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976. Coronavirus: il maggior pericolo è nella irresponsabilità

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Si può essere irresponsabili per un singolo o più atti commessi o per il senso di irresponsabilità manifestato nei confronti di una grave situazione.
In questo momento di grave emergenza nazionale, ma anche mondiale, a proposito del Coronavirus, ogni cittadino ha il dovere di “sentirsi” e di “essere” responsabile delle proprie risposte comportamentali e comunicazionali: è il primo passo fondamentale per difendere e proteggere stessi e gli altri. Ogni singolo individuo, volente o nolente, è collegato a tutti gli altri individui: ogni individuo respira aria condivisa anche dagli altri individui, l’aria inspirata ed espirata si fa veicolo del pericolo presente, quando esistente, e canalizzatore per la sua trasmissione. La responsabilità richiede consapevolezza, la sola capace di guidare i nostri atti nella giusta direzione che la situazione del momento richiede: la consapevolezza impegna la capacità di saper discernere-discriminare, capacità fondamentale per evitare errori possibili. Un comportamento irresponsabile mette a rischio la vita degli altri, non soltanto di sé stessi. Troppi, in queste critiche settimane, i comportamenti irresponsabili di soggetti egoisti, menefreghisti, indifferenti al bene degli altri: moltissimi i casi di furbetti, così si credono loro, che non hanno rispettato le direttive della Sanità e sono scappati dalle zone rosse tenute sotto controllo ed è per questi furbetti che il virus ha cominciato a circolare e diffondersi velocemente in tutta Italia, fuori dalle iniziali zone-focolai individuate e tenute sotto sorveglianza. Untori consapevoli di esserlo che andrebbero puniti severamente, denunciati, sanzionati pesantemente e successivamente arrestati, una volta guariti. Irresponsabili, incoscienti, egoisti, disumani in giro per l’Italia a contagiare il prossimo nonostante le informazioni ormai chiare e la situazione critica più che evidente, con diffuse le procedure di allerta. Molti anche gli imprenditori irresponsabili che non si sono attenuti, per egoismo e brama di profitto, a quanto prevede la Legge (art. 2087 e l’art. 25-septies, dlgs 231-2001), cioè adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro nelle aree interessate dall’epidemia di Coronavirus. Solo una parte delle aziende italiane hanno subito predisposto che i propri dipendenti si attenessero ad un protocollo di salvaguardia come quello di lavorare da casa dove possibile, di astenersi dal lavoro restando a casa retribuiti dove fosse necessario, di mettersi in malattia dove fosse richiesto. Nonostante ciò alcuni dirigenti e quadri, proprio di queste aziende che si sono attenute come politica aziendale alle direttive della Legge vigente, infischiandosene del comunicato ufficiale aziendale diffuso a tutti i dipendenti, comportandosi non da “responsabili” ma da “capi bastone”, con fare vessatorio premono sulle proprie risorse con minacce e ricatti, velati e palesi, cercando di costringerli a viaggi aziendali in zone pericolose, a far restare in ufficio gente che manifesta raffreddori e tosse e a riunioni evitabili, imponendo l’idea che sono sciocchezze tutti i provvedimenti allertati dalla Sanità e accettati dall’azienda: un abuso e una violazione che si oppone alla Legge e alla volontà dell’azienda stessa presso la quale lavorano. Altre difficoltà sono quelle che queste aziende, sensibili da un lato, comunicano che in certi settori i lavoratori possono restare a casa e lavorare da remoto, ma senza considerare il fatto che molti di questi lavoratori non sono forniti di “portatili aziendali” con i quali connettersi. Una epidemia che rivela falle nascoste in ogni ambito della società.
Le adesioni ufficiali da parte di alcune aziende non sono state sufficienti perché hanno prevalso i comportamenti irresponsabili che hanno aumentato la diffusione del virus e la morte di molte persone provocate dal virus indirettamente, perché già affetti da altre patologie o indeboliti per proprio conto nel sistema immunitario. Gli untori irresponsabili hanno sulla propria coscienza molti morti, ognuno per i contagi che hanno diffuso che potevano essere evitati. Assassini che non pagheranno mai la loro colpa nella giustizia umana, quella divina certamente sì. Un esempio di un folle irresponsabile è quello di un positivo al Coronavirus che scappa dall’isolamento delle malattie infettive dell’Ospedale Sant’Anna di Como e se ne ritorna a casa, a Casnigo nella provincia di Bergamo, in taxi, ma è stato raggiunto a casa dai carabinieri e denunciato per inosservanza ai provvedimenti dell’autorità. Il tassista è stato costretto a mettersi in quarantena per colpa di un irresponsabile. Un soggetto come questo signore che è scappato da positivo dall’Ospedale è un potenziale assassino che andrebbe punito severamente per il suo gesto di indifferenza nei confronti del prossimo, avendo pensato solo a sé stesso. Di casi come questo purtroppo se ne stanno ripetendo continuamente: prevale l’irresponsabilità.
