gototopgototop
Registrazione

Centro Paradesha

SEI QUI: Home / Articoli / 858. Lavoro: il diritto rubato e canzonato
A+ R A-

858. Lavoro: il diritto rubato e canzonato

E-mail Stampa PDF

Da oltre vent’anni, con tutti i governi che si sono succeduti, di destra, di centro e di sinistra, il Lavoro si è volatizzato, piano piano, rubando ai giovani ogni possibile futuro dignitoso. La cultura dell’egoismo diffusa sotto mentite spoglie, facilitata dal potere per convenienza, ha oscurato gli intelletti e inaridito i cuori dei più.
I cittadini, in Italia, sono stati ingannati e traditi nonostante i nobili Articoli della Costituzione della Repubblica: chi doveva vigilare non ha vigilato, ha fatto finta di non vedere, di non capire; chi doveva attuare e applicare il contenuto e i principi degli Articoli è venuto meno al proprio dovere e nessun servo dello Stato si è sentito toccato da una così grande responsabilità. Ha prevalso l’egoistica irresponsabilità e gli interessi di parte.
La Costituzione italiana dice che la nostra Repubblica è “fondata sul lavoro”, ma il lavoro manca, non viene creato e tale fatto rappresenta il problema più grave per tutti gli italiani.
Il primo Articolo della Costituzione recita “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Chi ha rispettato, attuato e applicato tale forte affermazione della Costituzione? Gli italiani hanno visto seguire una direzione del tutto contraria. 
Oltre vent’anni di governi egoisti, bugiardi, ingannevoli e asserviti alla finanza sovranazionale e al potere dei Mercati. Si è assistito ad una graduale sottrazione di sovranità al popolo italiano.

Anche l’Articolo 23 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani recita: “Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia un’esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, ad altri mezzi di protezione sociale. Ogni individuo ha il diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi”.

Allo stato attuale, in Italia, nonostante gli ultimi cinque anni di governo (illegittimo), dalla maschera di una sinistra impropria, governo che avrebbe dovuto migliorare la condizione del mondo del Lavoro come annunciato con gli spot politici fino all’esasperazione, gli italiani hanno visto sottrarre l’Articolo 18, imporre, senza consenso popolare, il Jobs Act, aumentare-avanzare i “precari” e arretrare ancora di più i “contratti a tempo indeterminato” promessi. 
Nel primo trimestre 2018 è aumentato il tasso di disoccupazione. Ciò che sono cresciuti, anche se di poco, sono i “contratti a termine”; (sia per i giovani sia per la fascia quarantenni-ultracinquantenni); a diminuire sempre di più i “contratti a tempo indeterminato” (almeno -52.000 unità) promessi. Anche i lavori indipendenti sono diminuiti (almeno -186.000). I rapporti interinali durano 1 mese nel 76% dei casi; 2 giorni nel 32% dei casi. Renzi-Pd, una volta fatto il Jobs Act, ha cominciato a farlo spiegare a pagamento (con corsi di formazione da 2.300 euro ad Azienda – Iva esclusa –) ad ex ministri ed onorevoli, quelli degni di far parte della Fondazione Eyu (di cui è presidente il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi). Finora a guadagnare sul Jobs Act non sono stati coloro che avrebbero dovuto usufruire dei suoi effetti benefici ma coloro che lo hanno imposto e senza consenso. La Fondazione Eyu ha ricevuto, dalla Company italiana della Coca Cola (dopo la visita di Renzi-Pd-governo nel giugno 2016), 25 mila euro in qualità di “partner tecnico” per la valutazione di 10 progetti di “inclusione sociale” (il pretesto). La Fondazione Eyu riceve anche 150 mila euro da Luca Parnasi, il costruttore trasversale tra Pd, Forza Italia e M5S, portato agli arresti nell’inchiesta sullo stadio della Roma. Nel 2016 la Fondazione riceve, a vario titolo, circa 400 mila euro, tra i quali 50 mila euro versati da Manutencoop. Nel 2017, mentre i disoccupati continuano a restare disoccupati, grazie al Jobs Act fallimentare, la Fondazione Eyu raccoglie 520 mila euro da erogazioni liberali e 320 mila euro quali ricavi da studi commissionati ed eventi. La Fondazione Open del cerchio magico è stata chiusa, il Pd è in rosso con i suoi 174 dipendenti in cassa integrazione, dal primo settembre 2017 (del tutto ignorati da Renzi e dal partito), mentre la Fondazione Eyu, che gode ottima salute economica, sembra assumere le vesti di una lanterna che illumina la strada verso un non ancora visibile “progetto” (per il bene di chi?).

