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1023. Comunicazione non è, e non deve essere, manipolazione

Domenica 29 Novembre 2020 00:00 Rosario Castello
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Ogni individuo, per effetto delle proprie e uniche esperienze personali, comunica in modo diverso dagli altri. Imparando ad osservare gli altri, con il giusto distacco e senza atteggiamento di giudizio, si può ottenere un interessante rafforzamento delle relazioni grazie alle diverse differenze registrate.
Si tratta di un aspetto così fondamentale per lo sviluppo della nostra vita sociale che persino Giordano Bruno, già nella sua epoca, si era interessato della comunicazione interpersonale guardandola nel contesto della lingua naturale: la comunicazione come dovrebbe essere, lo strumento per esprimersi compiutamente e creativamente.
Per Giordano Bruno saper comunicare era fondamentale. Affronta, non a caso, la tematica nel libro L’arte di comunicare. Artificium perorandi (Di Renzo Editore 2007).
L’interesse di Bruno per la comunicazione non va tuttavia confuso con quanto affrontato nel Primo Libro della Clavis Magna, dove ha trattato l’arte di trovare “qualcosa” nella memoria, ma nemmeno con quanto esaminato nelle opere lulliane (III Libro della Clavis Magna), dove egli guarda al potenziamento dei processi cognitivi tramite la lingua immaginale.

Chi al contrario, trasforma la “comunicazione” da strumento di libertà in strategia della manipolazione viola la psiche altrui e anche se non perseguibile civilmente e penalmente, mette in atto una cosa immorale, non etica, orrenda. Purtroppo tutta la società si è ormai improntata più sulla “manipolazione dell’altro” che sul vero comunicare: media, politici, manager, imprenditori, ecc. si basano più sulla manipolazione che sul cercare di comunicare qualcosa di vero ai cittadini e così ogni forma di propaganda non è altro, ormai, che un modo per esercitare una persuasione costrittiva. La verità è che nella sfera politica, nella pubblicità e nel mondo dei mass media, si fa un uso improprio ed eccessivo della manipolazione per influenzare le scelte, le decisioni dei cittadini: vogliono il controllo dei cittadini in realtà, una subdola strategia che vuole controllarne persino la sfera privata.
Il pubblico ed il privato è stato invaso da una miriade di corsi e master che hanno la pretesa di insegnare a comunicare ma in realtà vogliono istruire sul come manipolare gli altri: i cittadini, gli elettori, i lavoratori, gli affetti, ecc.. Un’assurdità insegnare a controllare le persone invece che a insegnare come sapere comunicare in modo chiaro, efficace, inequivocabile quanto si vuole trasmettere, in tutti gli ambiti della vita sociale. Invece di spiegare come creare buoni, giusti, retti ed equi rapporti umani, basati sul riferimento della Rettitudine quale legge naturale fondamentale, per diffondere principi e valori per cercare di rendere migliore la società umana, più illuminata e felice, si insegnano espedienti sul come strumentalizzare il prossimo, come persuadere in modo occulto, come manipolare le coscienze e sottometterle alla volontà dell’ignobile manipolatore senza che le persone-vittime se ne rendano conto. Bisognerebbe insegnare, al limite, a come difendersi dai tanti manipolatori risvegliando l’attenzione che rende consapevoli e che fa individuare più facilmente colui o coloro che stanno cercando di esercitare la strategia della manipolazione: chi in modo stupido (per aver letto qualche manualino); chi in modo inefficace (per non aver compreso quanto appreso nei vari corsi o master); chi in modo diabolico (per aver compreso e acquisito metodi, regole, stratagemmi per ogni forma di manipolazione). I servizi segreti, ad esempio, si servono di docenti molto esperti, di veri ingegneri sociali.

Grave quando un’azienda fa fare ai propri dipendenti, di un certo livello, corsi e master che insegnano a condizionare le proprie risorse umane, i propri sottoposti invece che insegnare a tutti come comunicare in modo impeccabile per il bene non solo dell’azienda ma di tutti i dipendenti e dei clienti a cui offrono servizi. Il vero successo, quello che dura e migliora sempre, è quello creato attraverso i retti rapporti umani, la corretta comunicazione, la sincerità, l’onestà, il desiderio di far felici gli altri e non il successo ottenuto con espedienti disonesti, con la falsità, con l’inganno, con la manipolazione. Quest’ultimo è destinato a durare poco e a far emergere veri e propri disastri a carico dell’azienda e il caos tra i vari dipendenti.
