Afferma la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani nei suoi Articoli 4 e 12, in qualità di Alti dignitari, custodi della libertà, dei diritti e della dignità di tutti gli esseri umani (cittadini, contribuenti, lavoratori, disoccupati, licenziati, pensionati, poveri):
Articolo 4
Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù. La schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.
Articolo 12
Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.
Abbiamo iniziato, come premessa a ciò che ci apprestiamo a portare a conoscenza, con gli Articoli della Dichiarazione Universale che più si avvicinano al tema di cui vogliamo parlare.
Quando l’Art. 4 dice che “Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù” si riferisce, ovviamente, non solo alla schiavitù e alla servitù in senso strettamente fisico, ma anche alla natura di una schiavitù e servitù di stampo psico-comportamentale e psico-comunicazionale, ad uno stato psicologico di asservimento indotto, pari e/o peggiore di uno stato costrittivo di schiavitù di natura fisica, ad uno stato di sudditanza psicologico ottenuto mediante l’incutere strategicamente forme di paura, di timore, di preoccupazione, alle quali i più soggiacciono senza riuscire ad avere il coraggio di ribellarsi. Chi venisse a trovarsi in tale indesiderabile condizione si troverebbe, in realtà, in presenza di una vera e propria violazione di tale Articolo ed avrebbe diritto di essere difeso dalla legge, tutelato, tirato fuori da una tale indegna situazione. Nessun tipo di circostanza e nessun tipo di motivazione potrebbero essere giustificate alla presenza di una tale violazione che lede profondamente la dignità della persona.
Nessuno ha diritto di esercitare, o pensare di avere il diritto di farlo, sfruttando una posizione non paritaria (datore di lavoro-lavoratore), una pressione psicologica utilizzando la minaccia, il ricatto, lo stato di necessità di chi subisce, ledendo e sottraendo la piena dignità della persona, umiliandola, offendendola, confinandola in una prigione invisibile dai ristrettissimi confini. Stiamo parlando di quel profilo patologico tipico dei tiranni, dei dittatori, dei fustigatori, degli estimatori dei vari autoritarismi che sfruttano la condizione vigliacca della posizione che ricoprono, senza mai avere il coraggio di affrontare, chi vogliono avere come bersaglio, sul piano paritario. L’autoritario spesso è un soggetto meschino, mediocre, vigliacco, mancante di vero spessore caratteriale, un frustrato che non si riconosce tale. Chi si comporta in tale deprecabile modo per sentirsi, e farsi considerare dagli altri, padrone risulta, in realtà, essere un pessimo servo delle proprie inconfessabili e inaccettate debolezze che, per incapacità a trovare una soluzione ricorre, per compensazione, al profilo di fustigatore. Il vero problema sociale è che le sue debolezze si trasformano in sofferenze per gli altri che, in un qualche modo, da lui dipendono e a lui si riferiscono.
Un Dirigente, un Manager, un capogruppo, un preposto alla guida di risorse umane non può, e non deve, insultare i propri sottoposti: non ne ha alcun diritto e per nessuna ragione. Si tratta di un tipo di comportamento che si è diffuso, subdolamente e silenziosamente, negli anni della crisi mentre aumentavano i licenziamenti, i disoccupati, i precari, i lavoratori in nero, i lavoratori a chiamata, l’estensione del fenomeno del caporalato (dai campi agricoli agli uffici pubblici e privati, agli open space, ai call center, ecc.) e il Lavoro cominciava a scomparire dal “mondo del lavoro” senza più essere creato dai preposti a farlo, a livello politico, a livello imprenditoriale, a livello Finanza, a livello sindacale, ecc..
In tali acque tumultuose della società umana in crisi “Qualcuno” cancella, giorno dopo giorno, lo Statuto dei Lavoratori (Legge 20 maggio 1970 n. 3001) per arrivare alla cancellazione dell’Articolo 18, all’imposto (non scelto democraticamente dai lavoratori) Jobs Act (l’espressione dei giorni nostri del moderno istituto della schiavitù) e al tentativo di disastrare la Costituzione che, nei suoi nobili Articoli, protegge i Cittadini-Lavoratori.
