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137. Per una economia di pace e … di Antonio Girardi

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– Per una economia di pace e di autentico benessere –

dalla Rivista Italiana di Teosofia ANNO LXVII N.11, Novembre 2011
di Antonio Girardi – Segretario Generale della Società Teosofica Italiana – (www.teosofica.org)

 

Con una affermazione ricca di buonsenso Papa Benedetto XVI ha così sintetizzato a Madrid, in occasione dell’incontro mondiale della gioventù tenutosi nell’agosto 2011, la situazione attuale dell’umanità: “I giovani sono senza futuro? Il nostro oggi è tutto sbagliato!” (tratto dall’art. di Gian Guido Vecchi pubbl. da “Il Corriere della Sera” il 19 agosto 2011).

Parole importanti quelle del Papa Ratzinger, che fotografano una delle principali contraddizioni della nostra epoca, incapace, nonostante il dichiarato potere tecnologico, di risolvere i grandi problemi che attanagliano il mondo.

Negli ultimi mesi è tornata al centro dell’attenzione la situazione economica internazionale, con particolare rilievo a quanto accade negli U.S.A. e in molti stati dell’Unione Europea, travolti dalle dimensioni del debito pubblico, ma soprattutto incapaci di dare una risposta efficace ai problemi esplosi con la crisi economica del 2008-2009.

Una crisi che non ha spinto le nazioni a modificare tendenze ed atteggiamenti, con la conseguenza che a poca distanza di tempo è riemersa una situazione di crisi socio-economica che sconta il potere di una finanza e di una politica dedite ad interessi meramente egoistici e di parte. Solo l’Islanda, con una rivolta morale nata dalle persone comuni e che si è concretizzata nel rifiuto di aderire alle logiche dei circuiti finanziari internazionali, pare aver imboccato una via diversa, che l’ha portata a definire una nuova carta costituzionale, alla cui stesura ha partecipato, grazie allo strumento della rete, tutta la popolazione.

Si sbaglierebbe però a credere che la situazione attuale abbia caratteristiche di assoluta originalità, come invece viene affermato da chi pensa che sia la globalizzazione la causa degli attuali problemi.

Per cogliere questo aspetto non sarà un esercizio inutile leggere il contenuto di un articolo pubblicato da Jean-Mare Sylvester all’inizio del 1987 su “Le Quotidien de Paris”, e sorprendentemente ripreso in un editoriale del teosofo Bernardino del Boca pubblicato con il titolo “Innocenza” nella Rivista “L’Età dell’Acquario” del marzo-aprile 1987 (n. 48, pagg. 6 e 7). Scriveva Sylvester: “Mai il mondo occidentale e liberale è stato così prossimo al fallimento come oggi. Gli espedienti escogitati in extremis per cercare di risolvere il problema del debito dell’Argentina non sono bastati a tamponare le preoccupanti incrinature del sistema. Dopo una settimana di completa confusione in tutto il mercato internazionale dei capitali, con relativa messa a nudo dei bilanci di due grandi banche americane, tutto ciò che il mondo occidentale conta di meglio in esperti, talenti e competenti si è riunito a New York e il raduno è durato tre giorni. Fra gli esperti: 20 governatori di banche centrali, i presidenti delle maggiori banche commerciali, Jacques de la Rosière, direttore generale dell’FMI, Alessandro Lansallusi, presidente della Banca dei pagamenti internazionali, il presidente della Banca Mondiale e, naturalmente, Paul Volker, presidente della FED e gran maestro della politica monetaria degli USA. In poche parole, i più alti esponenti della finanza internazionale per una riunione a porte chiuse, di cui si sa soltanto che ha avuto lo scopo di trovare una rapida soluzione alle difficoltà causate dall’eccessivo indebitamento mondiale che si concreta in 700 miliardi di dollari. Una vera spada di Damocle.

Tutte le soluzioni prospettate finora hanno avuto un totale insuccesso. L’Argentina, il Brasile, il Messico hanno offerto lampanti esempi dei limiti dei mezzi d’intervento classico, sul piano economico e sociale. Senza la decisione pesa all’ultimo minuto dalla FED, la banca centrale americana (cioè il contribuente), di aiutare quei paesi a pagare gli interessi dei loro debiti, alcune grandi banche USA avrebbero dovuto dichiarare fallimento. Quando interviene l’FMI (e le emissioni sono aumentate in marzo del 50% rispetto a febbraio) le condizioni imposte sono sempre meno ben accette dai paesi interessati (Tunisia, Marocco, Costa d’Avorio, Bolivia, ecc.). non si pensa minimamente a limitare i prestiti, perché questa soluzione frenerebbe gli scambi commerciali e sarebbe di ostacolo agli sbocchi dei paesi occidentali.