Gli irresponsabili che si sono evidenziati in diversi ambiti sono davvero molti, dalla semplice realtà dei cittadini (indifferenti alle osservanze dei provvedimenti dell’autorità) che hanno contribuito a diffondere il virus, ad alcuni uomini di governo (nazionale, regionale e provinciale), a politici-sciacalli che hanno pensato bene di cavalcare furbescamente la paura del virus per catturare consensi, a imprenditori privati immorali che hanno scelto la via della speculazione (5000 euro le mascherine in Piemonte), senza dimenticare molti media, molti funzionari pubblici, ecc..
Un grande esempio di irresponsabilità sembra darlo, a differenza di altri che si sono sottoposti alle regole per tutti, Matteo Salvini che non vuole mettersi in quarantena nonostante un poliziotto della sua scorta sia risultato positivo. Il leader di un partito, ex ministro, che si pone sempre fuori dalle regole che pretende che gli altri rispettino. Orchestra, irresponsabilmente, sempre sceneggiate per strappare consensi a tutti i costi, oscillando tra la recita sovranista per trascinare i focosi della destra e la recita di finto democratico moderato per catturare gli indecisi e gli inquieti della sinistra che non c’è più. In qualità di irresponsabile dà il cattivo esempio a molti cittadini confusi dalle informazioni contraddittorie girate che hanno bisogno di vedere nei governanti e nei leader di partito una guida sicura, dagli intenti unitari e responsabili. In più occasioni non ha fatto altro che dare prova del suo opportunismo e del suo cinismo, strumentalizzando, a fini di propaganda della sua politica, ogni fatto del momento, irrisorio o importante che sia, sulla pelle degli italiani. Egli combatte per sé stesso mediante “colpi di scena” (come quello del “citofono”) indifferente ai bisogni reali dei cittadini e dell’intero Paese: i suoi occhi interiori non sanno vedere un’Italia unita davvero.
Molti sono i politici ormai messi in quarantena, assessori, sindaci, consiglieri regionali, parlamentari, ministri (ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli; il deputato della Lega Guido Guidesi di Codogno; la sindaca Patrizia Barbieri di Piacenza; dell’Emilia Romagna gli assessori Raffaele Donini e Barbara Lori e il governatore Stefano Bonaccini; il governatore della Lombardia Attilio Fontana; l’assessore regionale del Pirellone Alessandro Mattinzoli; Nicola Zingaretti il leader del Pd).
Il Coronavirus ha smentito anche le tanto decantate eccellenze del sistema sanitario lombardo, di cui si sono sempre vantati i governanti regionali (in assenza di problemi ma che oggi in emergenza sta rivelando tutte le sue falle nascoste), offendendo con questo alibi i politici e i cittadini delle altre regioni specie i meridionali, ma anche quello del sistema veneto ed emiliano.
Naturalmente anche molti responsabili-irresponsabili della Sanità, con tutte le tasse che i cittadini-contribuenti pagano, che non hanno saputo contrastare le azioni speculative di questi giorni e non hanno saputo assicurare quanto necessario (mascherine apposite della categoria “FFP3”, Amuchina Gel X Germ Disinfettante mani, Gel battericida assoluto, disinfettanti igienici vari) per le precauzioni minime. Non si sono riusciti ad evitare nemmeno i furti all’interno degli ospedali di questi materiali, già scarseggianti. E come definire tutte quelle Farmacie che vendono gli articoli sanitari necessari, quasi vitali per alcuni, al momento a prezzi veramente folli con la scusa che sono divenuti irreperibili in commercio e che stranamente tornano reperibili quando uno li prenota? Ci vorrebbero punizioni a raffica molto severe, dirette e immediate per chi specula su una tragedia come questa: la semplice denuncia che alcuni ricevono non provoca alcun cambiamento di comportamento.
E che dire di coloro che stanno rischiando ogni giorno il contagio poiché non sono stati riforniti neanche di mascherine e disinfettanti, come i Carabinieri, l’esercito, i vigili, i poliziotti e in molti casi anche gli infermieri?