Un “responsabile” di risorse umane, a qualunque grado e livello sia della scala gerarchica di appartenenza, non ha alcun diritto, a torto o a ragione, di maltrattare un proprio sottoposto. In nessuna circostanza ha diritto di sbattere i pugni sui tavoli o di rivolgerli, come segno di minaccia, nei confronti delle risorse umane che ha davanti. Non si può permettere di offendere, dire parolacce, bestemmiare o tirare delle sedie, o peggio ancora dire “vi distruggo se non fate quello che vi dico”. Neanche usare espressioni volgari offensive del tipo “tira fuori i coglioni se sei un uomo, se non sei una checca”, oppure “siete un covo di merde” (riferendosi al contesto lavorativo nel quale la risorsa umana non è stata all’altezza, secondo lui, di quanto avrebbe dovuto fare).
Un “responsabile” non può, e non deve, prendere di mira, tenere sotto tiro, uno o più lavoratori per fargli la guerra, forte della sua posizione dominante, ma soprattutto non deve minacciare se questi lo contestano (civilmente, come è loro diritto poter fare) nelle decisioni arbitrarie (considerate ingiuste) da lui prese e nei comportamenti adottati nei loro confronti.
Nessuno, infatti, ha il diritto di violare, con le proprie risposte comportamentali e comunicazionali, quanto afferma solennemente il primo Articolo della Dichiarazione Universale:
Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Non stiamo parlando di Utopia ma dei principi e dei valori della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani; non stiamo parlando dei sogni di Astolfo sulla Luna ma di fatti concreti della gente vera e non virtuale, della gente che soffre per mano di individui stupidi, crudeli, mediocri ma che esercitano un abuso di potere nella funzione pubblica o privata in cui si ritrovano.
Eppure, nell’attuale società umana, in molti suoi ambiti, viene continuamente esercitata una tale violazione, specie nel mondo del Lavoro, in piccole e grandi realtà, senza che nessuno abbia il coraggio di denunciare, di rendere pubblica la cosa. E anche nei molti casi in cui si viene a conoscenza delle diverse forme di violazione nessuno interviene, si minimizza, si insabbia, si evita il polverone mediatico. Tacere, restare in silenzio, significa alzare il velo della complicità, anche quella degli innocenti che subiscono.
È così che i nobili Articoli della Costituzione e della Dichiarazione Universale restano inattuati e inapplicati, facendo sì che le violazioni si perpetuino ed aumentino come è avvenuto nella crisi economica-esistenziale che ancora non riesce a volgere al termine, per colpa di uomini egoisti al potere.
In questo Stato di diritto, nel mondo del Lavoro, con tanto di Sindacato, di Confindustria, di Confcommercio e dell’esistenza poco conosciuta dell’ILO (Agenzia delle nazioni unite per i diritti del Lavoro), accadono cose da non credere pur vivendole. Si svolgono coreografie-eventi inenarrabili.
I comportamenti che si verificano in più ambiti lavorativi, del pubblico e del privato, dei quali veniamo a conoscenza per vie certe e indiscutibili, rivelano la peculiarità di chi crede di poter far uso di ciascun bene, comprese le “risorse umane” dipendenti, come se fossero di sua proprietà esclusiva, rendendo trascurabile la storia dei Diritti Umani. In tali circostanze si riscontra, sotto la pressione prepotente del più forte, che i rapporti di Lavoro sono ancora improntati a una concezione medievale, secondo cui il prestatore d’opera è un servo e che il padrone è il più forte e si può far beffa delle leggi alle quali gli altri invece devono sottomettersi. I fatti di cui siamo venuti a conoscenza dimostrano come sia diffusa l’arroganza del potere dei datori di lavoro che considera i Lavoratori, e le loro vite, “trascurabili”.
È mai possibile che nel terzo millennio un cittadino-lavoratore, pur vivendo in uno Stato di Diritto, debba essere offeso nella sua dignità, debba subire una violazione nei suoi sacrosanti diritti umani? È possibile che nessuno sia in grado di tutelare i cittadini-lavoratori lì dove i suoi diritti vengono calpestati e offesi con indegne motivazioni di profitto aziendale?
È davvero precipitato in un nuovo medioevo il “mondo del lavoro”? Gli individui non hanno diritti; esistono solo le necessità del mercato, del profitto e degli obiettivi da raggiungere a tutti i costi; si impone la prepotenza del più forte; l’uomo-massa risulta un “trascurabile” funzionale ad alimentare il ciclo produttivo che serve ai padroni.
