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872. L’Italia che crolla: simbolo della corruzione raggiunta

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Quando “qualcuno” non rischia nemmeno 1 euro nel fare “qualcosa” dove ci guadagna soltanto, non si può dire che questo “qualcuno” stia facendo “Imprenditoria”.
Quando “qualcuno” invece di rispettare il mandato ricevuto dai cittadini si dedica a servire coloro che si credono i “padroni del mondo” non si può dire che questo “qualcuno” stia facendo “politica” (Polis).
È proprio il caso, di questi ultimi giorni di agosto 2018, venuto alla luce con la tragedia della caduta del ponte di Genova: il caso “Autostrade per l’Italia”.
È venuto alla luce che quanto fatto da “Autostrade per l’Italia”, negli ultimi 25 anni, non è parte della storia economica sana dell’Italia e nemmeno una vera storia imprenditoriale.
Siamo, invece, di fronte ad una indegna “azione predatoria” dai complici importanti: un’azione consentita dalla politica, favorita da certi faccendieri senza scrupoli e da irresponsabili delle Istituzioni: è stato permesso un ladrocinio nei confronti del Paese e degli italiani. Perché e per quali fini?
Siamo di fronte ad una classe dirigente che si assicura privilegi e guadagni a discapito dei cittadini-contribuenti, fino a permettere morti senza fine con terremoti, alluvioni, caduta ponti o argini o alberi che uccidono e aperture di voragini nelle città: una classe dirigente che dovrebbe, una volta per tutte, pagare a caro prezzo le conseguenze dei propri atti illeciti e criminali.
Un numero ristretto di uomini, rispetto alla maggioranza dei cittadini, sono i responsabili di buona parte dei danni che molti eventi naturali hanno provocato, i più per incuria degli uomini deputati a prevenire, controllare, vigilare, fare manutenzione ordinaria e straordinaria.

Una parte di questa vergognosa storia inizia negli anni Ottanta per proseguire silenziosamente nel 1998 sotto un governo di sinistra.
Le privatizzazioni dello Stato, ordinate da un direttorio sovranazionale (espressosi sul Britannia nel giugno 1992) agli uomini traditori della politica italiana, prendono corpo nel 1999 con la “privatizzazione delle Autostrade” facendo incassare all’Iri, ovvero allo Stato italiano, 7 miliardi di vecchie lire.

In queste operazioni occulte ci sono sempre pronti dei soggetti “specchio per le allodole”: uno di questi è il profittatore cambia casacca della famiglia Benetton (protesi sempre a sostenere i progressisti nel 2010 curano la campagna elettorale di Zaia-Lega) che rileva la quota di controllo delle Autostrade di Stato, senza fatica e senza costi ma tutto guadagnando. Ecco perché diciamo che questa non è “Imprenditoria”: questa è peggio delle operazioni svolte dalla mafia che almeno rischia sempre qualcosa.
La famiglia Benetton è una famiglia cresciuta con speculazioni immobiliari a Venezia e importanti successi nello sport: tutti lo sanno ma non si dice.

Le autostrade sono state costruite con fondi pubblici e tutti i governi, da sinistra a destra, hanno consegnato in mano ai Benetton la più grande rendita pubblica. Perché? Un motivo ci sarà pure, anche se occulto.
Nel 2002 i Benetton salgono dal 30 al 60% indebitandosi per 7 miliardi ma risolvono subito e facilmente: scaricano sulla società il debito fondendo il veicolo finanziario con Autostrade e l’operazione così non gli costa neanche 1 euro. Loro sono bravi, più furbi degli altri: sanno comportarsi come quelli che credono di essere “i padroni del mondo”. Guadagnano sempre e non perdono mai.

