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621. Dopo l’errore la Grazia e la crescita spirituale

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Stiamo accennando, di seguito, alla questione del poter commettere degli errori in ambito spirituale, dal punto di vista di chi sta in buona fede sbagliando.

In ambito spirituale, senza la buona fede e la sincerità di pensiero, di parola, di azione e di intenzione, significa essere alla presenza di “altro”, di tutto fuorché di qualcosa di spirituale e in tal caso non necessiterebbe della nostra attenzione.

Si possono commettere errori, anche gravi, ma in buona fede: credendo sinceramente di stare facendo la cosa giusta. Anche nella consapevolezza di stare manovrando, manipolando situazioni e persone si può credere di stare facendo la cosa giusta.
È importante, ad un certo punto, quando i segnali inequivocabili tutt’intorno evidenziano l’eventualità di un errore che sta coinvolgendo fatti, persone ed eventi, che ci si fermi a riflettere.
Un’azione erronea, al di là del fatto di saperla tale, ha una sua energia ed una sua forza guidate da quella ragione che pensa di essere nel giusto.

Dedicarsi ad una causa ritenuta giusta, in modo del tutto disinteressato a livello personale, è certamente un merito specie se, come sopraccennato, si è in buona fede. Ci si viene a trovare, a volte, in determinate circostanze in cui la capacità critica di giudizio viene meno per un semplice moto affettivo, o di estrema fiducia nei confronti di una persona trascinatrice che si fa seguire ciecamente nei suoi fini.
I pensieri-forma generati dall’auto-convincimento, nel complesso aurico, si densificano fino al punto da condizionare la libera scelta dell’individuo: si viene a creare il cosiddetto annebbiamento manasico, uno stato in cui viene a prevalere manas-kama. Questo significa che manas (la parte della mente rivolta al mondo esterno, dei desideri e delle necessità), essendo la sede del “senso dell’io-mio”, consente all’ego (l’ahamkara), di imporsi rispetto alla mente illuminante, inibendo così la buddhi (in grado di rivelare l’errore , il cittabhrama, grazie alla discriminazione-discernimento a cui è deputata). L’individuo in errore, in pieno cittavikara, in piena modificazione mentale mediante le vrtti dell’auto-convincimento fa emergere innumerevoli impressioni subconscie, proiezioni mentali che aggravano l’annebbiamento aurico. Cosa necessita in tali circostanze? Semplicemente il fermarsi attraverso la soppressione o sospensione delle innumerevoli modificazioni mentali (cittavrttinirodha) che cercano febbrilmente i pensieri a conferma della propria ragione, in un invisibile campo di battaglia delle aure perturbate (un sottile e invisibile ma attivo kuruksetra degli ahamkara).

Gli scontri, l’affermazione delle proprie ragioni ritenute giuste rispetto a quelle degli altri, la convinzione di una certa superiorità rispetto agli altri, aprono le porte inferiori di un abisso che vorrebbe veder cadere l’ahamkara (che è solo il riflesso del Jiva, a sua volta riflesso del Jivatman, e ulteriore riflesso dell’Atman-Brahman): invece bisogna fermarsi, controllare i moti-vrtti di un’arroganza che vorrebbe prevalere, mettersi in silenzio, investigarsi profondamente.
La discriminazione-discernimento è il giusto mezzo: saper conoscere e distinguere, porre fine alla confusione scatenata da un ahamkara annebbiato, portare ordine in manas iperattivato da kama, offrire a citta quiete perché buddhi possa illuminare passi e gesti.
Non c’è nulla di male nel riconoscere di aver sbagliato, di aver preso “lucciole per lanterne” e su questo errore avere indotto altre persone a sbagliare, a non valutare correttamente, a non ben discernere.
Sulla vera Via spirituale riconoscere umilmente i propri errori è un grande atto di valore che posiziona immediatamente ad un punto più in alto della spirale Verticale che conduce alla “Sfera dell’Alto”.
Riconoscere sinceramente un errore, un annebbiamento, richiama sempre una Grazia perché il Divino ama molto coloro che avendo sbagliato lo riconoscono e ne fanno ammenda con le azioni del coraggio della verità. Il pentimento sincero guarisce il cuore, penetra l’inconscio, purificandolo delle memorie di dolore e sofferenza, e mette in moto il cambiamento dei comportamenti limitanti. Dopo l’errore, il riconoscimento, il pentimento e la Grazia, la crescita spirituale pervenuta richiede un particolare percorso introspettivo.
Colui che prende consapevolezza dei propri errori deve sanare la relazione con stesso così potrà sperimentare una pax profunda; deve sanare la relazione con gli altri così potrà sperimentare un più grande livello di amore; deve sanare la relazione con il Divino così potrà sperimentare un grado profondo di beatitudine.

La vita dei sensi e dell’ego è conflitto: così non dovrebbe essere in un ambito scelto di vita spirituale.
Qualunque incomprensione, qualsiasi tipo di errore, da parte di chiunque, possono essere affrontati e risolti senza brusche reazioni, senza contrapposizioni, senza fanatismi, tantomeno superbia.
Occorre dialogo e comprensione, si tratti di due individui, di un gruppo o di una organizzazione. Non bisogna dimenticare che gli individui sono cuori, coscienze, menti con la possibilità di essere ricettivi, se situati in un sentiero dell’incontro, del riunirsi.

Chi provoca un errore o chi è vittima inconscia dell’errore provocato da qualcun altro, dovrebbe rendersi conto che tale esperienza lo ha portato nel conflitto e quanto si sta manifestando a causa dell’errore, non appartiene alla Realtà dello Spirito: l’errore di aver creduto Realtà ciò che non era tale è dimostrato dall’incompiutezza sofferta. La Realtà né cerca né vuole dimostrazione alcuna, non aziona strategie per essere scoperta (per rivelarsi), non incarica nessuno per condurre altri al Suo cospetto.
Di fronte al frastuono nascosto degli ego, in un ambito spirituale, dovrebbero prevalere il buon senso, l’intelligenza e soprattutto l’amore; “fari” per riconoscere la necessità di risolvere il conflitto provocato: la menzogna e l’inganno non sono buoni mezzi per fare il bene nella spiritualità.
La responsabilità di chi sa, in cuor suo, di avere partecipato alle conseguenze di un errore, che induce innumerevoli persone, inconsapevoli dell’inganno, ad essere pienamente convinte di “ciò che sembra”, ma che in realtà “non è”, dovrebbe far predisporre, in chi sa la verità, un’adeguata posizione coscienziale per risolvere l’errore e il consequenziale conflitto.

Un fenomeno, un fatto, un evento non è reale solo perché un numero crescente di individui dà il proprio consenso sulla sua veridicità: possono essere soggetti ad un miraggio collettivo, soggetti ad un contagio di credulità, a una risposta agli effetti di una persuasione occulta o di una manipolazione indiretta, ecc.

L’errore è nulla, meno che polvere, ma crea distanze e separazione; la Verità illumina le strade che rendono unite tutte le cose; l’Amore è tutto, riunisce ciò che è stato separato e rende Uno tutti i cuori che sinceramente anelano all’Assoluto.

 

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