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737. Repressione e tirannia sul mondo del Lavoro: perché?

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Distruggere gli altri significa iscrivere anche se stessi
fra le vittime predestinate della Morte”.
Sri Aurobindo


La società italiana è stata messa in uno stato di alienazione dalla propria classe dirigente inadeguata alle responsabilità che dovrebbe manifestare. Viene diffusa, insieme alla corruzione dilagante, la “bassa cultura” al posto dell’“Alta cultura”. La cultura dominante è una “cultura demenziale” e la classe dirigente la esprime tutta pienamente, specie quella politica.
I politici sono devoti dell’ignoranza, dell’egoismo, del narcisismo, e molti persino dell’opposto dell’intelligenza. Molti dei politici, che formano i vari governi-finzione, mancano del minimo buon senso (quando parlano e agiscono in pubblico) di cui, normalmente, è dotata una persona intelligente: offendere i giovani, i cittadini in generale, non prendere seriamente in considerazione i problemi principali che affliggono giovani, adulti e anziani (disoccupati, precari, licenziati, pensionati in stato di criticità, cittadini a rischio povertà) significa innescare “tempesta”. La tempesta non avvisa mai quando arriva, si manifesta all’improvviso: bisogna essere sensibili e intelligenti per comprendere i segni quando affiorano.

Il Lavoro è diventato una funzione repressiva di condizionamento: perché?
Le Istituzioni, e non solo, con l’attuale crisi abissante sfoderano offerte di lavoro non pagato, come una grande opportunità, e senza vergognarsi. Non si comprende per chi è l’opportunità, visto che oltre a mangiare si devono pagare bollette e tasse. Al disoccupato offrono “Lavoro non pagato” ma mai “tassa non dovuta”.
La classe dirigente politica non è stata capace, o non ha voluto, nemmeno di creare una “Officina pubblica del Lavoro”, dove poter monitorare i luoghi dove il Lavoro c’è e, magari, migliorarlo con “risorse umane aggiuntive” idonee all’attività intravista, e anche per esplorare possibilità non viste normalmente, nel pubblico ma anche nel privato, per creare posti di Lavoro. Un “centro” interattivo col “Mercato del Lavoro” dove si analizzano i disoccupati, i precari, i licenziati, ma soprattutto coloro che per anni hanno cercato Lavoro senza trovarlo (dandogli una certa priorità, mediante incrocio di dati anagrafici, da registro Inps e da profilo professionale da curricula); un centro di riequilibrio e recupero sociale del lavoro.

Con la questione Lavoro è già stato compromesso il futuro di alcune generazioni ed è inaccettabile che questo sia accaduto ad un Paese che si vanta di far parte del G7.

Cosa fanno questi geni dei politici di governo, che invece si fanno pagare eccome, e anche bene, dai cittadini-contribuenti, senza risolvere mai alcun problema che dia ai cittadini-contribuenti un sollievo immediato? Nulla di buono: sono dei saprofiti della “cosa pubblica”. Parlano del Lavoro come se dietro non vi fosse la volontà degli uomini egoisti e incapaci o in malafede, ma un dio crudele della cosiddetta “Legge del mercato”. È un modo per deresponsabilizzarsi e fare spallucce aspettando tempi migliori (per loro), assumendo la politica del sottovalutare, dell’irridere i problemi che ai più sconvolgono la vita.
Siamo ben lontani da quella “Convenzione” ratificata nel 1971 dall’Italia, che imporrerebbe agli Stati membri l’adozione di “programmi diretti a realizzare un impiego pieno, produttivo e liberamente scelto” e in generale “l’elevazione dei livelli di vita, attraverso la lotta alla disoccupazione e la garanzia di un salario idoneo”. Una Convenzione disattesa e soprattutto dimenticata da tutti i ministri del lavoro di tutti i governi.
Hanno guastato e corrotto il mondo del lavoro: hanno reso trascurabile la storia dei diritti e dei doveri umani. Ogni datore di lavoro rivela, ormai, la peculiarità di chi crede di poter far uso di ciascun bene, comprese le “risorse umane” dipendenti, come fossero di sua proprietà esclusiva. Si sono venute a creare circostanze inverosimili, sotto la pressione prepotente e arrogante del più forte, in cui si riscontrano che i rapporti di lavoro si sono nuovamente improntati a una concezione medievale, secondo cui il prestatore d’opera è un servo (suddito o perfino schiavo). Il datore di lavoro-padrone è il più forte e si può far beffa delle leggi, qualsiasi legge, alle quali gli altri, cioè i bisognosi lavoratori, invece devono sottomettersi.
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”): questo Art. 1 della Costituzione italiana sembra più una beffa ormai che un riferimento certo della Repubblica fondata sul Lavoro.
La classe dirigente non sembra realmente interessata al bene pubblico, all’equanimità, a basare le scelte del Paese, in questo momento, su una visione sociale dell’uguaglianza (“ideale etico-giuridico” e “etico politico”).

Un esempio di scelta manageriale egoistica. Nel mercato italiano, su 32 punti vendita 3 saranno chiusi: questa la soluzione geniale decisa dalla catena Ipermercati Carrefour. Riorganizzazione egoista o estremamente necessaria? Appena diminuite le vendite ci si regola facendo subito 500 esuberi, più il peggioramento della condizione di lavoro per i dipendenti che rimangono. A cosa serve una classe dirigente strapagata?