Ciò che non viene menzionato a sufficienza, nella discussione politica, è un fatto molto grave, un segno inquietante di un nascosto degrado della democrazia: le tutele dei lavoratori.
Si sono ridotte, quasi a sparire, le tutele scritte dei dipendenti, ma quasi sparite del tutto nella forma mentis dei lavoratori stessi (vessati, pressati, minacciati, ricattati, schiavizzati, ecc.), cioè nella cultura del lavoro dominante: i giovani non sanno nemmeno di aver diritto a dei “diritti sul Lavoro”; una cultura distrutta volutamente per far gioco a tutte le forme di lavoro che imprigionano i giovani come, ad esempio, i “Rider” (studenti, disoccupati e sotto-occupati, i fattorini del cibo per 10 euro al giorno e tanto rischio) o i lavori “a chiamata”, per uno, due, tre giorni, massimo una settimana, o addirittura per qualche ora.
Come si può permettere, in una cosiddetta società democratica, che esista una realtà come quella dei “Rider” che sono costretti ad usare come mezzo di lavoro una bici, un motorino o la propria auto? Costretti ad un cottimo di 1,2 euro per ogni consegna, da aggiungersi al minimo orario di 5,60 euro. Come si fa a lasciare questa fascia di persone ad un trattamento così schiavizzante, immorale, da medioevo? Qualche articolo sui giornali, qualche parola in tv, qualche finzione politica con la smorfia facciale d’occasione ma niente di più. Nessun vero azionamento, nessuna visione risolutiva dignitosa. Finte intenzioni, finti passi avanti, finte elaborazioni di decreti bloccate subito dopo averle annunciate: un vero, invece, nulla di fatto.
Cosa dice il buon senso? Dice che chi vuole offrire questo servizio che ha reputato redditizio, altrimenti non l’avrebbe scelto, e vuole farlo tramite la manodopera necessaria, quella dei giovani che scorribandano lungo le strade per le consegne, li deve trattare da persone aventi diritti e non da schiavi, li deve retribuire dignitosamente (deve essere un lavoro redditizio anche per loro) e dare loro tutele e assicurazione, anch’essa dignitosa, sui rischi che corrono durante le consegne.
L’interessamento dell’attuale governo speriamo sortisca dignità morale e dignità economica per questo popolo di giovani ingiustamente sfruttati. Comprese le promesse spese, speriamo senza inganno, di Deliveroo (che in realtà già pensa di lasciare l’Italia nel caso di un intervento governativo).
È da precisare anche che questi giovani vengono ancora pagati in voucher: il governo illegittimo della finta sinistra, che ha governato per cinque anni, dopo il gioco di prestidigitazione politica, cioè “voucher no, voucher si, voucher no” i voucher li ha invece mantenuti.
Un sistema di pagamento che offende la dignità delle persone: chi ha sfornato tale sistema non accetterebbe mai di essere pagato in questo modo.

Le tutele, comunque, si sono ridotte inverosimilmente in tutto il mondo del Lavoro e dovrebbe essere un fatto inquietante per tutti perché segnale di un profilo di società emergente preoccupante: si sta caratterizzando una piattaforma sociale per un nuovo e oscuro medioevo.
Tutele ridotte anche nelle grandi aziende come Tim (Telecom Italia), come Amazon, ecc.. Le vedono ridotte anche i dipendenti delle piccole realtà lavorative, compresi i commessi nei negozi, che il più delle volte sono tenuti in nero o a formula mista (metà dichiarata e metà in nero), cioè assunti in part time (tempo parziale) e invece fanno full time (tempo pieno). I giovani, costretti a lavorare in tali condizioni e in tale clima, accumulano stress da minaccia e ricatto (sferrati dai datori di lavoro o da chi li rappresenta): gravissima situazione inammissibile, inaccettabile, da rettificare assolutamente. Situazione vissuta ma non dimostrabile e per questo frustrante, cosa che incrementa lo stress. Nessuno si chiede perché di notte tanti giovani ubriachi, strafatti di droghe varie o imbottiti di psicofarmaci girovagano per le città provocando, loro malgrado, spiacevoli incidenti. Un problema sociale in crescita.

Quella di far crescere le giovani generazioni nella più totale assenza dei diritti fondamentali (l’assenza di lavoro ne è un forte esempio) è stata una vera e propria strategia: una operazione culturale occulta per destrutturare il modello mentale formatosi, per più di un secolo, attraverso il riconoscimento conquistato dei “Diritti dell’Uomo”.  Un tempo (anni ’60, ’70 e ’80 e primi anni ‘90) i diritti erano la normalità, facevano parte di una piena consapevolezza culturale che determinava la natura delle relazioni e l’instaurazione dei rapporti umani. Una normalità fatta eclissare mediante la complicità dei media asserviti. Nell’oggi quando parli ai giovani di diritti naturali per nascita vedi nei loro occhi una totale incomprensione di quanto si cerca di trasmettere. Sembra quasi difficile ormai poter dire “… c’erano una volta i diritti e i valori universali fondamentali …”.
La consapevolezza dei diritti, specie sul Lavoro e sul reddito dignitoso, è un ostacolo alla dittatura mondiale che vogliono instaurare, testandola attraverso esperimenti sociali con le popolazioni dei Paesi costituenti l’Unione Europea. Significa che esiste un piano occulto che vuole utilizzare la destrutturazione culturale dei Diritti, delle Libertà e del Lavoro, per rafforzare il potere esercitato dall’alto (Oligarchia finanziaria, i Mercati, i poteri occulti, ecc.) e diminuire il controllo democratico dal basso, senza più il sostegno di una affidabile distribuzione delle notizie (da parte dei media assoldati), a livello locale, nazionale e internazionale.