Le vicende di cui siamo venuti a conoscenza riguardano sia ambiti di lavoro privati sia pubblici, non solo ma conosciamo, direttamente e indirettamente, molte delle persone coinvolte in tali situazioni incresciose che non dovrebbero verificarsi in una società civile.
Riportiamo solo uno dei diversi casi di cui siamo venuti a conoscenza, come esempio per ciò che intendiamo comunicare.
Una di queste vicende riguarda un’intera Direzione di una grande multinazionale che non dovrebbe avere, tollerare o sfruttare certi top manager: una classe dirigente non dovrebbe avere certi oscuri profili tra i propri membri.
Uno di questi top manager, a cui abbiamo accennato, in un incontro aziendale ha dato il meglio di sé. Si è trattato di un incontro aziendale tra un “capo Direzione” (il top manager in questione) e i dipendenti. Lo spettacolo offerto dal “capo Direzione” è stato pietoso e indecoroso. Il semplice aggiornamento strategico di fine anno funzionale per i nuovi obiettivi dell’anno successivo è stato trasformato in una feroce drammatizzazione.
I dipendenti (dai più diversi livelli inquadramentali), allibiti, si sono ritrovati di fronte più che a un “capo Direzione” ad un “maiale posseduto da spiriti immondi e infernali” che ha vomitato sui lavoratori quanto di peggio possa riuscire ad esprimere la natura di un “capobastone” dei bassifondi, mancando del tutto di quella leadership etica che dovrebbe distinguere un leader di una azienda di grande spessore internazionale (quale questa è).
Il suo intervento che era introduttivo, cioè di apertura dei lavori (dieci minuti circa), è stato sufficiente a creare il clima appositamente voluto: di panico, di preoccupazione, di condivisione servile, di incredulità, di sgomento, di disgusto, ecc.. In molti si sono rinchiusi in uno spesso silenzio. E alla “chiusura” del suo intervento, pieno di tutta la sua tracotanza non nascosta, visto che nessuno prendeva la parola, nello spazio previsto per le domande, ha detto con tanto di sprezzo superiore, “(…) di dimostrare di avere coraggio … che lui, in fin dei conti, è una persona paziente e con un buon carattere”. Ma il ghigno volutamente comparso sul suo volto tradiva i suoi veri pensieri, un ghigno di sfida a far scendere l’incauto nell’arena, a provocare … indebitamente. Un ghigno come quello del diavolo che si serve del maiale o di corpi simili per manifestare il suo odio irrazionale contro l’uomo e contro Dio.
“Capo Direzione” uno così? No, un idiota talmente arrogante da non essere in grado di comprendere che un tale comportamento potrebbe rivoltarglisi contro improvvisamente: lui non è né Dio né il Diavolo, ma un demente di nuova generazione che si crede potente e capace, ma è solo un servo di chi lo schiavizza ad essere così per guadagno. L’odio finisce sempre per seppellire alla fine chi lo ha provocato, anche se dopo molte sofferenze di molti innocenti.
Nel prendere la parola ha mostrato, alla platea di 1300 tra uomini e donne, come si fa in tutte le aziende, i “risultati” eccellenti di fine anno: ricavi e indici di soddisfazione del Cliente “super”; indici di recupero dei crediti “ stellari”; fuochi d’artificio qui e fuochi d’artificio là. In questa fase un viso apparentemente soddisfatto, bonario, condividente.
Dopodiché, improvvisamente, cambiando espressione e tono di voce ha chiesto brutalmente se, secondo i presenti in sala, lui fosse contento. Inaspettatamente ha cominciato a urlare come un ossesso, a gridare “Noooooooooooooooooo” (sgradevolmente). Ma subito dopo il no urlato è venuta la parte più sgradevole e inaccettabile. Ha cominciato a dire, indecorosamente, che “gli stessi valori, a gennaio sono di merda” (parole effettivamente sue), “fanno schifo” e che forse i presenti in sala non hanno capito chi lui fosse … E con forte incisività, con un piglio aggressivo, quasi violento, ha voluto ricordare di non essere un uomo di pazienza a cui “delle spiegazioni dei perché non gliene frega niente” e che “le riunioni con tante persone per risolvere i problemi sono inutili”, che “le mail lunghe per pararsi il culo non servono a niente” e a quelle mail lunghe, spesso tecniche, per spiegargli il perché delle cose lui vorrebbe rispondere “che cazzo significa” (ci spiace ma riportiamo parole sue testuali). Inoltre, che gli obiettivi del prossimo anno saranno ancora più sfidanti … “avete fatto bene, ebbene dovrete fare meglio” e siccome i presenti hanno avuto la sfortuna di avere uno come lui come capo, devono sapere che gli obiettivi si faranno e come … con o senza la volontà dei presenti interessati … perché con lui si fa così … perché a lui “non gliene frega un cazzo di niente se non dei risultati …” e che se fosse costretto, si fa impiantare altre braccia per “prendere tutti a pizze fino alla fine …”.
