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395. È il Serpente a dare la conoscenza del bene e del male di Lorenzo Bianchi

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Il patto col Serpente. Attualità dell’antica gnosi e delle sue perversioni

“È dunque meglio e più salutare essere semplici ed ignoranti ed appressarsi a Dio mediante la carità piuttosto che credere di sapere molte cose e dopo molte avventure di pensiero essere blasfemi contro Dio” 1: con queste parole sant’Ireneo, vescovo di Lione, vissuto nella seconda metà del II secolo, esprime il suo sintetico giudizio sulle teorie delle varie sette eretiche gnostiche. Un articolo di Massimo Borghesi apparso su queste stesse pagine 2, nel trattare della gnosi che sottostà alla cultura moderna, ne ha ricordato i richiami alla gnosi degli antichi, ed in particolare alle suggestioni della dottrina della specifica setta degli Ofiti.
Questa setta, “gli adoratori del Serpente”, ci è nota da accenni, più o meno diffusi, nelle opere di apologeti cristiani: dalle descrizioni di Ireneo 3 e Ippolito 4, alle più sintetiche notizie di Tertulliano 5, Origene 6, Epifanio 7, Filastrio 8, fino ad un accenno anche in Agostino 9; e ci è nota anche, per alcune forti somiglianze con quanto tramandatoci da Ireneo, da uno scritto originale gnostico, l’Ipostasi degli Arconti, trattato in lingua copta (l’egiziano di epoca ellenistica e romana) rinvenuto nel codice II di Nag Hammadi 10.
È soprattutto Ireneo, contemporaneo alla massima diffusione del pensiero degli gnostici Ofiti, a parlare di loro, illustrando “le loro cose fantastiche” 11. È sufficiente la semplice lettura del resoconto di Ireneo, nella difficoltà a seguire la complicata e fantasiosa storia della fatale e rovinosa caduta dello spirito del divino creatore nella materia, che si dipana utilizzando a piene mani dei testi dell’Antico e del Nuovo Testamento, ad evidenziare il carattere di perversione della ragione e della realtà proprio delle loro teorie (cfr. nel primo box in questa stessa pagina la più sintetica, ma ugualmente significativa, esposizione attribuita a Tertulliano). Gli Ofiti (o Naasseni, denominazione con cui li conosce Ippolito) prendono il loro nome dal Serpente (fiw in greco), poiché per essi proprio il Serpente è il centro, l’elemento preponderante nella vicenda che caratterizza la loro dottrina; è il Serpente, in antagonismo con il malvagio demiurgo creatore della materia, il rivelatore del dualismo che sottostà alla concezione gnostica; è il Serpente colui che dà la gnosis, la conoscenza illuminata del bene e del male; è il Serpente l’elemento positivo al quale rendere culto e rivolgersi come via per la salvezza di quanto nell’uomo si nasconde (nella materia della carne come in una prigione) di “pneumatico”, spirituale, originato cioè dal creatore del bene, e per il conseguente abbandono eterno di quanto è “ilico”, materiale, cioè male, il male che è nel mondo e che è il mondo 12. Una redenzione che può venire raggiunta, proprio per il disprezzo della carne, della materia, anche attraverso il libertinismo più perverso (cfr. a questo riguardo il brano nel secondo box nella pagina precedente, messo da Ireneo a conclusione finale della descrizione delle varie sette eretiche gnostiche 13).

Poco più di due secoli dopo Ireneo, all’epoca di Agostino, la dottrina gnostica riecheggia in quella manichea, che ne mantiene il carattere fondamentale, cioè il dualismo che scinde anche la persona dell’uomo, effetto di una doppia creazione, diviso in tra bene e male, tra luce e tenebre, creazione rispettivamente di un dio buono e di un malvagio demiurgo.
Le stesse caratteristiche, nel corso della storia, si ritroveranno fino ai medievali Bogomili, i quali predicavano che Dio aveva creato o emanato l’anima, mentre il diavolo aveva plasmato il corpo; e ancora, nel movimento dei Catari.
Se, oltre questi limiti cronologici, è difficile intravvedere in termini puramente storici una diretta derivazione della moderna gnosi da quella degli antichi, essa è ripresa, soprattutto in chiave di speculazione esoterica 14, in certa cultura moderna: i richiami alla setta degli Ofiti, evidenziati da Borghesi nell’articolo citato all’inizio, ne sono testimonianza.

di Lorenzo Bianchi
tratto dalla Rivista “30 Giorni” – Anno 2003 – N° 4
www.30Giorni.it

Note
1 Ireneo di Lione, Adversus haereses II, 26, 1.
2
M. Borghesi, Il patto con il Serpente, in 30Giorni, n. 2, febbraio 2003, pp. 78-84.
3
Ireneo di Lione, op. cit. I, 30, 1-15.
4
Ippolito, Refutatio; parla degli adoratori del serpente in tre diversi luoghi: V, 7, 2-9, 9 (da uno scritto dei Naasseni); V, 10, 2 (il salmo dei Naasseni sull’anima); V, 24, 2-27, 5 (dal Libro di Baruch dello gnostico Giustino).
5
Al testo mutilo di Tertulliano, De praescriptione haereticorum, alcuni codici aggiungono, attribuendola a Tertulliano, una continuazione, pubblicata dagli editori sotto il titolo di Libellus adversus omnes haereses. Degli Ofiti si tratta a II, 1-4.
6
Origene, Contra Celsum VI, 24-39.
7
Epifanio, Panarion I, 37.
8
Filastrio, Liber de haeresibus I, 2, 9.
9
Agostino, De Genesi contra Manichaeos II, 36-40.
10
Per questo testo si veda W. Förster (a cura di), Gnosis, vol. II, Zürich-Stuttgart 1971, pp. 46-52. Alle pp. 53-62 la traduzione tedesca. Si veda anche la traduzione inglese in J. Robinson (a cura di),The Nag Hammadi Library in English, 2nd edition, Leiden 1984, pp. 152-160.
11
Ireneo di Lione, op. cit. I, 30, 1.
12
Cfr. U. Bianchi, Prometeo, Orfeo, Adamo. Tematiche religiose sul destino, il male, la salvezza, Edizioni dell’Ateneo, Roma 1991, p. 29.
13
Ireneo di Lione, op. cit. I, 31, 2.
14
Si veda al proposito il volume di G. Filoramo, Il risveglio della gnosi ovvero diventare dio, Roma-Bari 1990.

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