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848. La politica colpevole della libertà perduta

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La premessa che facciamo è quella di chi ha sempre sostenuto di essere distaccato dalla politica di oggi (della finzione), dai partiti (di destra, di centro e di sinistra, che non contano più nulla perché asserviti alle oligarchie finanziarie e ai direttori sovranazionali), dai vari complotti, dalle cospirazioni vere o presunte, ma di essere dalla parte di quell’Italia bella e sana ma trascurata, ignorata, sofferente, disastrata da un immane egoismo che avvelena il Paese, di quella parte d’Italia che comprende tutti “i migliori” che possono contrastare tutti “i peggiori” che hanno ridotto la nostra società in questa disastrosa crisi economica-esistenziale e degrado generale.

La politica svolta per molti anni (gli ultimi trent’anni), sia di destra, di sinistra e di centro, è colpevole della libertà perduta: di ogni sovranità individuale, collettiva, economico-sociale, ecc.. Questa politica nazionale ha aderito totalmente alle concezioni di tutte le istituzioni sovranazionali e l’UE fino a cedere la sovranità dello Stato: il vero potere politico, il potere economico-finanziario e la sovranità individuale degli italiani nelle mani di un organismo sovranazionale.
La sovranità popolare o diciamo che è stata ceduta o che è stata sottratta dalle mani degli italiani non fa cambiare il significato della realtà di come le cose sono state imposte al Paese, di come le cose sembrano peggiorare di giorno in giorno. Sembrano esserci sempre meno spazi all’interno del recinto messo nella politica italiana, per vere e serie azioni di governo capaci di migliorare tale conclamata situazione, che dagli stessi politici non viene chiaramente menzionata per convenienza. Ogni recita sembra azionata per servire soltanto questo direttorio sovranazionale che non dà possibilità di scelta.
Questa “cessione di sovranità” sembra più una “cannibalizzazione” sferrata da “terze parti” per una impropria appropriazione: l’Unione Europea (si è appropriata, con i migliori pretesti, del potere politico-economico-finanziario); la NATO (l’Alleanza Atlantica); l’ONU (le Nazioni Unite); il WTO (l’Organizzazione Mondiale del Commercio); l’OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa); ecc.. più che una limitazione ragionevole, come propagandata, è proprio una sottrazione spacciata per consenziente “cessione di sovranità” per il bene di tutti (?).
Per comprendere e poter dimostrare che si tratta di “cessione-sottrazione di sovranità” basterebbe leggere per intero ciò che riguarda la UE per i soli Trattati di Maastricht, di Lisbona e di Welsen.

In questa Italia c’è stata una destra e una sinistra che, ad un certo livello di connivenza, hanno ucciso Aldo Moro dopo averlo minacciato più volte. C’è stata una Democrazia cristiana (parte di essa) che non ha voluto salvare Aldo Moro. Purtroppo molti di quei personaggi sono liberi, operanti e in circolazione e alcuni mascherati di trasformismo.
Destra e sinistra estreme, un “centro” che si è girato da un’altra parte per non vedere, una P2 eversiva che non è mai stata condannata veramente (con i sui personaggi, piduisti, chiave), una Gladio con alcuni gladiatori responsabili, un Anello (centro di potere gestito da Andreotti) mai rivelato ai cittadini ignari, servizi segreti (nazionali e internazionali), logge massoniche superiori sovranazionali: tutti hanno contribuito a nascondere la mano-cervello occulta dei veri assassini di Aldo Moro.

“(…) Moro era odiato da tutti e due i fronti. Nell’estrema sinistra era considerato il simbolo del malgoverno democratico, come lo aveva messo in scena Volonté in Todo modo, tra i “topi di sacrestia, untuosi, dall’incedere femmineo”, per il regista Elio Petri Moro era “il più riconoscibile, il più emblematico, il più pericoloso”. Per la destra era diventato il nemico numero uno, dal luglio del 1960, quando da segretario della Dc aveva bloccato il tentativo autoritario del governo Fernando Tambroni sostenuto dal Movimento sociale (…)”.
“(…) Più della destra estrema o post-fascista Moro riconosceva, e temeva, la presenza di una destra profonda, invisibile, la destra nazionale e internazionale che si insinua nell’elettorato moderato come un cancro, in nome dell’anti-comunismo (…)”.