I politici, i media e il web sono quelli che esercitano l’insidia e si insediano nella vita privata dei cittadini ma soprattutto nella loro testa per cercare di costringerli, con forza, a tutto ciò che pretendono tutti debbano pensare, credere, fare. L’invasione della privacy è assicurata attraverso una costante pressione giornaliera. Da un lato questa intenzione occulta di manipolare, costringere, forzare le persone a pensare in un certo modo (un esempio eclatante è quello dei negazionisti che è riuscito bene a chi in gran segreto questo voleva, oppure quello della reazione avversa nei confronti dei migranti provocata in cittadini che un tempo erano sereni, tranquilli, democratici, solidali, una reazione provocata attraverso un bombardamento costante mediante una propaganda che ha creato un “nemico” inesistente) e dall’altro l’uso condizionante dei social e di tutti i dispositivi digitali, i quali hanno creato un sistema invasivo nella mente dei più che non se ne accorgono e il risultato è che le persone non ragionano più con la loro testa e non riescono più a comunicare serenamente, in realtà non comunicano più nonostante i tanti strumenti a disposizione. Le persone sono manipolabili facilmente perche hanno trasferito nello smartphone gran parte della loro vita privata: foto, video, dialoghi con il partner in conflitto, con i familiari, con i parenti, con gli amici, con i conoscenti, con i colleghi, con il primo sconosciuto che ha fatto il suo ingresso nella loro vita. Se si ascoltano i dialoghi del cosiddetto comunicare, per la maggior parte sono improntati su giudizi, critiche, sarcasmo, provocazione, risentimento, aggressività verbale. Quando le conversazioni sembrano tranquille in realtà scorrono su un binario suadente completamente artefatto, da veri ipocriti motivati da un qualche interesse o aspettative.
Questo tipo di situazione si riscontra oramai in quasi tutte le riunioni di lavoro, con presenza fisica o in conference call (visto che i più stanno in smart working): ambito in cui ci rimette l’azienda e le persone per bene che ancora vivono di morale e di etica, ovvero di rettitudine. Quando sembra che ci sia gentilezza si può osservare attentamente che si tratta di strategia, una maschera provvisoria che da un momento all’altro lascia il campo all’aggressività non appena le aspettative non trovano immediata corrispondenza. Purtroppo difettano del vero comunicare anche molte leadership che si presentano come un disdicevole esercizio di “caporalato” vergognoso.
Un vera comunicazione efficace, un dialogo, la possibilità di interrelazionarsi non possono non basarsi su una modalità di gentilezza: la gentilezza crea una atmosfera serena che facilita a tutti di potere esprimere quanto si vuole trasmettere. Essa oltretutto velocizza il dialogo perché elimina il disagio dell’inizio, specie se gli interlocutori non si conoscono o sono già a monte partiti con dei pregiudizi o con dei risentimenti. L’apertura degli interlocutori crea la giusta condizione per far recepire in modo chiaro quanto si vuol dire (concetti, informazioni, piani di lavoro, numeri e/o dati di rilievo per l’alta direzione, ecc.). Il modo gentile fa giungere, a tutti i partecipanti l’incontro (di lavoro o altro), il messaggio o i dati necessari in modo diretto, senza la mediazione di atteggiamenti avversi o negative sovrastrutture mentali. È un problema quando all’incontro uno o più partecipanti vi giungono già con un atteggiamento oppositivo, pieni di pregiudizi, arrabbiati o con sentimenti nascosti di rivendicazione. Un modo gentile di comunicare può essere rivoluzionario in uno scenario come quello ormai che si vede ovunque, dove tutti sembrano essere contro tutti: esso può spiazzare gli oppositivi eventuali e trasformare in positivo un conflitto in corso, un imprevisto equivoco, una forte incomprensione tra più interlocutori. Anche i più agguerriti, di fronte alla gentilezza sincera di chi la sta esercitando per il bene di tutti, ad un certo momento si sentiranno protetti dalla loro stessa rabbia, si viene a creare in loro uno spazio mentale di migliore e quieta riflessione, finendo per migliorare la disposizione d’animo. La gentilezza non è manipolazione ma amore-saggezza capace di condurre i vari partecipanti all’incontro, che devono ottenere un certo risultato, verso un dialogo vero, verso un autentico confronto.
