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1036. Conoscenza catartica e liberatrice

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La Conoscenza che conta è quella che metafisicamente si riferisce alla conoscenza che trascende il rapporto soggetto-oggetto e che essendo non duale si identifica con l’atman-Brahman.
Per il ricercatore spirituale, dai primi passi ai più maturi verso la realizzazione, esistono diverse forme di conoscenza, di livello e grado diverso, per contenuto, per condizione coscienziale del soggetto conoscente, per sfera d’azione.
Tra la Tradizione metafisica orientale e la Tradizione metafisica occidentale non c’è alcuna differenza perché bisogna ricordare che la Verità è Una.
Un ricercatore spirituale si trova tra l’uomo comune e il Realizzato e di questo deve prendere atto sin dall’inizio del percorso scelto (sadhana).

Un ente planetario se non è un risvegliato, realizzato, liberato lo si chiama, lo si indica col “Nome e Cognome”. Se è un realizzato egli si trova al di là del nome e della forma e normalmente lo si indica con uno pseudonimo, perché per comunicare sul piano della dualità occorre un nome. Lo pseudonimo utilizzato o il chiamarlo Maestro, Guru, Swamital dei tali” sono simboli di uno stato di coscienza. Lo stato di coscienza del realizzato è lo stato dello jnanin (colui che è pervenuto alla conoscenza ultima, il “conoscitore”).
Tutti i veri realizzati (iniziati), e sono pochissimi a dire il vero, sono qui per effettuare il “tradere”, trasmettere, consegnare la Conoscenza, la Tradizione sacra, il Sanatanadharma, la Tradizione eterna che è al di là di qualsiasi confine geografico e di là dal tempo.
Un vero realizzato non dirà mai “io mi sono realizzato”, né dirà di avere un compito, una missione da svolgere, perché essa si svelerà da al momento giusto.
Un realizzato, se è tale sin dalla nascita, significa che tale suo stato di coscienza esisteva sia prima che dopo essersi manifestato, ma c’è un momento in cui, dopo la nascita, ne diviene consapevole. Dopo la nascita occorre un certo tempo, diverso per tutti quelli che si trovano in tale stato di realizzazione, perché l’atman prenda il controllo del corpo fisico grossolano (sthulasarira). Di solito questa si manifesta intorno agli otto o ai dieci anni, da quel momento in poi l’ente comincia ad esserne, più o meno, consapevole. La verità è che uno stato di coscienza corrispondente allo stato di realizzazione, esiste già prima della nascita e dopo la nascita, si consolida fino a raggiungerne la piena consapevolezza.

È nell’uomo comune, non risvegliato spiritualmente, che è assente la coscienza della possibilità che in lui potenzialmente risiede, quella di dischiudersi alla vera Realtà velata dai veli dell’ignoranza coscienziale. L’uomo che già sta in un processo di risveglio, e pratica una apposita sadhana, ha una consapevolezza relativa, incompleta, parziale (soprattutto teorica più che attuativa) di quanto riguarda la realizzazione, un realizzato, lo stato di liberazione (moksa). Chi si sta risvegliando passa, se lavora bene, da una posizione coscienziale minore ad una sempre maggiore.

Il vero realizzato non ha nulla da realizzare, da perfezionare, da progettare: manifesta naturalmente il proprio stato di coscienza tutte le volte che se ne viene a creare la condizione adatta. Egli può avere o non avere dei discepoli. Quando li ha sono i discepoli che sviluppano iniziative che si trasformano in progetti: egli si prende cura solo delle questioni dei discepoli.
Un vero realizzato percepisce-comprende spontaneamente, direttamente il livello di una persona, la sua vera posizione coscienziale tanto da poter dare indicazioni sul come procedere sulla sadhana. Tratta anche un certo numero di persone che non sono discepoli veri e propri, con cui si relaziona in forma amicale: si tratta di persone in cui ha individuato buone possibilità ma che sta a loro fare i giusti passi indicati e non cadere nelle trappole di maya.
Ciò che muove il realizzato è la Conoscenza (Vidya), completamente diversa da quella che si può chiamare conoscenza empirica.

Ogni ricercatore spirituale dovrebbe ben comprendere che tutti gli enti planetari sono gocce dell’unico Oceano e che se di differenza si deve parlare è in relazione a quella che si riferisce all’ego-corpo-personaggio (nama e rupa). Nel mondo della dualità è il nome e la forma che crea la distinzione tra i vari enti planetari. Il sadhaka, lungo la propria sadhana, quando arriva al momento in cui trascende il nome-nama anche la forma-rupa cessa di manifestarsi e si realizza l’Uno-senza-secondo (l’Unità non duale del tutto).