Marco Damilano
dal suo Un atomo di verità, Feltrinelli

La politica in Italia, dopo Moro, non è più stata la stessa; il Paese non è più stato lo stesso perché finito in mano a dei predatori, nazionali e internazionali, che non hanno più mollato la presa, portando la società italiana alle condizioni disastrose di oggi.
Aldo Moro aveva ben compreso l’importanza della sovranità monetaria nazionale, di quel potere dello Stato di emettere la sua moneta, di poterne regolare la quantità in circolazione, fissarne i tassi, poter garantire il collocamento dei propri buoni del tesoro, invece di lasciare funzioni così importanti nelle mani saprofite di banchieri privati, nazionali e stranieri. Avrebbe voluto, forse avrebbe cercato, se rimasto in vita, di rieducare al buon uso della sovranità monetaria in mano allo Stato e alla politica, per evitare gli effetti devastanti dell’azionamento delle mani di banchieri irresponsabili. La sua lungimiranza aveva previsto come il potere politico sarebbe finito nelle mani del potere economico-finanziario riducendo lo Stato a semplice burattino e trasformando i cittadini in servitori di un debito fagocitante ogni loro reddito.

In questo oggi non si può che dare uno sguardo sui pezzi della disfatta della sinistra italiana che fa rendere conto di come le cose stanno veramente.

La sconfitta della sinistra di questi anni è dimostrata facilmente dall’aumento e dalla diffusione delle disuguaglianze, dall’aumento delle sofferenze sociali non più ascoltate dagli uomini della sinistra.
Che sinistra è quella che serve ambiguamente le élite finanziarie, facendo finta di niente? Che sinistra è quella che si lascia trasportare dalla Jp Morgan sulla necessità di cancellare la Costituzione italiana perché troppo protettiva e permissiva nei confronti dei cittadini-contribuenti-lavoratori? Che sinistra è quella del Pd (trasformato in “partito personale”) con gli azionamenti di autoritarismo (da partito di forte destra) manifestato in quattro anni di governo (oltretutto illegittimo)? Provocando non solo divisioni e frammentazione del Pd stesso ma di tutta la sinistra italiana, quasi avesse perso la propria storica identità, e senza essersene assunta la responsabilità, addebitandola ad un non ben identificato colpevole, senza volto e senza nome?
Chi viene dalla Democrazia cristiana per nascita politica, poi transitato nella Margherita, come può incarnare i valori storici della sinistra se non li ha mai vissuti per “innamoramento politico”? Scegliere un partito, per fare politica, solo per convenienza, supportato da familiari e/o amici, e non per consapevole condivisione dei valori (fondamenti della base della struttura del partito – Pd –), porta inevitabilmente a quello che infatti è accaduto sotto gli occhi di tutti gli italiani, non solo degli italiani della famiglia di sinistra: una evidente e incontestabile “disfatta”. Gli ultimi sette anni parlano chiaro: rivelano il giusto profilo della situazione politica di sinistra ma anche del profilo nascosto della destra non mostrato ai cittadini negli anni passati.
Un Pd-sinistra che cinguetta con Marchionne e con Briatore, o fa il nazareno con Berlusconi, Verdini, Alfano, storcendo il naso nei confronti dei Cinque Stelle, non può, e non dovrebbe, essere accettato dalle anime genuine della sinistra. Molti dei valori della sinistra nascono per il profondo senso di ingiustizia insopportabile in una società democratica. Un Pd-sinistra non può essere retto dagli egoismi delle varie correnti manovrati da un uomo solo (che non ha un cuore di sinistra e neanche di politico, ma di facilitatore d’affari non per il bene degli italiani).
Un vero leader non cerca di usare l’autoritarismo, che indica un vuoto di contenuti e di valori democratici, o metodi alla “a me gli occhi” o alla “parli solo quando lo dico io” (cioè mai), ma cerca di essere un leader etico a tutti gli effetti (che si pone la questione morale del Paese).
Non puoi far cessare all’improvviso la rabbia popolare, accumulatisi in molti anni per le azioni di governo sbagliate, e per di più con qualche annunciazione (furbesca, ingannatoria), pensando di trasformarla in speranza (che non sfama, che non aiuta a fine mese, che non paga i debiti, che non aumenta le pensioni da fame, che non dà posti di lavoro ai disoccupati e ai licenziati, che non riduce i poveri).
I politici della sinistra, compresi quelli dentro il Pd, non dovrebbero trasformarsi in anelli di una catena di servi (corte dei servi attorno al leader) per rimediare posizioni, privilegi o affari camuffati da un profilo di necessità per il Paese, come è avvenuto con la corte dei servi di Berlusconi.
Ci fanno sorridere, dopo la disfatta del 4 marzo 2018, i vari Virzì che prendono la tessera del Pd per salire sul carro degli sconfitti, come se fosse un atto glorioso. Molti di quelli del Pd sono sconfitti solo di forma ma in quattro anni al governo si sono guadagnati ben altro: non possono essere considerati dei veri sconfitti, infatti non parlano e non si comportano da dispiaciuti sconfitti nei confronti della pubblica opinione. Trapela sempre quella sorta di arroganza che li ha fatti precipitare nei consensi.
Gli sconfitti veri sono i cittadini-contribuenti che stanno pagando l’irresponsabilità di chi ha governato impropriamente e maldestramente, senza risolvere alcun vero problema sociale: i cittadini si ritrovano disastrati moralmente ed economicamente e lo devono a chi ha deciso per loro per quattro anni, oltretutto con un governo illegittimo.
Come la pensano, e di cosa importa loro veramente, lo dimostrano continuamente con i loro comportamenti: è lecito, ad esempio, che Graziano Delrio, eletto capogruppo del Pd il 3 aprile 2018, continui a fare il ministro di un importante Ministero come quello delle Infrastrutture? È normale che non si dimetta continuando a gestire le varie deleghe riguardanti il Ministero e il potere di detta funzione? Continua a farlo nonostante il chiaro messaggio dato dai cittadini il 4 marzo 2018 a chi ha governato per quattro anni. Qualcosa non va.

