gototopgototop
Registrazione

Centro Paradesha

SEI QUI: Home / Articoli / 692. La Ricerca dell’Essere nell’Esoterismo di Vittorio Vanni
A+ R A-

692. La Ricerca dell’Essere nell’Esoterismo di Vittorio Vanni

E-mail Stampa PDF

Si crede comunemente che l’esoterismo non sia altro che un argomento, una branca della filosofia e della storia delle religioni, quando non la si scambia addirittura per un deteriore occultismo, sottoposto, quindi, ad applicazioni discorsive o ad analisi dialettiche.
In realtà l’esoterismo è il metodo di insegnamento delle dottrine iniziatiche, in cui, alla selezione ed alla gradualità, caratteristiche di qualsiasi insegnamento, si aggiunge una particolare qualificazione, senza la quale l’iniziazione resterà comunque virtuale.
Un insegnamento iniziatico, che non si discosta apparentemente da una qualsiasi altra didattica, se non nella pronazione, che è oggettiva solo in una pari modalità dell’essere, può essere acquisito e compreso nel contempo su vari livelli.
Nel concetto iniziatico, in cui è importante la complementare opposizione fra exoterismo ed esoterismo, si afferma che questa si fondi sulla conoscenza che l’umanità primitiva possedesse la conoscenza diretta dei principi fondamentali o archetipi, conoscenza anteriore allo sviluppo della ragione e quindi del linguaggio discorsivo. È il mito del centro primordiale, dell’età dell’oro, in cui l’uomo aveva diretto contatto con il mondo metafisico.
L’evoluzione cosmica, per cui l’uomo doveva scoprire l’Io individuale e con esso la razionalità, produsse una dicotomia fra l’Anima Mundi e le sue frazioni umane, ed anche la trasmissione puramente orale delle conoscenze primitive decadde, degenerandosi, ed il senso generale di queste, attraverso le generazioni divenne oscuro, interiore, esoterico.
Imprigionate ormai nel sociale, la scienza e la religione ingabbiano ogni realtà, di cui intravedono i fenomeni solo nella loro essenza più materiale, lasciando fuggire le verità più profonde, nascoste nell’interiorità umana, che il ricercatore può ritrovare solo per intuizione trascendente.
L’insegnamento esoterico non consiste dunque nel rivelare, all’inizio, dei cosiddetti segreti che potrebbero essere espressi nel linguaggio ordinario, ma è un apprendistato di tecniche esteriori che permettono, a volte, di ritrovare delle verità interiori, che è impossibile esprimere con un linguaggio descrittivo od anche filosofico. Quando questo richiede concetti collegati, od apposti da legami logici, l’intuizione metafisica si pone in un dominio dove non vi è più opposizione né conflitti, né complementarietà, né simmetrie perché è nell’ordine di un’unità e di una continuità isomorfa con la totalità del reale.
Il solo linguaggio che possa quindi descrivere, per così dire, questa realtà profonda, è quello simbolico, comprendendo in esso anche la particolare “azione” del rito. Il simbolo offre infinite possibilità evocative, poiché ognuno può, da un punto di vista intellettuale ed exoterico, interpretarlo soggettivamente. Se però il simbolo è soggettivo su un livello psichico e animico, su di un piano metafisico acquista assoluta oggettività. Se sul piano psichico suddetto il simbolo è soggettivo, qualsiasi tentativo di interpretazione razionale diventa assurda e può solo suscitare il caos delle divergenze e delle contraddizioni.
L’ordine iniziatico si raggiunge solo sul piano delle realtà profonde che infirmano e dissolvono ogni contraddizione. Per l’esoterismo, l’oscurità apparente del discorso non implica irrazionalità, quando vi sia un adeguamento a schemi analogici universali che permettono una comprensione immediata, anche razionale, di qualsiasi mitologema.
Quando questa via sia, al contrario, l’oscurità discorsiva è sintomo dell’approssimarsi al mondo archetipale, inesprimibile nel linguaggio puramente razionale. Ne consegue che lo stesso discorso, che appare chiaramente al ricercatore come portatore di verità e sorgente infinita di meditazioni illuminanti, non può esser compreso da un razionalista che come un guazzabuglio confuso, suscettibile al massimo di uno studio sociologico e psicologico.
