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992. Il senso della Vita: comprendere i varna, gli asrama e i purusartha

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“Il dev’essere conosciuto qui, in questa vita. Tal è la mèta. Come? Se il Sé è conosciuto qui, allora si è compresa la suprema verità e il fine dell’esistenza è raggiunto; tal è l’intento. Se il Sé non è conosciuto, la vita non ha senso. Ci saranno allora continui conflitti nel ciclo incessante delle nascite e delle morti. È col proposito di porre fine a ciò che il Sé dev’essere conosciuto”.

Kena Upanisad vakya bhasya: II, 5

 

L’essere umano ordinario, comune, non risvegliato spiritualmente, è un ente che si sente incompleto, insoddisfatto, sempre irrequieto nel corpo e nella mente, sempre alla ricerca di una motivazione. Sente il bisogno di una motivazione altrimenti si sente bloccato in uno stato di inerzia. Salta da una ricerca all’altra perché non trova mai la motivazione giusta per sé. La stessa società umana in cui vive è basata, incentrata sulla motivazione degli individui: in famiglia, tra gli amici, al lavoro, ecc.. I Media spingono a continui indirizzi motivazionali, sotto molte forme: motivare e motivarsi è il credo diffuso, che significa correre senza mai fermarsi perché bisogna produrre, fare profitto.
La motivazione non può essere né imposta né autoimposta: c’è o non c’è. Quando ci si innamora di qualcuno semplicemente accade: nessuno si impone di innamorarsi. Altrimenti è altra cosa: compromesso, inganno, ecc..
La scelta per perseguire una via spirituale è una questione di innamoramento, inspiegabile ma che assume la configurazione di uno scopo, lo scopo fondamentale dell’esistenza.
Solo con l’innamoramento per la Verità molte intuizioni, che destano gradualmente dal sonno della coscienza, sono possibili aprendo lo sguardo nella direzione in cui si esprime l’ordine cosmico (rta). L’innamorato-ricercatore scopre come in realtà tutto è armonia, come la vita universale esprime l’unità principiale. Scopre, con l’innocente senso della meraviglia dell’innamorato, come ogni ente ha un ruolo, un suo senso e uno scopo nella grande realtà-campo universale.
Ogni ente individuale è in comunicazione con la divinità: ogni essere umano è parte della realtà universale, non può esistere senza controparte divina.
Lo scopo della vita è conformarsi all’ordine universale e ciò vale per ogni ente individuale. La vita umana è solo una tappa sulla via del ritorno all’Assoluto: la nascita, la crescita e la morte fanno parte dell’esperienza scelta dall’anima all’atto dell’incarnazione. Ogni ente ha un suo scopo e la responsabilità verso di esso.
Il senso e compito ultimo di tutti gli enti nella vita umana è quello di risvegliarsi alla coscienza universale partecipando attraverso una azione non egocentrica. Il dovere-dharma è ciò a cui ogni ente deve uniformarsi secondo la propria maturità.
Solo chi comincia a risvegliarsi è in grado di comprendere davvero ciò che fa parte delle importanti conoscenze per la spiritualità: chi non è ancora risvegliato fa rientrare nell’ambito dello spirituale molte cose che invece non lo sono perché appartenenti ad un ordine solamente temporale e umano. Molti di coloro che sostengono di aver intrapreso una via spirituale, addirittura un sentiero esoterico-iniziatico, dimostrano da sé stessi, con le parole espresse, con le risposte comportamentali e comunicazionali di avere le idee molto confuse, ad esempio, sulla Metafisica, il fondamento della ricerca, su “ciò che è” e su “ciò che non è”.
La Metafisica è ciò che trascende il fisico grossolano, il piano sottile e l’informale principiale. Tutto ciò che avviene nel piano sottile, anche con un riflesso fenomenico speciale nel grossolano, non può essere chiamato sovrannaturale perché rientra in ciò che è del tutto “naturale”. La Metafisica riguarda il Brahman nirguna, il Turiya (il “Quarto” stato), il Trascendentale. Mancando la visione Metafisica, o la capacità per avere una visione Metafisica, la situazione resta critica. Inoltre, chi vuole accedere alla vera Conoscenza Metafisica deve trascendere il proprio stato individuato.
Il risveglio spirituale non è altro che la restaurazione dello “stato primordiale” nell’ordine fisico: la sua prima fase riguarda la fondamentale realizzazione (dei “piccoli misteri”) della perfezione dello stato umano e, in una seconda fase, la realizzazione degli “stati sovraumani” (i “grandi misteri”) nell’ordine metafisico. Queste due fasi possono contemplare l’esperienza di innumerevoli vite.

È lo schema universale dello Yoga-Vedanta che può aiutare colui che si appresta a vivere una scelta di tipo spirituale dell’esistenza.

