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442. Un vero problema mondiale: l’uomo così com’è

Martedì 31 Dicembre 2013 00:00 Rosario Castello
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Cos’è veramente l’uomo?
Lo stato coscienziale dell’uomo è quello di “ignorare di ignorare” ciò che egli è realmente.
L’uomo ha accettato come realtà, per devozione all’ignoranza, la visione riduttiva e distorta del proprio “ego”. Nulla può affrancarlo da tale stato di oblio della coscienza se non stesso: egli deve “accorgersi” di essere “Altro” rispetto a qualcosa di finito e mortale; di non appartenere alla natura mortale del divenire ma alla natura imperitura del divino.
Ciò che egli è veramente è nascosto, come un tesoro prezioso, da una serie di sovrapposizioni che lo celano.

Esiste da sempre, e per sempre, Brahman-Atman, l’Essere-Realtà Assoluta. Ed è solo un riflesso (non-reale), invece, la realtà manifesta (l’immanenza) quale mondo relativo, quale mondo del divenire tramite l’illusione dello spazio e del tempo.
Sono un riflesso il piano causale informale della manifestazione nell’ordine universale quale seme o radice delle manifestazioni, sottile (Hiranyagarbha) e grossolana (Viraj): Isvara (il Dio-Persona) o il Brahman saguna (con attributi). Isvara riassume, nell’ordine universale, i tre aspetti:

1 causale
2 sottile
3 grossolano


Isvara
è il Principio immanente, l’Unità principiale comune a tutte le forme-entità. Rappresenta la più alta personificazione dell’Assoluto comprensibile dalla mente umana (l’Assoluto in sé non può essere concepito dall’umano).
Ogni manifestazione è dovuta, ed è possibile, tramite il potere di maya: Isvara è al tempo stesso Signore, Possessore e Regolatore di maya (contiene ed esprime tutte le indefinite possibilità dell’Essere qualificato (viseca).
Isvara quindi è quel Punto principiale che compendia e sintetizza la Trimurti manifestante nelle tre modalità di creazione (Brahma), conservazione (Visnu) e dissoluzione (Siva), sia dell’Universo sia di ogni singolo oggetto, ente o evento.

Brahman è la Realtà assoluta, è l’Assoluto in sé, è l’Essere trascendente e incondizionato chiamato anche l’”Uno-senza-secondo” (ekadvitiya), il Supremo. Il Brahman è il Fondamento metafisico dell’Essere e del non-essere, del manifestato e del non-manifestato.

L’Atman è il “” dell’essere, è il Fattore trascendente nell’essere incarnato nella manifestazione, cioè nell’ente manifestato (l’io-ego-corpo-personaggio karmico). L’Atman è l’Assoluto nell’ente incarnato (l’ente planetario), è l’Assoluto fuori del tempo-spazio-causa. L’Atman è, dice Sankara, onnipervadente come l’etere, eterno, senza parti né distinzioni, privo di attributi, incontaminato, privo di movimenti, ecc.
L’Atman è Colui che dimora, celato, nel cuore di tutti gli esseri incarnati (è anche il Testimone dei loro stessi intelletti, obliati o risvegliati).
Solo coloro che realizzano la consapevolezza dell’Atman (Atmanubhava) sperimentano Atmananda, la Beatitudine (consustanziale all’Atman).

Tutta la manifestazione, visibile e invisibile, è strutturata in diverse sovrapposizioni che celano la Realtà Assoluta (Brahman-Atman). In questa manifestazione è immerso quell’ente definito essere umano del pianeta Terra: immerso in un mondo, dalle infinite possibilità, però degradato e decaduto che lo limita ulteriormente.

