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367. L’ipocrisia nella spiritualità

Venerdì 10 Maggio 2013 00:00 Rosario Castello
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Affrontiamo, di seguito, un tema poco gradito da coloro che non hanno risvegliato un certo spessore interiore in grado di osservare serenamente certe questioni che riguardano tutti durante un percorso di crescita spirituale: l’ipocrisia.

Ipocrisia [i-po-cri-sì-a] s.f.
1 Simulazione di virtù e di buoni sentimenti: la sua devozione è un'i.
2 estens. Comportamento, discorso da ipocrita: bando alle i.
Dizionario di Italiano il Sabatini Coletti
Ipocrisia s.f. Simulazione estesa spec. All’ambito dell’atteggiamento morale o dei rapporti sociali e affettivi.
Ipocrita s.m.e f. (pl. m–i). Simulatore di atteggiamenti o sentimenti esemplari; anche come agg.: un discorso i.
Vocabolario della Lingua Italiana Devoto-Oli.

L’ipocrisia, in pratica, altro non è che un mostrare ciò che non è (per l’ipocrita: un mostrarsi per quello che non è). Con l’ipocrisia, un conto è farne maschera della vita nella realtà profana e un conto farlo nella vita spirituale, in un percorso sacro. L’ipocrisia è veramente disgustosa nella vita quotidiana degli affetti familiari, del lavoro, del commercio, degli affari, della politica ma lo è ancor di più negli ambiti religiosi, spirituali e filosofici dove si ha la pretesa di stare percorrendo un cammino di auto-miglioramento rispetto agli altri.
Un modo di parlare con le labbra senza che il cuore sia un tutt’uno con esse e con le parole dette è una immonda mistificazione.
L’ipocrisia di molte persone, nei centri spirituali, maschera un banalissimo materialismo che non hanno il coraggio di affermare apertamente.
Spesso questa ipocrisia si riscontra in coloro che, nei centri spirituali, hanno funzioni di responsabilità (cariche di vario titolo). Queste persone dimostrano di essere prigioniere di limiti ristretti e riescono ad ingannare parlando per luoghi spirituali comuni, cioè senza avere profonde idee proprie, trincerandosi in una fede cieca di un’ipotetica regia, per ogni evento, del divino Maestro. Si nascondono ripetutamente, in ogni occasione, dietro le frasi del Maestro.
L’ipocrisia rivela una spiritualità esteriore buona per tutti i salotti, ma non per ottenere una autentica realizzazione in un “sentiero realizzativo”.
Costringere gli altri membri del centro spirituale, con espedienti dialettici, ad accettare la propria volontà, sotto l’oppiaceo clima di un condizionamento spirituale, rivela un’involuzione non una evoluzione spirituale.
Nei centri spirituali non ha senso riportare le stesse dinamiche del mondo profano: significa ingannare se stessi e gli altri.
I centri spirituali dovrebbero essere “officine” di trasformazione interiore non luoghi dove soffermarsi a ciò che appare; bisognerebbe mostrare ciò che si è: la pietra grezza da trasformare, ciascuno nella propria posizione coscienziale. Ed è importante, anche, manifestare il desiderio di “correzione” ed in piena gioia e sincerità aiutarsi a vicenda.
L’ipocrisia impedisce l’apertura della strada alla conoscenza e inibisce il reale slancio che dovrebbe esserci nell’instaurare giusti e retti rapporti umani.
L’instaurazione di giusti e retti rapporti umani è una grande esperienza spirituale che nell’umano riflette profonda amicizia e stima.

Il devoto spirituale, che sostiene di aver bandito la devozione all’ignoranza (l’avidya/ignoranza metafisica), non deve nascondersi dietro parole senza senso o addirittura dietro alle parole contrarie a quello che veramente pensa. Si dovrebbe entrare in un centro spirituale per buttare giù la “maschera” e finalmente “essere” non “apparire”.
Il devoto spirituale che utilizza l’inutile trasformismo in uso nel mondo profano tradisce se stesso, la buona fede degli altri membri e soprattutto quanto sostiene di credere.

I responsabili dei centri spirituali che si trincerano dietro la stretta e rigida osservanza delle regole, incapaci di ascoltare e/o di percepire un cuore che soffre o in difficoltà, non fanno un buon servizio alla comunità ma solo ed esclusivamente alla propria ambizione egoica mascherata.

Le caratteristiche che dovrebbe avere un “responsabile” (di qualsiasi titolo), all’interno di una “organizzazione spirituale”, non sono quelle formali scritte per necessità di Statuto e di Linee Guida ma quelle non scritte (pulsanti nel cuore del Maestro per i propri discepoli) e cioè “avere un cuore semplice, la capacità di ascoltare, di amare e di stupirsi”.

Prestarsi all’ipocrisia significa ingannare, oltre che se stessi, chi si incontra in una riunione, in un gruppo di studio, in una assemblea, in un raduno, in una conferenza, in un convegno, nel silenzio di una meditazione, in un incontro che dovrebbe essere “cuore a cuore”.
Vivere sinceramente significa essere liberi.

L’ipocrisia (il comportamento dell’ipocrita) ricorda colui che cerca di muoversi senza lasciare impronte. Da quale motivo può essere dettata la necessità di muoversi senza lasciare impronte? La motivazione più certa è l’insincerità.

