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427. Moniti per il meditante di Sri Sathya Sai Baba

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Una sola conoscenza serve
Il potere dello Spirito è indescrivibile. Non ha limiti. Può elevare l’uomo dall’animalità alla divinità. Tutto il sapere che l’individuo acquisisce è sterile se non è messo in pratica, poiché sarebbe come la lampada nelle mani d’un cieco. Il saggio Narada, che fu maestro di sessantaquattro scienze ed arti, incapace di conseguire la pace della mente, andò dal saggio Sanat Kumara per apprendere il metodo. Alla domanda di Sanat Kumara se avesse scoperto la verità su di , Narada confesso che quella era l’unica cosa che non aveva ancora appreso. Il saggio, allora, gli disse che la sua ignoranza riguardo alla verità su sé stesso era la causa della mancanza di pace mentale.

Dispersione d’attenzione
Molti, oggigiorno, dal momento in cui si svegliano vogliono raccogliere notizie su quanto sta accadendo in Russia, in America, nel Punjab, a Delhi, e in altre parti del mondo. Costoro, che sono così preoccupati a scoprire cosa succede nel mondo, non sono consci nemmeno dei conflitti che li lacerano dentro. Solo chi ha trasformato sé stesso può cambiare gli altri.

Il risveglio della Kundalini Sakti
Gli antichi testi indiani delle Yogasastra (trattati spirituali sull’unione con Dio), indicano differenti modi che conducono l’uomo alla realizzazione del Sé uno dei quali è il risveglio della Kundalini Sakti. La Kundalini Sakti è l’energia spirituale che ogni essere umano possiede in forma latente; essa giace sopita (alla base della colonna vertebrale). Tramite il controllo della respirazione l’uomo può svegliarla ed elevarla gradualmente fino alla sommità del capo, dove essa s’unisce al Cakra detto “Sahasrara” (il cosiddetto “loto dai mille petali”” situato nel cervello).

Concentrazione non è meditazione
La forza vitale presente negli individui è detta anche coscienza. Il Vedanta (l’essenza ultima dei Veda) definisce la liberazione come il processo dove la coscienza di ciascuno si fonde con la Coscienza Universale. Di questi tempi, sia in India sia all’estero, si vanno diffondendo vari tipi di meditazione. Molte persone però confondono erroneamente la meditazione (Dhyana) con la concentrazione (ekagrata). I due processi sono indipendenti l’uno dall’altro. La concentrazione è una routine giornaliera, una facoltà che si adopera in qualsiasi attività umana, come per esempio il leggere, il camminare, il mangiare. Non è necessario sprecare tempo per ottenere qualcosa che dipende da un meccanismo del tutto naturale. Quello che dobbiamo scoprire è come avviene il processo della concentrazione.

Concentrazione dei sensi
Poniamo ad esempio un libro che qualcuno tiene in mano; lo vediamo con gli occhi e, se lo vediamo, siamo in grado di leggere le parole in esso contenute. Dopo averle lette, l’intelletto cerca di comprenderne il significato e vi riflette sopra utilizzando la memoria. La mano che tiene il libro è un membro del corpo. L’occhio che lo vede è un organo sensoriale. L’intelletto che comprende e la memoria che rimugina sono anch’essi organi di senso. Ciò che ci fa essere in grado di esaminare qualunque materia è la funzione coordinata di tutti questi organi. In questo modo si verifica un tipo inferiore di concentrazione, quella degli organi di senso.

Contemplazione
La meditazione, invece, è un processo che trascende la sfera dei sensi. Tra la concentrazione dei sensi e la meditazione, che trascende i sensi, esiste una linea di confine detta “contemplazione” (cintana). La contemplazione è l’altra metà dell’intelligenza (cit), la cui funzione consiste nel sapere distinguere fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

La rosa e le spine
Un esempio vi chiarirà il concetto sopracitato. C’è una pianta di rose, con rami, foglie, fiori e spine. Per individuare il luogo dove si trova la pianta, ci vuole una certa concentrazione. Una volta trovata, la nostra attenzione si volgerà ai fiori, che vanno raccolti, evitando di pungerci con le spine. L’amore è il fiore, la lussuria sono le spine. Non c’è rosa senza spine, si dice. Il problema è come riuscire a raccogliere i fiori dell’amore senza pungersi con le spine della lussuria. È qui che entra in gioco la contemplazione. Che cosa fare del fiore reciso? Offrirlo a Dio.

