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386. HELIOS – I Solstizi a cura di Aldo Perez e Silvio Chiacchiararelli

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Presentiamo, di seguito, due particole di uno Studio sul “Sole” effettuato in gioventù, negli anni ’70, da un nostro amico (in collaborazione ad un suo amico) passato, da qualche anno, oltre il velo della materia.

HELIOS – I Solstizisimbolo e attualità”.

*****

La “Cristianizzazione” dei Solstizi

L’espandersi dell’impero di Roma portò come ad inevitabile conseguenza una considerevole immigrazione di popolazioni orientali che affluirono nel cuore dell’impero e come mercanti e come schiavi.
Molte furono le conseguenze che questa presenza massiccia provocò; le più importanti furono sicuramente di ordine morale, economico e religioso.
Le continue guerre e il lusso, status-simbolo di una certa nobiltà, comportarono un progressivo indebitamento dello Stato a favore dell’emergente classe mercantile. A ben comprendere la reale situazione sociale è opportuno ricordare che per un nobile non era disdicevole occuparsi del lavoro nei campi ma era sicuramente vergognoso occuparsi di commercio o in generale di problemi economici. La stessa amministrazione nelle case patrizie era generalmente affidata ad ex schiavi mentre il commercio e le attività finanziarie erano quasi monopolio dei mercanti levantini.
Tenendo bene in mente questi presupposti non ci è difficile comprendere come la degenerazione nei costumi e nella morale sia stata la logica conseguenza; così come il diffondersi in Roma dei più strani culti e delle più tenebrose sette.
La particolare concezione “liberale” del paganesimo romano non potè proibire tali riti anche se più volte dimostrò di osteggiarne l’espandersi. Fra queste nuove religioni quella che dimostrò maggiore abilità nell’organizzazione e nella propaganda fu certamente quella importata dalla Giudea: il cristianesimo.
Diffusa inizialmente fra gli schiavi e i mercanti, essa riuscì ad intaccare anche gli artigiani e qualche membro della nobiltà romana. Con il suo carattere utopico essa infiltrandosi nella società imperiale ne costituì una forza disgregatrice ed insieme sovversiva. Così si procedette, sino a che Costantino Imperatore nel VI secolo si servì egli stesso del potere religioso e sociale conquistato dai cristiani per imporsi nella lotta contro i suoi nemici. La conversione di Costantino non fu repentina né decisiva se, come scrive V. Duruy: “Costantino compose, affinché i legionari di domenica la recitassero, una preghiera che poteva soddisfare egualmente gli adoratori di Mithra, di Serapide, del Sole e di Cristo”.
Con l’appoggio dell’imperatore il cristianesimo si diffuse nelle terre conquistate da Roma trovando una certa ostilità pronunciata presso i “barbari”. I passi dei cristiani allora si fecero cauti ed essi mirarono più all’assimilazione dei culti precedenti che a porsi come violenta alternativa. Dom Leclercq nel suo dizionario di archeologia cristiana scrive:

“Essendo Cristo concepito come il vero Dio della luce e il creatore del sole, in cui ha stabilito la sua dimora, vediamo come nei primi secoli dell’era cristiana il Dio Sole si trasformi nel Cristo”.

