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676. Origine e fine dell’Uomo di Louis Claude De Saint Martin

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Dobbiamo allontanare da noi quei pensieri insensati con cui gli uomini cechi insegnano che dobbiamo la nostra origine al “niente”.
Non avviliamo il nostro essere, esso è fatto per altezze sublimi!
Ciò si potrà avverare raggiungendo il proprio Principio perché secondo le semplici leggi della fisica, gli esseri non possono innalzarsi che a quel grado da cui sono discesi. E queste leggi cesserebbero d’esser valide ed universali se il principio dell’uomo è il “niente”.
Tutto ci mostra i nostri rapporti con il centro produttore della universalità immateriale e della universalità materiale, infatti ogni nostro sforzo è continuamente teso ad appropriarci dell’una e dell’altra ed a conquistare tutte le “virtù” che sono intorno a noi.
Osserviamo ancora che la dottrina sulla emanazione dell’essere intellettuale dell’uomo si accorda con quella che ci insegna che tutte le nostre scoperte non sono in fin dei conti che delle reminiscenze.
Si potrebbe egualmente dire che queste due dottrine si sostengono mutualmente perché se siamo emanati da una sorgente universale di verità, nessuna verità ci deve apparire nuova, ed inversamente se nessuna verità ci sembra nuova, ma percepiamo il ricordo o la rappresentazione di qualche cosa che è celato in noi, allora siamo nati nella sorgente universale della verità.
E noi vediamo nelle leggi semplici e fisiche dei corpi, una immagine sensibile del principio che l’uomo non è che un essere pieno di reminescenze.
Quando i germi, i semi, producono i loro frutti, non fanno che manifestare visibilmente le facoltà o le proprietà ch’essi hanno ricevuto dalle leggi costitutive della loro essenza. Quando questi germi, quando la ghianda per esempio, giunta alla sua esistenza individuale è sospesa al ramo della quercia che l’ha prodotta, partecipa a tutto ciò che agisce nell’atmosfera perché riceve tutte le influenze dell’aria perché esiste in mezzo agli esseri corporalmente viventi: astri, animali, piante, uomini … cioè in mezzo a tutto ciò che esiste nella sfera materiale. È ben vero tuttavia che non è presente che passivamente in mezzo a tutte queste cose perché non ha che una esistenza passiva legata a quella quercia e che non ha affatto una vita distinta da quella del suo principio vivendo la vita di questo principio senza poter nulla operare per suo conto.
Quando la ghianda, giunta a maturazione, cade sulla terra o vi è posta nel suo seno dalla mano dell’uomo e quando ha prodotto un albero e dà i suoi frutti, non fa che ripetere ciò che era stato fatto dall’albero da cui proveniva: non fa che tornare per mezzo delle proprie facoltà al punto da cui proviene, rinascere nella regione che aveva precedentemente occupato, insomma si riproduce per mezzo delle stesse cose, degli stessi esseri, degli stessi fenomeni propri al suo ambiente.
Ma vi è una differenza notevole ed è che in questo secondo stadio esiste in una maniera attiva essendo essa stessa l’agente mentre precedentemente era passiva e senza possibilità di azione distinta da quella del suo principio.
Possiamo pensare la stessa cosa dell’uomo intellettuale.
Durante la sua primitiva esistenza, ha dovuto, secondo la legge universale degli esseri, aderire al suo albero genealogico, essere – per così dire – testimone di tutto ciò che esiste nella sua atmosfera. Poiché questa atmosfera è molto al di sopra di quella che noi abitiamo, come il piano intellettuale è al di sopra del piano materiale, così i fatti ai quali l’uomo partecipava, erano incomparabilmente superiori ai fatti di ordine elementare. La differenza tra gli uni e gli altri è quella che esiste tra la  realtà degli esseri che hanno una esistenza vera ed indelebile e l’apparenza di quelli che non hanno una vita indipendente.
Così l’uomo essendo legato alla verità, partecipava – benché passivamente – a tutti i fatti della verità.
Dopo essersi distaccato dall’albero universale, che è il suo albero generatore, l’uomo si trovò precipitato in una regione inferiore per sperimentarvi una vegetazione intellettuale. Se riesce ad acquisire delle luci ed a manifestare le virtù e le facoltà analoghe alla sua vera natura, non fa che realizzare ciò che il suo principio aveva vissuto.
Egli dovrà rivedere una parte degli oggetti che già furono in sua presenza, riunirsi a degli esseri con i quali aveva vissuto e riscoprire nuovamente, in una maniera più intuitiva, più attiva, delle cose che erano sempre esistite per lui, in lui, intorno a lui.
Ecco perché si può dire che tutti gli esseri creati ed emanati nella regione temporale e quindi anche l’uomo, lavorano alla stessa opera che è quella di riacquistare la rassomiglianza con il proprio principio vale a dire a crescere senza cessare sino al punto di produrre i propri frutti come furono prodotti i loro, in essi.
Ecco perché l’uomo che ha il ricordo della luce e della verità prova che è disceso dal soggiorno della luce e della verità.

Louis Claude De Saint Martin
Frammenti estratti dal Tableau Naturel di Louis Claude De Saint Martin
a cura di Nebo S.I.I.
tratto da Conoscenza (Anno XXXI – n° 2 Marzo-Aprile 1995)
Rassegna bimestrale dell’Accademia di Studi Gnostici

 

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