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888. Politici, Giornalisti, Media: una guerra alla verità

Lunedì 19 Novembre 2018 00:00 Rosario Castello
Stampa

L’Articolo 21 della Costituzione dice:

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria [cfr. art. 111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni”.

Il vero problema in Italia (visto che nei giorni scorsi sembra essersi scatenato un putiferio con un ministro che ha usato degli epiteti irriverenti nei confronti di un certo tipo di giornalisti, non di tutti) non è tanto la messa a rischio della libertà di stampa (al momento non sembra esserci) ma se chi scrive racconta il vero o se cerca di manipolare l’opinione pubblica tramite menzogne, allusioni, depistaggi. L’episodio ha scatenato un diffuso ed esagerato dibattito dove sono scesi in campo i soliti competenti di turno a sproloquiare, veri tuttologhi per ogni occasione. Addirittura si sono scomodati editori (Fieg, Fnsi, Usigrai) e giornalisti per ricordare l’Art. 21 al partito del ministro in causa. È una ovvietà, un fatto scontato, in una società civile, che l’Informazione debba essere libera e pluralista, senza lezioni da parte di chicchessia.

È poi così sicuro che i giornalisti scrivano sempre la verità? Oppure è vero che scrivono quella che vogliono e gli dicono di raccontare i “padroni” (gli editori) o altre entità occulte?

In tv e nei giornali imperversano sedicenti competenti di ogni genere che, dall’alto della loro “pochezza” ed “ipocrisia”, impartiscono, senza alcuna richiesta, lezioni di etica, deontologia e bon ton.
Si ha l’impressione che sia stato dato un “via libera” a fiumane di “parole” come a “erutti” a ruota libera, liberatori per la cattiva digestione di ciò che non piace (ai politici, ai giornalisti, agli editori, agli azzeccagarbugli sciolti nella società, ecc.). Il risultato è quello di un “via libera” tra chi offende e chi si offende. Ciò che prevale è una triste e miserevole mediocrità da ogni parte. Nulla di buono. Nulla di costruttivo. Nulla di sensato per i cittadini e per il Paese. Una guerra tra mediocri che si credono “Principi” della parola e del potere. A tutti costoro, che stanno partecipando alla ulteriore rovina del Paese (politici, giornalisti, editori, opinionisti, economisti assoldati, imprenditori, faccendieri, membri irresponsabili dei “poteri forti” e dei “poteri occulti”) bisognerebbe ricordare che, da qualche parte, la loro “caduta” li sta già aspettando, un “precipizio” per loro è già stato assegnato, come è accaduto per tutti quelli a loro simili nel passato. La loro “posizione”, che credono salda e duratura, e il “potere” che credono di aver conquistato sono pure illusioni.
Politici che attaccano i giornalisti o gli editori. Giornalisti che scrivono di tutto e di più contro i politici non graditi. Bugie e verità che si mescolano, che perdono i propri rispettivi confini. Una guerra al massacro dell’opinione pubblica.
Tv, giornali, internet, social: strumenti d’informazione o di disinformazione e manipolazione?

Queste storie di oggi, che provocano sdegno, ci sono sempre state nella lunga storia dell’umanità. Tutto si ripete come sempre finché ci saranno certi tipi di uomini, cioè coloro che prostituiscono il proprio intelletto. Sono molti quelli che per guadagno e per potere rinunciano alla propria libertà intellettuale, all’onesto senso critico, pur di far parte dell’oscuro ingranaggio del “Potere” che fa guardare i più (i cittadini-contribuenti, il popolo sovrano) dall’alto, assicurandosi privilegi e protezione.

Anche nella storia recente, di qualche anno fa, “qualcuno” ha sferrato un’offesa, che ha poi chiamato “ironia”, addirittura guardando ai cittadini.