La Realtà, non bisogna dimenticarlo, è sempre dietro la mente (antahkarana) che proietta “oggetti” senza fine e di varia natura. È con il savikalpasamadhi (contemplazione trascendentale, il samadhi in cui persiste la distinzione tra soggetto e oggetto, quello che conduce alla realizzazione del Brahman saguna) che il sadhaka incomincia a vedere la vita con l’occhio dell’Unità. C’è anche il samadhi “senza proiezione-differenziazione”, il nirvikalpasamadhi. Bisogna precisare però che qualunque specie di samadhi determina la fine della sadhana vera e propria, perché da quel momento inizia la presa di consapevolezza del cosiddetto sostrato brahmanico.

Il ricercatore spirituale deve sempre tenere presente, a qualunque livello si trovi, che un conto è riconoscere la verità e un conto è viverla. È grande cosa il comprendere teoricamente perché significa che si è pronti ad affrontare la fase più importante della sadhana, quella del realizzare quanto si è compreso. Ciò che tuttavia ancora può ostacolare questa fase è il grado di identificazione con i veicoli: il corpo fisico grossolano (sthulasarira); il corpo sottile (lingasarira o corpo astrale); il corpo causale (karanasarira) perché l’ego-senso dell’io, l’ahamkara è nella mente e riuscire a trascenderlo è molto difficile ma possibile.
Facendo i giusti sforzi e i giusti passi il sincero ricercatore spirituale “pronto” può vedere, all’improvviso e spontaneamente, quanto egli è realmente: lo svelamento di ciò che è.

Il buon ricercatore spirituale si interroga spesso su cosa sia effettivamente la manifestazione (prakrti) e finisce sempre con il concludere che si tratta effettivamente di un’apparenza, di maya, una specie di sogno, come hanno sempre detto tutti i grandi saggi del passato: che il sogno della manifestazione non è la realtà assoluta. Quindi, si può affermare con certezza, che la Coscienza esiste prima, durante e dopo la manifestazione. La Coscienza (Sé-atman-Brahman) si estrinseca attraverso la manifestazione mediante i vari veicoli-corpi. Va ricordato però che la Coscienza può vivere senza veicoli ma i veicoli hanno bisogno della Coscienza perché dà loro vita. Non bisogna cadere nell’errore di pensare che la Coscienza sia la “forza vitale” (cioè prakrti, prana) ma è la “forza vitale” che non può esistere senza la Coscienza. È per questo che alcuni Maestri dicono ai propri devoti o discepoli che anche nel cadavere c’è l’atman. Una espressione che non va compresa mediante la mente empirica (manas) ma tramite la buddhi (intelletto superiore, la parte più sottile dell’antakarana, l’organo interno, cioè la mente nella sua intera estensione con le altre funzioni, citta, ahamkara e manas). In molti fanno l’errore di elucubrare con la mente empirica traendo conclusioni errate.
L’identificazione con i veicoli non permette di comprendere ciò che conta, le cose come stanno veramente. Infatti la mente empirica non è in grado di comprendere ciò che è verità atemporale.

Ogni iniziato è un trasmettitore della Conoscenza: sia che trasmetta tramite l’Advaita (i cui rappresentanti sono Gaudapada e Sankara) sia tramite uno dei rami della Tradizione metafisica occidentale. È un errore fare della conoscenza iniziatica solo una acquisizione culturale. L’erudizione non ha potere realizzativo. Gli iniziati sono quegli enti che devono essere sempre presenti per trasmettere la Tradizione primordiale. La differenza tra un iniziato e l’altro è puramente formale. Gli iniziati non creano nulla di nuovo ma trasmettono quella Verità che già è. Tutti possono essere gli svelatori della Verità ma l’uomo comune non è in grado di farlo, l’iniziato sì.

La verità la si può trovare sparsa in diversi gradi in diverse filosofie ma può non essere colta se non si possiede la giusta posizione coscienziale diretta verso la “riunificazione di ciò che si è sparso”. Non è sufficiente però, perché bisogna cominciare a realizzare, altrimenti non si avrà la vera comprensione delle verità colte. La realizzazione passa per alcuni gradi prima di giungere allo stato ultimo che conduce all’esperienza-visione metafisica che dà pienezza e vera pace.