Il problema del Lavoro (mancante) meriterebbe di essere affrontato con una certa urgenza e inserito tra le priorità del Paese, problema al quale la classe dirigente avrebbe il dovere di dare risposte chiare e forti prima possibile.
Si assiste, invece, ogni giorno a scene in cui il Lavoro continua ad essere tolto a chi lo ha (licenziamenti continui), facendone dei nuovi disoccupati (senza un dignitoso sostegno) e incrementando gli ansiosi precari. Viene detto dalla classe dirigente, come un mantra attanagliante, sempre più spesso, che il Lavoro non è un diritto ma un privilegio. Si tratta di un illecito concetto che viola la Costituzione. Dove vuole arrivare questa classe dirigente corrotta? Dove vogliono arrivare è piuttosto chiaro: lo dicono i fatti.
Non si può, e non si deve, dimenticare l’uscita di Mario Monti nel 2012 (membro superiore del Bilderberg e della Trilateral Commission, fidato della Goldman Sachs – banca che svolge misteriosi ruoli nella politica europea –, membro delle Logge superiori della massoneria aristocratica sovranazionale “United Grand Lodge of England” e “Babel Tower”, servo alto dell’Oligarchia finanziaria): “I giovani devono abituarsi all’idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. Del resto, diciamo la verità, che monotonia un posto fisso per tutta la vita!”. Peccato che il professore manchi di coerenza, perché lui di posti fissi ne ha più di uno (e non si annoia), come anche più stipendi, ma non si deve sapere. Lui, con la faccia da professore, ha avuto il mandato di infrangere uno schema mentale nelle nuove generazioni e inserire, in loro, gli elementi avvelenanti per una sicura destrutturazione delle aspettative sul mondo del Lavoro, forte della sua appartenenza ai centri di potere suffragati dai clan finanziari più potenti. Un servo mediocre, del potere rappresentato da Monti, ha dato risonanza a quelle parole nel 2014 (Matteo Renzi, l’illegittimo impostosi agli italiani che non lo avevano votato): “Non c’è più il posto fisso perché è cambiato il mondo”; e anche “Aggrapparsi all’art. 18 è come prendere un i-Phone e chiedere dove metto il gettone?”; e ancora “Sbloccare l’incantesimo sul lavoro è la grande battaglia culturale degli ultimi 30 anni dentro la sinistra. Noi pensiamo che si possa combattere il precariato cambiando le regole del gioco. Fare e creare posti di lavoro non è un esercizio retorico verbale o verboso, non puoi far l’imprenditore se non dici che il futuro è solo l’inizio. In questi anni, abbiamo discusso di che cosa sta dietro al mondo del lavoro o ci siamo limitati ad un dibattito ideologico?”. Per chi non lo avesse ancora capito quanto e come egli consideri i cittadini italiani e a cosa è invece effettivamente interessato: ha tentato di deformare-cancellare la Costituzione, ha eliminato l’art. 18, eliminando qualsiasi tutela al lavoratore, e ha imposto, non democraticamente, il Jobs Act, cioè il nuovo e moderno istituto di schiavitù a cui si pretende che i cittadini diano consenso. Ha solo fatto disastri che hanno peggiorato la situazione italiana: ha solo sommato altri problemi e più debito pubblico rispetto alla tragica condizione esistente prima di lui. Nel 2016 i contratti a tempo indeterminato netti sono crollati del 90% rispetto al 2015; i licenziamenti disciplinari (incentivati dal Jobs Act) sono 67.374, cioè +27% in un solo anno. Ecco il gran risultato di cui si vanta Renzi di aver ottenuto con la cancellazione dell’art. 18 e l’imposizione del Jobs Act. Non ammette il fallimento su ogni cosa dove ha messo mano e vorrebbe nuovamente tornare al governo, è davvero pericoloso: non può, e non dovrebbe, ritornare a riprendere in mano un governo; perché potrebbe solo modificare la recita, ma la testa inefficace e la mancanza di cuore no.

Si è voluta deformare la “visione del mondo del Lavoro”, quella raggiunta a mezzo di grandi battaglie e molto sangue, che includeva il senso dei diritti, dei doveri e delle libertà per tutti (cittadini-lavoratori e cittadini-datori di lavoro), per imporne una, di visione, che abbracciasse una sfilza di illiceità da trasformare in “normalità”, quali “nuove esigenze produttive” e “senso dell’efficientamento”, ben accolta dalla maggioranza degli imprenditori, delle aziende, da tutti i cosiddetti “datori di lavoro”. È bastato far circolare a sufficienza alcune frasi-concetti mantra ed il gioco è stato fatto: “non è più realistico pensare al posto fisso, quello che ti accompagna fino alla pensione, e ti garantisce reddito fisso e sicurezza”. In quanti modi altisonanti si può mascherare un semplice insano egoismo e produrre danni generazionali irrimediabili e difficili da mettere a fuoco, da definire, da impugnare? L’evidente convenienza egoistica si è diffusa come un morbo che nessuno vuol curare ed eliminare. Il faro politico-economico è stato puntato soltanto sul “profitto” dei datori di lavoro.
Il segreto intento per cancellare la sana “visione del mondo del Lavoro” è stato spinto con la Legge 30/2003 (con successivo decreto legislativo n. 276/2003) che  ha fissato le caratteristiche di tutta una serie di contratti di lavoro per così dire “flessibili” al tradizionale contratto di lavoro a tempo indeterminato e pieno (il “posto fisso”). Sono stati lanciati diverse forme di contratti per dare l’illusione della possibilità di poter scegliere liberamente: Contratto a tempo parziale; Contratto a progetto; Job sharing o lavoro ripartito; Telelavoro; Prestazioni di lavoro accessorio; Lavoro intermittente; contratto di somministrazione di lavoro (ex lavoro interinale). Senza contare i contratti a contenuto formativo: l’apprendistato; il contratto di inserimento; il contratto di formazione lavoro. Tutto questo senza tenere conto della crescita possibile dell’egoismo da parte dei datori di lavoro, come infatti avvenuto. Si sono sviluppate soltanto le più aberranti forme di lavoro, fino alla distruzione di milioni di posti di lavoro, senza più ricostruirne o incrementarne.

Si viene a notare, sempre di più, come la fisiologia di un normale rapporto di lavoro (“lavoratore e datore di lavoro”) sia stata di fatto modificata, in primis nella mente del datore di lavoro, nella visione che egli ha di come il rapporto debba essere (influenzato dalla dominante cultura deformata sul Lavoro): si erge una evidentissima posizione di supremazia del datore di lavoro sul dipendente. Viene ostentata, senza paura di poterne pagare le conseguenze, la sottrazione della tutela della dignità e del benessere (psicofisico) del dipendente: stiamo dicendo che si sta diffondendo sempre di più la sistematica disapplicazione delle norme civili e dei principi costituzionali. Lo stato di bisogno del lavoratore (che viene fatto vittima), in questa crisi economica prolungata, insieme all’inaccettabile cancellazione delle garanzie dei lavoratori (da parte delle politiche oligarchiche: vedi Jobs Act), viene sfruttato dal datore di lavoro per trarne vantaggi. Tutti gli organi istituzionali di competenza sembrano non vedere bene cosa sta accadendo: ovunque sta emergendo, per la sparizione del buon senso, uno sfruttamento che penalmente sarebbe rilevante. Occorrerebbe riaccendere un tipo di attenzione a vera difesa dei cittadini-lavoratori-contribuenti. Crediamo si stia facendo strada un serio pericolo in cui un lavoratore, senza alcun tipo di difesa, possa ritrovarsi in uno stato di schiavitù, e tale stato venire considerato normale alla luce delle condizioni economiche mondiali, finanche a considerare l’individuo-lavoratore proprietà del datore di lavoro con pieno diritto. Il pericolo sta nei vari tentativi di reinterpretazione di molte leggi tutela.