Sono gli “Ordini sociali” (varna) e gli “Stadi di vita” (asrama) che possono aiutare l’ente a individuare la propria maturità, la propria posizione coscienziale. È importante comprendere, però, il vero senso degli ordini sociali e degli stadi di vita, che è quello di far corrispondere l’occupazione praticata nella vita alle “qualificazioni” dell’individuo e alla sua reale “posizione coscienziale” e non a vane interpretazioni arbitrarie in senso politico e socioculturali.
La storia ha insegnato come gli “Ordini sociali” siano stati usati, manipolati, sfruttati a fini politici e di potere e siano stati commessi gravi crimini contro l’umanità.
Il ricercatore spirituale deve guardare, invece, agli ordini sociali dal punto di vista dell’esercizio del dharma-dovere senza alcuna concezione di arbitrarietà umana o politica e neanche di dipendenza da eventi storici ed etnici.
Ogni essere umano ha il suo stato di coscienza che esprime mediante i guna, le qualità che lo contraddistinguono nell’esercizio del dharma-dovere.
Colui che ha maturato un certo grado di comprensione non può più guardare all’umanità e al mondo come prima e soprattutto proverà una grande attrazione verso quegli Insegnamenti, Conoscenze che si riferiscono alla Tradizione Primordiale (sanatanadharma).

Il mondo moderno è un mondo decaduto che raggiunge, dal punto di vista sociale, un’incredibile instabilità: confusione e disordine sono ovunque. Ciò è potuto accadere perché si è sviluppato un allontanamento dalla spiritualità primordiale, procedendo nella direzione del mutamento e della molteplicità (chiamando tutto questo “progresso”).

Considerando la società umana solo sotto l’aspetto temporale tutto è precipitato nell’inganno esercitato dalla dualità: tutto è frammentazione, contraddizione, opposizione così anche la visione unitaria è caduta (principio unico e supremo) nel gioco del potere spirituale (contemplazione, meditazione, conoscenza-coscienza) e del potere temporale (azione, forza, governo).

Lo schema universale degli “Ordini sociali” (i quattro varna) deve essere compreso secondo il punto di vista spirituale dove vengono raggruppate le varie tendenze psicologiche degli individui dell’umanità:

  • Brahmana – metafisica, pensiero, introspezione, conoscenza, coscienza, autorità spirituale: clero, sacerdoti, saggi, filosofi, contemplativi – (da qui coloro che sono in grado di trasmettere, a chi è in condizioni di riceverla, la Sapienza). Costoro costituiscono il ponte tra il metafisico e il fisico e hanno raggiunto un alto grado di purezza e di funzione dell’intelletto-buddhi, quindi trascesa l’egoità;
  • Ksatriya – azione, forza, responsabilità, potere temporale (legislativo-esecutivo): guerrieri, giudici, politici, amministratori, manager, gestori di risorse  – . Sono coloro che dovrebbero rappresentare l’autorità superiore conforme alla legge universale ed esprimere, quindi, il proprio dovere-dharma attraverso l’azione dettata dalla volontà di bene.
  • Vaisya – finanza, potere industriale-commerciale: produttori di ricchezza (commercianti, imprenditori, piazzisti)  – . Coloro che azionandosi come operatori economici dovrebbero esprimersi attraverso la rettitudine del lavoro svolto ed usato per elevati scopi concreti.
  • Sudra – proletariato: prestatori d’opera (operatori di servizi, operai, impiegati)  – . Sono coloro che hanno il dovere-dharma di collaborare alle imprese sotto la guida altrui.

Gli “Ordini sociali” non rappresentano altro che i vari temperamenti e capacità umane, da svolgere correttamente per contribuire all’ordine universale.

Coloro che appartengono ai primi due ordini (Brahmana e Ksatriya) dovrebbero aver trasceso i principi individuali e stabilitisi nel rispetto dei principi universali. Nella realtà concreta, purtroppo, non è sempre così, bensì il contrario.
Nell’oscurità intellettuale e spirituale di questa epoca (Kaliyuga) sono pochissimi coloro che esprimono al meglio i valori e i principi dell’”Ordine sociale” a cui appartengono.

Ogni varna, che segue subito dopo l’altro, ha il suo principio in quello precedente.
Il potere temporale, quello del Brahmana (azione, forza, dinamismo, desiderio, passione; il “passaggio dalla potenza all’atto” guna-rajas), ha il suo principio nel potere spirituale, quello degli Ksatriya (conoscenza, saggezza, intelligenza, luce intellettuale, buddhi, guna-sattva).

Gli “Ordini sociali” (varna) manifestano lo stadio di coscienza in relazione alla società, gli “stadi di vita” (asrama) definiscono le condizioni di esperienza degli stadi di coscienza nell’ambito dello sviluppo individuale. Gli “stadi di vita” oltre che rappresentare la condizione dell’esistenza rappresentano la condizione del proprio dovere-dharma.