Non poteva sfuggire al tentativo di assimilazione dei cristiani la festa dei solstizi, essa per la carica di spiritualità e nello stesso tempo di gioiosità attraeva sia gli spiriti nobili sia le classi popolari. Fu così che il giorno del “Natalis Invicti” si trasformò nel giorno della nascita del cristo.
L’abate Duchesne nota nel suo volume “Les origines du culte chrétien” che la chiesa non era assolutamente certa della data della nascita del Cristo. – “… non vi è alcuna tradizione sul giorno della nascita di Cristo. L’anno stesso è incerto … quanto al mese ed al giorno, erano assolutamente sconosciuti” – .
Il testo De Pascha Computus pubblicato in terra d’Africa ed a Roma nel 243 attribuisce al 28 marzo il giorno della nascita del nazzareno. E lo stesso Giovanni Crisostomo ci conferma che ad Antiochia la festività cristiana del natale veniva introdotta attorno al 375 mentre nel 385 essa era ancora conosciuta presso Alessandria e Gerusalemme dove sarebbe approdata attorno al 430.
Mano a mano che la chiesa si estendeva e si compenetrava nel potere sentendosi più forte iniziava le persecuzioni dei riti pagani cosa che riscontriamo nei canoni dei concili di Vannes (491), di Orleans (451), di Tours (567) ed ancora a Auxerre, Clichy, Toledo, Leptines e di Mayence ancora nel 813. L’attacco alle pratiche pagane che permangono nei territori “occupati” ed all’interno stesso della famiglia cristiana volgono in modo particolare contro le festività dei due solstizi.
Il vescovo di Arles tuona: “… bagnarsi nelle fontane, nelle saline e nei fiumi, durante la notte di San Giovanni e all’alba del giorno seguente è una usanza nefasta, che ricorda il paganesimo”.
Sant’Eligio rincara ordinando: “… che nessuno, durante la festa di San Giovanni o altre solennità, si abbandoni alla pratica dei solstizi, delle danze, delle carole e dei canti diabolici”.
Risulta che le tradizioni solstiziali, pertanto, erano ben lungi dall’essere scomparsi dall’interno stesso della comunità cristiana. Esse sopravvissero a lungo creando infiniti problemi ai vescovi e costringendoli ad usare ad un tempo “il bastone e la carota”.
San Francesco di Sales, redattore delle Contitutiones e vescovo di Ginevra consiglia ai suoi colleghi di sostituire ancora una volta al metodo della persecuzione quello dell’assimilazione scrivendo: di farsi essi stessi promotori dei festeggiamenti del San Giovanni accompagnando con le autorità locali ed affiancandole nel rito del rogo aggiungendo che tale consiglio nasce dalla considerazione che tale presenza massiccia del clero era atta a frenare la gioia smodata che danze e veglia potevano portare contenendo così i rischi del peccare.
Ma le usanze dei popolani sono dure a morire e così le troviamo ancora in Guascogna oggetto di reprimenda da parte dell’arcidiacono di Pamplona. Le “superstizioni” permangono anche in altre forme e spesso la chiesa è costretta ad assoggettarsene non potendo altrimenti reagire, come ad esempio nella processione papale per l’incoronazione di Napoleone, che si svolse a Parigi nel 1804 verso la chiesa di Notre Dame, ove il corteo era preceduto da un mulo riccamente bardato … ricordo del rito solare che si svolgeva ad Emesa e Palmira in onore del dio del sole.
D’altra parte la festività stessa dell’Epifania, ricorrente il 6 di gennaio, segue lo stesso sviluppo logico.
È in quel giorno che la primitiva chiesa d’oriente festeggia il natale così come è evidenziato dallo gnostico Basilio e come ci testimonia lo stesso Clemente d’Alessandria. Ma non è casuale che nello stesso giorno in epoche precedenti presso gli egizi era festeggiato Osiris e dai greci Dionisio. Il sincretismo è evidente e ben comprendiamo la necessità della chiesa primitiva di “assimilare” tale giornata festiva nell’Epifania ovvero Apparizione.
Ora siamo nel XX secolo e la chiesa ha ritenuto utile e necessario rivedere il suo calendario depennando il nome dei “santi” di origine sospetta; sarà così nel futuro per la festività del natale, dell’epifania o di San Giovanni?

