riconoscere un’incapacità, recuperare un errore, e guarire. Pur di non cambiare si tende a negare l’errore, il disturbo, la malattia e a dare così libertà di crescita al male.

Abbiamo l’usanza di affidare la guarigione alla medicina, il cambiamento al medico, a qualcun’altro diverso da noi, come se noi non avessimo niente a che vedere con l’origine della malattia. Il medico cura, tampona, imbastisce una controffensiva, ma la vera malattia è l’ignoranza che non ci fa percepire il male mentre depone la sua semenza in noi.

Cambiare e guarire è possibile, perché anche il male ha un suo punto debole. Il punto debole del male è quello di non riuscire a rimanere nascosto e invisibile per sempre. Prima o poi anche il male deve manifestare un effetto visibile. Agiremo sugli effetti o sulle cause? Se decidiamo di agire sugli effetti possiamo affidarci alla medicina tradizionale, ma se decidiamo di agire anche sulle cause allora non ci resta che cambiare. Ed è questa la grande occasione di consapevolezza, da cogliere per capire che è giunto un messaggio importante: il male è entrato in noi e noi dobbiamo espellerlo cambiando. Dobbiamo cambiare in prima persona, essere protagonisti nel nostro stesso cambiamento, e non affidare la speranza di sconfiggere l’effetto del male ad altri, consegnandoci passivamente ad un medico, rimanendo ignoranti sulle cause.

Se partiamo per una destinazione senza conoscere il percorso per arrivarci, è molto probabile che sbaglieremo strada. Analogamente, tentare di cambiare la nostra personalità, senza avere un’idea del nuovo modo di essere che si vuole adottare, ci impedirà di cambiare. L’immaginazione è uno degli elementi fondamentali per chiunque voglia produrre un qualsiasi cambiamento nella propria vita. Prima di cambiare bisogna immaginare, vedere, comprendere e conoscere la maniera nella quale si vuole cambiare. Avventurarsi nel tentativo di un cambiamento, senza alcuna cognizione che funga da orientamento, equivale a incamminarsi nel deserto senza acqua, né mappa né bussola.

Chi desidera cambiare per guarire, deve esser certo di conoscere il perché, il come e il quando; se non conoscete la vera ragione che vi ha fatto ammalare, che vi spinge al cambiamento, allora vi conviene lasciar perdere, rassegnarvi, arrendervi e consegnarvi alla scienza della manutenzione, lasciare che la medicina rattoppi gli effetti del male.

Ma se abbiamo compreso le origine del male, individuato le cause, allora abbiamo maturato il reale potere di cambiare, possiamo sperare di rimuovere alle radici la causa del nostro male, e siamo pronti ad accettare la sfida della nostra malattia.

di Pino Perriello (da www.psicosofiaolistica.it)