Il successo vero di un incontro o di un “piano-azioni” si ha quando tutti i partecipanti pensano, parlano e agiscono con spirito collaborativo, senza parole strillate, senza quegli esibizionismi ridicoli di chi vuole mettersi in mostra a tutti i costi, senza lanciare giudizi verso dei presunti nemici presenti.
La comunicazione vera ed efficace, a parole o con tastiera, va effettuata con consapevolezza e grande senso di responsabilità: tutti dovrebbero essere responsabili gli uni degli altri e solo così si avrebbe un mondo migliore, più illuminato e felice.
Nella comunicazione le emozioni sono importanti perché esse fanno nascere pensieri, parole, azioni e reazioni che possono costruire o distruggere a seconda della loro natura.
In un ambiente di lavoro si può riscontrare facilmente una “comunicazione tossica” per colpa di una leadership inappropriata imposta forzatamente dal dirigente-manager che si comporta più da “caporale” che da guida delle proprie risorse. Questo tipo di leadership crea disagio, ansia, paura, rende insicuri, arrabbiati le risorse e a pagarne le conseguenze vere è l’azienda: un vero danno per essa che non può contare su dipendenti fedeli perché resi oppositivi dai comportamenti del loro leader.
Il modo in cui si comunicano le cose (concetti, richieste, informazioni, dati, ecc.) agli altri cambia il loro modo di percepirle. Perché? Perché la “comunicazione” è uno dei cibi di cui si nutre la coscienza. Una cattiva comunicazione superficiale, distratta, caotica, insincera, con finalità egoistiche-manipolative, ecc., peggiora ogni forma di relazione umana, ogni clima aziendale, ogni possibilità di risolvere problemi. In un cattivo clima aziendale, un gruppo di lavoro non affiatato né cooperativo manifesta troppe verità, che si scalzano l’un l’altra, sui dati e sulle informazioni da fornire: sembrano esistere così regole mutanti che si impongono da un momento all’altro, e interpretazioni che ciascun addetto strilla con veemenza per avere la meglio sugli altri. Presentarsi ad una “riunione di lavoro” (anche in conference call) già carichi di pensieri che trasmettono rabbia, irritazione, sospetto, rivendicazione crea una situazione tossica sia per chi formula tali sentimenti sia per tutti i partecipanti e i risultati finali saranno piuttosto scadenti perché i “problemi” eventuali non verranno risolti. Una predisposizione così negativa rende la relazione piuttosto difficile e questo dipende dal fatto che, da uno o più interlocutori, sono stati alimentati il giudizio e la collera.

Si capisce facilmente, quindi, perché bisogna comunicare con parole gentili, amorevoli, con una consapevolezza equanime, libera dal giudizio e da attaccamento personale egoistico. Comunicare correttamente, rifacendosi alla Rettitudine, dovrebbe aiutare tutti a vivere meglio, a comprendersi più facilmente l’un l’altro, a migliorare ogni ambito e aspetto della società.
Spesso, comunque, nonostante le migliore intenzioni, la comunicazione sincera, corretta, tesa alla soluzione di conflitti e problemi, resta solo una sfida: viene più usata per esercitare o accaparrare potere attraverso infide strategie di manipolazione psicologica ed emotiva.
È fondamentale volere che l’interlocutore del momento comprenda quanto e cosa gli si vuol dire ed è per questo che prima di saper comunicare bisogna imparare a saper ascoltare. Solo sapendo ascoltare, con compassione, si può riuscire nell’impresa di essere compresi durante la comunicazione e diventare dei buoni “comunicatori”.