Meditare è …
Meditare significa offrire il fiore dell’amore a Dio. Nella pianta di rose del nostro corpo umano, c’è la rosa pura e sacra dell’amore che sprigiona la fragranza delle buone qualità. Sotto la rosa ci sono le spine dei desideri sensuali. Il fine della meditazione è quello di separare la rosa dell’amore disinteressato dai sensi, ed offrirla al Signore.

… una cosa seria!
Fin dall’antichità, in India, s’è sempre attribuita molta importanza alla meditazione, dhyana. Attualmente, la gente si siede per far meditazione, come se si trattasse di prendere una pillola per il mal di testa o per qualche altro male. La meditazione non è affare di poco conto. Nell’antichità, saggi quali Sanatkumara, Narada, Tumburu, s’impegnarono nella meditazione al fine di risvegliare l’energia della kundalini, e farla salire al sahasrara-cakra. La meditazione oggi va praticata come mezzo per coltivare amore puro e disinteressato, rinunciando agli attaccamenti del mondo.

Regole pratiche per meditare
Anche nel mettersi seduti per meditare occorre osservare determinate regole. Il primo requisito è la postura, il padmasana, ossia la “posizione del loto”. Un individuo che si siede in questa posizione, deve tenere la spina dorsale eretta e ferma; deve inoltre prestare attenzione a non inclinare la schiena né da una parte né dall’altra. Alcune persone, durante la meditazione, piegano il collo. È una manovra molto pericolosa, in quanto potrebbe fermare in gola, dove operano alcune arterie sottili (nadi), l’ascesa dell’energia kundalini; bloccata in quel punto, la kundalini potrebbe danneggiare l’intero organismo. Molte persone hanno contratto alienazioni mentali a causa di un errato percorso della kundalini. Durante la meditazione, non bisogna inclinare la colonna vertebrale indietro, poiché anche questo è pericoloso. Gli indumenti che s’indossano durante la meditazione devono essere comodi e soprattutto, non devono stringere alla vita. Gli occhi devono essere concentrati sulla punta del naso, e devono rimanere semichiusi; se si tengono aperti ci si può distrarre facilmente, e se si tengono chiusi del tutto, ci si potrebbe addormentare.

Il controllo del respiro con So-Ham
Prima di sedervi per meditare, sgombrate la mente dai pensieri negativi, e colmatela di pensieri sacri. Ciò richiede controllo dei sensi e dei loro organi. Bisogna abituare le orecchie ad udire solo argomenti divini, scartando le critiche malevoli. Dovete ordinare agli occhi di vedere solo Dio. Controllate l’inquietudine della mente concentrandola sulla respirazione: in ogni movimento di espirazione ed inspirazione, ripetete il mantra So-Ham, “Io sono Lui”. Con questo procedimento, controllerete il respiro vitale. Ciò rivela il grande potere dello Yoga. Non c’è alcun bisogno di dedicarsi ad altri esercizi differenti per risvegliare l’energia kundalini. Per quello scopo è sufficiente il controllo del respiro.

Meditazione sulla Luce
Alcune persone meditano sulla fiamma, il jyoti. La fiamma indica sia l’unicità, che è fondamentalmente unità, ovvero divinità, sia la molteplicità, ove si riflettono tutte le manifestazioni di Dio. È un metodo questo che non darà risultati immediati di beatitudine. Questo tipo di meditazione si articola in tre fasi: 1) immaginare la forma; 2) sperimentare la forma; 3) vedere la forma come reale. Per esempio, se qualcuno desidera meditare su Baba, deve per prima cosa visualizzare, tenendo gli occhi chiusi, la forma di Baba che ha visto in precedenza. Questa forma in pochi istanti svanirà. La fase della sperimentazione della forma è più lunga, e l’impressione che resta è più duratura. Durante questo processo, l’individuo deve visualizzare la forma inquadrandola dalla testa ai piedi, e viceversa. Gradualmente, questo processo nel quale si dipinge mentalmente la forma di Baba si radicherà nella mente diventando una realtà interiore. La visualizzazione offre unicamente una visione momentanea. Il metodo della sperimentazione conduce alla completa identificazione del ricercatore con la Forma Divina. La consapevolezza della divinità sfocia nell’unione con il Divino.

Fusione della mente nella Forma
Che cosa accade alla nostra mente quando sperimentiamo la Forma? La mente sperimenta ogni singola parte del Signore e, da ultimo, si fonde nella Sua stessa Forma. La vera meditazione consiste nel processo d’identificazione con la Forma Divina. Non è l’assorbimento della Forma nella mente, bensì è la mente che si deve assorbire nella Forma, in modo che la mente, come entità separata, non abbia più ragione d’esistere.

