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1008. Naufragio della civiltà

Sabato 26 Settembre 2020 00:00 Rosario Castello
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Ha ragione Liliana Segre, dopo quello che è accaduto a Colleferro, ad aver detto: “La fine di quel ragazzo è un naufragio della civiltà”. Tutti dovrebbero riflettere profondamente su queste parole e su quanto è accaduto e farne tesoro per una maggiore presa di consapevolezza dello stato generale in cui versa attualmente la società umana.

È da molti anni che “chi di dovere” sottovaluta il problema dell’odio sociale che offende, degrada e imbarbarisce la democrazia rendendola impotente.
Chi vuole questo odio e questa violenza nella società per manipolarla a piacere e plasmarla secondo i propri disegni oscuri? Alcune evidenze conducono sul fronte della destra (trasformatisi in destra neofascista e/o neonazista) altre sul fronte della sinistra, smarrita e senza più una propria identità. Questo è un fenomeno indotto, provocato gradualmente da chi diffonde, facendo finta di niente, parole che infiammano e che scatenano, strumentalmente, l’odio per l’odio. Tutti i vertici delle istituzioni che l’hanno sottovalutato, minimizzando, si sono resi complici di tutti gli atti di violenza che sono stati commessi in questi anni, compreso quello dell’oggi avvenuto a Colleferro. Le parole di circostanze che stiamo ascoltando in questi giorni non servono a niente, non risolvono il problema e non resuscitano le vittime di questo odio inaccettabile. I politici, i governi, come al solito spendono fiumi di parole e di annunciazioni che non costano nulla ma tutto resta come sempre: è quello che succede da molti anni. È una vergogna: è un evidente fallimento dello Stato, dei governi che si sono succeduti, delle politiche annacquate che hanno fatto finta di affrontare il problema per motivi elettorali, di consenso, di accaparramento del potere politico. Si è perso, in questo modo, il profilo di Paese civile e sembra non importare a nessuno: è protagonista solo l’ipocrisia istituzionale.
Perché permettere ad una piccola minoranza violenta di trasformare l’Italia in un Paese brutto e cattivo?
Ci rendiamo ben conto, osservando la situazione da tutti i punti di vista, che ormai i genitori, i maestri, i professori non sanno più educare né proteggere i giovani, altrimenti tutto questo non accadrebbe: è una cosa molto grave che mette in serio pericolo il Paese.
La violenza che viene manifestata non è una semplice goliardata, né l’espressione civile di una ideologia, non può e non deve esserlo, è solo violenza, è odio per l’odio, una assurdità. Dai social alle piazze non si possono sfogare i peggiori istinti in questo modo, per mancanza di una seria educazione-istruzione appropriata, non si può nemmeno chiamare esuberanza giovanile, non si può uccidere per noia, per divertimento, per dimostrare di essere il migliore e il più forte. È inaccettabile assistere impotenti alla quotidiana movida violenta, espressione di bruttezza e volgarità d’animo. È una vera idiozia finire ogni divertimento sempre nella rissa violenta con feriti e morti.

Perché esistono, tra gli esseri umani, coloro che sono affetti, inspiegabilmente, dalla malattia del disprezzo, dell’insulto, dell’umiliazione, della violenza? Perché alcuni trovano normale considerare inferiore una persona diversa, per colore della pelle, per religione, per sesso? Perché non riescono a rendersi conto dell’atrocità dei pensieri che albergano in loro e che trasmettono come verità, pretendendo che anche altri li debbano accettare per forza? Perché alcuni si debbono sentire liberi di insultare, offendere, umiliare o aggredire le persone diverse e queste, invece, non possono essere libere di essere come sono, per come sembrano, per come vivono?

Controllare le proprie parole per non offendere non significa affatto subire una limitazione di libertà ma fare un grande atto di civiltà. Evitare espressioni offensive come “negro, handicappato, mongolino, frocio, sfigato, e quant’altro di poco piacevole”, non significa castrare la propria libertà. Nessuno deve abusare delle minoranze: è una cosa ovvia che troppo spesso, ormai, viene ignorata facendo circolare un pericoloso serpente infiammabile in ogni ambito della società.
Chi detiene il potere ha il dovere e la responsabilità di controllare il proprio linguaggio, perché volente o nolente, fungerà da esempio per gran parte dell’opinione pubblica. Vale anche per coloro che con il proprio ruolo svolgono, direttamente o indirettamente, una funzione di influencer.
Le parole possono svolgere l’effetto in cui provocando un conflitto, uno scontro, questo divampa, facendo diventare quelle parole dette motivo di pericolo e di violenza inaudita.

Prima che alla perdita della nave, di questo naufragio della civiltà, segua la riduzione a rottame o a relitto inutilizzabile, intervenga risolutamente lo Stato, il governo, la politica sana, non corrotta, quella non interessata alla diffusione dell’odio e della violenza, per contrastare invece quella politica interessata alla manipolazione dei cittadini per condurli nella direzione da essa voluta per l’accaparramento del potere politico in forma autoritaria. Il pericolo c’è anche se da ogni parte è stato più volte minimizzato.