Se l’attuale governo fosse davvero il “governo del cambiamento”, come dicono, riprenderebbe subito la ricostruzione di una trama culturale, tutta italiana, riguardo ai diritti e valori universali che hanno insegnato al mondo e sono stati guida. Servono “possibilità” da costruire, non parole vane né intrighi e ulteriori trame occulte. Niente spot a vanvera ma solidi fatti per la realtà concreta di tutti i cittadini italiani secondo le condizioni in cui si trovano.
Se questo fosse davvero un “governo del cambiamento” metterebbe mano sulla sovranità monetaria nazionale invece di continuare a lasciarla in mano alla convenienza di banchieri privati stranieri e non responsabili in quanto seguono la scia delle grandi lobbies. Dovrebbe rettificare le ricadute devastanti derivate dal cattivo uso della sovranità monetaria. Una cattiva gestione della sovranità monetaria si può correggere cambiando la direzione dell’azionamento che c’è stato finora. Qualsiasi cosa sbagliata si può correggere e cambiare il corso delle cose.

Invece abbiamo sentito dire, in questi giorni, da chi ha recitato, anche maldestramente, in campagna elettorale un grande senso di responsabilità verso il Paese e verso i cittadini italiani, per proporsi nuovamente a guida della nazione, parole rivelatrici della grande menzogna taciuta: il tentato accaparramento del potere non era finalizzato al bene da recuperare per il popolo italiano ma per il suo proprio bene (la protezione delle proprie aziende e magari il loro ulteriore sviluppo mediante l’abuso di potere come fatto in passato). Parole (“È la conferma che questo governo non è un governo amico”) che sanno di conflitto d’interesse sfacciato, parole di chi pensa di essere e di rappresentare “il ritorno del Principe”, cercando di ingannare ancora una volta il popolo e trasformarlo in corte funzionale ai suoi interessi. Stiamo parlando del fatto che, con l’attuale governo Di Maio-Salvini-Conte, la delega sulle telecomunicazioni è andata a M5S, cosa che ha preoccupato e scatenato il decadente Silvio Berlusconi, gridando un “allarme Tv”, fino al punto da indurlo ad una specie di consiglio di guerra a pranzo con i figli e le aziende. Costui è colui che ha governato in Italia con più governi, salvando e facendo crescere le proprie aziende e salvando stesso da molti processi a suo carico, ma senza mai risolvere i problemi degli italiani. Un intenzionato (un condannato per frode fiscale per non aver pagato quanto dovuto allo Stato, come fanno tutti i cittadini onesti) a guidare il Paese che si preoccupa solo di ciò che sono le sue proprietà da salvaguardare (le sue aziende, motivo di conflitto d’interessi mai risolto, dal 1994 ad oggi, da nessun governo perché suoi “governi amici”).

Il principio di uguaglianza è il principio politico dal quale, direttamente o indirettamente, sono derivabili tutti gli altri principi e valori politici. Esso equivale all’uguale valore associato a tutte le differenze di identità e al disvalore associato alle disuguaglianze nelle condizioni materiali di vita; si identifica con l’universalismo dei diritti fondamentali, siano essi politici o civili o di libertà o sociali; è il principio costitutivo delle forme e, insieme, della sostanza della democrazia; forma la base della dignità delle persone solo perché “persone”; è la principale garanzia del multiculturalismo e della laicità del diritto e delle istituzioni pubbliche; rappresenta il fondamento e la condizione della pace; è alla base della sovranità popolare; è perfino un fattore indispensabile di uno sviluppo economico equilibrato ed ecologicamente sostenibile; forma infine il presupposto della solidarietà ed è perciò il termine di mediazione tra le tre classiche parole della rivoluzione francese”.

Luigi Ferrajoli

Un vero “governo del cambiamento” può attuare e applicare la Carta costituzionale in qualità di luminoso “Cartello”, perché non contraddica più quanto avviene nella vita reale del Paese: la Costituzione riconosce la sovranità al popolo, il primato del lavoro sul capitale finanziario, tutela il lavoro, il risparmio, promuove l’eguaglianza. Basta applicarla per risolvere molti problemi del Paese. CHE CAMBIAMENTO SIA, MA IN MEGLIO.

 

Centri Consigliati

centri consigliati

Libri consigliati

Libri consigliati

Riviste consigliate

Riviste consigliate

Link consigliati

Link consigliati