Il decalogo sanitario consiglia anche cose di buon senso come “niente abbracci, né baci, né strette di mano, e per le chiacchiere stare ad un metro e più di distanza con l’interlocutore … Vanno evitati i luoghi affollati …”.
Eppure nella maggior parte degli uffici, pubblici e privati, non viene rispettata la distanza di sicurezza di almeno un metro consigliata dalla Sanità. Non viene rispettata neanche nei supermercati, come abbiamo potuto constatare di persona, ma non solo non si rispetta neanche il minimo accorgimento igienico perché abbiamo visto prendere e dare con le mani degli affettati senza che le persone reclamassero: senza parole.

Il contenimento dei contagi dipende anche da ogni singolo cittadino che dovrebbe osservare il massimo del rigore e dell’attenzione, ma anche dal cambiamento, al momento, delle proprie abitudini: in questo momento servono limiti e rinunce consapevoli e responsabili. Eppure c’è chi scrive e diffonde sciocchezze sull’onda emotiva del momento come “vivere senza abbracci e strette di mano: più soli e distanti al tempo del contagio”, ma anche “ tutti un po’ più soli, distanti e circospetti”. Ma come si fa a scrivere cose del genere in un momento di emergenza nazionale e mondiale come se chissà quali diritti tale emergenza avrebbe sottratto. Non sono diritti sottratti ma solo consigli, non divieti ma un invito alla prudenza che hanno la loro ragione di essere. Cose di questo genere avrebbero dovuto scriverle a proposito dell’isolamento volontario delle persone immerse da anni nell’uso eccessivo e compulsivo del digitale, che mostra scene difficili da commentare, scene di alienazione come quelle, ad esempio, di quattro amici che si incontrano ma incarnano quattro solitudini, ognuno con gli occhi sullo schermo del telefonino e le orecchie tappate dagli auricolari (in tali occasioni addirittura non si parlano ma non si guardano nemmeno), altro che “tutti un po’ più soli, distanti e circospetti”. Il digitale ha cambiato davvero la semantica dei rapporti personali. I tuttologi o esperti vari, per lo più personaggi incompiuti in cerca di visibilità, in alcune circostanze dovrebbero avere almeno la decenza di starsene zitti, fermi e invisibili.

Il sondaggio effettuato rivela lo stato d’animo che hanno diffuso politici e media: il 63% è preoccupato dal Coronavirus e il 64% teme ripercussioni economiche gravi.
Ma cosa è veramente più importante?
Al momento (7 marzo 2020) i guariti sono 414; i contagiati sono saliti a 3256; i morti a 148; in isolamento domiciliare 1.165; in terapia intensiva 351 (questi dati cambiano, aumentando, ogni giorno).