Energia da non disperdere
Meditando seduti in un gruppo, è molto importante che non ci si tocchi l’un l’altro: la meditazione somiglia al passaggio di energia elettrica in un cavo, e se un cavo scoperto viene a contatto con qualcosa, si produce una scossa. Durante la meditazione si produce energia spirituale. Come viene scaricata quest’energia? Attraverso le unghie e i peli del corpo, inclusi i capelli. Per tale ragione, gli Yogi dell’antichità, che erano spiritualmente assai evoluti, si lasciavano crescere smisuratamente le unghie e i capelli. L’energia spirituale va conservata con ogni possibile mezzo. I santi dell’antichità (rsi) praticavano il silenzio per conservare l’energia sciupata parlando.

I pericoli delle amicizie troppo intime
Non create legami troppo intimi fra di voi. Tali relazioni finiscono per tradursi in amicizie intime, causa di obblighi e aspettative reciproche. Quello è il campo ove prende piede il senso dell’ego. Infatti, quando le aspettative sono deluse, nasce il risentimento; se invece sono soddisfatte, si gonfia l’ego. In entrambi i casi i risultati dei desideri caldeggiati sono indesiderabili. Quanto più intenso è il risentimento, tanto più debole è il discernimento. Si arriva a perdere il controllo della lingua, e ci si lascia andare ad ogni genere di offesa. Le offese portano ad una condotta immorale. Ecco la catena di errori a cui porta l’eccesso d’intimità con gli altri.

Disciplina per chi studia
È tipico dei giovani lasciar correre qua e là la mente. Dovrebbero invece concentrarla sui loro studi e non lasciarla a briglia sciolta. Gli studenti devono limitare gli impegni sociali e devono dedicare parte del loro tempo, sia al mattino sia alla sera, per meditare. Ciò li aiuterà a purificare le loro menti e ad immetterle sulla via della Divinità. Come il fiume si perde nell’oceano, così la mente si deve fondere in Dio. A quel punto la mente cesserà d’esistere. Tale stato di beatitudine si può conseguire solamente percorrendo il cammino dell’amore. L’amore è Dio. Vivete nell’amore. Il vero obbiettivo della meditazione è la consapevolezza del potere dell’amore. Quel tipo d’amore è assolutamente disinteressato e dedicato a Dio.

Vari tipi di meditazione
Nel praticare la meditazione occorre tener ben presente che non tutti possono seguire lo stesso metodo. C’è un metodo diverso per ciascuno, in base all’evoluzione, alle circostanze, alle capacità e allo zelo. C’è chi ha il culto del Supremo come Madre Universale; altri considerano l’Onnipotente come Padre; altri ancora Lo vedono come il loro migliore amico. Ci sono poi devoti che s’accostano al Divino come se fosse la Persona più amata e adorabile della loro vita oppure il loro Maestro. A quest’ultima categoria appartengono santi quali Jayadeva, Gauranga e Ramakrishna Paramahamsa. Costoro non praticavano la meditazione, ma percepivano ovunque la presenza del Divino. Che bisogno avevano di far meditazione se tale era la loro esperienza? Il vero discepolo avverte l’evidenza dell’onnipresenza di Dio ovunque. Non basta chiudere semplicemente gli occhi per meditare. Il meditante percepisce la sua unione con Dio nel profondo del proprio essere.

Cibo spirituale per crescere e vivere
La preghiera sta alla mente come il cibo sta al corpo. Dunque, come un cibo sano rinvigorisce e fortifica il corpo, così la preghiera purifica la mente e rinforza lo spirito. Quando si cantano i bhajan per far sentire la propria voce, l’ego si gonfia. I giovani devono uscire da tamas, lo stato d’ignoranza, per entrare in tapas, la penitenza spirituale. Devono caparbiamente perseguire ciò che hanno intrapreso; non ha alcun senso meditare per due giorni, e il terzo abbandonare l’impresa. La meditazione deve diventare una funzione integrale della vita. Per mezzo di essa acquisirete anche tutto quanto si deve sapere e fare per esercitare una professione o per corrispondere ad una vocazione.

Studenti modello
Dal momento che siete studenti di Baba e vivete nell’ostello di Swami, la gente guarda a voi come a modelli di vita e vi rispetta. Potrete dire di esservi guadagnato davvero questo rispetto solo quando, tornati nel mondo, manterrete la stessa disciplina e forza di carattere, e preserverete la stessa sacra e sublime atmosfera che vibra negli Istituti Sathya Sai.

Sri Sathya Sai Baba
tratto dai “Discorsi 1984”, Volume XVII, Mother Sai Publications

 

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