L’arma più usata attualmente è quella dei tassi d’interesse, perché è la sola che permette al sistema bancario americano di evitare il fallimento. L’aumento dei tassi rappresenta un introito, ma accresce l’onere dei paesi indebitati (tre miliardi e mezzo di dollari da pagare in più, per un punto d’aumento sul prime rate). Senza contare l’effetto di frenata sulle economie domestiche occidentali: una banca che funziona col denaro dei suoi depositari, non può finanziare allo stesso tempo l’estero e l’interno.

Il mercato dei capitali è talmente asfissiato al presente, che i paesi che si considerano tradizionalmente solvibili non trovano più i mezzi per finanziarsi. La Svezia, la Danimarca, l’Australia e la Francia si stanno trovando in serie difficoltà per collocare la loro “moneta” nell’euromercato. Il governo francese non ha alcun merito di aver frenato recentemente il proprio indebitamento all’estero; il freno è stato inevitabile per l’andamento del mercato. È logico che, in tale ordine di cose, il “guru” di Wall Street, Henry Kaufman, abbia previsto una “nuova e spettacolare rimonta" dei tassi d’interesse. Il sistema finanziario internazionale è come una bicicletta: sta in equilibrio solo se corre, cioè se aumentano i tassi d’interesse. Ma superata una certa velocità la bicicletta diventa davvero troppo rischiosa: ed è ciò che si verifica oggi”.

I contenuti dell’articolo sono di straordinaria attualità, benché siano passati 24 anni da quando sono stati pubblicati, a dimostrazione di quanto strutturali e datati siano i problemi economici in cui il mondo si dibatte.

E di altrettanta straordinaria attualità è il commento fatto all’articolo di Sylvester da Bernardino del Boca, che scrisse: “Se l’umanità non si rifugia in un nuovo stato d’innocenza che le faccia dimenticare certi artificiali problemi legati al denaro, per vedere solo espandersi sulla Terra l’amore Divino, non potrà che attendere la catastrofe che costringerà i sopravvissuti ad affidarsi a quell’Amore Divino, a quella possente energia che continuamente crea e mantiene il creato. Per grazia divina c’è oggi nel mondo tanta gente che prega, che ha fede nel Bene e nel Bello, e questa fede e i miracoli che da essa derivano, ci salveranno. Perché non unicirci in questa silenziosa preghiera?”.

Un’ulteriore considerazione si impone: l’enorme potenziale che l’umanità sembra esprimere a livello tecnologico e di conoscenze scientifiche è del tutto incapace di risolvere i problemi legati alla stessa sopravvivenza dell’essere umano. Al contrario proprio un negativo utilizzo delle conoscenze finisce per compromettere l’equilibrio del pianeta anche sotto il profilo ambientale. E tutto ciò in nome delle necessità di una produzione incapace di valutare nel tempo i suoi stessi costi, costi che non riguardano solo il momento presente ma anche il futuro.

Gran parte della classe dirigente si rifiuta di dare una risposta a due domande fondamentali: “Siamo un grado di offrire un mondo migliore alle generazioni future?”; “Siamo in grado di debellare la fame, le carestie, le guerre e le violenze?”.

Ma non è con gli occhi negativi che dobbiamo guardare alla realtà. Una positività nella visione ci aiuta a comprendere come in realtà la crisi socio-economica attuale è soprattutto una crisi morale, una crisi di valori.

Tutti gli “ismi”, compresi il capitalismo, il socialismo e il comunismo, hanno miseramente fallito l’obiettivo dichiarato dalla loro propaganda: quello di costruire un mondo migliore.

E il loro fallimento, che scontiamo in un presente incapace di sognare un’umanità felice, deriva dall’incapacità di concepire una società che non sia basata sull’egoismo, sulla prevaricazione, quanto piuttosto sull’uso intelligente e moderato delle risorse, sul buon senso e sulla solidarietà sociale.

Si badi bene, non si sta pensando qui al rinnovarsi di uno stato per così dire “etico” – le esperienze degli stati etici, come quelli ispirati dal nazismo, dal fascismo e dal comunismo, hanno dato pessima prova di , con buona pace di Hegel – ma della costruzione di una società che si basi (e lasci dunque spazio) ai valori morali ed alla qualità dei singoli.

Problematiche come l’evasione fiscale, la delinquenza, la corruzione, lo spreco, non possono essere risolte senza che ci sia una forte presa di coscienza sulla necessità che la società incarni valori positivi, tolleranti e costruttivi.