Un vero premier leader non impone riforme con arroganza: facendolo commette un grave errore, specie quando lo fa aggirando tutti i corpi intermedi della società democratica. Perde ancora più credibilità mentre pavoneggia tutto il suo autoritarismo, credendo, e volendo far credere, si tratti di un’espressione del suo carattere forte, lasciandosi andare ad inneggi riguardanti il futuro, la velocità, l’efficienza, praticamente tutti i falsi miti della cultura demenziale diffusasi più con i social che con libri seri letti.

Un altro premier che sta commettendo gli stessi errori di quello italiano è il francese Macron (un altro “pupazzo” eterodiretto dalla massoneria sovranazionale) e che sta facendo male all’Unione Europea.

Un vero leader è onesto e leale e non tradisce il proprio Paese e i propri connazionali. Chi svende pezzi del proprio territorio nazionale di nascosto, o in gran segreto sigla patti a danno di 61milioni di italiani, come quello del 31 marzo 2016 a Boston, con l’IBM è un traditore irresponsabile (in tal caso il Presidente del Consiglio italiano e il suo sottosegretario alla Presidenza), in quanto è stata ceduta la popolazione italiana (una mossa antidemocratica in cui è stato ceduto il trattamento dei dati sensibili sanitari di ogni italiano, a sua insaputa, per il presente e per il futuro).

Un partito di ampio respiro, quale dovrebbe essere un partito di sinistra, non può rinchiudersi in un “cerchio” di fedelissimi, dal quale esercitare potere su tutto il partito, su tutta la sinistra, sul governo, sulle istituzioni, su tutti gli italiani (indipendentemente da come la pensano). I cittadini che hanno votato No al referendum costituzionale non erano tutti di sinistra, ma la gran parte sì.
C’è stato finora un partito di sinistra che non fa mai approfondimenti reali, che resta sempre in superficie, che ripete continuamente che si farà una analisi approfondita dei temi fondamentali senza che questo avvenga mai veramente, dando l’impressione di stare sempre correndo (verso dove?) verso un futuro che però ai giovani hanno sottratto, senza offrire loro alcuna certezza, sfoderando soltanto l’inutile cultura ignorante dei Twitter (e social vari) che non comunicano nulla per davvero. Un partito così siffatto non è più in grado di ascoltare le persone vere (non quelle dei grafici statistici), di comprendere la loro reale sofferenza: “imporre” è da idioti, incapaci di usare l’intelligenza e le ragioni del buon senso.
Inoltre come può, un segretario di partito (iroso contro i cittadini che lo hanno reso “sconfitto”) che si è dimesso solo di facciata, cioè per finta, manovrare ancora sotterraneamente e cercare di tenere legati, alla sua influenza, i compagni di partito, riconquistare un minimo di fiducia e di credibilità nell’elettorato? Dopo aver mostrato il volto nascosto di una insana brama di potere, come può richiedere che si abbia credibilità nelle sue proposte?
Sembra di vedere un naufrago che, di fronte al più completo disastro commesso, continua imperterrito a fare il “dominus”.
La ciurma naufraga del partito del dominus visionario arranca nella pozzanghera che crede mare aperto, così si vedono dei donchisciotte-azzeccagarbugli (i vari politici del Pd sbandato) agitarsi, muoversi, far finta di dire qualcosa di sinistra, lanciare sorrisetti demenziali, cedere a delle smorfie compensatorie (per personalità immature e incomplete), arroccarsi su posizioni di autosufficienza come se i perdenti fossero quelli che hanno vinto, ecc.. Le loro lance già spezzate dalla disfatta elettorale non hanno alcuna consistenza contro i mulini al vento cui sembrano sferrarsi.