Quindi i provvedimenti decisi il 4 marzo 2020 hanno il loro senso. Chiudere scuole e università non è allarmismo ma è il minimo di sicurezza gestibile con il buon senso. Eppure nonostante le indicazioni date sono molte le trasgressioni ai consigli sanitari: le persone continuano indifferenti a frequentare cinema, teatri, convegni, conferenze, mostre, una vera manifestazione di irresponsabilità, individuale e collettiva. Le partite di calcio, era stato detto, si sarebbero svolte a porte chiuse, ma nelle ultime ore è stata presa in considerazione la sospensione del campionato (Serie A) perché il rischio contagio è alto (i giocatori andando in trasferta mettono a rischio sé stessi e gli altri comunque e ne basta solo uno di contagiato). È stato annullato anche l’E-Prix di Roma del 4 aprile 2020. Annullate le finali di Coppa del mondo di Sci a Cortina e sembra a rischio anche il Giro d’Italia. Evitare feste e assembramenti di persone si rivela fondamentale per evitare contagi assurdi. La vera responsabilità diretta resta all’individuo che se ha raffreddore, febbre o malessere di qualsiasi tipo ha il dovere di starsene a casa in attesa di capire di cosa si tratta davvero e non rischiare di contagiare altre persone: vicini di casa, amici, parenti, clienti al bar o ristorante, persone al supermercato, ecc..

La Cei ha vietato le messe, al momento, solo nelle zone rosse, invece la Grande Moschea di Roma ha sospeso le preghiere del venerdì. Si parla, però, di celebrazioni di Pasqua a rischio e i più preoccupati sembrano il Vaticano, i Vescovi e le parrocchie italiane (per la settimana Santa). A rischio la domenica delle Palme, la festività che fa entrare i riti della Pasqua, a rischio anche la messa del Crisma del giovedì (la lavanda dei piedi) e il Venerdì Santo con la Passione e la Via Crucis. A rischio anche le Udienze per le misure anti contagio. In Vaticano sono state sospese le attività presso la Gregoriana, l’Urbaniana e la Lateranense, compreso il torneo di calcio pontificio tra seminaristi e preti. Una grande preoccupazione è quindi calata sulla Chiesa, ma di che natura è questa preoccupazione? Spirituale o di tipo economico per l’eventuale flop del business pasquale annuale?

La verità è che il Coronavirus ha scatenato gli irresponsabili dell’oligarchia finanziaria globale: uomini che giocano e speculano con le Borse (ma anche con la vita delle persone, indifferenti ai problemi che causano con le loro azioni) trasformando l’epidemia in micidiale speculazione. C’è chi inizia a guadagnare scommettendo sul ribasso dei titoli dopo, oltretutto, aver lucrato nella direzione opposta. Non sono solo irresponsabili ma anche disonesti (non processabili), immorali, dei veri disumani.
Questi oligarchi finanziari servono il Vertice della “Piramide del potere occulto mondiale”, quella struttura in mano ai signori del Nuovo Ordine Mondiale di cui parliamo spesso nei nostri scritti. Si tratta di individui senza scrupoli che non ci penserebbero due volte a prendere la decisione, se questa gli desse più velocemente quello a cui auspicano, di diffondere intenzionalmente un virus fatto in laboratorio e mascherato da processo naturale, per ottenere lo spopolamento mondiale a cui mirano da molto tempo. Dominare col terrore è la loro vera passione da cui traggono infinito piacere.

Intanto sono, al momento, sedici i paesi che rifiutano l’ingresso agli italiani e molti sono anche gli stranieri che gridano all’“untore” nei riguardi dell’italiano. Più focolai si sono diffusi anche in Spagna, Francia e Germania. Manca un senso civico di unità mondiale che dovrebbe distinguere la società umana moderna di oggi. Prevale la negativa percezione del nemico, la contrapposizione a tutti i costi, l’egemonia su qualsiasi cosa affossando e denigrando l’altro (individuo, gruppo, organizzazione, nazione, ecc.). Prevalgono incredibilmente l’ignoranza, l’egoismo e la paura che provocano molti danni.

