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213. Direzione ed efficacia di una Sadhana

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L’efficacia di una Sadhana dipende dall’equilibrio e dall’armonia che riesce a instaurare il Sadhaka lungo il suo incedere, forte della Visione intravista e perseguita. Il giusto rapporto con la sofferenza gli darà maggiore conoscenza dei tre Guna: grandi artefici della sofferenza.
Lungo questa Sadhana controllata, ogni passo può essere ispirazione o rivelazione, le intuizioni diventare abituali compagne di viaggio fino a trasformarsi, sempre di più, in penetrante esperienza di Luce, dei codici di luce che conducono all’auspicata unione (è l’ascesi dell’Anima).
Il Sadhaka, sulla giusta direzione, sperimenterà, non senza sofferenza, la cancellazione dei molteplici aspetti dei suoi caratteri egoici: vedrà diminuire l’individualità umana e crescere il senso del Tutto-Uno.
Ogni suo respiro diverrà un segreto insegnamento; sentirà di star seguendo una via nascosta (nascosta per incapacità degli altri a vederla). Si sentirà solo ma anche in compagnia di tutti.
Egli vedrà nelle cose, nelle persone, nelle situazioni e negli eventi il Mistero dei nomi e dei numeri rivelarsi. Avvertirà innumerevoli “fili” sciogliersi e un sempre maggiore senso di libertà (spirituale). In modo episodico sperimenterà, sempre di più, di vivere in qualità di Anima e il mondo dei limiti lo percepirà come un mondo ormai penetrato dalla vita divina che lo illumina. Scoprirà in ogni movimento della vita una pienezza che prima non poteva cogliere ed elevati significati che gli erano negati per cecità: le essenze nascoste gli si rivelano.
Tutto il mondo partecipa, allo stato inconscio, al valore sacro dell’esistenza e il singolo risveglio di un Sadhaka permette l’esprimersi di maggiori virtù divine.
Il linguaggio dell’esistenza è un linguaggio spirituale del quale il Sadhaka comincerà a riconoscerne tutte le Lettere (perché lingua divina).
Il Sadhaka si sorprenderà scoprendo come alcuni suoi stati di coscienza assumono, di tanto in tanto, un movimento armonico musicale: è il salire di una scala necessaria. I venti spirituali, se egli rimane imperturbabile, gli accorderanno motivi sapienziali che, sentendoli penetrare nel cuore, lo innalzeranno, anche se per pochi istanti agli inizi, ad altezze infinite, abbracciate dal sacro silenzio. La contemplazione di quei “motivi” gli riveleranno profondi Misteri.
Tutto ciò non è frutto di “tecniche” ben praticate e riuscite ma di un sincero “sentire” a lungo sostenuto, un amore sacro per la Verità, per l’Uno-Tutto-Dio.
Così proseguendo il Sadhaka, mediante la creazione di processi di pensieri arcani, sperimenterà un tale ampliamento della Coscienza da divenire pronto a quell’iniziazione che apre le porte segrete che fanno percepire la Voce-Suono di Colui che non ha Nome.
Come iniziato, il Sadhaka, può penetrare nel segreto di Dio.
L’iniziato dei “Grandi Misteri” restando pienamente cosciente nel mondo della Luce può cogliere gli ineffabili segreti e trasfigurarsi: rendersi Uno nella Luce.
Le tappe del Sadhaka sono il Risveglio, l’Illuminazione e la Liberazione. Il suo essere iniziato lo rende “uno che conosce”, una nuvola carica di cose conoscibili, un recipiente di luce della Scienza Divina.
Ogni iniziato ha la sua missione. Non esistono missioni più importanti rispetto alle altre perché sono “parti” di un unico scopo. Esistono iniziati dai ruoli e dalle funzioni differenti ma sono tutti Uno nella Luce.

Ritornare allo stato di puro Spirito significa andare fino in fondo al Sentiero spirituale scelto. Percorrere il Sentiero significa divenire sempre più nudi, ritornare alla natura propria del Nous rivestito di Luce increata, e riconoscere che Dio inonda il Nous della sua Luce.
Il ritorno allo stato originario, degli “Esseri Luminosi delle Origini”, ovvero i puri Spiriti, è l’esperienza vertice in cui il Nous si deifica: vede la Luce di Dio che lo avvolge; è il Compimento.
Parlare di Gnosi significa parlare dell’esperienza della Luce increata che dà il senso delle realtà segrete. La Luce rivela il senso della Vita eterna e dell’Intelligenza che mantiene e regola la Perfezione (l’Errore è solo una mancanza).
Quando un essere si deifica anche tutti gli altri esseri salgono di un grado verso il ritorno allo stato originario di puro Spirito. È un ritornare allo stato perfetto di Luce.
Essere deificati significa partecipare della natura divina. Gli esseri, sul Sentiero spirituale, operano una trasmutazione: mediante prassi idonee, per ciascuno si deve manifestare uno stato penetrante e trasformante.
Semplicità, sobrietà, attenzione, silenzio e Amore attuano aperture impossibili verso i sacri Misteri. Ogni Mistero, grande e profondo, può essere “veduto”.
Ogni senso nascosto di tutta la creazione sensibile e intelligibile può essere letto lungo le ragioni essenziali, ritrovando sempre il Principio che ha creato tutte le cose.
Ovunque è presente il “fuoco” deificante dello Spirito, ogni angolo rivela una “fiamma” che investe: per cogliere le sue emanazioni bisogna denudarsi delle umane vesti.
Si può accedere liberamente all’unione con Dio ma bisogna almeno cominciare col rivolgere costantemente lo sguardo verso di Lui. Però questo semplice “stato” richiede quelle particolari qualificazioni degli esseri “pronti” all’Iniziazione.

 

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