Una politica che ha sbagliato tutto e uno Stato che non ha tutelato e protetto i propri cittadini non possono e non devono prendersela con questi, se alla lunga hanno sviluppato la cultura del sospetto. La sfiducia è diffusa: è una grande maggioranza quella che ormai percepisce lo Stato come distaccato dal popolo, come se fosse il silenzioso e temibile esecutore degli interessi di “forze” sovranazionali che agiscono anche contro la “cosa pubblica” italiana. I cittadini-contribuenti non sentono più lo Stato come un apparato rappresentativo del popolo. Troppi sono i fatti che contraddicono un voler pensare bene per forza, lungo la storia degli ultimi cinquant’anni.
Uno Stato governato da soggetti al di fuori di esso, non eletti dal popolo e ad Esso dichiaratisi responsabili di detto Stato, che Stato è? Così non è uno Stato quale espressione della democrazia nazionale parlamentare e sovrana.
L’Unione Europea potrebbe essere una buona cosa se non ci fossero intenti occulti poco democratici. Tutti i soci dovrebbero essere alla pari in tutto il contesto europeo. Così non è. Alcuni soci manifestano, ostentandola, una “azione di forza” a discapito di altri soci, che così rendono e mantengono deboli, imponendo i propri interessi esclusivi. Una giusta Unione Europea non può avere dei soci con interessi diversi dagli altri soci e soprattutto con situazioni economiche diverse. Con le diversità economiche si impone sempre la legge del più forte e l’Unione Europea viene a risultare una finzione per trame occulte non rivelate.

Nell’attuale stallo della politica italiana, che non riesce a pensare ad un governo esente da egoismi partitici, si palesa chiaramente come tutti i partiti non abbiano proprio nessuna vera “Idea” di Italia né una visione del futuro, e soprattutto non siano capaci, in tale situazione critica, di lanciare alcuna intelligente “dichiarazione programmatica”. Un buio intellettuale preoccupante.

Le disuguaglianze dilagano e le sofferenze si espandono a dismisura.

“(…) Di eguaglianza parla l’articolo 3 della Costituzione, e lo fa in termini tutt’altro che generici. Non è uno slogan, un’etichetta, una predica a vuoto destinata a restare lettera morta. È l’articolo più rivoluzionario e radicale della nostra Costituzione, anzi vi rappresenta il cardine dei diritti sociali e della stessa democrazia. E non perché annunci l’avvento di un’eguaglianza già attuata, ma perché la addita come imprescindibile obiettivo dell’azione di governo. L’articolo 3 dichiara che ‘tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali’, ma non si ferma qui, anzi quel che aggiunge è ancor più importante, e non ha precedenti in altre Costituzioni. ‘La Repubblica ha il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese’. L’eguaglianza fra i cittadini è qui affermata attraverso la loro dignità sociale.. la dignità, raggiunta mediante il lavoro, è identificata con il pieno sviluppo della persona. Dignità, sviluppo della persona e lavoro convergono per creare equilibrio fra i diritti del singolo e i suoi ‘doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale’ (art.2). la democrazia secondo la Costituzione è dunque ‘effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese’, e il suo protagonista è il cittadino-lavoratore: perciò l’art. 4 garantisce il diritto al lavoro. Questa idea di democrazia risulta dalla somma di dignità personale e sociale, lavoro, eguaglianza, solidarietà (…)”.