Qualsiasi dialogo è quindi impossibile, a meno che l’esoterista non proponga, come i surrealisti, i propri temi sul piano del non-sense, sul sottile gioco dell’assurdo, nel tentativo, spesso inutile, di rompere i piani logico-discorsivo del razionalista.
L’antitesi del pensiero assoluto e del pensiero razionale non esclude certamente, nell’esoterista, l’uso del secondo e sarebbe errato considerare il ricercatore come un fantasioso e distratto asociale. Al contrario, proprio la continua, giornaliera, ricerca del superamento della realtà contingente, produce logica e crescente razionalità, fino alla perfetta integrazione della propria cultura storica e del proprio carattere individuale nell’ambiente sociale in cui vive. L’accusa, sovente mossa, di indisponibilità politico sociale dell’esoterista non deriva certamente dalla sua indifferenza al piano umano, a cui al contrario è legata ogni sua possibilità trascendente, ma ad una partecipazione diversa ad esso, più cosciente, più universale.
Se gli psicoanalisti hanno affrontato, con ben pochi mezzi conoscitivi, la sociologia di stati patologici a sfondo occultistico o bassamente medianico, è ancora tutta da scrivere la psicologia, la sociologia, la storiografia dell’esoterismo, che potrebbe essere ben ricca di illuminanti scoperte.
La definizione stessa di esoterismo come metodica nella ricerca dell’essere, intesa nella sua universalità micro-macrocosmica ha necessità oggi, per essere ben compresa, di supporti ed inquadramenti storici, quando questa, per sua stessa natura, è astorica e metastorica.
Lo stesso termine, esoterismo, come dimostra il suo suffisso, è di origine moderna, ed implica una visione del mondo che nella sua sintesi deriva dal mondo della tradizione, ma nella sua forma esplica un atteggiamento del pensiero attuale. Il pensiero esoterico afferma la fondamentale unità dei concetti iniziatici, al di là del tempo, del luogo e della forma, ma la possibilità di espressione e trasmissione di tali concetti sono, nella nostra attuale era, enormemente variati.
Se da un lato è necessario, per la ricerca dell’essere su di un piano metafisico, acquisire una mentalità tradizionale, dall’altro questa mentalità non è raggiungibile se non con i procedimenti logico-razionali che la nostra era ci ha imposti e che fanno comunque parte dell’evoluzione cosmica universale.
La rivoluzione alla crisi provocata da questo iato, non può esulare, in principio, dalla critica razionale al razionalismo stesso, così come a quello pseudo esoterismo che si può definire come occultismo, controparte vera del positivismo dei nostri tempi.
L’atmosfera leggendaria che circonda di ambigui ed evanescenti “misteri” la realtà filosofica e metafisica dell’esoterismo, favorisce da un lato le tesi dei positivisti, che tendono ad ignorare le influenze spirituali, dall’altro le speculazioni vaneggianti dell’occultismo deteriore.
Questi due diversi, ma concomitanti, atteggiamenti mentali hanno fatto subire alla storia del pensiero esoterico, la stessa sorte del pensiero etnografico, ad esempio, che solo recentemente ha acquisito dignità di scienza, subendo un’evoluzione costante ma spesso piena di contrasti ed opposizioni.
L’interesse suscitato dalla scoperta del “selvaggio” ebbe una prima forma di esotismo peggiorativo (come schermo o ludibrio) od apologetico (come accettazione irrazionale ed a priori di una natura bonaria o favoleggiante). Quando in seguito si approfondirono scientificamente i reali aspetti oggettivi dei popoli primitivi se ne intravide l’estrema importanza per determinare i parametri comportamentali dell’umanità cosiddetta “progredita” o “civilizzata”.