Si possono osservare forze oligarchiche e mercantili spingere l’Italia in una direzione non democratica e i politici, per egoistiche brame, servire queste forze, tradendo il proprio Paese e i propri connazionali (i cittadini-contribuenti, il “popolo sovrano”). La volontà-progetto di queste forze stava dietro la macchina-carro armato della riforma costituzionale e della propaganda del Sì: una volontà feroce e crudele, dal momento che intendeva ridurre gli spazi di partecipazione (di democrazia) ai cittadini e dare man bassa alle oligarchie economico-finanziarie.
In questo momento drammatico per moltissime famiglie, un momento di vera emergenza, i politici, per servire queste oligarchie, bombardano i cittadini con frasi riguardanti “più velocità, più concentrazione del potere, mani libere per i pochi che devono decidere”. Un’invasione mentale insopportabile che ha fatto arrabbiare molti.
Possibile che la classe dirigente, specie quella politica, non comprenda quali sono in questo momento i bisogni reali dei cittadini? Non riguardano forse la giustizia sociale e fiscale, l’uguaglianza dei diritti e dei doveri, l’attenzione a chi sta sulla soglia rischio povertà, a chi il lavoro lo tolgono o a chi non lo danno ancora, alle pensioni insufficienti, alla sanità che diventa sempre più una fabbrica di morte, ecc.?

La politica è ormai una finzione, non sceglie più nulla veramente, ma cerca solo di far passare, far approvare ciò che gli viene imposto da Istituti esterni, dalle grandi banche, dai fondi d’investimento, cioè dall’Oligarchia che esercita una indiscutibile dittatura finanziaria globale e che su questo improprio esercizio vuole un placido e completo consenso.
La politica ha distrutto tutti i percorsi possibili che consentivano ad un neolavoratore di accumulare esperienza: si tratta di una cosa voluta. Non è accumulo di esperienza positiva quella ricavata da lavoretti non pagati, malpagati, in nero o legati ai voucher (quelli di loro, i politici, che hanno figli non hanno affatto questi problemi, e si potrebbe fare l’appello alfabetico).
Vogliono finire di distruggere il Paese per ricostruirlo secondo i parametri indicati dall’élite occulta (l’Oligarchia sovranazionale), che non mostra il suo vero volto (a volte solo qualche faccia di potente che gioca più degli altri, quali i Rockefeller, i Carnegie, i Rothschild).

I cittadini dissenzienti che non gradiscono le opere imposte dall’attuale classe dirigente politica, che serve l’Oligarchia sovranazionale, vengono accusati di fare antipolitica, di essere populisti. Non sono bene accetti i contradditori ma è gradita solo l’obbedienza-consenso: questa è la loro democrazia deformata imposta al popolo sovrano.

IL Pd, il partito che storicamente dovrebbe difendere e aiutare i cittadini, soprattutto di fascia debole, non riesce a comprendere, o forse non è in grado di disfarsi della malìa con la quale Renzi ha ingannato il popolo della sinistra. Finché il Pd continua a identificarsi e riferirsi con Renzi dal punto di vista politico per un futuro, continuerà a perdere consensi e a non ridare la possibilità di esprimersi, nei suoi confronti (del Pd, non di Renzi), ai cittadini orientati a sinistra culturalmente. Anche questa forma di democrazia è stata sottratta.

Le scelte e i bisogni reali dei cittadini vengono sempre ignorati: hanno ignorato infatti i 20 milioni di italiani che hanno votato NO alla riforma costituzionale del 4 dicembre 2016 (salvando la Costituzione); hanno ignorato i 27 milioni di italiani che nel giugno 2011 si sono pronunciati contro la privatizzazione dei servizi pubblici (acqua per prima e il nucleare). Stanno ignorando i cittadini dal 2011 imponendogli governi senza la volontà popolare, ben 4 governi. Non siamo, infatti, in democrazia.
La classe dirigente continua ad ignorare la gravità della crisi in cui versano gli italiani: non ignora i propri interessi, non ignora gli affari che gli derivano dal connubio tra politica-cosa pubblica-affari.
In questa classe dirigente, fra indagati e non, si proteggono a vicenda. Un esempio: l’indagato Giuseppe Novelli, rettore del Policlinico di Tor Vergata, ha nominato, quale garante alla legalità, Nicolò Pollari (generale della Guardia di Finanza ed ex direttore del Sismi, quello di Abu Omar e dei dossier di Pio Pompa). Si può affermare che il “sistema Paese” è perfetto. Altro esempio: il comandante generale dei Carabinieri Tullio Del Sette, accusato e indagato per “aver riferito ai vertici di Consip dell’esistenza di un’indagine della procura di Napoli sui presunti appalti truccati”, che coinvolge anche il ministro Luca Lotti (braccio destro di Renzi), praticamente indagato “per abuso d’ufficio”. Non si dimette e viene anche riconfermato, mediante alti parametri di valutazione etica-morale, dal Consiglio dei ministri. Un ulteriore esempio: metà giunta (del Pd) del comune di Pistoia è indagata per “concorso in abuso d’ufficio, falso ideologico e concussione, e ipotetica corruzione”: il Sindaco, il vice, due assessori e il capo gabinetto sono iscritti nel registro degli indagati (inchiesta sulle “assunzioni del personale dirigente per il Comune”). Si tratta della creazione di posti di lavoro che mancano, ma solo per gli amici o per chi conviene. Si comportano come se tutto questo si svolgesse nella più perfetta legalità: hanno infranto appositamente il confine che distingue la legalità dall’illegalità.

Hanno snaturato la storia dell’Italia disastrando l’intera struttura Paese, hanno corrotto un enorme potenziale inespresso e questa corruzione si esprime vergognosamente mediante le azioni di un gran numero di italiani, disposti a servire questa oscurità: politici, burocrati, imprenditori, economisti, finanzieri, banchieri, faccendieri, giornalisti, manager pubblici e privati, assessori, sindaci, responsabili di provincia e di regione, società, aziende, associazioni, fondazioni, multinazionali, ecc..