Salvatore Settis
tratto dall’articolo Non c’è democrazia senza eguaglianza
da LETTURE (pag. 8) su Il Fatto Quotidiano 19 aprile 2018

L’Italia, come altri Paesi, ha una montagna di norme ufficiali scritte ma non tutte vengono praticate, non tutte vengono applicate realmente.
Basta vedere la Costituzione che riconosce la sovranità al popolo, il primato del lavoro sul capitale finanziario, la tutela del lavoro, il risparmio, l’eguaglianza, e invece la realtà del potere va tutta in senso inverso. Sono state introdotte negli anni un’infinità di norme che vanificano i principi costituzionali fondamentali. Il diritto praticato è quasi sempre quello che va contro i diritti del cittadino indifeso. La storia personale di ogni cittadino è costellata da ingiustizie che potrebbe raccontare.

Quelli della casta, da vincenti o da sconfitti, vivono al di sopra delle norme che valgono per tutti e questa è una grande ingiustizia tra le più sfacciate.
Ai più hanno sottratto gran parte dei diritti e delle libertà; gran parte dello stato sociale è ridotto ad una condizione da mendicante; il futuro ai giovani è stato precluso; ai non appartenenti alla casta le possibilità sono state ridotte al minimo; hanno imposto e diffuso una cultura dominante demenziale per ignoranti che si vogliono credere eruditi, bravi, intelligenti e furbi più degli altri (ma così non è). Un popolo di ignoranti fa comodo al potere che lo vuole solo funzionale all’uso strumentale degli interessi di scopo al dominio mondiale.
Per questo molti individui, che si travestono di politici, tradiscono la propria vera motivazione profonda rivelando la segreta ambizione di voler occupare soltanto il governo o ruoli affini per la brama di esercitare il potere e privilegiare interessi di natura personale.

Di esempi, in Italia, ve ne sono molti. Uno tra questi è il Matteo Renzi che, cercando di fare “copia e incolla” con le gesta, lecite e illecite, di Tony Blair e Gerhard Schroeder, ha commesso molti gravi errori finendo per tradire l’Italia e gli italiani. Cosa che in pochissimi hanno avuto il coraggio di dire. È il male-brama del potere che fa decadere, nonostante tutto, “i peggiori” nascosti.
Un premier che sfrutta la propria posizione, trasformandosi da capo del governo in facilitatore d’affari rispecchia quanto anticipava il Padre costituente Piero Calamandrei, che menzioniamo di seguito.

Bisogna ricominciare a distinguere che altro è il lavoro professionale redditizio e altro l’ufficio politico gratuito, e che chi mescola le proprie cariche politiche con i propri affari personali, inquinando nello stesso tempo la vita privata e la vita pubblica, le ragioni della politica e quelle della scienza e dell’arte, non è un grande politico, né un grande scienziato, ma è semplicemente un miserabile cialtrone”.

Piero Calamandrei

Parole scritte, nell’agosto del 1943, da uno dei Padri costituenti toccato da profonda illuminazione profetica dei tempi futuri oltre che del suo (La politica non è una professione, Editore Henry Beyle)

La politica italiana sembra diventata soprattutto “irresponsabilità”, ma anche “incapacità” a presentare un chiaro e luminoso “modello politico” e un serio “programma di azioni” di un possibile governo per il popolo sovrano.
Il vento carpisce degli eco occulti di trame insospettabili e li spinge, con le sue correnti aeree, dove alcune spiccate perturbazioni le consegnano, in buona fede, ad occhi-orecchie saggi che con destrezza, senza deformarli, ne fanno il miglior uso per ridurre gli ulteriori danni al Paese.
La luce e le tenebre dei cieli si combattono in terra, tramite tutti “i migliori” e tutti “i peggiori”.

 

Questa sentenza, dopo cinque anni, riconosce che parte dello Stato negli anni delle stragi trattava con la Mafia e portava alle istituzioni le richieste di Cosa Nostra. Per la prima volta vengono consacrati i rapporti esterni della Mafia con le istituzioni negli anni delle stragi ed è significativo che questa sentenza abbia riguardato un periodo in cui erano in carica tre governi diversi: quello Andreotti, quello Ciampi e quello Berlusconi”.

Nino Di Matteo

Parole del Pm, magistrato storico del pool che ha istruito il processo sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia, dopo la lettura del verdetto.

 

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