La voluta ignoranza degli aspetti metafisici della storia nacque con l’illuminismo, quando si volle frantumare le concezioni tradizionali dei secoli precedenti. L’età antica affermava l’universalità reciprocamente specchiantesi del cosmo e dell’uomo. L’illuminismo volle sostituire a ciò l’idea di “Natura” in cui l’uomo di per non era più la meravigliosa monade dell’evo antico, ma solo un frammento poco importante del cosmo e che trovava relativo valore solo nella sua qualità di componente sociale.
In Hegel si trova già codificata questa tendenza, quando nega la forza di affermazione della personalità e misconosce il valore dell’individualità, della volontà, del desiderio e della passione.
In Marx, poi, non vi è traccia di un’antropologia umanistica. Per lui gli uomini non costituiscono un’essenza di per sé, ma sono, storicamente, se non l’insieme delle loro determinazioni sociali. La storia stessa, di Marx, non è lo sviluppo lineare di un’essenza, ma costituisce un processo fondato sulla lotta di classe.
Le correnti positiviste dell’ottocento portarono ad una diffidenza totale ed ad un disprezzo della metafisica delle età precedenti, ad una sopravalutazione dell’efficacia sociale e morale della scienza e soprattutto all’idea di una particolare subordinazione dell’individuo alla società. Il positivismo volle constatare che la “positività” della scienza era uno stato di fatto, che si impone all’osservazione storica e questa constatazione si estese poi ad un’analisi sociologica che interpreta la scienza come prodotto storico di una struttura mentale, la mentalità positivista, che succede per evoluzione a quella metafisico-teologica.
Il positivismo è considerato utile, pratico, sociale a priori, come se questi valori pragmatistici si imponessero dall’esterno come dati neutrali, come se non avessero necessità di un’elaborazione filosofica e non fossero soggetti al peso soggettivante dell’emozione e della psiche umane. L’incapacità del positivismo di comprendere la metafisica filosofica dei secoli precedenti ed i suoi profondi influssi non solo sul singolo, ma su ogni avvenimento sociale, deriva dall’adorazione superstiziosa del dato oggettivo, che è un concetto assurdo dal punto di vista psicologico, in quanto ogni dato sarà sempre mediato e tradotto soggettivamente, indotto dai parametri sociologici, ideologici e filosofici dominanti nell’ambiente.
Se il pensiero positivista fece conseguentemente nascere alcune nuove discipline scientifiche a lui congeniali quale la psicoanalisi, l’etnografia e l’etnologia, la storia delle religioni, fu proprio da queste nuove scienze, paradossalmente, che nacquero i primi dubbi sulla natura esclusivamente “positiva”, “sociale”, “statistica”, dell’uomo.
La psicoanalisi scoprì, o meglio riscoprì, una componente occulta nella psiche umana, tanto da dover ricercare comparazioni psico-simboliche nell’antica metafisica e nell’ermetismo. L’inconscio freudiano, la legge di causalità e sincronicità junghiana, la psicosomatica di Groddek, l’”orgone” di Reich, riaprivano così la problematica ermetica sul vitalismo universale e sul micro-macrocosmo e sui loro rapporti. Le nuove discipline, attraverso l’opera di numerosi studiosi, posero poi l’accento sull’identità del profondo fra i popoli primitivi e quelli civilizzati, ponendo fine all’illusione di un continuo ed infinito progresso morale e sociale fondato sulla razionalità positivista e sulle scoperte scientifiche: le condizioni attuali di ansiosa insoddisfazione ed irrequietezza del mondo attuale, che non ha realizzato le utopie illuministiche di liberazione dell’uomo attraverso il sociale ed il rinnegamento dell’esperienza delle età passate, hanno riportato l’attenzione del pensiero filosofico sull’individuo come monade irripetibile e centro dell’universo e conseguentemente al rifiuto della centralità della “natura”, della “società” o della “classe”. Da questa rinnovata conoscenza nascono le attuali tendenze filosofiche ed esistenziali di ricerca di valori religiosi di tipo sincretistico o di metafisica esoterica, nell’abbandono dell’alternarsi caotico dei valori contingenti o per la linearità assoluta dell’infinito e dell’eterno.
