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389. Jakob Bohme (1575-1624) di Francesco e Gabriella Varetto

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Quando egli era ancora bambino gli fece visita un misterioso straniero che guardandolo con occhi gentili, ma nello stesso tempo profondi e determinati, gli disse: “Jakob, per ora sei piccolo ma verrà un tempo in cui sarai grande … e desterai la meraviglia del mondo” (C. Scott: An Outline of Modern Occultism, 129. Routledge & Kegan Paul). Poi, dopo avergli dato alcuni consigli e avergli predetto povertà, miseria e persecuzioni sparì.
E così fu. Dopo avere svolto umili mestieri, a 14 anni, disgustato dalla bassa levatura morale del padrone e dei compagni di lavoro, decise di lasciare la casa paterna e di girovagare per la Germania. In quegli anni studiò Paracelso e gli alchimisti, ma non fece mai trapelare ad alcuno le sue idee. Stabilitosi a Gorlitz, diventò maestro calzolaio e raggiunse un discreto benessere che lo portò a sposare la figlia di un macellaio, Katharina, e dalla loro unione nacquero sei figli.
Nel 1600, come lui stesso scrisse più tardi, la sua tranquilla esistenza fu turbata da una prima scossa: un raggio di sole colpì un comune piatto di peltro, provocandogli un’intuizione improvvisa e folgorante. Trascorse ancora dieci anni in profonda meditazione e studio, finché ebbe un’illuminazione totale e completa delle cose. Lui stesso la descrisse in questo modo: “La porta fu aperta per me, in un quarto d’ora vidi e conobbi di più che se fossi stato molti anni di seguito all’università, la qual cosa ammirai straordinariamente e per la quale rivolsi quindi le mie lodi a Dio. Perché io vidi e conobbi l’essenza di tutte le cose viventi, il bisso (l’opposto di abisso o pieno NdA) e l’abisso e la generazione eterna della Santa Trinità, la discendenza e l’origine del mondo e di tutte le creature per il tramite della saggezza divina: conobbi e vidi in me stesso tutti e tre i mondi, vale a dire: 1) il divino (angelico e paradisiaco), 2) l’oscuro (originario della natura sino al fuoco) e 3) il mondo esterno e visibile (procreazione o parto esterno dei mondi interno e spirituale). e vidi e conobbi l’intera essenza operante nel bene e nel male e l’origine e l’esistenza di ciascuno di essi; e il modo in cui l’utero fruttifero dell’eternità generò. Sicchè non solo ne ebbi grande meraviglia, ma ne esultai immensamente” (J.Bohme: The Life of Jakb Bohme, in Works of Jakob Bohme, 14. London).
Nel 1612 scrisse l’Aurora Nascente e consentì che venisse copiata a mano. Di colpo la gloria gli arrise e tutta la Germania lo acclamò come un Iniziato. Questo attirò l’attenzione delle autorità ecclesiastiche luterane che lo imprigionarono, e solo la promessa di non scrivere più nulla le convinse a liberarlo. Il lupo cambia il pelo ma non il vizio!
La sua opera aveva, però, fatto il giro della Germania e ormai era sulla bocca di tutti. La richiesta di pubblicare altri libri si faceva sempre più pressante. Anche il gruppo di discepoli che si era raccolto attorno a lui lo sollecitava a scrivere. Cosicché nel 1617 Bohme si decise a farlo e continuò fino alla sua morte, tra notevoli difficoltà economiche e l’ostilità delle autorità ecclesiastiche che non l’avevano dimenticato.
Scrisse I tre principi dell’essenza divina (1619), Della triplice vita dell’uomo (1620), Dell’impronta delle cose (1621) Mysterium magnum (1623).
Nel maggio del 1624, recatosi a Dresda, ebbe la sorpresa di vedersi accolto festosamente dalla popolazione e anche dalle autorità ecclesiastiche, che lo assicurarono di non aver trovato nulla di “eretico” nelle sue opere. La tregua con queste fu però di breve durata ed egli fu costretto, nel novembre dello stesso anno, a tornare a Gorlitz, dove morì piagato nel fisico ma non nella coscienza. In punto di morte rassicurò infatti i suoi disperati allievi, dicendo loro che stava già udendo i cori degli Angeli che lo attendevano.

Il suo contributo evolutivo

Per capire l’importanza del Philosophus Teutonicus, com’era chiamato, occorre collocarlo nel suo tempo, in cui l’esperienza spirituale era riservata agli individui che si ritiravano dal mondo in conventi e monasteri, oppure vestivano l’abito talare. Era impensabile che un ciabattino, sposato con sei figli, potesse diventare un’autorità spirituale come mistico e filosofo.
Fu un esempio straordinario che la Gerarchia Spirituale volle dare all’umanità su come originariamente era concepito il messaggio cristico: vivere spiritualmente la vita normale di ogni giorno.
Bohme dimostrò che adempiere il proprio dovere verso la famiglia, verso lo Stato e la comunità non impedisce, anzi aiuta, l’evoluzione della coscienza spirituale. Si racconta, infatti, che “mentre stava lavorando sperimentò uno stato di pace e beatitudine, un Sabbath dell’Anima, che durò sette giornii durante i quali era, per così dire, interiormente pervaso da una luce divina. Bohme era evidentemente riuscito a portare il corpo e l’Anima in quell’allineamento perfetto che è l’obiettivo del più alto occultismo, e per mezzo dei suoi scritti indicò ad altri la via da seguire” (C. Scott op. cit. 130).

tratto da “La Storia Invisibile”
di Francesco e Gabriella Varetto – Edizioni Synthesis

 

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