Vogliono realizzare la condizione di un popolo italiano sottomesso ad un’unica voce, senza più potersi pronunciarsi su alcunché. L’ultimo segnale, dato dai giudici della Consulta asserviti, priva i cittadini italiani del loro diritto a pronunciarsi sul Jobs Act: segnale chiaro e diretto.
Per aiutare a formulare al meglio il Jobs Act, cioè come impedire ai lavoratori di veder rispettati i propri diritti con “reintegri” e “risarcimenti” anche impugnando il licenziamento con una Causa di Lavoro, dopo la cancellazione dell’art. 18, è stato chiamato, a dare la sua più che decennale esperienza in tale materia, un prestigioso studio legale (ovvero l’avvocato che dà il nome allo studio) che difende da moltissimi anni gli interessi di una grande azienda (multinazionale) italiana. Perché? Perché avendo difeso per molti anni questa società contro i lavoratori licenziati illiceamente (i licenziamenti disciplinari, soprattutto i licenziamenti mascherati dalla formula “cessione di ramo d’azienda” effettuati dagli anni novanta in poi), e avendo perso quasi tutte le impugnazioni ha accumulato una grande esperienza, esperienza con la quale oggi è in grado di saper infiocchettare il gomitolo della giurisprudenza in modo tale da non dare più alcuna possibilità al lavoratore licenziato, mediante una legiferazione apposita (un legale cappio al collo). Una perfezione demoniaca concentrata nel Jobs Act. Gran parte dei documenti che hanno costituito il Jobs Act portano la firma di questo avvocato prestigioso, di questo studio legale di cui Renzi si è servito (forse consigliato da “qualcuno”). Nel Jobs Act non c’è alcuna vera tutela del lavoratore ma la diabolica formula del come raggirare la illiceità di fatto, un raggiro giuridico incontestabile. Tale questione qui accennata sta già mettendo in difficoltà innumerevoli studi legali (anche prestigiosi) nel difendere dei lavoratori licenziati illiceamente, ma non più così facilmente difendibili, anzi in moltissimi casi indifendibili da subito, come ci hanno confessato alcuni professori (noti) della giurisprudenza. E perché mai arrivare a tanto? Chi può aver commissionata tale opera diabolica con tal accanito sentimento avverso verso il mondo dei lavoratori?

Un esempio dimostrativo è, di quanto sta accadendo in sordina nel mondo del Lavoro (nessuno ne parla pubblicamente per paura, nemmeno i sindacati che invece dovrebbero far molto rumore), TIM-Telecom Italia, il cui capitano-amministratore delegato, l’incaricato di smantellare gran pezzi della nave, è Flavio Cattaneo (scelto da Vincent Bollorè, socio di maggioranza di TIM e manager vicino a Silvio Berlusconi), un omuncolo che ama terrorizzare i dipendenti (operai, impiegati, quadri e dirigenti) con la minaccia del licenziamento, dei trasferimenti, del demansionamento, da quando è arrivato. Perché, lui e i suoi stretti dirigenti-caporali, si rivolgono ai lavoratori con alterigia padronale, con un forte spregio del diritto, con arroganza medievale, come fossero bestiame da soma trascurabile? Perché offendere e ignorare la loro coscienza, la loro storia, la loro dignità? Quale diritto hanno, lui e i suoi dirigenti-scagnozzi, di parlare in modo scurrile e minaccioso a dei lavoratori (compresi molti altri dirigenti terrorizzati)?
Peccato che, di quanto sta facendo in Telecom Italia, la compagna Sabrina Ferilli (la pulzella della sinistra italiana, la paladina che invece alle comunali di Roma ha fatto un appello per Virginia Raggi; i maligni sostengono che forse sapeva che il Sindaco avrebbe rinunciato ai 25 milioni di euro dovuti da Telecom per un contenzioso con il Comune; eppure avrebbe fatto comodo una tale cifra per risolvere moltissimi problemi della Città) non sappia nulla, altrimenti sicuramente sciopererebbe contro il compagno tiranno che cospira contro i più deboli. Tutti hanno saputo che Flavio Cattaneo ha conquistato il titolo di miglior manager dell’anno di Milano-Finanza, perché hanno dato risalto alla cosa sui media: chissà poi quali sono stati i criteri per una tale scelta. Nessuno però sa come, in questo stesso anno, egli abbia messo in grande preoccupazione e concrete difficoltà, senza voler sentire ragioni, moltissimi dipendenti e le loro famiglie, in un momento così critico nel nostro Paese, come abbia stravolto negativamente il clima aziendale. Chi possiede una vera leadership non si comporta da dirigente-capo bastone ma da leader etico, a meno che non si debbano far passare delle illiceità che non devono essere ostacolate, perché fanno parte del mandato ricevuto. Ciò non sarebbe né etico né morale e non meriterebbe un tal titolo. Come si spiega ciò che sta accadendo in Telecom Italia?
Qual è la vera strategia che si nasconde dietro Flavio Cattaneo planato in Telecom Italia con un probabile bottino immeritato di 55 milioni in tre anni (un bonus di ingresso da 2,5 milioni di euro + stipendio da 1,4 milioni al mese – con l’aggiunta di una componente variabile legata al grado di raggiungimento degli obiettivi fissati annualmente dal Consiglio di Amministrazione – )? I probabili 55 milioni di euro (per una minima parte da condividere con alcuni dirigenti individuati dallo stesso Cattaneo) sono legati al raggiungimento di alcuni obiettivi tutti finanziari (ossia miglioramento dell’EBTIDA, cioè l’indice di redditività dell’azienda, taglio dei costi e taglio del debito) contenuti nel piano industriale.
Vivendi (che si posiziona nell’azionariato in TIM al 24%) l’11 marzo 2016 chiede che il taglio dei costi, rispetto ai 600 milioni stabiliti inizialmente nel piano industriale approvato a Febbraio, venga quasi triplicato aggiungendogli 1 miliardo di euro in più. A fronte del quale tutte le sigle sindacali e i piccoli azionisti, lamentano la totale assenza di un altrettanto significativo impegno, da esplicare nello stesso  piano industriale, per rilanciare l’azienda e il suo business.
I dati che compongono la terza trimestrale del Gruppo, sono già segnati da questa nuova manovra selvaggia sui costi. Guardando l’andamento dell’azienda nei primi nove mesi del 2016, il Gruppo segna ricavi per 13.939 milioni di euro, con una flessione negativa rispetto allo stesso periodo del 2015, del -6,3% registrando un calo di circa 939 milioni di euro. Ciononostante l’EBTIDA (indice legato abbiamo detto al raggiungimento del bonus del nuovo AD), segna un incremento, sullo stesso periodo, del +4,6%. Addirittura concentrandosi solo sull’andamento dei mesi Luglio, Agosto, Settembre 2016 questo stesso indice registra un clamoroso +8,5%  a fronte di un aumento dei ricavi del solo +1,4% (sempre rispetto allo stesso periodo del 2015). Questo indice, senza entrare troppo nello specifico, che rappresenta la capacità dell’azienda di generare reddito, è il risultato della somma algebrica di due valori: “Ricavi” di segno positivo e i “Costi”, di segno negativo (nella formula più articolata, concorrono a determinarlo anche altri valori quali ammortamenti, oneri finanziari, plusvalenze, ecc.). Quindi registra un segno positivo solo per due motivi o perché aumentano i “Ricavi”, ma nel caso di TIM non a sufficienza per spiegare un tale risultato o perché diminuiscono i “Costi” e in effetti nel commento alla trimestrale del 2016 del Gruppo, è scritto:

“Il positivo andamento dell’EBITDA, sia in valori assoluti sia in termini di redditività percentuale sui ricavi, beneficia delle azioni relative ai “cost recovery plan”, avviati nel secondo trimestre 2016 dalla Business Unit Domestic e nel terzo trimestre dalla Business Unit Brasile e che proseguiranno nell’intero arco di Piano. Inoltre nel secondo trimestre del 2016 l’EBITDA è stato positivamente influenzato da alcuni eventi non strutturali, relativi in particolare al costo del lavoro, connessi allo storno dell’accantonamento effettuato nel bilancio 2015 per 66 milioni di euro, a seguito del mancato raggiungimento delle condizioni di erogazione del Premio di risultato ai dipendenti.”