Nel campo storico assistiamo inoltre ad una rivalutazione degli influssi delle correnti metafisiche sul piano contingente, in quanto queste sono in grado di agire direttamente sull’uomo e sulle sue componenti animiche e psichiche e, quindi, sul suo comportamento sociale. È in questo quadro che i nostri tempi possano ritrasmettere tradizionalmente le conoscenze iniziatiche, con quel metodo che Guenon, nei primi decenni del nostro secolo, chiamò esoterismo. Ma nella tormentata storia di ogni concetto umano, la teoria delle possibilità dell’uomo di reintegrazione dell’essere e nell’Essere, conobbe, sempre nei primi decenni del nostro secolo, un’ulteriore degenerazione, e questa volta nel proprio ambito. Alcuni occultisti vollero trasferire nell’esoterismo orientale la presunzione progressista dell’occidente, portando al livello della superficialità di masse concetti e tecniche da loro stessi mal compresi; concetti e tecniche che già nel loro stesso ambito erano frutto di un lungo apprendistato fisico, mentale, spirituale e necessitanti di una trasmissione iniziatica diretta ed altamente selettiva.
Maggior danno produsse poi un’errata assimilazione fra la via della bakti, che è un misticismo sui generis, in quanto presuppone tecniche di rigido rigetto del personalismo e della emozionalità, con il devozionalismo cattolico che offre a tutti la salvezza e la liberazione per mezzo della fede e della morale. Questa contaminazione ideologica portò ondate di sentimentalismo ed emozionalismo a buon mercato che indusse alcuni ricercatori a porsi contro ogni effettiva tradizione che presuppone ben altro che un’adesione ad una qualsiasi via iniziatica per la ricerca dell’essere. L’occidente portò così i suoi panni sporchi ad risciacquarsi nell’innocente Gange, tingendolo di colori volgari e non originari, per reimportarli a tagli ibridi per abiti di dubbia vestibilità. Questa incomprensione di ogni effettivo procedimento iniziatico tradizionale sostituì all’etica esoterica una moralina profana e beghina, fattore primo di degenerazione.
Come si può continuare a credere, come afferma il Ventura, di percorrere una delle due vie della realizzazione se si ritiene la via umida come via mistica, e quella secca come una via luciferina, magica e teurgica, giungendo perfino a considerare la prima come magia bianca e la seconda come magia nera? Oppure distinguendo, con argomentazioni moderne che la via teurgica non è magica e che quella detta magica è satanica? Senza accorgersi che non esiste una magia bianca come non esiste una magia nera se non nelle due eccezioni di iniziazione e di controiniziazione, ossia di moto verso l’alto e moto verso il basso partendo dallo stato in cui ci si trova? “Nella attuale confusione babelica delle lingue iniziatiche, nella degenerazione e polverizzazione di ogni contesto iniziatico l’accostarsi alla tradizione universale senza un’analisi mercuriale effettiva, significa oggi accontentarsi di una risposta qualsiasi alla propria domanda interiore, nella speranza mistica, che il proprio desiderio emozionale, o, peggio, sentimentale, possa comunque far progredire nella via iniziatica, nonostante le lacune, le deviazioni, gli errori nell’insegnamento.
Il Kremmerz afferma: “l’uomo che si avvia alla pratica deve credere nel possibile, non all’illogico, altrimenti non diventa un superuomo, ma un soggetto da manicomio”. Le degenerazioni moderne dell’esoterismo, indotte da correnti controiniziatiche sempre presenti, trovano facile campo nel desiderio di potenza insito nell’uomo, quasi sempre passivo e lunare, e che non vuole, o non sa, render attivo e mercuriale.