Inoltre, visto che nella multinazionale in questione si sta prospettando un numero significativo di esuberi, ha proseguito confermando che verranno prepensionate tante persone e per questo tutti devono prepararsi a fare meglio, anche se con meno risorse. Aggiungendo, con una espressione di grande soddisfazione “della serie ‘dovete morì’” (sempre parole sue testuali).
La nostra è una estrema sintesi approssimata, ma il clima e il tenore è quello del tentativo delle nostre parole. Il tutto davvero disdicevole in quanto imbandito di “parolacce di tutti i tipi”, di una serie di offese e volgarità che ci evitiamo di riportare se non quelle già riportate: un continuo sferrare di “cazzi di qua e cazzi di là” con sonorità di bassa lega, come “vi dovete fare un culo così” (con corrispondente gestualità all’altezza della sua managerialità) o “vi faccio un culo così” (una presenza ripugnante ripiena di volgarità fuori luogo), senza alcuna considerazione per tutte le persone presenti (uomini e donne).
Subito dopo hanno sfilato i suoi riporti direzionali con i propri interventi, di tutt’altra natura, ma lui come “capo Direzione” un cattivo esempio incontrastato, non ostacolato. Però tutti, mediocremente (forse per timore) hanno proseguito con il mantra del “fare meglio, fare di più”.
Quanto accaduto è traducibile in un tentativo di aggressione verbale alla onorabilità dei lavoratori presenti (1330 tra uomini e donne).
Comunque questo “soggetto” patologico (che pensa di essere chissà chi, oscillando tra i complimenti, gli urli e le offese), che risulta consigliere anche in un’altra società facente parte di Confindustria, con una recita da attore da strapazzo, di un copione ridicolo da manuale new age per “manipolazione delle coscienze” (o “persuasione occulta”), ha dato un pessimo spettacolo di sé. Se quello che ha voluto fare aveva l’obiettivo di dominare, ciò che invece ha ottenuto non è il dominio su 1300 persone, che lo hanno solo subìto, ma la sottrazione di tutti al suo tentativo incapace di dominazione: si sono sottomessi solo alla sua temporanea presenza ingombrante e fastidiosa.
Non è così che si raggiungono certi obiettivi se si vuol davvero il bene dell’azienda: chi così fa persegue altri obiettivi, altri scopi, altre trame.
Ha messo in scena un non-manager, un non-leader, ma la discesa in campo di un personaggio tragicamente patetico dall’incerto futuro anche se ben ammanicato.
Le politiche che si avvicendano traspaiono di autoritarismo, nulla a che fare con l’autorità e l’autorevolezza, ed esprimono velate forme di cinismo e persecuzione che dovrebbero preoccupare in tutti gli ambiti della società, a livello nazionale e a livello internazionale.
Abbiamo utilizzato l’accaduto, di cui siamo venuti a conoscenza, non per far sapere chi e dove ma per invitare a riflettere i cittadini-lettori su molti di questi episodi che irrompono nella vita delle persone nel loro mondo del lavoro, che siano piccole o grandi realtà: tali manifestazioni sono inaccettabili perché nessuno ha il diritto di comportarsi e parlare così a chi lavora. Gli obiettivi e la mira di un profitto maggiore non giustificano affatto l’infierire in tal modo su altri esseri umani, trattandoli come fossero degli schiavi (che non devono assolutamente esistere).
Tali azionamenti devono essere contrastati e combattuti sbandierando la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, invitando tutte le forze politiche di agire perché tali sgradevoli eventi possano non ripetersi mai più in nessun ambito.
Gli italiani non devono essere trasformati in “schiavi moderni” come forse piacerebbe a “Qualcuno” far accadere.