Se un politico fa l’editore (tv, giornali, corte di giornalisti “servi”, opinionisti al soldo, banca, ecc.), in segreto anche il membro di un “potere occulto”, e attacca gli avversari politici ma nello stesso tempo offende anche i cittadini elettori, posizionati politicamente all’opposto, chiamandoli “coglioni … malati mentali …” se avessero votato per i suoi avversari, in presenza di cosa siamo? Conflitto di interesse ignorato, tentata manipolazione della pubblica opinione, o quant’altro?
Un fatto realmente accaduto ma che non ha scatenato, allora, il dibattito e le iniziative intraprese oggi nei confronti di questo giovane sprovveduto ministro (che non ha saputo controllare la propria reazione emotiva). Nessuno, allora, si è messo a difendere i cittadini offesi da uno che, forte della propria immunità, aveva usato l’insulto quale espediente manipolativo per indurre al proprio personale consenso. Da auto-compiaciuto manipolatore aveva osato dire: “Ho troppa stima nell’intelligenza degli italiani per pensare che ci siano così tanti coglioni che possano votare contro il proprio interesse … scusate il linguaggio rozzo ma efficaceUna certa magistratura è il cancro del paese …”. La parola “coglioni” usata davanti la platea di Confcommercio a proposito di chi alle prossime elezioni avrebbe votato contro i propri interessi (ovvero contro colui che ha pronunciato la parola “coglioni”, giustificandosi subito dopo dicendo che l’espressione usata era solo dell’ironia).

È il caso proprio di dire che “i potenti e le categorie protette se la cantano e se la suonano” secondo la propria convenienza.

È sacrosanto rivendicare la libertà di stampa per il giornalismo e per tutti coloro che scrivono con i moderni sistemi tecnologici, ma questa libertà non deve diventare diritto alla disinformazione, alla manipolazione, all’imbroglio per ben servire un “padrone” (palese o occulto).
Non può esistere una “libertà” per alcuni (i più forti) e una “censura” per altri (i più deboli). Il richiamo a convenienza dell’Art. 21 della Costituzione è piuttosto sospetto. Gli Articoli della Costituzione dovrebbero essere attuati e applicati tutti, ma così non è. Certi politici, giornalisti e media non fanno, per questo, alcuna battaglia anzi, sempre per convenienza, hanno cercato di disastrarla più volte.

Pilotare la libertà di stampa in una sola direzione non è vera libertà; cercare di ottenere il controllo della società per mezzo delle parole, con la complicità di nuovi neologismi creati ad arte, significa essere contro la libertà. La manipolazione rende schizofrenici sia coloro che la praticano sia coloro che la subiscono. Vengono utilizzate le cosiddette Fake news per ottenere il controllo attraverso la manipolazione dell’immaginario e dell’emotività delle persone.
È ora che ci si renda conto che si sta effettuando un attacco occulto alla libertà individuale, un attacco coperto dai media, visto che non ne parlano o non prendono sul serio la cosa menzionata da più parti.

La libertà di stampa non è, ad esempio, quella esercitata dall’Informazione sulla società TIM: non vengono raccontate le cose come stanno veramente ma i giornali (giornalisti ed editori), a seconda di chi vogliono privilegiare e far apparire sul fronte giusto, costruiscono “punti di vista-visioni” appropriati per strappare il consenso dell’opinione pubblica e creare un clima-corrente nel Paese nella direzione voluta. Non si evince mai la giusta prospettiva che fa bene veramente ai cittadini-utenti, ai cittadini-dipendenti e al Paese per la sua crescita industriale. Non viene mai raccontata la storia dei “servitori”, dei veri “padroni” che mettono le mani sulla società, che si avvicendano periodicamente depredando per ben servire la “Fonte occulta”. La lista è ormai piuttosto lunga. Nell’oggi, il gioco si sta ripetendo per spingere nella direzione voluta dal potere occulto che non mostra mai la sua faccia, ma mette di fronte al fatto compiuto dei propri azionamenti oscuri. Tutti nel raccontarne le vicende mettono, in questi giorni, i fari sull’operazione del distacco della Rete ma nessuno parla di Telecom Sparkle, di cosa sia veramente, di cosa significhi svenderla e del pericolo che ciò comporterebbe mettendo i Big Data in “mani altre” (non italiane). Chi tiene in mano Telecom Sparkle potrebbe gestire un immenso potere con cui poter negoziare affari illeciti a livello internazionale.

