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187. Tantrismo e Magia di René Guénon

Giovedì 09 Febbraio 2012 00:00 Rosario Castello
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Si usa, in Occidente, attribuire al Tantrismo un carattere ‘magico’, o per lo meno credere che la magia vi giochi un ruolo preminente; vi è qui un errore d’interpretazione per ciò che concerne il Tantrismo, e forse anche per ciò che concerne la magia, a proposito della quale noi contemporanei abbiamo generalmente solo idee estremamente vaghe e confuse, come abbiamo già mostrato in altre occasioni. Non torneremo qui su quest’ultimo punto; ma, prendendo la magia nel suo senso rigorosamente proprio, e supponendo che sia proprio così che la si intende, ci chiederemo soltanto se c’è qualcosa, nel Tantrismo, che possa offrire il destro a questa famosa interpretazione, dato che è sempre più interessante spiegare un errore che limitarsi a constatarlo.
Innanzitutto, ricorderemo che la magia, per quanto sia in d’ordine inferiore, è tuttavia una scienza tradizionale autentica; come tale, essa può legittimamente ottenere un posto tra le applicazioni di una dottrina ortodossa, a condizione che si tratti di un posto subordinato e secondarissimo come conviene al suo carattere essenzialmente contingente. D’altra parte, dato che l’effettivo sviluppo delle scienze tradizionali particolari è di fatto determinato dalle condizioni proprie dell’una o dell’altra epoca, è naturale e in certo qual modo normale che le più contingenti tra esse si sviluppino soprattutto nel periodo in cui l’umanità è più lontana dall’intellettualità pura, cioè nel Kali-Yuga, e che vi acquistino, pur restando nei limiti loro assegnati dalla loro stessa natura, un’importanza che non avrebbero mai potuto avere in epoche precedenti. Le scienze tradizionali, quali che siano, possono sempre servire da ‘supporto’ per innalzarsi ad una conoscenza di ordine superiore, ed è ciò, più che quello che sono in se stesse, a conferire loro un valore propriamente dottrinale; ma, come dicevamo, tali ‘supporti’ divengono sempre più contingenti man mano che si compie la ‘discesa’ ciclica, al fine di adattarsi alle possibilità umane di ciascuna epoca. Lo sviluppo delle scienze tradizionali inferiori, insomma, non è che un caso particolare della necessaria ‘materializzazione’ dei ‘supporti’ di cui abbiamo parlato; ma, nello stesso tempo, va da sé che i pericoli di deviazione divengono sempre più forti quanto più si va lontano in questo senso, ed è per questo che una scienza come la magia è palesemente tra quelle che danno più facilmente luogo ad ogni sorta di deformazione e di uso illegittimo; la deviazione in ogni caso, non è del resto imputabile, in definitiva, che alle stesse condizioni di quel periodo di ‘oscurità’ che è il Kali-Yuga.
E facile comprendere la relazione diretta che queste considerazioni hanno con il Tantrismo, forma dottrinale specialmente adatta al Kali-Yuga; e, se si aggiunge che, come abbiamo già indicato, il Tantrismo insiste in modo affatto speciale sulla ‘potenza’ come mezzo e come base possibile di ‘realizzazione’, non ci si dovrà meravigliare che esso debba per ciò stesso accordare una importanza piuttosto considerevole, si potrebbe dire il massimo d’importanza compatibile con la loro relatività, alle scienze che, in un modo o nell’altro, sono suscettibili di contribuire allo sviluppo di questa ‘potenza’ in un qualsiasi campo. Dato che la magia è evidentemente uno di questi casi, non è minimamente da contestare che essa trovi posto in questo campo; ma ciò che bisogna chiaramente dire, è che essa non potrebbe in alcun modo costituire l’elemento essenziale del Tantrismo: coltivare la magia per se stessa, come pure porsi quale scopo lo studio o la produzione di ‘fenomeni’ non importa di qual genere, significa chiudersi nell’illusione invece che tendere a liberarsene; ciò è solo deviazione e, in conseguenza, non si tratta più del Tantrismo, che è invece l’aspetto di una tradizione ortodossa e una ‘via’ destinata a condurre l’essere alla vera ‘realizzazione’.