L’enorme mole di materiale libresco, l’estrema facilità di accesso a svariati gruppi iniziatici o presunti tali, anche senza quelle pedestri qualificazioni di maturità umana ed equilibrio interiore, pur necessarie, rendono l’iniziatibilità improbabile, nell’impossibilità, a volte, di districarsi, nel caos labirintico delle suggestioni occultistiche, degli insegnamenti più disparati ed eclettici, dei ciurmatori di maggior successo quanto più volgare e profano il verbo propagato. In questo non consolante quadro è utile ritornare alle proprie radici tradizionali, nel proprio ambito genetico, culturale, geografico, perdendo l’innaturale gusto del meraviglioso e dello sconcertante, ritrovare in ciò che ci appare banale e scontato l’architettura reale del proprio Io.
La ricerca dell’essere nell’esoterismo non è fuga verso il molteplice, il complesso, il lontano ma ritorno alla prima monade, alla riscoperta della quotidiana sacralità dei propri giornalieri, umani, atti, nel rapporto innato, materiale e spirituale assieme, della propria entità con quella cosmica.
Per quanto teso alla ricerca dei piani spirituali, l’uomo ha disponibili soltanto due mezzi a questa causa: il corpo e la mente, pur nelle loro imperfezioni, adeguate al compito prefisso. Il corpo, paradossalmente, è oggi più affine al piano metafisico in quanto vivente una coscienza cellulare complessa e profonda, spesso coerente coi ritmi naturali universali. La mente, temporale e quindi storica, ha maggiori difficoltà di allineamento micro-macrocosmico, in quanto, da un punto di vista razionalistico, stenta a cogliere il simbolo dietro l’avvenimento, il causale dentro il casuale.
Purtroppo, come nota il Guenon, citando Platone, il sensibile è solo il riflesso dell’intellegibile; i fenomeni della natura e gli avvenimenti storici hanno tutti un valore simbolico in quanto esprimono qualche cosa dei principi donde dipendono, di cui sono le conseguenze più o meno lontane.
Ora, nel campo iniziatico, le religioni, perlomeno fino all’avvento di un’era sempre più laicizzata o clerica, rappresentarono gli “avvenimenti storici” come dei sensibili riflettenti l’intelligibilità dei concetti iniziatici. Questi si rivelarono, con i ritirarsi degli Iperborei in Avallon (non raggiungibile, come dice Plutarco, né per terra né per mare) nel contingente storico religioso. Se lo scopo dell’iniziazione è la reintegrazione dell’uomo nel suo stato primordiale di integrazione con la natura, l’universo ed il piano divino, questo stato era evidentemente areligioso essendo il collegamento in atto, e non necessitante, quindi, di ristabilimento di contatto. Quando, nell’evoluzione del tutto, vi fu una necessità di involuzione-esperienza nel materico, che è, per così dire, una componente più grossolana dello spirito, la minor sensibilità dell’essenza umana nel suo “abito di pelle” produsse un relativo distacco dai piani superiori ed allora il Logos, ineffabile e quindi inaudibile, non poté rivelarsi che attraverso la Parola, che i cabbalisti posero nel centro gutturale dell’organismo sottile dell’uomo, Daath, che è anche Abisso, quell’abisso che separa e nel contempo collega la prima manifestazione dell’Ain Soph Aur nel materico. Su questo piano nacque così la necessità di una trasmissione esoterica della conoscenza tradizionale, espressa astrattamente alle élites, in forma di miti e poi di religioni alle masse più grezze. Due quindi, i mezzi per la ricerca dell’essere non mai perduto, per risalire al mondo delle cause in cui risiedono i Veri.
Uno, solare e spirituale in cui gli assiomi astratti sono verificati per intuizione illuminata sul loro stesso piano. L’altro, Mercuriale ed intellettuale, in cui si risale l’infinita scala che porta dal particolare, mitico e religioso, all’universalità della Conoscenza, attraverso l’analisi comparata dei contesti mitici, religiosi ed iniziatici, il cui simbolismo è già intelligibilità. L’elemento comune di ogni contesto iniziativo è il concetto dell’unità e dell’Uno, al di là di ogni essenza e di ogni non-essenza. Uno, che la mente umana non può definire se non per adesione ed Unità con l’Unità stessa. Ma poiché l’uomo vive nel regno del molteplice e solo questo può comprendere, l’Uno fù rivelato nelle sue manifestazioni od emanazioni pluralistiche, che corrispondono alla pluralità delle idee e delle opere degli interessi umani.