*****

A proposito dei due San Giovanni

Per quanto l’estate sia in genere considerata una stagione gioiosa e l’inverno una stagione triste, per il fatto stesso che la prima rappresenta in certo modo il trionfo della luce e il secondo quello dell’oscurità., i due solstizi corrispondenti hanno nondimeno, in realtà, un carattere esattamente opposto; può sembrare un paradosso abbastanza strano, ma è facile capire perché sia così purché si abbia una qualche conoscenza dei dati tradizionali riguardo al cammino del ciclo annuale. Infatti, ciò che ha raggiunto il suo massimo può ormai solo decrescere, e ciò che è giunto al suo minimo può invece solo cominciare a crescere; per questo il solstizio d’estate segna l’inizio della metà discendente dell’anno, mentre il solstizio d’inverno, all’opposto, segna quello della sua metà ascendente; e ciò spiega pure, dal punto di vista del significato cosmico, l’espressione di san Giovanni Battista, la cui nascita coincide con il solstizio d’estate: “Bisogna che egli cresca (Cristo nato al solstizio d’inverno) e che io diminuisca”. È noto che, nella tradizione indù, la fase ascendente è messa in rapporto con il deva-yana, e la fase discendente con il pitri-yana; di conseguenza, nello Zodiaco, il segno del Cancro, corrispondente al solstizio d’estate, è la “porta degli uomini”, che dà accesso al pitri-yana, e il segno del Capricorno, corrispondente al solstizio d’inverno, è la “porta degli dèi”, che dà accesso al deva-yana. In realtà, la metà ascendente del ciclo annuale è il periodo “allegro”, cioè benefico o favorevole, e la sua metà discendente il periodo “triste”, cioè malefico o sfavorevole; e lo stesso carattere appartiene naturalmente alla porta solstiziale che apre ciascuno dei due periodi nei quali risulta diviso dal senso del cammino del sole.
È noto d’altra parte che, nel cristianesimo, sono le feste dei due san Giovanni a essere in rapporto diretto con i due solstizi; ed è abbastanza notevole, anche se non l’abbiamo visto segnalato da nessuna parte, che quel che abbiamo appena ricordato sia in certo modo espresso dal doppio senso racchiuso nel nome stesso di Giovanni. Infatti, la parola hanan, in ebraico, ha sia il senso di “benevolenza” e di “misericordia” sia quello di “lode” (ed è almeno strano constatare che, in francese, parole come grace et merci hanno anch’esse lo stesso doppio significato); di conseguenza il nome Jahanan può significare “misericordia di Dio” e anche “lode a Dio”. Ora, è facile rendersi conto che il primo senso pare convenire in modo del tutto particolare a san Giovan Battista
E il secondo e san Giovanni Evangelista; si può dire del resto che la misericordia è evidentemente “discendente” e la lode “ascendente”, il che ci riconduce ancora al loro rapporto con le due metà del ciclo annuale.
In relazione ai due san Giovanni e al loro simbolismo solstiziale, è anche interessante considerare un simbolo che sembra essere proprio della massoneria anglosassone, o almeno che si è conservato solo in essa: è un cerchio con un punto al centro compreso fra due tangenti parallele; e si dice che queste tangenti rappresentino i due san Giovanni. Il cerchio è qui infatti la figura del ciclo annuale, e il suo significato solare è reso del resto più evidente dalla presenza del punto centrale, poiché la medesima figura è nello stesso tempo anche il segno astrologico del sole; le due rette parallele sono infatti i limiti che il sole non può mai superare nel corso del suo cammino; proprio per il fatto che queste linee corrispondono in tal modo ai due solstizi si può dire anche che esse rappresentano i due san Giovanni. Vi è comunque in questa raffigurazione un’anomalia almeno apparente: il diametro solstiziale del ciclo annuale deve essere considerato, come abbiamo spiegato in altre occasioni, relativamente verticale in rapporto al diametro equinoziale, e del resto solo in questa maniera le due metà del ciclo, che vanno da un solstizio all’altro, possono realmente apparire rispettivamente quella ascendente e quella discendente, essendo allora i punti solstiziali il punto più alto e il punto più basso del cerchio; in tali condizioni, le tangenti alle estremità del diametro solstiziale, essendo a questo perpendicolari, saranno necessariamente orizzontali. Ora, nel simbolo che abbiamo preso in considerazione, le due tangenti sono invece verticali; in questo caso particolare è stata apportata una certa modificazione al simbolismo generale del ciclo annuale, che si può peraltro spiegare abbastanza facilmente, poiché è ovvio che è stata dettata da un’assimilazione stabilitasi fra queste due linee parallele e le due colonne; queste ultime, che naturalmente possono essere solo verticali, hanno del resto, per la loro rispettiva posizione a nord e a sud, e almeno da un certo punto di vista, un effettivo rapporto con il simbolismo solstiziale.
Quest’aspetto del simbolismo delle due colonne si vede chiaramente soprattutto nel caso delle “colonne d’Ercole”; il carattere di “eroe solare” di Ercole e la corrispondenza zodiacale delle sue dodici fatiche sono troppo noti perché occorra insistervi; ed è ovvio che proprio questo carattere solare giustifica il significato solstiziale delle due colonne cui è legato il suo nome. Stando così le cose, il motto non plus ultra riferito a queste colonne pare avere un duplice significato: indica non solo, secondo l’interpretazione comune che si riferisce al punto di vista terrestre ed è valida d’altronde nel suo ordine, che esse segnano i limiti del mondo “conosciuto”, cioè in realtà i limiti che, per ragioni che potrebbe essere interessante indagare, non era permesso ai viaggiatori superare; ma indica nello stesso tempo, e forse bisognerebbe dire prima di tutto che, dal punto di vista celeste, esse sono i limiti che il sole non può varcare ed entro i quali, come fra le due tangenti di prima, si compie interamente il suo cammino annuale.
Queste ultime considerazioni possono sembrare abbastanza lontane dal nostro punto di partenza, ma a dire il vero non è così, poiché esse contribuiscono alla spiegazione di un simbolo espressamente riferito ai due san Giovanni; e del resto si può dire che, nella forma cristiana della tradizione, tutto quel che concerne il simbolismo solstiziale è per questo stesso fatto più o meno direttamente in rapporto anche con i due san Giovanni.

tratto da “HELIOS – I Solstizi – simbolo e attualità” – Roma Giugno 1978
Studio sul “Sole” di Aldo Perez e Silvio Chiacchiararelli

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