Ed è questa una presa di coscienza collettiva ed individuale ad un tempo.

Si sbaglia infatti se si pensa che tutto di ciò che di negativo avviene sia per colpa delle sole classi dirigenti.

Il principio della “Tavola smeraldina”: “Come in alto, così in basso”, va applicato anche alla dimensione socio-politica. Non è dunque la dimensione di classe che deve essere considerata, quanto piuttosto quella della presa di coscienza dei singoli, a tutti i livelli, come motore del cambiamento sociale.

Dovremo anche chiederci se, nel recente passato, vi possa essere stato qualcuno in Occidente che, occupandosi di economia e di politica, sia stato portatore di un sogno positivo basato sull’autentica libertà e giustizia.

Naturalmente molti sono gli esempi che si possono fare in proposito, ma uno del tutto speciale riguarda Agostino Maria Trucco (Genova, 20 marzo 1865 – 5 aprile 1940), il ragioniere divenuto economista e che fu ideatore dell’Hallesismo, una teoria economica ideata per porre l’economia a servizio dell’uomo.

In seguito ad una visita ai mercati dell’alimentazione (Les Halles) di Parigi, avvenuta nel 1893. Trucco, assistendo allo svolgimento delle operazioni di vendita perfettamente organizzate, ebbe l’intuizione di estendere una simile struttura agli scambi internazionali, attraverso la costituzione di una organizzazione commerciale internazionale. Questa organizzazione, o “Ente Universale” avrebbe razionalizzato le operazioni di compravendita, producendo grandi benefici per tutti. I venditori avrebbero ottenuto la vendita delle loro merci alle migliori condizioni, non dovendosi più affidare ad una miriade di intermediari commerciali. Gli acquirenti avrebbero avuto la possibilità di conoscere con certezza il prezzo delle merci e di confrontare merci simili di diversa provenienza.

Mentre si dedicava alla realizzazione del suo progetto, Trucco si rese conto che occorreva prima risolvere un problema a monte: per garantire il confronto dei prezzi delle merci, sia nello spazio (tra diverse nazioni), che nel tempo, era necessario assicurare la stabilità del valore della moneta. Ebbe quindi l’idea di creare una unità monetaria unificatrice e stabile, capace di regolare gli scambi commerciali, chiamata hallis.

Da questo la concezione della creazione di un ente universale avente la finalità di pubblico bene, chiamato Fondazione Universale Hallesint, che avrebbe avuto il compito di emettere assegni e cartelle espressi in hallis, con lo scopo rispettivamente di essere usati come mezzo di pagamento internazionale, in luogo della valuta estera o dell’oro (gli assegni) e di attuare una sorta di “polizza di assicurazione del risparmio” (le cartelle).

Tramite un sistema di camere di compensazione si sarebbe garantita la disponibilità di assegni per le nazioni la cui economia fosse in fase di sviluppo e quindi bisognosa di grandi quantità di importazioni, ottenendo al contempo il vantaggio di fornire alle nazioni esportatrici tutti gli sbocchi necessari per le proprie merci. L’investimento in cartelle, che al contrario degli assegni sono rimborsabili soltanto nella nazione e nella valuta in cui sono state emesse, sarebbe stato utilizzato dalla Fondazione Universale Hallesint per investimenti produttivi frazionati in tutto il mondo e in tutti i settori produttivi, riducendo perciò al minimo i rischi dell’investimento.

Questi brevi cenni sull’Hallesismo, tratti principalmente dalla libera enciclopedia Wikipedia (La voce Hallesismo dell’enciclopedia libera Wikipedia è consultabile all’indirizzo web http://it.wikipedia.org/wiki/Hallesismo) e, soprattutto, dal volume “Hallesismo – L’economia al servizio dell’uomo”, pubblicato nel 1979 con felice intuizione dell’editore teosofo Edoardo Bresci, meritano naturalmente di essere approfonditi (a cura di Francesco Geraci e Francesco Marinucci, “Hallesismo – L’economia al servizio dell’uomo” Bresci Editore, Torino 1979). Non si pensi infatti che il pensiero economico di Agostino Maria Trucco sia di tipo idealistico e privo di spessore scientifico. Trucco nel corso della sua vita pubblicò oltre 200 volumi. E fu una delle poche persone a prevedere lo scoppio sia della prima che della seconda guerra mondiale. Nel 1928 inequivocabilmente scrisse: “Senza un grande fatto nuovo, capace di creare una nuova mentalità economico-fiscale, fatalmente, ed al più tardi entro il 1938-39, quando la leva ridarà il massimo contingente, scoppierà la grandissima guerra mondiale in gestazione …” (Dal volumetto “La paura d’arricchire” vol. III serie D. della biblioteca Hallesint – Soc. an. Hallesint edizioni – anno 1928, pag 48: citato da Mario Baronci nel suo volume (“Far quattrini – Spunti di sociologia pratica”, Coletti edidore, Roma 1944), che così la commenta: “Mi affretto a rassicurare gli italiani che Agostino Maria Trucco fu regolarmente perseguitato ed è morto povero e dimenticato. Ora le sue dottrine, possono essere tranquillamente studiate”).