Eppure, in questa stessa pluralità apparentemente devianti, possiamo scorgere, per brevi sprazzi, il riflesso della concezione iniziatica dell’Uno. Questo accade perché il pensiero, nella nostra tradizione, si manifesta e si occulta contemporaneamente; e la progressiva manifestazione è strettamente legata all’affinamento, più precisamente purificazione della materia spirituale della quale siamo costituiti. Perché la ricerca dell’essere in noi e dell’essere universale che la tradizione esoterica si propone è la concezione unitaria della realtà; e una sola è la realtà, uno è l’universo, una e una sola la legge che regola la vita in ogni sua manifestazione, una sola cosa la materia e l’energia, che si manifesta in infiniti modi a seconda del livello di rarefazione o condensazione, dando luogo alle multiformi espressioni dell’esistente; dal sasso all’intelligenza più pura, più rarefatta, creatrice. L’assenza di una visione unitaria della realtà è un problema drammatico, talora tragico, che l’essere umano vive in relazione a molteplici sue attività, in relazione a sé stesso ed a ciò che lo circonda. Basterà osservare per esempio che la fisica, dall’inizio del secolo, si dibatte attorno ad un problema al quale non trova ancora sbocco perché, accanto alle scoperte relative alle forze della natura, non riesce a trovare una legge che le raccolga tutte. Anche la teoria della Grande Unificazione, scopo attuale dei più grandi scienziati, lascerebbe, a loro dire, fuori una delle forze fondamentali, ovvero quella della gravitazione. Oppure la nostra medicina (s’intende quella dominante nella nostra civiltà, cioè quella allopatica), che vede crescere accanto ai suoi successi la sua principale sconfitta, quella di non capire che la malattia non colpisce mai un solo organo dell’essere umano, ma che è solo una spia dell’equilibrio globale di una entità fisico-psichico-spirituale. La mancanza di una visione unitaria dell’universo ha condotto e conduce di fatto a differenze di idee che poi si trasformano in divergenze politiche, religiose etc. e successivamente a conflitti, anche armati, fra esseri umani.
La concezione dell’unità dell’universo, adeguatamente penetrata, non soltanto con l’intelletto, ma intuitivamente, magicamente, con tutte le forze dell’Io attivo, porta immediatamente ad una prima riflessione: se tutto è Uno, allora spirito e materia non sono realtà distinte e contrapposte, ma sono la stessa forza che a diversi livelli vibratori di leggerezza o pesantezza, di compattezza od affinatezza si manifesta in modi diversi. Questa visione unitaria del tutto, rimanda alla riflessione, ostica alla intellettualità dualistica a cui siamo abituati, che creatore e creatura non sono che due aspetti della stessa sostanza, del principio vitale dell’universo. E come questa visione unitaria annulla la differenza fra creatore e creatura, conduce anche alla riflessione che non può esistere polarità e contrapposizione fra individuo ed universo e che ciò deve implicare l’identificazione individuo-universo-dio.