Con il disastro di Genova “Atlantia”, cioè il gruppo che contiene Autostrade, è sceso in borsa del 22% ma vale ancora 15 miliardi, praticamente il doppio di quello che lo Stato ha incassato a suo tempo con la privatizzazione.
Le Autostrade hanno foraggiato i politici per molti anni e così i media asserviti non hanno mai evidenziato quanto avrebbero dovuto per servizio pubblico ai cittadini.
La famiglia Benetton travestita da progressisti, pensando di nascondere la loro vera natura di capitalisti, saprofiti e predatori, ha sparso sui vari media uomini che li rappresenta inscenando, di tanto in tanto, a seconda dei vari casi, forme apparenti di denunce contro lo strapotere delle lobby: un furbesco azionamento per nascondere le trame occulte a cui partecipano prendendo senza mai dare nulla e senza rischiare nulla. I Benetton riescono ad ottenere sempre rincari sui pedaggi e leggi su misura senza alcuna protesta.

Di seguito una galleria di personaggi indegni: Romano Prodi, in veste di presidente dell’Iri (la cassaforte pubblica delle partecipazioni industriali) costruisce le basi per le privatizzazioni nel 1983. Nel suo governo del 1996 innesca la procedura per cedere una quota di Autostrade per l’Italia (era tutta dello Stato). Nel 1997 viene prorogata la concessione ad Autostrade dal 2018 al 2038. Perché tanta solerzia? Qual è il suo vero significato? La contestazione su tale operato arriva da Corte dei Conti e dall’Unione Europea ma viene inascoltata; Gian Maria Gros Pietro (prodiano) è presidente dell’Iri mentre Autostrade viene privatizzata per occuparne, subito dopo, la presidenza. Gros Pietro cede, il 26 ottobre 1999 il 30% di Autostrade a Edizione Holding della famiglia Benetton. Nel 2002 i Benetton nominano Gros Pietro quale nuovo presidente di Autostrade al posto del massone Giancarlo Elia Valori; Pietro Lunardi, imprenditore e costruttore di grandi opere, ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture del governo Berlusconi nel 2002 (viene aggiornato il piano finanziario con un “atto aggiuntivo” che favorisce sempre Autostrade, piano delle tariffe per gli anni 2003-2007). I politici sapevano che i Benetton stavano per rilevare, tramite la società Schemaventotto, un’altra quota di Autostrade scaricando sull’azienda i 7 miliardi di euro di debito?; Pietro Ciucci, è stato nel comitato esecutivo di Autostrade alla fine degli anni Ottanta. Nel 1999 direttore generale dell’Iri. Successivamente ad della società per costruire il fantomatico ponte sullo stretto di Messina (Garibaldi ancora ride nella tomba) e nel 2006, con Prodi al governo, guida l’Anas (la società che stipula le concessioni); Antonio Di Pietro, è ministro dei Lavori pubblici nel secondo governo Prodi: l’unico che si piazza contro i Benetton congelando le tariffe e cercando di ottenere una revisione della convenzione stipulata tra Anas e Autostrade durante la privatizzazione. Blocca la fusione tra Autostrade e la Abertis (spagnola). Nel 2016 diventa presidente della Pedemontana Lombarda, un concessionario autostrade, non legata ai Benetton; Silvio Berlusconi è autore, nel suo governo 2008, di un decreto che verrà chiamato “salva Benetton” (adeguamento automatico delle tariffe pari al 70% dell’inflazione reale, ma l’agevolazione favorirà molto di più), votato allora anche da Matteo Salvini; Corrado Passera, ministro dello sviluppo del governo Monti nel 2011, si oppone al blocco delle tariffe voluto da Monti; Enrico Letta, nel suo governo 2013, favorisce sfacciatamente i Benetton che gli hanno sempre sponsorizzato la sua associazione VeDrò (tra i fondatori c’è il dirigente di Autostrade Francesco Delzio). Letta mette anche un altro dirigente di Autostrade a fare il sottosegretario al Turismo (Simonetta Giordani) nel suo governo. Letta viene nominato nel 2016, con decorrenza aprile 2017, nel cda di Autostrade; Maurizio Lupi (quello dell’orologio al figlio) è ministro nel governo Letta e a fine 2013 aumenta le tariffe che provocano contestazioni finendo per fare uno sconto (da mercato) del 20% per coloro che avrebbero utilizzato il sistema Telepass (sempre proprietà e guadagno dei Benetton). Una fissazione; Matteo Renzi introduce una norma, nel suo governo, che viene criticata da Anac e Antitrust (una proroga automatica per le concessioni che vengono accorpate dai concessionari, dove sono previsti incentivi per i privati che costruiscono e si rifanno con i pedaggi (comunque è sempre lo Stato a pagare e i cittadini a rimetterci). La norma con la contestazione si decolora alla maniera renziana per confondere e viene messa Simonetta Giordani (sempre quella di Letta) nel cda delle Ferrovie, una promettente promotrice del think tank renziano Volta; Graziano Del Rio, ministro nei governi Renzi e Gentiloni, favorisce molto bene la lobby autostrade prorogando dal 2038 al 2042 la scadenza della concessione di Autostrade per l’Italia, con il pretesto della costruzione della “Gronda” di Genova. Fa l’annunciazione alla Renzi, sull’operazione trasparenza, ma è un’annunciazione bugiarda, perché gli allegati finanziari, che dovrebbero essere resi pubblici sul sito ministeriale, restano secretati ma vengono mostrati documenti che nulla hanno a che fare con l’operazione trasparenza.