Molti ricercatori, agli stadi iniziali della ricerca, cadono nello sconforto al solo pensare il perché la pura Coscienza “cada” nell’individuazione. Trovano difficile comprendere ed accettare che ciò possa accadere per un suo atto di libera scelta (libero arbitrio) e che tale atto imprigioni all’identificazione con i vari veicoli-corpi. Da cui la necessità del lungo percorso a ritroso (anche molte vite) per ritornare alla condizione di Liberato, cioè di non più identificato con i corpi e costretto a manifestarsi lungo i diversi piani esistenziali. Molti sconfortati vedono una o più contraddizioni e si disperano. Ecco perché procedono lentamente. Procedere su di una sadhana scelta per i più significa avanzare un po’ per volta (cioè tornare indietro piano piano) fino a ritornare nuovamente alla Fonte. Molti trovano difficoltà a pensare che nella realizzazione come jivatman non ci sia l’ahamkara.
Va precisato quindi che anandamayakosa è il veicolo del jiva (Anima). Quando si parla di atman, o di Spirito puro, si parla di quanto è al di là di tutto ciò. Ecco perché l’atman si può svelare improvvisamente di là dal tempo-spazio-causa.

Cosa decide sul sadhaka?
Quando egli è identificato con i veicoli-corpi perde la libertà di scelta e cominciano a decidere i guna-qualità. Quando ci sono dei semi non risolti nell’Anima questi semi si esprimono in un determinato karman. Resta di fatto che se il sadhaka prova la sofferenza di non sentirsi libero, significa comunque che dentro di sé porta la nozione di libertà che niente gli può togliere. Le Upanisad parlano di un carro tirato da due cavalli e dell’auriga invece addormentato che è importante che si svegli: il sadhaka non è il cavallo ma l’auriga.
Tutti gli uomini nascendo hanno il compito di risvegliarsi e per questo occorre la sadhana in cui si purificano i guna-qualità per far risplendere la Luce.
In tutti i tempi scendono delle Entità, perché questo è il loro compito, per aiutare gli uomini a risvegliarsi trasmettendo quella che viene chiamata Tradizione sacra, la Conoscenza di origine non umana. Vi sono infatti Enti, a vari gradi di realizzazione, che in piena libertà scelgono di scendere per perpetuare in ogni epoca la Tradizione.
Un risvegliato-realizzato-iniziato non è un ego-corpo-personaggio ma uno stato di coscienza, quindi quando scende è solo e sempre per aiutare coloro che sono maturi a ricevere quanto necessario per la realizzazione. In presenza di maturi qualificati consiglia sempre la Via metafisica (Vedanta). La tecnica importante data dal Vedanta è quella che dice che la pura coscienza si deve separare dai “veicoli”, dai “guna” (entrare nel silenzio) perché così si rettificano le qualità energetiche. La coscienza, quando pronta, deve realizzare lo stato in cui sembra dire: “io non sono i veicoli”; “io non sono le qualità dei veicoli” (è il famoso neti neti, la negazione citata nelle UpanisadBr. 2.3.6 – ), un duplice processo coscienziale della discriminazione (viveka) e del distacco (vairagya). È attraverso questo stato che si trascende ciò che è apparenza e si arriva alla sola Realtà.
Tutta l’operatività della sadhana serve perché la presenza–coscienza si stabilizzi così l’Anima-jiva tira in su il suo riflesso, ovvero la coscienza incarnata.

Il risveglio e la realizzazione conducono alla Liberazione (mukti o moksa) che lo affranca dai legami dell’ignoranza e dall’assoggettamento alla trasmigrazione.

Il Vedanta indica tre tipi di mukti.

Kramamukti: Liberazione differita o per gradi, è anche l’ascensione dell’anima individuata nel corso delle esistenze successive sui diversi piani esistenziali, fino alla liberazione finale o mukti.

Videamukti: Liberazione priva di corporeità, quando la liberazione avviene fuori della forma corporea, ottenuta al momento della morte, in modo immediato.

Jīvanmukti: Liberazione da vivente; Liberazione in vita, la mukti che avviene mentre si è ancora in vita.