Nella manipolazione viene esercitato una forma di abuso mentale ed emotivo ed è per questo che bisognerebbe imparare a riconoscere i vari segnali di manipolazione psicologica ed emotiva durante l’atto comunicativo: la manipolazione se non individuata, la si subisce e ciò logora profondamente. Esistono, in ogni ambito, personaggi sinistri che esercitano la manipolazione facendola passare per comunicazione efficace: usano il linguaggio, nella comunicazione, come un’arma per la dominazione.
I segnali della manipolazione sono dappertutto, bisogna solo imparare a riconoscerli e da essi difendersi: sui giornali, nei telegiornali, sui social, in molte trasmissioni televisive (vedi Grande Fratello e simili), al cinema, al teatro, in molti siti e blog in internet, nei motori di ricerca (divenuti l’anima del web), nei grandi eventi, nella propaganda politica, negli spot pubblicitari, nei cartelloni per strada, in molte aziende di servizi, persino negli eventi sportivi (calcio, ciclismo, tennis, ecc.), nelle promozioni di molti imprenditori, ecc.. Si tratta, in questi casi, di segnali camuffati per ingannare, dominare, confondere, destabilizzare le persone a seconda del fine occulto.
Una persona consapevole, capace di libero discernimento-discriminazione, è in grado di rendersi conto di essere sotto la mira di una manipolazione in atto e di difendersi, di ostacolare il tentativo in corso d’opera.
Chi esercita la strategia della manipolazione nella comunicazione vuole solo manipolare gli altri e le motivazioni possono essere le più diverse compreso il nuocere vero e proprio.
Il manipolatore è uno che deforma la realtà e questo tipo strategico lo si trova nel mondo del lavoro a creare molti problemi alle persone oneste che lavorano con coscienza: operano attenuando, nelle varie situazioni, la propria parte di responsabilità proiettando ogni colpa, durante la riunione di lavoro o conference call, tutta sugli interlocutori che hanno preso di mira, che potrebbero mettere in luce la loro incapacità, la loro incompetenza, la loro carente leadership (mancante totalmente di etica) capace di presentare all’alta direzione numeri e informazioni del tutto falsi per apparire i più bravi di tutti. Sanno essere dei prestidigitatori delle informazioni chiave per far propendere la comunicazione-conversazione solo verso la loro verità, accusando gli altri.
La loro incapacità a comunicare davvero li spinge a recitare eclatanti reazioni, a strillare, ad accusare senza mai entrare nel merito di ciò che si dovrebbe affrontare, così creando imbarazzo generale si finisce per non risolvere il problema in agenda, rimandando a data da destinarsi. Prendendo tempo sanno che le cose cambiano, si evolvono anche se non si risolve il problema fondamentale. La frustrazione generale non aiuta certamente l’azienda.
Il manipolatore psicologico ed emotivo usa, negli incontri per la risoluzione di problemi, mettere tanta carne sul fuoco (informazioni, fatti, argomenti anche non attinenti, ragionamenti complessi motivati a confondere, esaurire gli altri interlocutori) e presentare la propria soluzione-proposta come un ultimatum e con poco tempo per decidere, creando così tra i partecipanti una certa ansia, angoscia e alla fine sofferenza-insofferenza, per avere la meglio grazie alla minaccia camuffata. Gli altri cedono spesso per uscire da quella situazione, divenuta angosciante, prima possibile.
Gli espedienti del manipolatore senza scrupoli sono davvero infiniti e quelli che scopre, per esperienza, funzionare meglio di altri li utilizza con ossessione per riuscire a dominare l’interlocutore. Un espediente è quello di ripetere continuamente il nome dell’interlocutore per far scattare il meccanismo di controllo: chi si sente chiamare per nome, in quel modo, oltre che prestare maggiore attenzione resta confinato in uno stato di intimidazione, utile al manipolatore nella strategia esercitata. Un altro espediente che utilizza è quello di imporre la propria supposta superiorità psicologica aggredendo l’interlocutore, umiliandolo, ridicolizzandolo e sottovalutandolo, praticamente sminuendolo di fronte a tutti gli altri. A volte, per prendere tempo, finge una continua ignoranza ripetendo continuamente all’altro di non capire cosa vuol dire e tutto per disorientarlo e fargli avere la sensazione di aver portato la comunicazione verso un livello che non ha senso con quanto necessario alla soluzione dei problemi da affrontare. Un espediente sul quale si specializza il manipolatore psicologico ed emotivo è quello di far parlare per primi tutti gli altri presenti all’incontro, apparendo gentile, ma solo per guadagnare tempo, ascoltare tutti, individuare i punti deboli degli altri, e cominciare a fare molte domande che non centrano nulla con le questioni affrontate, senza esporre così le proprie argomentazioni: impronta tutto sull’evidenziazione di difetti sugli argomenti-proposte dagli altri per diffondere una percezione falsata della realtà che fa così apparire esagerate, deboli, insensate le proposte di tutti gli altri portando la possibilità di risolvere i vari problemi sulla propria proposta.