Che cosa può insegnare e rivelare a tutti il Coronavirus?
Prima del Coronavirus tutti pensavano di vivere una vita normale, ma senza mai essersi chiesto in cosa consistesse la normalità: la cosiddetta normalità in cui tutti hanno vissuto prima del Coronavirus non è affatto normalità.
La creduta normalità non può essere fatta di corsa folle che non fa pensare, di produzione illimitata che esaurisce chi la fa dal basso (gli operai e gli impiegati), non è fare continuamente, non è guadagnare ogni momento, pagare ad ogni passo, costruire per forza qualcosa, provare disperazione in un lavoro che dovrebbe aiutare a crescere come persona: normalità non è vivere con uno stato accelerato di sottofondo che scatena stati di ansia, di ira, di depressione, di aggressività irragionevole ma giustificata dalla follia in cui si è costretti a vivere. L’uomo ha bisogno di pause, di attese, di lentezze periodiche. Fermarsi è salutare, può essere illuminante, può scaturire un pensiero importante che faccia scoprire una passione insospettabile: fermarsi può ridare il senso della misura giusta, facendo misurare la vita, il suo vero senso, la sua dimensione.
Il fermarsi forzato per il Coronavirus ha rivelato, per la maggior parte delle persone, una profonda fragilità psicologica, un dissesto nell’equilibrio, la mancanza di un pensiero essenziale.
Le persone sembra vogliano riprendere la folle corsa che non li fa pensare senza chiedersi cosa è successo davvero, senza capire il senso vero del dramma che si sta vivendo e illudersi di tornare ad una normalità che in realtà non è affatto normalità.
Basterebbe rendersi conto che il Coronavirus sta insegnando una cosa su cui riflettere profondamente: nel diffondersi non bada a razza, colore della pelle e appartenenza politica.

Il Coronavirus attacca, contagia a livello fisico (biologico), ma senza che la maggior parte delle persone se ne sia resa conto ha attaccato la popolazione mondiale psicologicamente, ha creato divisioni ideologiche, politiche, sociologiche, filosofiche, virulente contrapposizioni, ha innalzato barriere invisibili, ha creato nemici inesistenti, ha scatenato nell’immaginario collettivo disastri economici-finanziari mondiali prima che si creassero le effettive condizioni affinché questi si possano realmente manifestare, ha infoltito la categoria degli illogici-astratti che, per esorcizzare la propria paura, immaginano un miracoloso ritorno alla normalità, quasi un automatismo della natura al servizio dell’uomo. Molti coloro che pensano che siano tutte sciocchezze e che ci stanno manipolando, comportandosi da criminali e da cittadini irresponsabili.
Nessuno pensava, fino a poco tempo fa, di dover affrontare-subire le diverse emergenze simultanee di questi giorni. I sistemi sanitari, italiani e di tutto l’Occidente, si sono rivelati inefficienti, un vero disastro della civiltà.
Il Coronavirus ha rivelato, al Nord Italia, tutti i danni nascosti provocati dalle privatizzazioni selvagge (un rovinoso modello esportato ad altre regioni), cioè dall’ignobile arricchimento privato sulla pelle della salute pubblica, ovvero dei cittadini-contribuenti. Tutto questo non era normalità prima dell’avvento del Coronavirus.
Questo cambiamento forzato, si spera non per molto e solo temporaneamente, non è altro che un cambiamento di abitudini e di ritmi di vita. Non insegna forse, a pensarci bene, che esiste la possibilità di cambiare, e certamente in meglio, la vita di tutti riportandola a una dimensione più vera, più umana per una società migliore, più illuminata e più felice, dove per incanto spariscono i nemici nella testa dei più che fanno vivere male e sottraggono i sonni tranquilli?
In questi giorni di maggior possibilità per la riflessione non sarebbe il caso di osservare i danni inflitti all’umanità dal devastante modello di crescita infinita imposto e pensare ad un nuovo modello, ad un nuovo paradigma?
Perché all’umanità serve sempre un grave trauma per cambiare modello di esistenza? Bisognerebbe utilizzare questo trauma del Coronavirus, senza aspettarne un altro ancora più drammatico, per cercare tutti insieme, a livello mondiale di cambiare.

In sintesi breve cosa sta insegnando il Coronavirus? Un ritrovato civismo collettivo, una prova di maturità caratteriale, serietà, una crescita nel proprio ruolo di cittadini comprensivo del necessario senso di unità nazionale e mondiale, una riconsiderazione di ciò che sono i diritti e i doveri ridandosi una disciplina idonea, in poche parole la lezione più grande è la Responsabilità che è venuta a mancare invece all’inizio di questa sciagura nazionale e mondiale.

 

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