È ripugnante, in un centro spirituale, vedere un “responsabile” prestarsi all’ipocrisia ed ergersi a funzione giudicante facendo seguire azioni subdole di rovesciamento delle carte con furbizia e nel frattempo osteggiare la chiarezza di dialogo.
Dietro ai “perfettini” che sbandierano sempre parole di correttezza si celano ipocriti arrivisti ambiziosi.
La mancanza di coerenza è dell’ipocrita. L’incoerenza di chi ha una funzione di responsabilità è un cattivo esempio perché delegittima la funzione stessa. L’ipocrita ostenta segni esteriori di perfezione e di rispetto delle regole ma il cuore è pieno di segreta vanità e di ambizione della notorietà.
Nei centri spirituali l’ipocrita ama le relazioni gerarchizzate dove cerca di stare ai vertici ostentando falsa umiltà. L’ipocrita si esaurisce perché nella sua interiorità troneggia l’iniquità, l’ansia del primeggiare, del sembrare “perfetto”, “giusto”, “migliore” di tutti gli altri e per questo dominare gerarchicamente.

L’esteriorismo della morale dell’ipocrita, “responsabile” di un centro spirituale, causa la fuga di molti membri che non si sentono più avvolti dall’aura dello spirito vivificatore del centro stesso.

La trasparenza nei rapporti è l’incenso della reciprocità che eleva verso l’Alto, verso l’Unità da raggiungere, tanto auspicata nei percorsi spirituali.

Chiamata di nuovo la folla, Gesù diceva loro: ‘Ascoltatemi tutti ed intendete bene: non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo. Dal di dentro, infatti, dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: prostituzioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnie, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo”.

Matteo 7, 1-23

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché assomigliate a sepolcri imbiancati, i quali, all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità”.

Matteo 23, 27-28

L’ipocrita si accorge della propria ipocrisia?

Una “Organizzazione” dagli scopi spirituali sfocia naturalmente in un “campo” ad alto contenuto di responsabilità: il campo di sperimentazione dell’ego che comincia a diventare consapevole della errata identificazione col mondo della dualità (del piano della forma-apparenza).
Per una tale “organizzazione” deve corrispondere una forma organizzativa in grado di attendere a numerose forme di “aspettative”.
Ogni individuo (che organizza, gestisce e controlla o che aderisce come neofita agli scopi di una Organizzazione Spirituale), che se ne renda conto o meno, è un ego che sta percorrendo (al proprio livello di risveglio) il suo personale viaggio “dall’Egoità alla Libertà” (liberazione-realizzazione spirituale).
L’individuo che ha un ruolo – coordinatore, presidente, vice-presidente, segretario, ecc. – (verso il quale, spesso, si identifica rigidamente), essendo un ego sul percorso formativo, o realizzativo, non è libero né esente da fabbisogni egoistici di gratificazione, di variegata natura.
L’individuo che aderisce-partecipa, o che occupa un ruolo-funzione, spesso, perde di vista la prospettiva e il paradigma verso le quali ha sperato di condurre la propria esistenza.

Sono in molti, i responsabili dei cosiddetti centri spirituali, che con la loro ipocrisia confermano la seguente deflagrante frase di Nisargadatta:

“… A questo mondo ci sono pochissime persone in grado di ragionare normalmente … Il mondo è costruito su compromessi, sulla disonestà, sulla frode. Ma la frode più grande è la spiritualità. Però non andare a dirlo in giro perché ti faresti dei nemici … Colui che possiede la rivelazione della sua vera identità, non va ad associarsi con lo spiritualismo di professione, il cui unico scopo è quello di fare denaro …”.

Nisargadatta Maharaj


È giusto che tutti i membri di qualsiasi centro spirituale si facciano delle domande alle quali rispondersi interiormente.


Che cos’è un Centro Spirituale?
E l’intera Organizzazione Spirituale?
Cosa deve rappresentare, per l’Aspirante Spirituale,
sia un Centro sia l’Organizzazione Spirituale?
E cosa ci si deve aspettare da loro?
È giusto aspettarsi da loro ciò che non possono dare?


Esempi di risposte che invitano alla riflessione:

“ … Comprendano che l’ipocrisia del pensiero ostacola la comunione in spirito”.
“… Il suo principale effetto si riconoscerà nel fatto che la menzogna e l’ipocrisia non hanno utilità pratica, e che bisogna essere solleciti per i propri cari …”.

Il Maestro Morya


“… C’è stato in me un cambiamento?
Com’ero prima di incontrare Baba?
Come sono diventato dopo averlo conosciuto ed essere diventato un devoto?
Come sono cambiato dopo essere entrato nell’Organizzazione
ed essere diventato un responsabile?
Devo considerare se, attraverso questi quattro momenti,
sono rimasto la stessa persona che ero prima,
e devo scoprire dentro di me se sto facendo veramente il mio dovere …”

di Sri Indulal Shah


“… Uno può fare il Presidente dell’Organizzazione,
ma ciò non significa che possa agire
secondo i propri capricci e le proprie fantasie.
Pur essendo convinto del fatto che
nell’Organizzazione Sai non ci siano persone del genere,
vi voglio mettere in guardia lo stesso …“.

“… in un’organizzazione sono tutti importanti,
il Presidente, il Segretario, il Coordinatore, i Membri;
ma, per aver successo,
devono lavorare tutti uniti”.

“… Presidenti, Segretari e Coordinatori
devono buttarsi a capofitto nell’azione;
solo allora ci sarà trasformazione.
L’informazione è attinente alla quantità,
la trasformazione alla qualità.
È essenziale la qualità,
non la quantità …”.

 “… Il vero servizio consiste
nel compimento disinteressato
dei doveri che competono a ciascuno …”.

Esiste solo una strada maestra
lungo il viaggio spirituale:
l’Amore;
Amore per tutti gli esseri
come manifestazione della stessa divinità
che è la vera essenza del ”.

Sri Sathya Sai Baba

 

tratto da “Il Sentiero Realizzativo” di Rosario Castello (su: www.amazon.it)

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