 

“Stai studiando i processi del pensiero? Stai erudendoti per comprendere quella mente che vuoi fermare? Vai vagabondando per carpire dogmi e messaggi sulla mente?
Svegliati. Chi vuole veramente fermarsi deve solo … fermarsi.
Hai costruito fantasmi che ti negano la certezza della Beatitudine e adesso che cosa fai? Ti lasci colpire dal martello della tua incauta inquietudine? Ti ferisci ancora con le punte del tuo mortale pensiero?
Ardisci. Con l’arte dell’accordo solleva il velo e con lo Sguardo incenerisci il drago imprigionante.
In verità ti dico: sei nato per strappare il Fuoco del superno Mondo. Ma se questo lo cerchi in contrade inusitate ti sbagli. Rivolgi entro te stesso lo sguardo indagatore e lasciati bruciare dal Fuoco onnipervadente.
Trascendi la tua epoca, svilisci il tuo mortale destino, fai che i tre diventino uno, poi segui le fasi dello spegnersi dell’unico Fuoco.
Se hai ardire saprai uscire dal mondo della necessità, ma ricordati che l’Opera richiede Dignità”.

Raphael
tratto dal Capitolo Via di Risveglio del libro Alle Fonti della Vita
Edizioni Asram Vidya

 

 

aham brahmasmi
Io sono Brahman

tat tvam asi
Tu sei Quello

prajnanam brahma
Brahman è pura Coscienza

ayam atma brahma
Questo atman è Brahman

om tat sat
Quello è la Realtà

 

 

Letture consigliate

Cultura dell’India e Filosofia dello Yoga, Stefano Piano, Magnanelli
Enciclopedia dello Yoga, Stefano Piano, Magnanelli
Lo Yoga rivelato da Siva, M. P. Repetto, Magnanelli
Insegnamenti sullo Yoga (Gheranda-Samhita), a cura di S. Fossati, Promolibri
Upanisad antiche e medie, a cura P. Filippani-Ronconi, Bollati Boringhieri
Tecniche dello Yoga, Mircea Eliade, Bollati Boringhieri
Lo Yoga, immortalità e libertà, Mircea Eliade, BUR
Le Radici dello Yoga, James Mallinson e Mark Singleton, Ubaldini
Prana, Pranayama, Prana Vidya, Swami Saraswati Niranjananda, Satyananda Ashram Italia
Asana Pranayama Mudra Bandha, Satyananda Saraswati, Satyananda Ashram Italia
Pranayama, la dinamica del respiro, André Van Lysebeth, Astrolabio
Teoria e pratica del pranayama, Bellur Krishnamukari Sundara Iyengar, Mediterranee
L’arte del pranayama, Maurizio Morelli, Red
Pranayama , lo yoga del respiro, K. S. Joshi, Magnanelli Edizioni
Le Forze più sottili della Natura, Rama Prasad, OmPhi Labs
Pranayama, la scienza del respiro, Yogi Ramacharaca, CreateSpace Independent P. P.
Kumbhaka Pranayama, Mario Verri, Sovera Edizioni
Prana Prani Pranayama, Yogi Bhajan, Macroedizioni

Edizioni Asram Vidya
Essenza e Scopo dello Yoga, Raphael
Il Sentiero della Non-dualità, Raphael
Upanisad, a cura di Raphael, Bompiani
Mandukya Upanisad
(con le Karika di Gaudapada e commento di Samkara)
Alle Fonti della Vita, Raphael
Bhagavad-Gita, commento di Raphael
Uttaragita – Il Canto successivo
La Filosofia Indiana, 2 voll., Radhakrishna
Tat Tvam Asi, Raphael
Yogadarsana, traduzione e commento di Raphael
Oltre l’illusione dell’io, Raphael
Di là dal dubbio, Raphael
Quale Democrazia, Raphael
Fuoco di Risveglio, Raphael
Cinque Upanisad, a cura di Raphael

I Pitagorici
Il Vangelo, Ramana Maharsi
Satya Sai Baba e il Vedanta Advaita
Dialogo d’istruzione, Dharma Prema
Avadhutagita, Dattatreya, commento Bodhananda
Adavaita Bodha Dipika, Karapatra, con aggiunta Bodhananda

Rosario Castello Editore
Il Sentiero Realizzativo
La Visione, il Mezzo e la Trasformazione
Alla Fonte – Cammino Esoterico
Darsana: il “punto di vista” esoterico
La sadhana in pratica: verso il Sé Superiore
Lo Yoga è “posizione coscienziale”
Yoga: una via iniziatica
Yoga. Piccola guida per conoscerlo (Youcanprint)

 

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