La divulgazione de pensiero hall esista portò alla sensibilizzazione di un certo numero di persone e di studiosi ma il diffondersi dell’Hallesismo subì una battuta di arresto dovuta allo scoppio della prima guerra mondiale.

Finita la guerra, nel 1918 il primo nucleo di persone interessate si ricompose e man mano si allargò, giungendo nel 1992 alla costituzione dell’Unione Hallesista Italiana, che si riuniva nei locali di Palazzo Raggi, nel centro di Roma.

Ma una concezione economica così lungimirante ed aperta e, soprattutto, che pone l’essere umano al centro dell’interesse economico, non poteva convivere con un regime come quello fascista.

La repressione partì dal 1924, con lo scioglimento dell’Unione e la soppressione delle sue pubblicazioni periodiche. Si arrivò a sottoporre a processo, per truffa, Trucco e i suoi presunti complici (ing. Mario Baronci, avv. Giorgio di Domenico e ing. Nicolò Manetti-Cusa), che riuscirono però a dimostrare la propria innocenza in tutti i gradi di giudizio, fino alla sentenza di appello nel 1928. Ma le persecuzioni continuarono con nuove accuse, che sfociarono prima in una ammonizione (1934) e poi in una nuova assoluzione (1936).

Nel 1937 l’autorità politica tentava una nuova strada, ordinando alla Procura del Re di far arrestare Agostino Maria Trucco come demente e di internarlo in manicomio, ma anche questa accusa non resse all’esame medico delle autorità sanitarie, richiesto con insistenza dai suoi amici. Trucco fu dunque dimesso ma, sofferente nello spirito, abbandonò la lotta per la diffusione delle sue idee. Morì il 5 aprile 1940.

Non si pensi che l’Hallesismo non abbia avuto molti autorevoli riconoscimenti sia da parte di imprenditori che di uomini di banca e finanza, e anche san Luigi Orione si espresse favorevolmente sull’Hallesismo, scorgendone il grande valore etico, visto che l’obiettivo ultimo era quello di uno sviluppo mondiale basato sulla pace.

Il “sogno” di Agostino Maria Trucco è ancora forte e vivo e l’Hallesismo può rappresentare uno stimolo per costruire un mondo di pace e prosperità. Un mondo che sappia riconoscere il valore profetico delle parole che Robert Kennedy pronunciò all’Università del Kansas il 18 marzo 1968, pochi mesi prima di essere assassinato: “Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo PIL). Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani” (Il discorso di Robert Kennedy del 18 marzo 1968 è visibile su You Tube).

Le parole di Robert Kennedy evocano la possibilità di un mondo migliore, alla cui costruzione ciascuno di noi è chiamato a portare un contributo, nella consapevolezza che – nonostante le apparenze – l’evoluzione è in atto e lo è come portato di una legge universale di equilibrio, capace di riflettere i nostri sogni e le nostre azioni a beneficio di tutti gli esseri. È un mondo ricco di speranza e di spiritualità e certamente è un mondo in cui i giovani avranno un grande presente ed un ancor più grande futuro.

Lo scopo dell’umanità non è infatti il possesso e l’accumulazione asimmetrica delle risorse, fonti di disarmonia e di conflitto e non è nemmeno quello che segna il trionfo del consumismo, che fa sì che, a tutti gli effetti, le sedi dei centri commerciali appaiono oggi come il “tempio” in cui si celebra uno stanco rito legato al denaro.

È tempo che l’essere umano prenda coscienza della possibilità di una felicità basata sulla capacità di rinnovare le relazioni fra esseri umani alla luce del concetto teosofico di unità della vita, un concetto che permette di pensare in un modo che nel linguaggio dell’analisi transazionale suonerebbe così: “io sono OK e anche Tu sei OK”.

Antonio Girardi è, dal 1995, il Segretario Generale della Società Teosofica Italiana

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