Il Pd, non ripresosi ancora dalla disfatta non metabolizzata, guarda alla questione Autostrade-Benetton con tutta la mediocrità e l’incompiutezza intellettuale che ormai lo contraddistingue. Solo un balbettare iroso, lontano dall’essenza della politica vera (di governo o d’opposizione). Basta vedere e ascoltare la Debora Serracchiani e Matteo Orfini che guardano, in malafede, solo con un occhio aperto e l’altro chiuso, cioè vedono soltanto Matteo Salvini nel 2008 che vota anche lui il “salva Benetton”: non vedono, ad esempio, Romano Prodi cosa ha concesso nel 1997; non vedono il prodiano Gian Maria Gros Pietro che cede, il 26 ottobre 1999 il 30% di Autostrade a Edizione Holding dei Benetton; non vedono Enrico Letta nel 2013 che favorisce spudoratamente i Benetton che gli sponsorizzano la sua associazione VeDrò; per non parlare Matteo Renzi e Graziano Del Rio (vedere sopra). Gli occhi, per onestà intellettuale e amore della verità, bisogna aprirli entrambi.

Poi dicono che l’Italia occulta non esiste, che è un’invenzione di coloro che vengono chiamati complottisti. Eppure i morti per strage ci sono stati, sono veri come vere sono le grida delle famiglie delle vittime che ancora chiedono giustizia, dopo dieci, venti o trenta anni. Non si può dimenticare il terremoto dell’Aquila con i suoi drammi (e le menzogne di Berlusconi), di Amatrice (con le menzogne di Renzi) e dintorni di soli due anni fa, di Ischia (21 agosto 2017, ancora in attesa per la ricostruzione, con il peso di 2 morti, 42 feriti e 2405 sfollati e 640 abitazioni inagibili) che non hanno ricevuto né giustizia né le case: nessun responsabile paga mai davvero. Nessuno chiede a Renzi del famoso “dipartimento Casa Italia” che è servito come sfruttamento dell’onda emotiva ai fini del suo consenso, un dipartimento che doveva essere guidato dall’ex rettore del Politecnico di Milano Giovanni Azzone. Un nulla di fatto. Il piano a lungo termine per la prevenzione e la messa in sicurezza del territorio non è mai partito: è uno scatolone vuoto senza soldi e senza idee, un piano fantasma che costa agli italiani all’incirca 720mila euro l’anno (ne sono trascorsi due di anni), per uno staff acquisito da Palazzo Chigi che non ha fatto assolutamente nulla. Eppure 9 persone di questo staff guadagnano, senza far nulla, 60mila euro l’anno; altri ne guadagnano 45mila euro l’anno. Questa certamente non è Polis.