Gli “stadi di vita” (asrama) sono quattro come gli “Ordini sociali” (varna):

  • Brahmacarin – è lo stadio dello studente, dell’apprendista (indipendentemente dall’età anagrafica); è lo stadio che corregge lo stato di coscienza mediante la compostezza del pensiero e dell’azione;
  • Grhastha – è lo stadio del capofamiglia, ma in realtà di colui che con l’esperienza esercita la responsabilità verso altri;
  • Vanaprastha – è lo stadio dell’anacoreta, ovvero di colui che sente il bisogno di vivere, come esperienza di vita, nel ritiro solitario dedicato allo studio, alla ricerca e/o alla trascendenza dell’individualità separata;
  • Samnyasin – è lo stadio del rinunciatario totale, di colui che persegue la via della realizzazione dell’essere e della Verità-Realtà. È il solo stadio che può condurre alla definitiva trascendenza, interrompendo il divenire esistenziale trasmigratorio realizzando la Liberazione-moksa.

I quattro stadi corrispondono e rappresentano, in realtà, a gradi dell’evoluzione dello sviluppo integrale della personalità. Vanno visti come il procedere dell’uno verso l’altro, finché si superano quelli con l’identificazione con le occupazioni materiali e sociali per affrontare la pratica spirituale mediante l’azione non egocentrica. Inquadrano il passaggio dal tempo dei fini personali al tempo dei fini transpersonali.

Il Realizzato-Liberato, colui che ha realizzato l’Atman-Brahman (l’Assoluto), non sta più all’interno dello schema degli stadi di vita perché non ha più nulla da compiere: è divenuto maestro per tutti e opera, per irradiazione, ai livelli sottili della Realtà.

La vita dell’uomo comune, senza alcun riferimento spirituale (principio trascendente), è una vita egoica caduta nel caos, nell’anarchia, è una vita oscurata. I più sono ego oscurati che vivono in una società ottenebrata (senza più il sacrum facere) in cui servono i pochi che hanno potere (il potere improprio ed oscuro).
La società umana in cui si è costretti a vivere è una società di pensieri massificati, materialistici, consumistici, egoistici, incentrata sulla individualità compulsiva.
Chi vuol seguire veramente un ordine spirituale, vista l’oscurità in cui si è immersi, deve seguire i principi universali che non sono né temporali né culturali. Solo i pochissimi, che riescono a commensurarsi all’ordine del cosmo divino, possono affrontare la via angusta del ritorno all’Alto.

La tradizione spirituale viene in soccorso agli innamorati-ricercatori della Verità mediante lo schema delle quattro finalità della vita (purusartha): kama (il desiderio, l’appagamento affettivo),  artha (il benessere materiale), dharma (il compito-dovere universale) e moksa (il cammino della Liberazione).  I quattro purusartha, le quattro finalità della vita, rappresentano la visione integrale della vita:

  • Kama – riguarda la vita profana; è la ricerca del desiderio sensoriale, dell’appagamento affettivo; è un percorso dell’io-ahamkara ordinario;
  • Artha – riguarda la vita profana; è l’attività scelta per il mantenimento della propria condizione economica e sociale; è un percorso dell’io-ahamkara ordinario;
  • Dharma – è il “modo di essere” con cui si svolgono tutte le attività di pensiero-parola-azione, ma è nel senso metafisico che rappresenta la manifestazione dell’armonia (quale espressione dell’unità dell’Essere). Abbraccia, per i pronti, la soddisfazione dei bisogni di trascendenza; è il percorso di realizzazione del Sé-Atman;
  • Moksa – è l’emancipazione dal divenire relativo, è la liberazione dalla avidya-maya (l’ignoranza metafisica) e dal conseguente samsara, il divenire trasmigratorio che costringe al nascere-vivere-morire-rinascere.

Le quattro finalità della vita sono necessarie nelle diverse fasi lungo il percorso esistenziale: nella prima parte della vita sono necessarie kama-benessere affettivo e artha-autorealizzazione, ma con la maturità (coscienziale) emerge l’interesse per dharma-dovere-rettitudine e moksa-illuminazione-liberazione.

Le prime due finalità, kama e artha, appartengono all’esistenza dell’io-ahamkara identificato con i primi tre kosa (guaine-veicoli di espressione), manomayakosa, pranamayakosa e annamayakosa. Le due ultime finalità, dharma e moksa, appartengono all’esperienza del jiva che tende a realizzare la natura degli ultimi due kosa, vijnanamayakosa e anandamayakosa.

La sadhana, il “sentiero realizzativo”, non è altro che l’integrazione, nel corso della vita, tra kama-desiderio e artha-autorealizzazione e poi dharma-dovere e moksa-illuminazione-liberazione: il percorso in cui attuare la totale riunificazione tra il Sé-Atman e il Sommo Bene.
Il sadhaka, che è un’anima incarnata con un compito e uno scopo, nella sadhana può adempiere il proprio dovere, il proprio dharma individuale (svadharma) secondo i principi e i valori di ordine universale.

 

Dharma è il dovere-legge che l’individuo deve adempiere per essere in armonia con lo scopo della propria incarnazione e in armonia con il contesto in cui la sua azione deve espletarsi”.

Raphael
da Fuoco di ascesi (pag. 47)

 

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