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704. La cultura dominante corrotta fa il ladro innocente

Martedì 20 Settembre 2016 00:00 Rosario Castello
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Quanti sono coloro che pensando di essere onesti rubano convinti di non farlo?
Questo accade perché la maggior parte vive senza vera consapevolezza: per i più prevale il sonno della coscienza, l’ottundimento.
La cultura dominante nel mondo è corrotta, degradata, perché non è una “cultura della coscienza” in grado non solo di dare informazioni corrette ma di risvegliare la coscienza.

Sono molte le forme del rubare che non sembrano tali.

È rubare, non fare affari, se il sindaco di una città, di un paesino, accetta bustarelle e tangenti per affidare certi lavori, ma anche se distoglie fondi dalle opere necessarie.

È rubare, non essere furbo, se il cittadino evade le tasse, anche se troppe e ingiuste, rispetto a chi le paga.

È rubare se il preside non vigila e non fa funzionare la scuola per quanto dipende da lui secondo le norme vigenti.

È rubare se il professore non fa lezione, se non usa e non mette a disposizione degli studenti i mezzi disponibili, ma anche se non si prepara adeguatamente per i suoi studenti.

È rubare se lo studente (dalle elementari all’università) salta le lezioni con qualsiasi pretesto, o fa confusione impedendone lo svolgimento regolare, o provoca uno sciopero ingiustificato, se approfitta della pioggia o della neve, se sostiene di essere stanco (di ozio).

È rubare se l’operaio non svolge onestamente e bene il proprio lavoro, sapendolo perfettamente.

È rubare se l’imprenditore non paga correttamente e puntualmente il lavoratore e non versa i contributi sociali, o tiene in nero i dipendenti, o sfrutta le formule del precariato.

È rubare se il medico certifica malattie inesistenti al lavoratore (vigile, poliziotto, impiegato, ecc.), ma anche se con falsi attestati fa ottenere pensioni non dovute, se prende privilegi promuovendo farmaci voluti dalle multinazionali.

È rubare se il pensionato riscuote una pensione non dovuta.

È rubare se il banchiere accresce gli interessi passivi oltre il necessario per accumulare utili per se stesso e per la banca, ma anche se promuove ai risparmiatori azioni o obbligazioni sofferenti.

È rubare se il cassiere di banca manovra la propria arte-competenza per sottrarre somme non sue, poco per volta per il proprio bisogno, anche rimettendole a posto successivamente.

È rubare se il venditore porta a porta inganna gli anziani non in grado di difendersi dalle vendite-inganno.

È rubare se l’operatore di call center imbroglia il cliente dando informazioni inesatte per convenienza, per vendere forzatamente un prodotto o servizio, se registra un “sì” e lo manipola per garantirsi una vendita o un punteggio di ruolo.

È rubare se il lavoratore dichiara ore, giornate o missioni straordinarie, in realtà non fatte, traendone guadagno, ma anche se timbra la presenza per se o per altri senza effettivamente lavorare.

È rubare se il sindacalista prende permessi sindacali per fare gli affari suoi anziché quelli dei lavoratori che gli hanno dato il mandato.

È rubare se il faccendiere usa i mezzi illeciti della minaccia, del ricatto, dello spionaggio, ecc. per fare quelli che chiama affari.

È rubare quello del ricettatore che consapevolmente accetta e vende merce rubata.

È rubare se la commessa pensa che sottrarre solo un capo d’abbigliamento dal magazzino ogni tanto non danneggi nessuno.

È rubare se il bambino o il giovane sottraggono denaro dal portafogli dei genitori.

È rubare se il poliziotto, il vigile o il carabiniere si girano dall’altra parte fingendo di non vedere un reato in atto.

È rubare se il premier di un governo mente ai cittadini sul reale stato delle cose del paese, delle banche, dei posti di lavoro, ecc.. Se mente e inganna ruba la fiducia oltre che lo stipendio pagato dai contribuenti.

È rubare se i parlamentari o i senatori cercano di trarre guadagno dal loro status quo, in qualunque modo lo facciano, cosa che i cittadini-contribuenti non possono fare, ma anche se sono assenteisti in Parlamento e in Senato (il luogo di lavoro per cui sono pagati dai contribuenti).

È rubare se i politici raccolgono voti elettorali promettendo favori, raccomandazioni, appalti, ecc..

È rubare se un giornalista ottiene cariche importanti come alla Rai non per meriti reali ma per motivi politici e servilismo verso il potere.

È rubare se il legislatore fa leggi che permettono di rubare ed istigano al furto, o leggi che permettono di uscire di prigione con facilità, oppure leggi che favoriscono certi imprenditori (piuttosto che altri), certi faccendieri, alcune particolari famiglie legate a banche varie, certe multinazionali, mafiosi, criminalità organizzata, ecc.. Ruba anche chi queste leggi le firma.

È rubare, se un individuo si appropria di messaggi (scritti o verbali), non a lui indirizzati, sui vari social come whatsapp, oltre che violare la privacy. È sempre rubare, è commettere reato, scattare foto o girare filmini senza consenso degli interessati e inoltre diffonderli in rete, e magari minacciare e ricattare per un qualche tornaconto. Si tratta di reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 614 e 615 bis del codice penale).

La corruzione diffusa, divenuta normalità di pensiero e di comportamento, nella maggior parte dei cittadini di qualunque estrazione sociale marchia la cultura dominante delle sembianze di cultura del male.

Tutti coloro che partecipano a mantenere questo sistema sono responsabili di non dare un futuro migliore ai giovani: restare inerti, passivi, senza nulla tentare di cambiare aggrava la situazione di ogni paese. Eppure qualcosa si può fare, sempre si può fare se si vuole. Serve solo un po’ di coraggio per cominciare, senza rivoluzioni, senza gridare, senza confusione. Si comincia creando retti e giusti rapporti umani dove il dialogo è al centro e nessuno è nemico e dove esistono solo problemi che si possono risolvere. Si può fare con simpatia senza scatenare l’antipatia che sfocia nell’insensato odio sotto diverse forme. Mai privilegiare l’odio perché diventa persecuzione di qualcuno o di qualcosa, e infine guerra, sangue, sofferenza.
Qualcosa si può fare, sempre si può fare se si vuole.