In questo scenario il Sadhaka è quell’ente planetario, fattosi ricercatore spirituale, che vive la propria via scelta in funzione della realizzazione della Visione Unica della Verità Eterna. Persegue una Verità Eterna senza il contenitore delle religioni, senza forma e nome umani: non è nella mente ma oltre la mente che la vuole sperimentare-trovare. Il percorso (Moksasadhana, il “mezzo di liberazione”) prevede “accensioni” fino al risveglio completo della coscienza, un risveglio al Sé Sovrano, l’Illuminazione e quindi la Liberazione (Moksa).
Realizzare la Liberazione, cioè la Moksa, significa affrancarsi definitivamente da qualunque determinismo karmico. Significa liberarsi dall’ignoranza metafisica (maya, avidya) e dalla costrizione del flusso delle reincarnazioni (il divenire trasmigratorio detto samsara). Significa la soluzione finale dell’individualità-Jiva nell’Essere-Brahman.
È necessario Moksadharma (un’insieme di norme, Dharma) per il reale conseguimento della Liberazione (Moksa).

L’umanità è attualmente incapace di conformarsi alla Legge divina universale (Dharma) perché sta vivendo il Dharmaglani, il “declino del Dharma”: gli enti planetari sono obliati alla consapevolezza dell’Ordine cosmico (rta).
L’ente planetario dell’epoca attuale ha smarrito “Dharmamarga”, cioè il “Sentiero del Dharma”, la via della Rettitudine e dell’osservanza dei doveri: per questo il mondo versa nei suoi giorni più oscuri.
Nessuno al giorno d’oggi è interessato al Dharmajnana, alla “conoscenza del Dharma”, a quella consapevolezza della Legge universale di Armonia da dove promanano tutti i vari Dharma; a maggior ragione nessuno cerca, perché tutti “ignorano di ignorare”, Dharmajijnasa, cioè la conoscenza del proprio Dharma nell’ambito della società, l’adempimento dei propri obblighi e doveri.

I veri problemi dell’umanità sono cominciati da quando si è allontanata dal Sanatanadharma, cioè il “Dharma perenne” (emanato da Manu) regolatore del ciclo di manifestazione, il Manvantara. Significa che l’umanità ha smarrito la giusta direzione e per questo precipitata sempre di più nell’oscurità (corruzione, degradazione, decadimento spirituale). L’allontanamento dalla Tradizione Primordiale è pari ad una separazione, una divisione dalla divinità che si manifesta in termini di squilibrio, disarmonia, oscuramento.
Sia l’intera umanità sia il singolo individuo si trovano in tale stato condizionato, di “caduta”, di “scissura”.
Il problema principale del mondo è l’uomo stesso, per quello che è diventato per colpa del sonno della coscienza, dell’intelletto ottenebrato.
L’identificazione con tutto ciò che è esterno all’uomo ha sviluppato un intelletto caratterizzato dall’attaccamento, fuorviandolo dalla sua vera natura di essere spirituale.

L’intelletto ottenebrato (sangabuddhi) conduce all’attaccamento; un intelletto equanime (samabuddhi) innalza e libera l’essere dal piano di relazione-vincolo.