In sostanza, il rilevante significato raggiunto è stato possibile soprattutto in virtù della mancata corresponsione a Giugno 2016 del “Premio di risultato” che viene conferito ai semplici dipendenti e che li premia in virtù dei singoli risultati ottenuti dalle specifiche Direzioni di appartenenza, nel contesto degli obiettivi raggiunti complessivamente dall’azienda. Anche in virtù del fatto che gli obiettivi raggiunti, lo sono stati, in funzione del lavoro svolto dai dipendenti stessi.
Per semplificare, raggiungere certi obbiettivi con comportamenti scorretti da parte dell’alto management in carica schiacciando sempre di più i dipendenti non è proprio un fare etico, dal momento che l’azienda si era dichiarata, a suo tempo, “azienda etica”. Si vuole anche ricordare che tuttavia gli MBO (copiosi premi annuali riservati ai dirigenti), di là dai risultati che l’azienda rimprovera ai suoi dipendenti, sono stati comunque garantiti.
I Dipendenti hanno già visto ridursi il proprio stipendio in funzione dell’applicazione di un “contratto di solidarietà” per gli anni 2016 – 2017, ancora nell’ottica della contrazione di costi mentre, sull’altro fronte, nel Luglio 2016, il 26% dei Dirigenti dell’azienda (170 su 648) veniva invitato a lasciare l’azienda, sia in forma consensuale sia obbligatoria, privilegiando coloro che avevano maturato o che erano vicini a maturare i requisiti per la pensione.
Si ricorda che alla diffusione dei dati del terzo trimestre 2016 tuttavia, proprio mentre tutti i giornali nazionali all’unanimità celebravano i fasti del nuovo Amministratore Delegato, il titolo crolla in Borsa. Il mercato comprende che il piano di razionalizzazione è sostanzialmente concentrato su una contrattura dell’onere del costo del lavoro e che non emergono al contrario elementi significativi che fanno pensare ad una vera ripresa dell’azienda, ad un suo nuovo rifiorire in termini di competitività e appetibilità dell’offerta. L’ASATI, l’Associazione Azionisti Telecom Italia, il 4 Novembre 2016 invia una comunicazione durissima al vertice aziendale, nella quale si denuncia la mancanza di crescita in termini di ricavi e il continuo decremento della  Customer Base (cioè dei clienti che fuggono dall’azienda). Anche riguardo la riduzione dell’indebitamento, parlano dei benefici indiretti dovuti alle agevolazioni sui tassi di interesse prodotte dal QE (quantitative easing) di Mario Draghi. Inoltre denunciano il peggioramento significativo del “Clima aziendale”, testimoniato dal clima di terrore e instabilità calato sulla vita lavorativa dei dipendenti, che ha fatto sì che questi aderissero numerosi a degli scioperi, come mai era accaduto nella storia di questa azienda, con percentuali del 70% e punte del 90% (sciopero del 13 Dicembre 2016). Riguardo lo sciopero del 13 Dicembre 2016, si diffonde addirittura tra i dipendenti una voce, secondo la quale durante la manifestazione davanti alla sede romana di TIM in Corso Italia 41, occupata dall’attuale AD, questi sia stato costretto a fuggire per ragioni di sicurezza, velocemente dal garage.

I Sindacati dichiarano che, nel corso dell’incontro del 6 Ottobre 2016, i vertici aziendali si presentano al coordinamento nazionale delle RSU e alle OO.SS., con una  “lettera di disdetta dei contratti integrativi del 14 e 15 maggio 2008, con efficacia 31/01/2017, nel quale, inoltre, è fatta ‘espressa riserva di comunicare successivamente la disdetta degli ulteriori accordi integrativi oggi applicati’ ”.

Questa lettera al suo interno contiene tre proposte che riguardano la contrattazione di secondo livello, la fruizione dei permessi retribuiti annuali e una proposta di verbale di accordo in materia di controllo a distanza. Tutte indicazioni particolarmente vessatorie e restrittive, nei confronti dei dipendenti. In particolare l’azienda forniva indicazioni nuove riguardo:

1. Misure restrittive sull’attestazione e la strutturazione degli orari di lavoro.
2. La diminuzione della indennità di reperibilità dal 30% al 25% con mancato pagamento di maggiorazioni e lavoro straordinario a fronte di attività di supporto o consulenza, svolte ad esempio con il cellulare aziendale (si pensi ai tecnici).
3. La riduzione di due giorni di ferie annui e per il personale non operativo, chiusura collettiva nelle due settimane centrali del mese di Agosto.
4. La sospensione maturazione dei nuovi scatti di anzianità per personale assunto antecedentemente al 1/07/1992, per i quali è prevista la maturazione di 14 scatti biennali.
5. L’eliminazione del premio annuo, cui accennavamo, per il personale assunto dopo il 1 ottobre 2016; come se anche questi non concorressero ai risultati dell’azienda.
6. Il “demansionamento” fino a 2 livelli inferiori.
7. La riduzione del valore del buono pasto per lavoratori e le lavoratrici Part-time.
8. Per le persone che lavorano da casa (es. Smart working), soppressione del buono basto e dell’indennità occupazione spazio ed energia.
9. Il controllo a distanza, introdotto dal Jobs Act.

Nel frattempo si era già proceduto a regolamentare in senso molto più restrittivo il tema delle trasferte e attraverso un vero e proprio abuso del proprio potere coercitivo, l’azienda aveva promosso l’obbligo forzato nel 2016 a tutti i dipendenti, di programmare e fruire dei permessi retribuiti individuali (cosiddette EF) entro l’anno, nonostante non esistesse a livello contrattuale per il dipendente nessun tipo di obbligo. Il motivo era da rintracciare nel fatto che queste quando “non godute”, da contratto è stabilito che vengano retribuite al lavoratore, il che avrebbe inficiato su quella riduzione attesa per il costo del personale, che come abbiamo visto rappresenta la leva maggiore utilizzata da questo management.