Le forme di manipolazione psicologica ed emotiva sono infinite, tutte con l’intento di destabilizzare ogni eventuale forma di dialogo efficace che sceglierebbe una soluzione opposta a quella del manipolatore: tutte queste forme di manipolazione servono, quindi, a sottomettere uno o più interlocutori, renderli incapaci (a livello personale, emotivo e mentale) di evidenziare l’incapacità e l’incompiutezza del manipolatore.
Ora, il tema della comunicazione e del suo uso per fini manipolatori è spesso correlato al concetto di leadership e più specificatamente, ad una concezione dell’esercizio del potere attraverso l’imposizione della propria personalità e volontà sugli altri. Comunicazione e leadership sono in linea generale indissolubilmente correlate, dall’una dipende il successo dell’altra, ma in questo caso particolare questa è lo strumento principale di cui si serve il leader per esercitare il suo raggiro.
Noi sulla questione vogliamo aggiungere alcune riflessioni dal punto di vista esoterico, qual è in realtà la nostra posizione coscienziale: riflessioni sul carattere sottile energetico della leadership, riflessioni utili sia sul piano esoterico iniziatico sia sul piano essoterico, ovvero politico, religioso, sociale, ecc..
In questo momento epocale, in cui vi sono molti sciacalli che cercano di manipolare i cittadini per piegarli all’obbedienza, al consenso della sottrazione dei diritti fondamentali, occorrono uomini leoni che abbiano il coraggio di disubbidire (e non intendiamo alla maniera degli stupidi negazionisti, perfetti manipolati) e osare per avviare una vera e propria rivoluzione culturale (pacifica, coscienziale). I molti vivono già, purtroppo, ingannati, allineati al pensiero imposto dal potere che decide per tutti cosa pensare, cosa dire, cosa fare, insomma cosa credere. Un potere che ha i suoi accoliti che propongono obiettivi, ingannevolmente riferiti ad un ideale elevato, per sottomettere l’uomo-massa. Questi accoliti del potere si presentano come esperti, competenti, veri tuttologi alla pari di nuovi profeti (in realtà falsi profeti) programmati per creare, di volta in volta, problemi inesistenti, in modo che possa risultare che questi problemi possano essere risolti mediante la concessione, l’intercessione di determinati competenti e di mezzi a loro disposizione. Si tratta di vere strategie della manipolazione ad alto livello.

I veri competenti sono quei saggi, come è sempre avvenuto nella storia passata, che erano in grado di risolvere problemi di ogni genere semplicemente educando, e non manipolando, le persone ad una certa elevazione di stesse.
Cos’è un leader? È una “guida” che dovrebbe essere in grado di individuare i problemi reali, intuire come risolverli, captare le persone giuste per contribuire alla soluzione: guidare, quindi, le persone a prendere consapevolezza dei problemi e riuscire a comprendere come risolverli. La guida non ordina, non comanda ma porta le risorse che ha a disposizione a scoprire le capacità da impiegare in un impegno come quello di risolvere problemi (problem solving). La “guida” (leader) deve riuscire a mantenere unito il proprio gruppo di lavoro verso l’obiettivo condiviso e accettato: è chi ha scelto deliberatamente e responsabilmente di incarnare dei principi, dei valori, una idea-visione con cui condurre e realizzare la propria missione. Un vero leader deve essere in grado, innanzitutto, di guidare sé stesso, dopo aver appreso l’ascolto e la condivisione.