L’individuo, il singolo essere esistente è una componente attiva ed univoca del cosmo, in un legame armonico a doppio senso; di reciproca interdipendenza e di reciproca interazione. Allora a livello biologico e biopsichico questa unità passa per il riconoscimento che l’individuo è un tutto; maschio e femmina nel contempo ed è solo la diversa proporzione dei due principi che determina, alla nascita, il sesso a cui appartiene l’individuo. A livello psicologico, la frattura della personalità divisa viene sanata con la consapevolezza che la personalità completa è quella che riesce a raggiungere l’integrazione armonica ed all’interno di sé di ogni componente psichica. Le forme o stati di essere che può assumere la materia non sono quindi che espressione dell’unità universo. L’universo è perciò la sintesi di tutti quelli stati di essere che ivi coesistono; forza e materia, mente e corpo, forma e sostanza. L’unità della forza e della materia, espressa anche come “corrente vitale” o “gran serpente della trasformazione”, forma una sola cosa: l’Essere. La divisione della materia e dello spirito è solo illusoria, poiché la sostanza è una; germe attivo e fecondo della materia e dello spirito assieme, espresso dai cabbalisti con la lettera Jod (principio e fine di tutte le cose). È l’Androgino, il Rebis, Spirito, pensiero, materia.
Ogni entità contiene in sé uniti questi principi, diversamente le sue facoltà creatrici non esisterebbero. L’uomo stesso aspira a questa integrazione, perché solo con l’azione su un principio passivo e ricettivo il principio attivo e fecondante è espressione della realizzazione. L’uomo và inteso perciò come unità, organismo biologico integrato nella materia di cui per necessità subisce costantemente ogni corpo umano cosmo in miniatura, una replica del più grande cosmo. In esso vi è ordine, un principio di flusso costante in accordo con il principio fondamentale che il nostro mondo è in perenne mutamento, ma che questo mutamento è solo l’ombra intellegibile di quell’inintellegibile ed Immobile Motore a cui ogni ricerca inevitabilmente tende. Al di là di ogni principio era – e sarà l’Uno nei suoi molteplici nomi: Arké, Logos, Acqua, Aria, Fuoco, Pensiero, Etere, Telesma, Paracleto. Incomprensibile, indefinibile, ineffabile alla mente umana, può esser comunque presentito nelle sue emanazioni e manifestazioni nella materia, sia intuitivamente che analogicamente, in quanto, se tutto è uno, se la materia è anche spirito, anche questo, quindi, può esser oggetto di speculazione sensibile. Già i più antichi avevano intuito che l’analogia sensibile della divinità nel mondo materico poteva essere rappresentata  soltanto dal Sole, senza il quale nessuna energia sarebbe sulla terra, nessuna vita possibile.
Ogni energia che l’uomo ha usato ed userà nel corso dei millenni ha origine dal Sole, sia il semplice fuoco acceso nella caverna primordiale sia quello più complesso e disumanamente micidiale che ha distrutto Hiroscima. Ma l’analogia, nel campo microcosmico, può esser resa ancor più calzante nella considerazione che così come sul piano magnetico non è possibile utilizzare l’energia solare senza una intermediazione tecnica o biologica che la trasformi, così sul piano spirituale ci è precluso, pena la distruzione, ogni diretto contatto con il divino.
Solo attraverso l’intermediazione di forme gradienti dall’uomo al divino, simbolicamente espresse come geni, angeli, dei, ma in realtà stati dell’essere interiore dell’uomo, secondo l’interazione microcosmica questi può reintegrare la sua realtà frammentata e molteplice con l’Uno-il-Tutto.
Al di là, dunque, di qualsiasi realizzazione sul piano umano, ma anche sul piano iniziatico, d’altro canto indispensabile per l’evoluzione personale, lo scopo di ogni via iniziatica è realizzare impersonalmente e indifferentemente l’evoluzione totale dell’Adam Kadmon, che non è solo l’entità animica collettiva dell’umanità, ma il cosmo intero nella sua forma più evoluta, l’uomo, capace di ricostruire, gradualmente ma infinitamente, l’unitario dal molteplice di squarciare il velo dell’illusione materica fino all’ultima assoluta realtà, fino all’Essere universale in cui il nostro essere individuale si identifica.

Vittorio Vanni

 

Centri Consigliati

centri consigliati

Libri consigliati

Libri consigliati

Riviste consigliate

Riviste consigliate

Link consigliati

Link consigliati