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330. La Manomissione dell’Informazione e il Declino della Morale Pubblica di Luigi Ferrajoli

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Vengo così al quarto fattore di crisi dal basso della democrazia politica: la trasformazione dell’informazione, a causa del suo duplice controllo, proprietario e politico, in una fabbrica del consenso. Questo consenso non attenua, ma aggrava la crisi delle nostre libertà. Quando dai sondaggi risulta che la maggioranza dei cittadini, o comunque una loro parte consistente, ritiene che i magistrati che indagano sul presidente del Consiglio sono comunisti o partecipi di un complotto per rovesciarlo, dobbiamo chiederci da dove possa provenire questo assurdo convincimento se non dal fatto che queste tesi sono ripetute quotidianamente in televisione, sicché i cittadini ripetono, nei sondaggi, semplicemente ciò che sentono dalla televisione. D’altra parte un così vasto consenso nei confronti di un governo che si è distinto unicamente per le promesse non mantenute, per la latitanza di fronte alla crisi economica, per le politiche antisociali, per le leggi razziste contro gli immigrati, per le aggressioni al lavoro e ai sindacati, alla scuola pubblica e alla laicità dello Stato, è solo un segno, oltre che della decadenza morale di una parte rilevante della società italiana, del grado di disinformazione e manipolazione della pubblica opinione.

È chiaro che non esiste un diritto alla “vera” informazione, che sarebbe in conflitto con la libertà di informazione. Può parlarsi soltanto di un diritto a “ricevere” informazioni (L’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti del 1948 e l’articolo 19 del Patto sui diritti civili e politici del 1966 enunciano il diritto “di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere”. L’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea afferma che la libertà di informazione “include la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee”). Esiste tuttavia un diritto negativo alla non disinformazione, consistente in una libertà negativa, cioè nell’immunità dalle disinformazioni e dalle manipolazioni delle notizie. Questa libertà negativa è un corollario della libertà di coscienza e di pensiero, cioè della prima libertà fondamentale che si è affermata nella storia del liberalismo e che implica il diritto alla non manomissione della propria coscienza provocata dalla disinformazione intorno ai fatti e alle questioni di pubblico interesse. Essa è implicita, del resto, nella stessa libertà di manifestazione del pensiero come diritto di manifestare il “proprio” pensiero, dal quale sono escluse la manifestazione del pensiero fraudolento e la diffusione di notizie di cui si conosce la falsità e che quindi, per definizione, non corrispondono al “proprio” pensiero. Se poi si considera il lettore come un consumatore, il diritto alla non disinformazione e alla non manipolazione delle notizie equivale altresì al diritto di non ricevere merce avariata (Si misura, sotto questi aspetti, la grande importanza che avrebbe l’approvazione dello “statuto dei lettori”, nella loro duplice veste di cittadini e di consumatori, proposto da Enzo Marzo, Bozza di statuto dei diritti dei lettori, in “I diritti dei lettori. Società Panunzio”, Quaderno 1, suppl. a “Critica liberale”, marzo-aprile 2010). Infine, la garanzia di questa libertà-immunità rappresenta una pre-condizione elementare dell’esercizio consapevole del diritto di voto e della formazione di un’opinione pubblica informata e matura, ed è perciò un presupposto diretto della democrazia politica e della sovranità popolare. Sotto questo aspetto possiamo ben dire che l’informazione è oggetto di un autonomo interesse pubblico e collettivo, implicito in tutti i principi della democrazia politica: dalla trasparenza dei pubblici poteri al controllo popolare sul loro esercizio, fino alla rappresentatività e alla responsabilità degli eletti nei confronti degli elettori.

Insomma, l’informazione coinvolge una pluralità di diritti, fondamentali e patrimoniali, e di interessi, pubblici e privati, che è compito dell’analisi concettuale scomporre e distinguere: in primo luogo la libertà-facoltà di informazione, la libertà-immunità della coscienza dalla disinformazione e, indirettamente, il diritto politico di voto, che sono tutti e tre diritti fondamentali; in secondo luogo l’interesse pubblico a un’informazione libera e indipendente; in terzo luogo la proprietà dei mezzi di informazione, che è un diritto patrimoniale reale, e il diritto civile di libera impresa giornalistica. Di fatto questi ultimi due diritti si risolvono nella proprietà privata dell’informazione: la proprietà può comprare la libertà oppure intimidirla, o reprimerla o censurarla. Sia la libertà costituzionale di informazione in senso attivo, sia il diritto passivo alla non disinformazione quale condizione dell’esercizio consapevole dei diritti politici, sia l’interesse pubblico alla libera informazione sono così manomessi dal controllo politico e proprietario dei media. Essi possono perciò essere garantiti, come si vedrà nel § 4.4, solo da un efficace sistema di garanzie dell’indipendenza dell’informazione come diritto fondamentale e, insieme, come condizione della democrazia politica.

tratto da “Poteri Selvaggi” di Luigi Ferrajoli – Editori Laterza

 

 

 

Libri consigliati dello stesso autore:

La sovranità nel mondo moderno (2004)

Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale (2008)

Principia iuris. Teoria del diritto e della democrazia vol. I, II e III – Editori Laterza

 

Altri libri consigliati:

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Marco Pizzuti Rivoluzione non autorizzata. Come cambierà il mondo – Ed. Il Punto d’Incontro
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