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571. La Respirazione Yoga: il Prana di Vivekananda

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Secondo i filosofi indiani, l’universo è composto di due entità, una chiamata Akasa e l’altra Prana. Akasa è l’onnipresente esistenza che pervade tutto. Tutto ciò che ha forma, ogni cosa che è risultato di combinazioni, proviene dall’Akasa. È l’Akasa che diviene aria, che diviene i liquidi e i solidi, è l’Akasa che diviene il sole, la terra, la luna, le stelle, le comete; è l’Akasa che forma il corpo umano, i corpi degli animali, le piante, ogni forma che vediamo, tutto ciò che cade sotto i nostri sensi, tutto ciò che esiste. L’Akasa non può essere percepito perché è così sottile che va al di là di ogni ordinaria percezione; lo si può soltanto vedere quando si condensa e prende una forma. Alle origini della creazione esiste solo l’Akasa; alla fine di un ciclo di creazione, i solidi, i liquidi e i gas si fondono tutti di nuovo nell’Akasa, e la successiva creazione deriverà ugualmente dall’Akasa.

Qual è l’energia che crea da quest’Akasa l’universo? L’energia del Prana. Così come l’Akasa è la sostanza infinita, la materia onnipresente di questo universo, così il Prana è l’infinita e onnipresente potenza di manifestazione dell’universo. Al principio e alla fine di ogni ciclo di creazione tutti gli oggetti tangibili si risolvono in Akasa, e tutte le forze dell’universo si risolvono di nuovo in Prana. In ogni ciclo di creazione tutto ciò che noi chiamiamo energia e forza proviene dal Prana. È il Prana che si manifesta nelle azioni del corpo, nelle correnti nervose, come forza del pensiero. Da pensiero sino all’energia fisica, tutto non è altro che manifestazione di Prana. La somma totale di tutte le forze, mentali e fisiche che esistono nell’universo, quando si risolvono nel loro stato d’origine, è detta Prana. “Quando non vi era nulla di creato, quando le tenebre coprivano le tenebre, che cosa esisteva allora? Esisteva l’Akasa senza moto”. Il moto fisico del Prana era cessato allora, ma il Prana continuava ad esistere. Alla fine di un ciclo di creazione, le energie che si erano manifestate nell’universo si tacciono e diventano potenziali. All’inizio di un nuovo ciclo esse si risvegliano, agiscono sull’Akasa e da esso producono le innumerevoli forme che poi si evolvono. Nella stessa misura che cambia l’Akasa, anche il Prana cambia e si trasforma in tutte queste manifestazioni di energia. Ciò che in realtà si intende per Pranayama è la conoscenza e il controllo di questo Prana.

Il Pranayama ci può quindi aprire la porta a una potenza quasi illimitata. Un uomo che comprendesse perfettamente il Prana e lo sapesse dominare, diverrebbe onnipotente. Sarebbe capace di rimuovere dal loro posto il sole e le stelle, di controllare tutto nell’universo, dagli atomi ai più grandi astri. Questo è il fine e lo scopo del Pranayama. Allorché lo Yogi sarà perfetto, nulla nella natura si sottrarrà al suo controllo. Se ordinerà agli dèi e alle anime dei morti di venire da lui, essi gli ubbidiranno: e così pure gli ubbidiranno tutte le forze della natura. Quando un profano vede adempiersi questi poteri di uno Yogi, li chiama miracoli.

Una particolarità della mente indù è la tendenza a ricercare sempre per prima cosa la più vasta generalizzazione, lasciando a più tardi i dettagli. I Veda pongono la questione in questi termini: “Quale è quella cosa conoscendo la quale potremo conoscere tutto?”. Tutti i libri che i filosofi hanno scritto hanno avuto lo scopo di svelare questa “cosa”, la cui conoscenza ci conferirebbe l’onniscienza. Colui che si proponesse di conoscere questo universo, oggetto per oggetto, sarebbe costretto a studiare uno per uno ogni granello di sabbia, cosa che richiederebbe un tempo infinito, senza tuttavia poter mai raggiungere il risultato sperato. Come è allora possibile raggiungere la conoscenza? Come potrà un uomo conoscere tutto partendo dallo studio del particolare? Lo Yogi asserisce che dietro ogni manifestazione particolare c’è una generalità: dietro tutte le idee particolari vi è un principio universale e astratto. Afferrarlo significa afferrare ogni altra cosa. Allo steso modo come, per i Veda, l’intero universo si generalizza in una Esistenza Assoluta Unica, e chi afferra questa Esistenza afferra l’intero universo, così tutte le forze ed energie hanno il loro comune denominatore nel Prana; e chi afferra il Prana, afferra tutte le forze ed energie fisiche e mentali dell’universo. Colui che è riuscito a controllare il Prana controlla anche la sua propria mente e tutte le menti esistenti. Chi sa controllare il Prana controlla anche il proprio corpo e tutti gli altri corpi esistenti, perché il Prana è la sorgente di ogni energia da dove essi si alimentano e si formano.

L’unico soggetto dello studio del Pranayama è il metodo di controllo del Prana: tutti i suoi esercizi, pratiche e allenamento non hanno altro scopo. Ciascuno deve cominciare a progredire procedendo dallo stato in cui si trova: quindi deve imparare per prima cosa a controllare ciò che gli è più vicino. Il nostro corpo ci è molto vicino, più vicino di ogni altra cosa del mondo esterno, e la mente ci è ancora più vicina del corpo. Ma il Prana che anima il nostro corpo e la nostra mente è più vicino a noi di ogni altra cosa, perché esso è parte del Prana che muove l’universo. Nell’infinito oceano del Prana questa piccola onda di Prana che rappresenta le nostre energie fisiche e mentali è la più prossima a noi. E solamente se possiamo giungere a controllare questa piccola onda del nostro Prana noi potremo sperare di controllare l’intero Prana dell’universo. Lo Yogi che perviene a questo , raggiunge la perfezione; egli non è più sottomesso ad alcun’altra forza. Diviene pressoché onnipotente e onnisciente.

Swami Vivekananda

 

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