Il lavoro per ottenere la Moksa è un lavoro duro, un percorso arduo in cui sono richiesti seri sforzi e grandi sacrifici in cui si attraversano inevitabili asanka, cioè momenti di dubbio, inquietudine, incertezza, sospetto e paura.
La società di questo ente planetario, dall’intelletto ottenebrato, si fonda su una ragione senza senso, su una scienza dallo sguardo limitato, su un’esistenza basata sul possesso di “cose” (la folle accettazione della logica del mercato): gli individui hanno creato sempre più povertà perché hanno creduto di aver bisogno di “sempre molto di più” per vivere felici (“ricchezza” da accumulare se si identificano nella materia; “potere” se si identificano con attributi psicologici).
Gli enti planetari hanno abbandonato, di fatto, la religione, la filosofia, il buon senso per restare intrappolati solo nella schiavitù del mercato. La manipolazione mentale che imbastisce la cultura dominante a livello mondiale ha creato la convinzione, e promosso il consenso, dei consumi come unico motore della crescita. L’intelletto ottenebrato conduce, nei luoghi del potere, uomini mediocri, limitati, stupidi, ignoranti, egoisti.
La maggior parte degli enti planetari è dedita all’interesse prettamente materiale dell’esistenza, ad una ossessiva ricerca di un insensato benessere grossolano.
Una devozione materialistica nei confronti dell’esistenza ha fatto perdere il senso di unità con tutte le cose impedendo la percezione della connessione dell’individuo con tutti gli altri individui.
L’individuo è posseduto completamente da maya, l’illusione; si illude infatti di essere libero, indipendente, capace di poter affrontare qualsiasi cosa senza alcuna “qualificazione”. Così non è. Basta guardare i milioni di individui immersi nel comune mare del malessere fatto di solitudine, tristezza, rabbia, ira, depressione: il malessere pervade il mondo. Difficile, per i molti, accorgersi di come stanno veramente le cose.
Difficile è affrontare per i pochi veri Sadhaka il lungo Sentiero per Moksa in un mondo dall’intelletto oscurato.
Tutto nella società umana è fatto perché gli ego si espandano e non affinché i Sé si risveglino: gli ego gonfiati servono il sistema oscuro di potere misurandosi, sfidandosi, ingannandosi, facendosi la guerra.
La società umana, con il suo sistema di potere, si alimenta con le espressioni negative degli individui: l’ignoranza, l’egoismo e la paura.
L’ignoranza, l’egoismo e la paura regolano il sistema di potere che governa la vita degli esseri umani: la crisi mondiale attuale, che non è crisi economica ma esistenziale, ne è un chiaro e potente simbolo-esempio.
L’uomo così com’è è un vero problema per l’umanità e per l’intero mondo: deve ritornare alla sua natura originaria, cioè quella divina. Deve riuscire a superare tutte le sovrapposizioni che la celano.
La ricetta per risolvere contemporaneamente molti problemi, nell’individuale e nell’universale, è quella in cui si evidenzia la necessità di “ridurre l’ego”. Meno egoismo e più altruismo possono fare miracoli: possono invertire il processo negativo in atto e far tornare gli individui a ricomporsi nell’infinito stato di pura coscienza.
L’ego è un limite per l’essere perché riduce l’io-corpo-personaggio karmico ad un drogato del senso del possesso, ad un illuso che scambia la lamina di rame luccicante per oro, la corda per un serpente: a credersi goccia quando è l’oceano stesso.

Tutto nella società umana fa vivere l’individuo in modo meccanico e automatico attraverso modelli ufficialmente riconosciuti che spingono gli enti a sviluppare ego spropositati (ingombranti). Il culto dell’ego instaurato è strettamente legato alla legge del mercato, sempre per rafforzare il senso del possesso ma anche l’apparire (invece dell’“essere”).

Ma cos’è l’ego?
È il “senso dell’io”, ovvero “ciò che fa l’io” (Ahamkara). Stiamo parlando di una delle quattro facoltà o funzioni della Mente, cioè dell’Organo interno (Antahkarana).

L’Antahkarana è costituito da:
1 Buddhi, Intelletto
2 Ahamkara, senso dell’io (e del mio), l’ego
3 Citta, memoria proiettiva
4 Manas, mente empirica selettiva

Come entra in funzione l’ego-Ahamkara?

Il Jiva, mediante il Manas, percepisce una sensazione, la Buddhi la determina, l’Ahamkara afferma risoluto: “sono io che percepisco”.

Buddhi è l’”intelletto superiore”, l’intuizione discriminante, intuizioni degli universali, intuizione superconscia. È la facoltà che viene da Prakrti. Forma la parte più sottile e più pura dell’Antahkarana e capta un riflesso della luce dell’Atman (Pura Coscienza). La Buddhi risvegliata estrinseca la facoltà di discernimento, di esercitare una scelta e di prendere decisioni. È il punto di espressione del Jiva.

