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114. Tradizione di Claudio Lanzi

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Tradizione deriva dal latino tradere, consegnare. In senso peggiorativo consegnare dà luogo anche a tradire, di uso soprattutto evangelico.

Cristo è stato consegnato ai gentili ma, indubbiamente è stato anche tradito.

Risulta chiaro che consegnare qualcosa a qualcuno comporta una grande responsabilità. Per questo una vera trasmissione (consegna), è difficilissima da trovare e da ottenere, in quanto, come vedremo meglio in seguito, comporta notevoli rischi, sia da parte di chi dà che di chi riceve. Ne deriva che le cosiddette “trasmissioni facili” e indiscriminate sono, quanto meno, sospette.

Con-segnare sacralmente, cioè trasmettere un signum, un sigillo, vuol dire mettere a disposizione di qualcuno qualcosa che ha ricevuto una particolare impronta da una matrice sacra.

Ne deriva che un tradizionalista (vero) difende e testimonia o, se è un maestro, mette a disposizione di un adepto, un patrimonio immenso: la scienza dei segni e dei principii. Tale scienza è, come dicono le scuole uniciste occidentali ed orientali, come un cristallo purissimo, generato nel mondo delle idee, che, dovendo transitare attraverso il tempo degli uomini, passa di generazione in generazione, sempre immutabile, conservato gelosamente affinché non si rompa o si opacizzi. Ovviamente, coloro che vengono in contatto con tali elementi, dovrebbero avere delle opportune qualificazioni ed essere, quanto meno, purificati, resi cioè senza macchia dall’azione del fuoco (pur-pir), che è Spirito e, come vedremo in seguito, esser degni.

Purtroppo, la mescolanza tra elementi sacri e profani, accentuata dal proliferare dei messaggi mediali, dal decadere del linguaggio, dalla scomparsa del silenzio (la echemythìa pitagorica) come autentico modo di comunicazione, sia interiore che esteriore, ha reso occultissimo il filo d’Arianna che conduce a ritrovare la vera luce tradizionale.

Oltretutto, si può esser definiti tradizionalisti e, nello stesso tempo, essere dei perfetti imbecilli.

Un tradizionalista sclerotizzato e impastoiato dalle rigidezze di una Tradizione che non capisce e che difende solo per coprire i suoi bisogni di supremazia o di sicurezza, sicuramente è quanto di peggio possa capitare (vedi ad esempio quanto accade fra i “politicizzati” che si distinguono, salvo eccezioni rarissime, per livelli di ottusità difficilmente superabili).

Idem dicasi di un tradizionalista impuro, cioè, come vedremo meglio in seguito, privo di reali qualifiche.

In verità, né il primo né il secondo dovrebbero esser chiamati tradizionalisti.

Tradizione vuol dire anche conservare il contatto con il centro, con il seme principiale dal quale nasce il germoglio spirituale. Ognuno la sua pianta, ogni pianta diversa dall’altra, ma tutte originate da un seme purissimo.

L’antitradizionalista (o non tradizionalista) parte generalmente dalla presunzione di scienza al di là del sacro quindi, al di fuori di una trasmissione regolare o, comunque, del rispetto di tale regolarità. In altri casi, presuppone un processo di autoconoscenza spontaneo.

Su tale processo non ci sarebbe nulla da obiettare, se non fosse che la dignità e la reale qualificazione richieste sono proprie di esseri particolari quali il Cristo, il Buddha ecc.. anche loro, oltretutto, hanno rispettato la Tradizione (quella esoterica e quella formale) presente nel loro tempo, e hanno dedicato moltissimi anni a purificarsi, pur avendone, indubbiamente, minor bisogno di altri.

È opportuno, con un po’ di umiltà, domandarsi per quale ragione anche tali Espressioni del divino abbiano ritenuto opportuno seguire una regola.

Ricordiamo che regola viene dal latino regere, che vuol dire guidare diritto, giusto.

Non si può seguire la diritta via, di memoria dantesca, guidando a zig-zag. Cioè facendo quello che ci piace di più o risulta più comodo.

Guidando dritti, si incontrano ovviamente degli ostacoli, che non possono essere ignorati. Se si evitano finiscono per ripresentarsi, di lì a poco, sotto altro aspetto, alla prima occasione. Vanno dunque affrontati, sia che abbiano l’aspetto di mostri interiori come esteriori. La regola, come la squadra muratoria, non permette di costruire un muro storto, dove mettiamo i mattoni che ci stanno più a portata di mano o che sono più leggeri o che ci piacciono di più.

C’è da dire che la diffidenza o il sospetto, che vengono spesso alimentati nei confronti della Tradizione, possono derivare da tante ragioni. Alcune, come abbiamo visto, più che legittime (qualora si tratti di una “tradizione tradita”).

Spesso, però, è un semplice problema di ignoranza, cioè di grossolano fraintendimento della parola Tradizione.

Altre volte, incontri con pseudo profeti al di fuori di ogni regola e totalmente avulsi da un contesto spirituale, portano ad un procedimento autodistruttivo, ottimamente definito da Guénon come contro- iniziazione.

In altri casi infine (vedi problemi psicologici o psichiatrici di varia ascendenza) un infelice rapporto con la famiglia e una confusione sul senso archetipale di autorità e di legge, provoca una naturale diffidenza nei confronti di tutto ciò che abbia una connotazione gerarchica e quindi tradizionale.

tratto da “Maleducazione Spirituale” di Claudio Lanzi – Simmetria edizioni

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Edizione Simmetria – La Danza delle Hore; Sentieri Spirituali; Maleducazione spirituale; L’anima errante; Intelletto d’Amore; Misteri e Simboli della Croce; Ritmi e Riti.

Edizioni Mediterranee – La porta ermetica di Rivodutri (insieme ad A. M. Partini)

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