Azioni vessatorie che continuano: anche mentre scriviamo, a tutti i dipendenti di un’intera direzione, Amministrazione Finanza e Controllo, collocata nella sede TIM di Torino a metà Gennaio 2017, viene comunicato un trasferimento coatto nella sede di Roma, a partire sembra dal 1 Marzo 2017 (poco più di un mese). Rinunciando al quale persone, tra le quali laureati, con un patrimonio maturato in specializzazioni e competenze significativo per l’azienda stessa, vengono minacciate di dover andare a “vendere la fibra”, chissà dove e in quale modalità. Scelte da vera leadership.

Molti dipendenti ci hanno raccontato, in confidenza, del clima di terrore che si è scatenato, di cui nessuno vuole parlare apertamente, clima volutamente diffuso dall’alto management su tutto il “corpo dirigente”, a suon di ricatti e minacce, a fronte dell’assenza dei risultati attesi dall’Amministratore Delegato, in termini di riduzione costi e maggiori ricavi. E il riflesso di tale inaccettabile condizione viene scaricato nella quotidianità lavorativa dei singoli dipendenti, già vessati per loro conto.
I Sindacati non fanno rumore a sufficienza, non alzano più la voce ma bisbigliano quando parlano con il “padrone-azienda”, chissà perché. Molti giornalisti e giornali sanno e fanno finta di non sapere, molte reti televisive sono interessati solo a certi aspetti sulle questioni dei lavoratori ed hanno bisogno di fare spettacolo: esaltano, come il “MF Milano e Finanza”, la notizia del “manager dell’anno 2016” tra 60 personalità di spicco nel mondo degli affari italiano, poiché secondo quelli del quotidiano (e per chi lo ha votato) ha vinto “la sfida per restituire lustro a Telecom Italia”. Ma è vero lustro? Noi diciamo “non è oro tutto ciò che luccica”.

Cosa ha significato, o nascosto, la vera o finta intesa tra Bollorè, Renzi e Berlusconi-Mediaset? Quali forze occulte si aggirano, e con quali intenzioni, sul cielo di Telecom Italia e chi sono i facilitatori nascosti implicati a far sì che tale azienda cada in bocca al Drago? Chi sta servendo realmente Cattaneo con questo fare da squallido signorotto feudale, di nascosto dalle luci della ribalta?

Bisognerebbe, invece, riprendere tutta la materia del diritto del lavoro, cancellare le deformazioni imposte dal ddl Boschi-Renzi (che non sanno nulla di lavoro, di sacrifici e di reali e urgenti bisogni), migliorare e ampliare i diritti e i doveri e realizzare un nuovo, civile e democratico, Statuto dei Lavoratori, che esprima non espedienti, non momentanei tamponamenti all’attuale situazione disastrata del Lavoro, ma come dovrebbe essere in un vero Paese civile. Non serve, infatti, una nuova Legge per la dignità del Lavoro perché ci sono già, come alti dignitari, gli articoli della Costituzione, del Codice civile, della Carta dei diritti europea e da non dimenticare la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (10 dicembre 1948). Bisogna solo che vengano applicate come mai è stato fatto finora.

L’Italia non dispone di una classe dirigente di qualità: nemmeno la struttura dello Stato ne possiede. Si potrebbe affermare, anzi, che l’assenza di classe dirigente e di un sano personale politico sta mettendo a rischio il Paese Italia. Nessuno sembra più sapere come si forma una classe dirigente. Perché? Perché la corruzione è talmente diffusa che ha superato i margini della controllabilità. È stato violato, infatti, l’art. 97 della Costituzione che sancisce la separazione tra politica e amministrazione pubblica e anche l’imparzialità dell’amministrazione: la politica ha insidiato e insediata l’amministrazione, creando le anomalie che portano alla corruzione (affari, scambi di favori, minacce, ricatti, ecc.). Questo sistema pubblico è corrotto perché non si spiega come mai esista 1 dirigente ogni 11 dipendenti: è una vera anomalia inaccettabile. Un sistema elefantiaco tenuto, per convenienza, in uno stallo indecisionale: regna la confusione, l’ignoranza, l’incompetenza e nessuno sembra preoccuparsi delle proprie responsabilità, cioè dei propri doveri. Una coltre di nebbia egoistica impedisce alla dirigenza politica di dialogare veramente con la dirigenza amministrativa per competenze, così prevale la scelta di “non decidere mai nulla”.
Perché non applicano, adesso, quanto fissato chiaramente nei principi dell’art. 97 della Costituzione, la Carta salvata e voluta fortemente da 20 milioni di italiani? Sono i principi fissati negli articoli che hanno scelto gli italiani non una bella Carta di cui vantarsi tenendola in vetrina.

Il Lavoro è un problema primario in Italia: la distruzione dei posti di Lavoro è un obiettivo. Quale? Invece di crearlo lo trasformano concettualmente, lo corrompono nella sua storica idealità, ne fanno uno strumento di condizionamento, di controllo, di dominazione delle classi predominanti su quelle dipendenti da un Lavoro, da un salario. Vogliono convincere, a tutti i costi, che il Lavoro non è più un diritto ma un privilegio che si deve meritare: una perfetta operazione sociale di manipolazione delle coscienze, in un momento di grande crisi e di estremo bisogno della maggior parte delle famiglie italiane. Il Lavoro come strumento di asservimento, un mezzo di repressione sociale. Si tratta di una questione davvero preoccupante. Il ricordo storico di quello che era il rapporto tra padrone e suddito e il solo pensiero di un ritorno a tale deplorevole condizione, dovrebbe indignare tutti e far azionare per riappropriarsi della “sovranità popolare” e della “sovranità monetaria”: la perdita totale di questi ci assicura un futuro di schiavitù. Non bisogna permettere alla Casta di arrivare a tanto.


Una piccola appendice per aiutare la consapevolezza di chi si è risvegliato da “quel qualcosa che non va”.