Si riconosce generalmente di buon grado che vi è una iniziazione tantrica, ma, il più delle volte, senza che ci si renda conto di ciò che essa realmente implichi; tutto quello che abbiamo a più riprese esposto, a proposito dei fini spirituali propri di tutte le iniziazioni regolari senza alcuna eccezione, ci dispensa dal dilungarci su questo punto. La magia come tale, riferendosi esclusivamente alla sfera ‘psichica’ per sua stessa definizione, non ha sicuramente niente di iniziatico; dunque, anche se può accadere che un rituale iniziatico metta in opera certi elementi apparentemente ‘magici’, bisognerà necessariamente che, per lo scopo che loro assegna e per il modo in cui li impiega in conformità con questo scopo, li ‘trasformi’ in qualcosa di tutt’altro ordine, sì che lo ‘psichico’ non sarà più che un semplice ‘supporto’ dello spirituale; e così non tratterà più, in realtà, di magia; così come non si tratta di geometria, ad esempio, quando si effettui ritualmente il tracciato di uno yantra; il ‘supporto’ preso nella sua ‘materialità’, se così ci si può esprimere, non deve mai essere confuso con il carattere di ordine superiore che gli è essenzialmente conferito attraverso la sua destinazione. Questa confusione non può che essere opera di osservatori superficiali, incapaci di vedere quanto vi sia al di là delle apparenze formali più esteriori, il che è proprio il caso di quasi tutti quelli che, nel moderno Occidente, hanno voluto occuparsi di queste cose, e vi hanno sempre portato tutta l’incomprensione inerente alla mentalità profana; è del resto questa stessa confusione che, sia detto di sfuggita, è parimenti il punto di partenza delle interpretazioni ‘naturaliste’ che essi hanno preteso dare ad ogni simbolismo tradizionale.
A queste osservazioni, ne aggiungeremo un’altra di carattere in parte differente: si sa quale sia l’importanza degli elementi tantrici che hanno penetrato certe forme di Buddhismo, quelle che sono comprese sotto la denominazione generica di Mahayana; ma, ben lungi dall’essere un Buddhismo ‘corrotto’, come si usa dire in Occidente, queste forme rappresentano al contrario il risultato di un adattamento del tutto tradizionale del Buddhismo. Che non si possa più, in certi casi, ritrovare facilmente i caratteri propri del Buddhismo originario, poco importa; o piuttosto, ciò non fa che testimoniare dell’ampiezza della trasformazione che è stata così operata (questo passaggio è in accordo con le modificazioni che lo stesso René Guenon aveva apportato sulla questione del Buddhismo nella 4° edizione dell’Introduzione generale allo studio delle dottrine indù (1952) ). Ci si può allora porre questa domanda: come può una cosa simile essere avvenuta al Tantrismo, se esso fosse davvero stato nient’altro che una forma di magia? Vi è in ciò una impossibilità perfettamente evidente per chiunque abbia una sia pur minima conoscenza delle realtà tradizionali; questa non è, in fondo, che l’impossibilità stessa a che l’inferiore produca il superiore, o a che il ‘più’ scaturisca dal ‘meno’; ma questa assurdità non è forse proprio quella che si trova in tutto il pensiero ‘evoluzionista’ dei moderni Occidentali, e che contribuisce, in larga misura, a falsare irrimediabilmente tutte le loro concezioni? 

tratto da “Studi sull’Induismo” di René Guénon – Basaia Editore Roma –
traduzione a cura di Antonino Anzaldi
l’originario articolo pubblicato in Etudes Traditionelles, agosto-settembre 1937