E ora le grida delle famiglie delle vittime di Genova da un lato e dall’altro le facce e le parole arroganti dei responsabili di Autostrade che non piegano la testa. Un imprenditoria che di fronte al sangue fresco delle vittime risponde a poco dal disastro: “Da noi costante attività di osservazione e vigilanza, non ci risulta fosse in pericolo”. Osservato e vigilato? Ma il ponte è crollato. Parole irrazionali irresponsabili da chi dovrebbe fornire solo dati scientifici certi lontani dalla fatalità. Il guadagno sui pedaggi che non hanno interrotto subito dopo il crollo (ma solo dopo le grida di contestazione) sono più che concreti, sono tracciabili e sommabili, non hanno nulla di irrazionale e di fatale. L’arte delle bugie che coprono, che confondono sono in scena in tutte le loro dichiarazioni pubbliche, con le loro impeccabili facce di bronzo. Questa Imprenditoria è quella delle responsabilità mancate, di chi non ha fatto il proprio dovere, un dovere che avrebbe evitato le tante vittime.
Come si fa ai funerali delle vittime, con i familiari disperati nel dolore a dire: “Non è colpa nostra e non sappiamo il perché del crollo. Ma state tranquilli”. Ma tranquilli di cosa?
Tranquilli e felici sono i Benetton che a 24 ore dal crollo, mentre si cercavano le vittime disperse, non rinunciano ad una festa per 90 persone nella loro villa a Cortina. La vita, si sa, continua: si può festeggiare. Sono presenti alla festa familiari e amici imprenditori (trevisani). Una festa giustificata come un incontro per commemorare il ricordo di Carlo Benetton e di Fioravanti Bertagnin, il marito di Giuliana Benetton. I padroni del mondo hanno sentimenti diversi dai poveri mortali: percepiscono altre grandezze, altri valori.

Si procede per disastro ambientale e omicidio colposo plurimo a carico di ignoti, come in molte altre occasioni che non hanno mai visto un colpevole in galera. Perché di ignoti? Eppure si sa chi non ha vigilato o non lo ha fatto a dovere. Nessuno ha parlato del simbolico atto delle dimissioni e nessuno, infatti, si è dimesso.

È una evidenza anche per i bambini che Autostrade ha messo in piedi un team per sferrare una difesa credibile, capace di influenzare l’opinione pubblica, una resistenza alle contestazioni generali: una sfilza di edifici di parole inflazionate e ridicole con un incognito venticello di fatalità. Le scuse solo per finta, senza alcun sentimento percepibile in quelle fredde parole pronunciate da facce inamovibili, con negli occhi una oscura luce da belva che al momento non può esprimere quello che è realmente. Abbiamo visto dei servi spietati difendere le iniquità del proprio padrone, un padrone ancora più crudele che festeggia in un momento che non c’è nulla da festeggiare, mentre in molti piangono. È la disumana indifferenza di chi crede di essere al di sopra della maggior parte delle persone, che considera trascurabili.

Perché si è arrivati a tanto, fino al crollo con morti (42) e feriti (16) e un immenso danno morale ed economico alla città di Genova?

Per l’egoismo, la brama e la crudeltà di certi uomini: imprenditori, politici, faccendieri, membri delle Istituzioni, tutti immorali irriducibili che servono stessi e coloro che si credono “i padroni del mondo”.

L’Imprenditoria che vede solo gli interessi-pretese del privato che prevalgono sull’interesse del pubblico non è Imprenditoria.

Noi continuiamo a scrivere perché siamo fiduciosi che i cittadini siano pronti, nonostante tutto, a proporsi come interpreti consapevoli del proprio tempo, reagendo al degrado e alla corruzione diffusa, richiamandosi ad un più elevato ed autentico umano.
Perché in una realtà storica non si dovrebbe realizzare una società umana migliore, più illuminata e felice?

 

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