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504. Esoterico si nasce non si diventa

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A fare l’esoterico, in realtà, non è proprio una scelta deliberata improvvisa dell’individuo ma tutta una lunga serie di impressioni subconscie (vasana), tendenze o semi mentali (samskara), attenzioni vissute lungo una catena di esistenze nelle quali si manifestava una qualche forma di interesse misterico, spirituale, trascendente. Semplicemente, in una particolare esistenza, si è coagulato un intenso interesse consapevole manifestando una “esperienza” in grado di consegnare e fissare il “signum” (a livello del corpo sottile – Lingasarira – che accompagna l’Anima nel processo di trasmigrazione e persiste per tutto il Samsara, fino alla soluzione dell’individualità) riconoscibile in tutte le successive reincarnazioni.
Una qualunque forma di predisposizione esoterica non necessariamente è legata ad una specifica via o sentiero ma può essere espressione indipendente di un “sentire”, di un “vedere”, di uno “sperimentare”. Un individuo, quindi, può essere un “esoterico”, nel senso detto sopra, ma non necessariamente un Iniziato, un Maestro.
L’Iniziato, il Maestro esprimono risposte comportamentali, comunicazionali e informazionali proprie del vero e grande “Esoterismo” (quel particolare modo elevato di pensare, parlare e quell’agire dell’”essere” esoterico) nella sua più Alta essenza-concezione.
Significa che l’Iniziato, a differenza dell’esoterico in erba, manifesta cit-sakti, cioè il “potere della coscienza”, quella forza vivificante della coscienza-consapevolezza propria degli esseri completamente risvegliati.
L’esoterico in formazione, per quanto “pronto”, “capace”, “qualificato” si può sempre imbattere ancora, e sarebbe normale, in cittabhrama, cioè nell’”errore mentale”, in una forma di disattenzione, in una errata rappresentazione del percepito o dell’intuito. Ma l’esoterico con il “signum”, gradito agli osservatori delle Strade Alte, non può che sperimentare, prima o poi, citsvarupa, cioè “ciò la cui reale natura è pura coscienza”, l’Atman.

 

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