Sempre sulla libertà di stampa diciamo che ci sono editori della parola mai “detta” e mai “scritta” sulla verità come, ad esempio, il direttore del quotidiano La Sicilia, Mario Ciancio (86 anni), posizione ricoperta sin dal 1967 (oggi imputato di concorso esterno in associazione mafiosa che si è visto sequestrare 150 milioni e i suoi giornali). Ma quasi nessuno, degli altri editori e giornalisti, parla o scrive del più potente editore del Mezzogiorno, dei suoi rapporti con i boss di Cosa Nostra, di cui si sapeva tutto da anni. Non hanno scritto prima e non hanno scritto adesso.
La libertà di stampa vuol dire, forse, anche tacere?
Tacere, per un giornalismo etico e socialmente utile, su una notizia di rilievo come il sequestro dell’intero patrimonio di Mario Ciancio (31 società, partecipazioni, giornali, televisioni, ville, casali e 25milioni di euro in conti correnti) cosa significa?
Hanno taciuto, nel passato e nell’oggi, amministratori, sindaci, imprenditori, editori, opinionisti, giornalisti, politici,uomini di governo, ecc., in nome della libertà di parola e di stampa.
Per un giornalista scrivere la verità non è forse un dovere? Tacere su una verità saputa non significa, forse, violare il codice deontologico?

È come per quei giornalisti famosi che vengono coptati-invitati alle riunioni annuali del Bilderberg e tacciono dopo l’incontro. Ma se vengono invitati per le riconosciute capacità giornalistiche perché, dopo, non parlano, non scrivono, non fanno il loro dovere di giornalisti? Non significa, forse, tradire la libertà di stampa e la verità?

C’è stato un tempo, non troppo lontano, quando la televisione e gli strumenti di comunicazione di oggi non esistevano, in cui accadevano stranamente le stesse cose di oggi nella cosiddetta “Informazione”. Il che ci dovrebbe portare a riflettere più profondamente sul concetto di “libertà”, quando ad essa applicata e dei rapporti che entrambe queste parole, Informazione e libertà, vantano con il significato di “verità”.

A testimonianza riportiamo di seguito, per concludere, quanto ha spiegato John Swinton (redattore capo del New York Times) nel 1880, durante il suo discorso di pensionamento, davanti ad una cospicua platea di colleghi presso la Press Association. Si trattò di un forte discorso scioccante per tutti, proprio perché fatto da lui in veste di redattore capo di un giornale così importante e potente.
Un discorso importante per la sua incredibile attualità dell’oggi.

In America, in questo periodo della storia del mondo, una stampa indipendente non esiste. Lo sapete voi e lo so pure io. Non c’è nessuno di voi che oserebbe scrivere le proprie vere opinioni, e già sapete anticipatamente che se lo facesse esse non verrebbero mai pubblicate. Io sono pagato un tanto alla settimana per tenere le mie opinioni oneste fuori dal giornale col quale ho rapporti. Altri di voi sono pagati in modo simile per cose simili, e chi di voi fosse così pazzo da scrivere opinioni oneste, si ritroverebbe subito per strada a cercarsi un altro lavoro. Se io permettessi alle mie opinioni di apparire su un numero del mio giornale, prima di ventiquattrore la mia occupazione verrebbe liquidata. (…) Il lavoro del giornalista è quello di distruggere la verità, di mentire spudoratamente, di corrompere, di diffamare, di scodinzolare ai piedi della ricchezza, e di vendere il proprio paese e la sua gente per il suo pane quotidiano. Lo sapete voi e lo so pure io. E allora, che pazzia è mai questa di brindare a una stampa indipendente? Noi siamo gli arnesi e i vassalli di uomini ricchi che stanno dietro le quinte. Noi siamo dei burattini, loro tirano i fili e noi balliamo. I nostri talenti, le nostre possibilità, le nostre vite, sono tutto proprietà di altri. Noi siamo delle prostitute intellettuali”.

John Swinton
Redattore capo del New York Times – 1880

La verità è che il “Potere” controlla i Media per manipolare i cittadini e farne un gregge direzionabile a volontà.


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