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248. Esoterismo, Subconscio e Superconscio

Domenica 01 Luglio 2012 00:00 Rosario Castello
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Dove non si ravvisa  una innocente incomprensione, di quanto concerne la decifrazione delle comunicazioni con il sopra-umano e l’infra-umano esiste, per certo, un’opera di sovversione, l’azione di una mano antitradizionale, l’estensione di una volontà contro-iniziatica.
Non è tutta “luce” quanto è stato avanzato, preso in considerazione dalla psicoanalisi, la dottrina che si fa chiamare “psicologia del profondo” che, nata con Sigmund Freud (1856-1939), scavalcando l’ipnosi e, in alcuni casi l’elettroshok, introdusse nella cura dell’isteria, delle nevrosi e di altre turbe psichiche, il metodo di cura basato sulla parola, sul discorrere (e da questo il classico lettino dell’analista) per rimuovere da quel “profondo” (chiamato “inconscio”) i blocchi di situazioni-trauma, causa dell’azione patologica sul comportamento del paziente. Sigmund Freud sviluppò un modello della mente umana costituito da tre cosiddette istanze: “Io”; “Es”; “Super-io”. Dopo Freud seguirono molti altri modelli della mente umana ed uno di questi modelli fu quello di Carl Gustav Jung (1875-1961) che si sviluppò con gran successo con la “psicologia analitica”, l’introduzione del concetto di “inconscio collettivo” e della libido vista quale sinonimo di “energia psichica” (dell’”introversione” o dell’”estroversione”) ma soprattutto con l’indicazione del fondamentale sviluppo dell’essere umano rappresentato dall’”autorealizzazione”.

La Tradizione spiega benissimo stessa: non aveva bisogno degli elaborati di un altro dominio. Voler spiegare quanto non si conosce o non si è ancora ben compreso può essere pericoloso. Fare incontrare linguaggi di regni diversi con la pretesa di poter elaborare codici che spiegano tutto, è azzardato. Il risultato certo è la confusione prodotta per generazioni.
Spesso la psicoanalisi segue un procedere di “interpretazioni” che invece vengono presentate quali “analisi realistiche”. Si può notare, in certi casi, effettivamente come l’eccesso di “interpretazioni” prenda la mano sfociando in un abuso o, come dice Julius Evola in un “… delirio dell’interpretazione …”.
La psicoanalisi, caratterizzata da una certa ossessione per le zone istintuali, azzarda le proprie deduzioni del “superiore” dall’”inferiore”.
Gli ambiti trattati dalla Tradizione non sono un prodotto dell’immaginazione umana ma un tutto sopra-umano con chiavi di accesso: autentico simbolismo tradizionale.
Il simbolismo preso in considerazione dalla psicoanalisi è un prodotto variabile da un individuo all’altro e non ha nulla in comune con la Fonte della Tradizione. In alcuni casi potrebbe sembrare così, ma si viene a generare una più sottile confusione che non aiuta nessuno.
In molti, ancora oggi, fanno confusione su quanto concerne gli elementi appartenenti all’inconscio o al subconscio.
L’ “insieme” dei prolungamenti inferiori della coscienza formano quanto chiamato “subconscio”.
Ciò che viene chiamato “superconscio” sfugge completamente al campo di indagine degli psicologi. Gli psicologi quando si imbattono in una manifestazione non-conosciuta tendono ad attribuirla al subconscio.
Tutto quanto concerne il superconscio riguarda l’ordine tradizionale compreso il simbolismo, quale mezzo di contatto con il sopra-umano.
Molti aspetti del subconscio sono la pantomima di aspetti di ordine elevato del superconscio.
Per questo esistono in giro, sempre più spesso, contraffazioni del “vero” e i più sono incapaci di discernere la vera natura, diffondendo l’illusione, come nel caso dell’inarrestabile mercato dei “canalizzatori”, di un rovesciamento della spiritualità.
Il mercato dell’ignoranza dei “minori” si è imposto sui liberi e saggi “Maggiori”.

C’è “qualcosa” di anteriore e superiore al pensiero individuale ma gli uomini sbagliano direzione per trovare e comprendere questo “qualcosa”: cercano in “basso” ciò che sta in “Alto”.


L’ottuso, privo di qualsiasi strumento di conoscenza, invano si rallegra riempiendosi la bocca del solo nome dell'Assoluto, in ciò simile a chi si contentasse del sapore di frutti posti in cima ad un ramo, visti riflessi nell’acqua “.

Maitreyopanisad II, 22