Il vertice della “piramide del potere mondiale” (l’élite occulta che sempre menzioniamo e che chiamiamo anche Oligarchia sovranazionale, che controlla politica, debito pubblico, economia, finanza, borsa, risorse, Stati, media, ecc.) ha un preciso segreto intento: dominare il mondo sottomettendo tutti i Paesi, creando un Unico Governo Mondiale, ovvero un Regno planetario retto da una dittatura economico-finanziaria-esistenziale. In parole grossolane, vuole creare un mondo di schiavi al proprio totale servizio. I vari membri hanno elaborato, da molto tempo, un grande Piano-Azioni intessuto di diversi “progetti”, tesi tutti a facilitare il grande scopo finale. Le idee di alcuni progetti, nella cosiddetta modernità, sono state partorite nella società segreta “Skull & Bones” (“Teschi e Ossa”), fondata nel 1832 nell’ambito dell’Università di Yale (in Connecticut), condivise da altre società segrete come la “Hermetic Order of the Golden Dawn” (“Ordine Ermetico dell’Alba Dorata”, fondata a Londra nel 1888, collegata alla Societas Rosicruciana in Anglia e alla Gran Loggia d’Inghilterra) che ne ha sviluppati alcuni di progetti. Le società segrete coinvolte sono ovviamente molte di più.
Uno di questi progetti, su cui hanno puntato molto, è quello per destrutturare, in primis, e poi ristrutturare in una forma nuova (utile allo scopo del “progetto”), in secundis, il modello-sistema educativo statunitense, per poi estenderlo al mondo intero secondo le necessarie varianti locali. Gli Stati Uniti, come è chiaramente evidente a tutti, si sono imposti per rappresentare un modello di riferimento globale, per tutti i Paesi del mondo. I diversi Paesi nel mondo si sono americanizzati negli ultimi trent’anni (grazie alla tv, alla diffusione dei film e della pubblicità americana). L’obiettivo segreto di questo progetto, mediante il rilascio sistematico di “moduli culturali condizionanti”, è un “istupidimento deliberato” della popolazione mondiale (progetto denunciato da Charlotte Thomson Iserbyt, figlia e nipote di membri della Skull & Bones, che ha lavorato nel Dipartimento dell’Istruzione USA nel primo mandato di Ronald Reagan). In cosa consiste esattamente? Si tratta di sottrarre dal contesto sociale, mediante un iter programmatico, qualsiasi influenza morale, etica, ideologica, politica, religiosa, filosofica, spirituale, creando, nel lungo termine, una frattura tra le vecchie e le nuove generazioni, per evitare il passaggio di importanti “eredità culturali” provocando la perdita di quella “memoria” che il potere considera pericolosa per il sistema di potere (il ricordo del tempo in cui si erano acquisiti i diritti, i doveri e le libertà dell’uomo). Per un tale ambizioso obiettivo risulta di grande efficacia un’apposita educazione-istruzione da infliggere in tenera età. Un’educazione-istruzione ben codificata è un programma mentale in grado di sviluppare il bambino secondo il modello voluto dal potere. La cultura dominante (moda, tendenze, film, musica, spot, letture, giochi, media, ecc.) è un programma per condizionare la mente. Si vuole una totale sottomissione generale, in grado di offrire una società mondiale di schiavi assuefatti a un consenso dato alla condizione di precarietà, senza nulla chiedere al di fuori del proprio stato. È utile quindi modellare, grazie agli specialisti nascosti di ingegneria sociale (quelli della persuasione occulta), le nuove generazioni senza una vera capacità critica, senza che siano in grado di discernere-discriminare il bene dal male, il vero dal falso, l’illusione dalla realtà. Vogliono giovani, in piena forza vitale, adattabili a qualsiasi tipo di futuro gli si offra, incapaci di sognare creativamente da soli ma solo con surrogati preconfezionati e diffusi con la tv, il cinema, internet, i social, i giochi virtuali. Vogliono giovani che non pensino a voler cambiare lo status quo, ma che accettano le condizioni di vita generali in cui si trovano, giovani che accettano il precariato, i lavori saltuari per tutta la vita, che accettano di essere sfruttati dall’élite, con un sottofondo di riconoscenza. La corrente new age, l’esperimento sociale del Grande Fratello, l’invenzione dell’open space e dei call center, il modello-suggestione dei supereroi, tutti gli espedienti che hanno incollato l’attenzione di milioni e milioni di persone al telefonino fino alle attuali indispensabili App, la suggestione inflitta da Gotham Mad City (serie televisiva statunitense, basata su un mix di eroi e cattivi), il terrorismo nelle sue diverse forme (vedi l’attuale Isis), la crisi economica-esistenziale dal 2008 ad oggi, e moltissimo altro ancora, sono serviti a modificare la mente empirica e ad arricchire di condizionanti impressioni la subcoscienza delle persone (bambini, giovani, adulti, anziani, lavoratori, disoccupati, pensionati, poveri nuovi e vecchi) per alterarne le risposte comportamentali e comunicazionali. Il programma occulto di istupidimento ha la sua gerarchia di docenti-sacerdoti, membri distribuiti ovunque nei vari ambiti della società umana e il loro principale strumento è la televisione. La tv non insegna, non educa, non offre valori, non fa conoscere la vita reale: è una fabbrica di telespettatori-consumatori universali; è il pozzo dove far riflettere e far cadere dentro Narciso-spettatore.
L’elenco, dei mezzi e delle modalità che vengono rilasciati per operare in profondità, è lungo. Qualche menzione è sufficiente per dare l’idea della grande portata dell’operazione oscura e della vasta area influenzata dai mezzi utilizzati: il fumo che lo stesso Stato vende e avvisa del male che fa; l’alcool utilizzato moltissimo tra i giovani; i vari tipi di droghe (da fumo, in pasticche, in polvere, in punture, olfattive, compresa la droga di Stato, la cannabis distribuita gratuitamente); gli psicofarmaci (in aumento l’uso da parte dei giovani); il gioco (nelle sue varie espressioni che creano dipendenza, un problema sociale già diffuso); l’uso dei telefonini come prolungamento della persona sempre connessa; i social (che provocano un azionamento compulsivo); la pornografia (facilmente raggiungibile dai bambini); i parcheggi per gli scambisti del sesso; il viagra (maschile e femminile); l’uso di pratiche sessuali deviate (sadismo, a sfondo satanico, pedofilia, ecc.); club privè (diffusi sotto diverse forme, fino a imitare il film eyes wide shut); le baby prostitute (fenomeno diffusissimo); mercato di filmini e foto hard rubate; la realtà virtuale (una nuova droga lecita per il cervello); realtà aumentata (tecnologia di intrattenimento multimediale, videoludico e non solo); e moltissimo altro ancora, un pandemonio in cui perdersi, confondersi, istupidirsi. Sanno che la maggioranza si adegua, si uniforma ad una sorta di ignoranza collettiva: emerge così un condizionamento che suggerisce di avere paura, determinando scelte non libere e mai coraggiose. Vogliono una umanità schiacciata dal peso di un materialismo globalizzato e sfrenato, senza alcuna propensione allo spirituale, con i sistemi di valori distrutti per favorire il loro potere soltanto. Rifondare il “modello Uomo” secondo le esigenze degli dèi, cioè i membri dell’élite occulta, perché dèi essi si considerano.
Un insospettabile programma di manipolazione coscienziale, rilasciato nelle giuste dosi, per trasformare la popolazione mondiale in un popolo di ignoranti, di egoisti, di paurosi, sottomessi facilmente grazie alle loro debolezze, ai loro bisogni (veri o illusori), alla loro incompletezza coscienziale.