L’esoterico sa, è consapevole di quanto sia importante, nella comunicazione tra esseri umani, il complesso energetico di ciascuno, costituito da un campo energetico-vibrazionale denominato “Aura” e da appositi “centri” (cakra nella tradizione esoterica orientale). Questi centri-cakra, distribuiti in più zone del corpo fisico grossolano, ma collocati in realtà nel corpo sottile (corpo astrale), determinano molti fattori fisici, emotivi, intellettuali e spirituali. Questi centri-cakra di energia hanno la loro corrispondenza nell’ambito dell’individualità (funzioni fisiche, mentali, vitali e spirituali ed esprimono determinati stati di coscienza).

I primi tre centri-cakra possono essere scatenati da un cattivo leader-guida, inducendo nei preposti una produzione ormonale impropria. Questo perché se il primo centro-cakra basico (all’altezza del coccige) non è ben aperto e sviluppato la persona soffre di un mancato radicamento e tende a rifiutare l’indipendenza e la responsabilità, si rifiuta inconsciamente di essere un individuo libero; se il secondo centro-cakra sacrale (all’altezza degli organi sessuali) non è ben aperto, equilibrato e reso armonico si avranno squilibri a livello di energia sessuale, capace di compromettere qualsiasi forma di rapporto uomo-donna, non necessariamente per la soddisfazione di pulsioni passionali ma di natura conflittuale a livello, ad esempio, lavorativo; se il terzo centro-cakra solare (all’altezza del plesso solare) non è aperto e sviluppato esprimerà le sue caratteristiche inferiori esprimendo tensione e rabbia (accentuando desiderio-avversione, attrazione-repulsione), reagendo verso coloro che hanno idee diverse per combatterli in un qualche modo.
Un vero leader-guida opera su un piano più elevato, accompagnando i preposti con l’energia dei centri-cakra superiori. Il quarto centro-cakra (all’altezza del cuore) che corrisponde ai sentimenti dell’amore, della compassione, della solidarietà, della bontà, ecc., si esprime in elevati intenti a vantaggio di tutti, in ogni ambito dei rapporti umani. Il quinto centro-cakra (all’altezza della gola) è proprio quello della comunicazione che, quando ben sviluppato e posto in equilibrio, esprime perfettamente le idee, gli intenti da condividere e da accettare e anche la giusta modalità di esecuzione. Il sesto centro-cakra (all’altezza della fronte, collegato alla pituitaria o ipofisi) è quello della “chiara visione” che fa sapere cosa fare ma soprattutto come attuarla. Il settimo centro-cakra (all’altezza del capo collegato alla pineale o epifisi) è quello che corrisponde allo stato di coscienza che esprime l’Unità, quindi il leader-guida capace di usare tale energia riuscirà a condurre i propri sottoposti verso l’obiettivo che guarda al supremo bene comune.
Un vero leader-guida, in qualunque ambito opera (azienda, politica, imprenditoria, ecc.), si muove con la più elevata visione possibile e cerca di realizzarla sempre per il bene di tutti: egli sarà sempre un esempio per le proprie risorse, l’incarnazione di principi e valori. Utilizzerà certamente anch’esso strategie comunicative ma in questo caso, per costruire unità dove c’è divisione, interdipendenza dove c’è isolamento, giustizia dove trionfa la disuguaglianza, altruismo dove prevale l’utilitarismo, collaborazione dove trionfa la competizione. Inoltre promuoverà il bene e lo sviluppo del suo gruppo ma senza tuttavia dimenticare l’altro e il paritetico suo diritto di esistere ed esprimere sé stesso. La sua sarà una comunicazione votata all’alterità, che non alza mura tra noi e gli altri ma aperture, spazi immateriali fatti di condivisione dove le differenze reciproche non impediscono alle persone di comprendersi. Conscio della radice che accomuna tutta la famiglia umana e che le sue differenti espressioni, non sono altro che il segno più tangibile della sua innata creatività. Aspetto quest’ultimo che più di altri rivela, la divinità che in ognuno risiede.

 

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