Ahamkara è l’ego, il Principio del senso dell’io separativo.
L’Ahamkara è l’ego-corpo-personaggio karmico, è ciò che agisce, che sperimenta, che produce azioni armoniche o disarmoniche. È ciò che è trascinato dal Karma (dal frutto delle proprie azioni), sospinto dai Guna a fare esperienze.

Citta è la facoltà che dà forma alle idee e le associa tra loro. È anche il ricettacolo di tutti i ricordi e impressioni subconscie e di tutte le tendenze mentali.

Manas è quella parte della mente rivolta al mondo esterno, è la mente razionale-analitica. La Sadhana sul Manas prevede manasasuddhi, cioè la “purificazione della mente” attraverso la pratica di “catuhsadhana”, le “quattro virtù”:

1 compassione Karunya
2 empatia, amicizia Maitri
3 gioia Mudita
4 Indifferenza verso il Samsara Upeksa

L’ego, pervaso da convinzioni materialistiche, influenza negativamente sia il corpo fisico grossolano (Sthulasarira) sia il corpo sottile (Suksmasarira) e l’intero Sistema Aurico (Nadi, Cakra, Prana, Kundalini) compresa l’atmosfera ambientale dove vive sprigionando corrispondenti “pensieri-forma”.
Molti egocentrici mascherati da istanze spirituali riportano le conseguenze della loro ipocrisia, della loro gelosia, della loro invidia nell’Aura che riflette esattamente ciò che sono (per chi sa leggere-vedere): un’Aura poco estesa, poco chiara e nebulosa con problematiche nello scorrimento del flusso pranico (anche congestione Nadi-nervi).
Gli alimenti che nutrono il Sistema Sottile (pensieri, sensazioni, emozioni, sentimenti) sono responsabili, insieme all’immaginazione esercitata e alle paure vissute, delle varie indisposizioni, delle malattie, dei problemi di relazione, ecc.. Tutto ciò ha un effetto considerevole sulla “qualità” e sull’”ampiezza” dell’Aura. Le Aure piuttosto piccole rivelano una mancanza d’amore e di coraggio.
I pensieri e i sentimenti egoistici indeboliscono e riducono le dimensioni dell’Aura, la fanno contrarre; quelli altruistici l’aumentano e la potenziano. L’individuo egoico più indugia con l’identificazione coi prodotti egoici più si viene a creare un singolare indurimento del guscio aurico, incrementando risposte comportamentali e comunicazionali meccanicizzate e automatizzate.

Cosa necessita fare per questo problema chiamato “ego”?

Si consiglia la totale purificazione dell’ego (Ahamsphurana) perché venga riassorbito e risolto nell’Atman per ricreare lo stato naturale di Jnanin, cioè il “conoscitore”, colui che è pervenuto alla conoscenza ultima (Paravidya), divenendo Conoscenza-Coscienza-Consapevolezza.

Vivere l’illusione della separazione dal Divino è una folle eresia che rende orfani della felicità che spetta naturalmente agli esseri spirituali che non sono mai “caduti” o si devono ancora risvegliare dall’identificazione dal piano di esistenza dei prodotti egoici (Ahamkrtabhava).

L’essere spirituale se resta confinato nei limiti dell’ego non riuscirà a compiere se non soltanto una “consumazione dei giorni” (Aharjara), un semplice trascorrere del tempo illusorio mantenendolo nella catena inesorabile del Samsara.

Riducendo l’ego si dà spazio agli altri ottenendone equilibrio ed armonia nel mondo, per il buon vivere di tutti, per le possibilità di risveglio spirituale di tutti. Quando l’ego si riduce nel mondo si produce, tramite una visione ispirata dall’Alto, una nuova coscienza, una coscienza unitiva, di fratellanza, di giustizia, di pace, di non-violenza, di verità.
Ridurre l’ego fa strada alla possibilità del risveglio al Sé Sovrano.