È necessario che le nazioni diventino consapevoli non solo della propria anima ma di quella di ognuno, ed imparino a rispettarsi e aiutarsi a vicenda, a trarre profitto le une dalle altre non solo economicamente e intellettualmente, ma anche soggettivamente e spiritualmente”.

Sri Aurobindo


Letture Consigliate

Lavori di Rosario Castello
Il Volto del Male – Mistero e Origine
L’invisibile identità del potere nascosto
Il Chiaro e lo Scuro nel Mondo – La Mescolanza
Questa è l’Ora dell’Urgenza
Le Maschere del potere nascosto
Potestas Tenebrarum
I Fiori del Male che divorano il Mondo

Scaricabili gratuitamente, di Rosario Castello, dal sito www.centroparadesha.it:
Notiziario 3: sul Male nel Mondo
Articoli fil rouge 2: L’esoterismo deviato
Studio 5: Edificare una società dell’Essere
Articolo “Risvegli” 1: Roma-Babilonia è servita
Articolo “Risvegli” 2: I Dirigenti, nel mondo, per una Nuova Era
Articolo “Risvegli” 4: Urgente Appello Spirituale
Riflessioni 1: La Terza Guerra Mondiale descritta da Albert Pike?
Riflessioni 2: Un Piano di Distruzione Anti-Tradizionale
Riflessioni 3: Il Femminicidio: attacco contro-iniziatico

Altri autori

The Conspirator’s Hierarchy: The Committee of 300
(La gerarchia del cospiratore: Il Comitato dei 300)
John Coleman, World Int. Review (Las Vegas, Stati Uniti)

Geometria del Male, Sigismondo Panvini, Edizioni Il Punto D’Incontro
Il Tempo della Fine, Sigismondo Panvini, Edizioni Il Punto D’Incontro
Generati dalla Luce, Sigismondo Panvini, Editore Terre Sommerse
I burattinai. Stragi e complotti in Italia, Philip Willan, Edizioni Pironti
Piombo Rosso, Giorgio Galli, Baldini & Castoldi
Il complotto, James Hepburn, Nutrimenti
Misteri d’Italia, Fabio tamburini, Longanesi
Lo Stato parallelo, Greco-Oddo, Chiarelettere
Contro gli incappucciati della finanza, G. Amari e A. Vinci, Castelvecchi Editore
La fabbrica della manipolazione Governo Globale, E. Perucchietti e G. Marletta, Arianna Editrice
Morals and Dogma (Vol. I, II e III), Albert Pike, Bastogi
Massoneria e sette segrete: la faccia occulta della storia, Epiphanius, Editrice Ichthys
L’altra faccia di Obama, Enrica Perucchietti, Uno Editori
Superclan: chi comanda l’economia mondiale, Giulietto Chiesa, Feltrinelli
Il lato oscuro del Nuovo Ordine Mondiale, Marcello Pamio, Macro Edizioni
Governo Globale, E. Perucchietti e G. Marletta, Arianna Editrice
In Nome di Dio. La morte di papa Luciani, D. Yallop, Edizioni Pironti
Complotti. I fili invisibili del mondo, Maurizio Blondet, Edizioni il Minotauro 1995
Gli Adelphi della Dissoluzione, Maurizio Blondet, Effedieffe
Tutti i complotti, Maurizio Blondet, Effedieffe
Le Mondialisme contre nos libertès, Cierrey, Èditions L’Icone de Marie, 2001
Schiavi di un dio minore, Arduino-Lipperini, Utet editore
Confiteor, Massimo Mucchietti (intervista a Cesare Geronzi), Feltrinelli
Licenziare i padroni?, Massimo Mucchietti, Feltrinelli
Il baco del Corriere, Massimo Mucchietti, Feltrinelli
I segreti di Renzi. Affari, clan, …, Maurizio Belpietro e Amadori-Borgonovo, Sperling & Kupfer
L’Altra Europa. Miti, congiure ed enigmi all’ombra dell’unificazione europea
Paolo Rumor, Giorgio Galli e Loris Bagnara, Editore Hobby & Work Publishing.
L’Aristocrazia Nera, Riccardo Tristano Tuis, Uno Editori
Il Sangue degli Illuminati, Diego-Stefania Marin, MacroEdizioni
Massoni. Società a responsabilità illimitata, Gioele Magaldi, Chiarelettere
Il Leader etico, Gaetano Mollo, Morlacchi Editore
La civiltà della cooperazione, Gaetano Mollo, Morlacchi Editore
The deliberate dumbing down of America, Charlotte Thomson Iserbyt
Licenziare i padreterni, Gian Antonio Stella, Einaudi
Perché No, Marco Travaglio e Silvia Truzzi, Paper First
É Stato la Mafia, Marco Travaglio, Chiarelettere
Viva il Re, Marco Travaglio, Chiarelettere
Intoccabili, Marco Travaglio, Bur Rizzoli
Inciucio, Marco Travaglio, Bur Rizzoli
Ad Personam, Marco Travaglio, Chiarelettere
A testa in su, Alessandro Di Battista, Rizzoli
L’idolo del capitalismo, Carlo Freccero, Castelvecchi
Evoluzione non autorizzata, Marco Pizzuti, Punto D’Incontro
Sex by the numbers, David Spiegelhalter, Serpent’s tail
Il Ciclo umano, Sri Aurobindo, Edizioni Arka Milano
Trust e non profit, Sergio Ricci, Maggioli Editore
Social Start-up, Sergio Ricci, Maggioli Editore
Le PMI innovative, Sergio Ricci, Maggioli Editore
Il Futuro è nostro. Filosofia dell’azione, Diego Fusaro, Bompiani
Bentornato Marx. Rinascita di un pensiero rivoluzionario, Diego Fusaro, Bompiani
Europa e capitalismo, Diego Fusaro, Mimesis
Marx e l’atomismo greco, Diego Fusaro, Il Prato
Karl Marx e la schiavitù salariata, Diego Fusaro, Il Prato

 

INFORMAZIONE:

Biennale Democrazia

Quinta Edizione dell’Evento – Presidente Gustavo Zagrebelsky

Torino: 29 marzo – 2 aprile 2017


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